Bologna, sussidiaretà, servizi: siamo fra due colonne d'Ercole, e bisogna passare in mezzo. La prima: è impossibile, e soprattutto non è giusto, “fare da soli”. Il Sindaco, nell'efficace intervento al Congresso dell'Anci, lo ha detto a chiare lettere: “Bisogna governare con la società civile”. Non si tratta solo della partecipazione e del decentramento, ma di arrivare a progetti di governo discussi, assunti e gestiti assieme, dall'Ente Locale e da componenti del sociale, dalle imprese al volontariato.
La seconda colonna è quella della qualità pubblica della città. Il dibattito in corso non può finire con l'affermazione che l'intervento comunale, nella storia del lungo buon governo bolognese, è stato fonte di spreco e di dirigismo e quindi va superato. Non può finire con l'affermazione che i tagli sono in fondo positivi perchè costringono a “fare le riforme”.
Al contrario, il welfare pubblico, in ogni campo, soprattutto nell'educazione per le primissime età, ha dato libertà e respiro di vita, ha realizzato modelli di servizio ai quali guardano il privato ed il privato sociale.
Proprio perchè abbiamo i servizi possiamo realizzare un sistema pubblico-privato efficiente, addirittura creare nuove imprese e “mercati sociali”.
Ecco il passaggio: fare con gli altri, tenere un ruolo alto del pubblico. E' diffusa un'interpretazione parziale ed anche irrealistica di questo “passaggio”. Si dice: al pubblico restino le funzioni di regolazione e di controllo. Non basta. Innanzitutto perchè siamo a Bologna. E' impensabile una trasformazione nelle gestioni tale da avere, in tempi brevi, soggetti privati che sostituiscano interamente la gestione pubblica diretta. Bisogna allora programmare, per esempio nei nidi, un sistema misto stabilendo, non subendo, una quota pubblica, sostenibile nell'attuale crisi di risorse, che sia riferimento e garanzia della qualità dell'intero sistema. Una “Istituzione degli interventi educativi” 0-6, sembra a noi lo strumento migliore per gestire ciò che fa il Comune e insieme promuovere un sistema misto di scuole e servizi, di nido e di altri modelli.
In altri settori la realtà è diversa, ma l'idea di una quota pubblica permanente e di una programmazione che vada verso un sistema trasparente e qualificato di welfare di comunità ci sembra la strada migliore. In questo quadro bisogna dare ruolo ai cittadini e alle famiglie, sia nell'auto-organizzazione di parti di servizio, sia nella partecipazione alla verifica di tutto il sistema. Così Bologna darebbe un volto nuovo ma di alta continuità civile alla sua natura di città avanzata ed eguale.
L'Unità Emilia-Romagna