domenica 29 aprile 2018

Marx, duecento anni.

Marx duecento anni. 
Tutto è morto, tutto è vivo, come in ogni classico del pensiero di assoluta grandezza. La diversità di Marx dagli altri grandi pensatori consiste nell'obiettivo: cambiare i rapporti di forza fra le classi sociali fino a raggiungere l'uguaglianza. 
La descrizione dei mezzi ideali , materiali, storici, sociali per raggiungerla è un insieme di rarissimo pregio di idee altrui rimesse in fila secondo una conseguenzialità aperta e non dogmatica, da Hegel agli economisti maggiori, che predissero e descrissero insieme il grande sviluppo dell'economia dovuto alle rivoluzioni borghesi. Eppure sono proprio questi lasciti ereditati, queste tessere del mosaico che, di volta in volta, ad ogni mutamento delle vicende storiche appaiono vetusti, ora maggiormente l'uno, ora maggiormente l'altro. Si può dire che quasi sempre è proprio l'uso che Marx ne fa che mantiene in qualche modo all'attenzione questi elementi. 
C'è da dire che I critici di Marx generalmente affermano il contrario, accusano l'obiettivo del suo pensiero di essere caduco e comunque irrealizzabile, il famoso "Dio che ha fallito". 
Questi critici, potremmo dire, quando "gli affari" vanno bene, per la loro classe, annunciando che il culmine è già raggiunto e la storia terminata, a chi è soggetto penserà chi comanda. Quando gli affari vanno male predicano la fine del mondo e, più pericolosamente, un angelo sterminatote che rimetta le cose a posto, come ci ricordava Bunuel. In realtà "il mondo" non può fermarsi e le evidenze della drammatica inadeguatezza del modo di produrre, consumare, dirigere sono così grandi da oscurare persino la natura, la tela, non solo il dipinto fatto dagli uomini. È quindi assai meno caduco l'obiettivo fondamentale di Marx dei suoi assunti specifici e delle teorie dalle quali li ha tratti. 
Come tradurre l'obiettivo in progetto, come ridurne il sogno e l'utopia nella teoria che, pur pretendendo di spiegare il mondo intero, viva per la sua epoca, risvegli Adone, rinverdisca l'albero, non lo sappiamo. Sappiamo che tale teoria sarà figlia del momento che illumina non lo precederà. 
Anche questo Marx ci ha insegnato. 

giovedì 12 aprile 2018

I DUE PIANI DELLA PACE


La pace ha pochi operai ma non è scomparsa dal cuore e dall'intelligenza del nostro popolo.
La crisi siriana e la grande confusione che si vede nelle reazioni di tutte o quasi le forze politiche lo dimostrano.
Vi sono due piani, differenti. Vanno entrambi affrontati.
Inizio dal piano della politica ufficiale e del Governo. Il Governo che non c'è aumenta la confusione e l'incertezza, ma su quale visione dovrebbe muoversi, se vi fosse?
L'Italia fa parte di un quadro di alleanze. Non può enon deve liberarsene, soprattutto adesso con la Presidenza Trump che si caratterizza per la totale irresponsabilità e la semiscomparsa dell'Europa comunitaria. Bisogna agire, nelle alleanze, per proporre e contribuire a determinare una linea diversa da quella Trump-Macron. La strada è stretta, non è impossibile.Dire sì a un intervento, di dubbia motivazione e di obiettivi confusi o inconfessabili, sarebbe un tragico errore. Ma bisogna agire per linee interne. Il "pacifismo" di Salvini e più sfumato di Di Maio , ha origini lontane, si nutre di una visione nella quale si devono cercare alleanze con tutti i paesi dove nazionalismo e militarismo prevalgono. Si riproducono schemi antichissimi. Siamo non distanti dalla Triplice Alleanza di fine '800, con il Kaiser, l'Impero austroungarico e una malcapitata Italia che poi tradì.Ma anche l'occidentalismo sfrenato, dove convergono sempre meno parti della politica e dell'opinione pubblica, è un'ancoraggio debolissimo, oltre che ingiusto. Bisogna puntare a fare evolvere la situazione verso nuove mediazioni e nuovi assetti, come fecero i grandi socialdemocratici europei come Brandt, nella Nato ma per l'Ostpolitik.E' finita l'era di Yalta ma è in via di termine anche l'età successiva all'89 che vedeva un'unica superpotenza. Guai a non capirlo. L'altro piano che bisogna affrontare è quello della visione di fondo, culturale e sociale. Deve risorgere un pacifismo moderno ma non meno agguerrito di quello che nell'epoca dei Cruise e degli SS20 contribuì a fermare l'escalation a preservare la pace oltre che, indirettamente, dando sponda a Gorbaciov a destrutturare il sistema dell'Urss e dell'Est europeo. Ci deve essere una presenza, autonoma e diffusa, dei movimenti oggi non scomparsi ma micronizzati e impegnati quasi soltanto nelle "buone pratiche" locali di altra economia e solidarietà. Chi vuole un ruolo, a sinistra e nel sociale, pensiamo al mondo sindacale in primo luogo, si mobiliti e chiami alla mobilitazione, oppure lo faranno, aumentando confusione e opposti rigetti, frange più estreme o anche solo più isolate. I temi non sono oscuri. una Siria libera dalle bombe, ripresa e definitiva vittoria contro il terrorismo garantita dalle sedi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite e non dall'orrore della catena di interventi uno contro l'altro delle superpotenze e delle potenze regionali. Altro verrà. Questo sarebbe già sufficiente, ora.