Matera è una città unica
al mondo, quindi la sua designazione a "città europea della cultura" è del tutto fondata. Tuttavia
la "sconfitta" di Ravenna è un fatto grave per tutta
l'Emilia-Romagna. Non basta dire: "mi spiace".
L'Italia , com'è noto
(soprattutto ai non italiani), "possiede", un patrimonio
culturale diffuso in numerosissimi centri urbani. Il "lotto"
delle candidate lo dimostra. Matera ha una fama internazionale
garantita dalla sua unicità, sostenuta da produzioni artistiche
mondiali che l'hanno mostrata, come il Vangelo di Pasolini.
Probabilmente questo elemento è stato decisivo. La Lucania, poi, ha
compiuto passi in avanti molto importanti ed ha saputo presentare
realizzazioni e dotazioni moderne significative come la film
commission locale. Veniamo a noi. "Noi", appunto. Non so se
la città di Ravenna poteva fare di più. Certo ha fatto molto. Non
ho avvertito , però, il senso di un appuntamento importante anche
per tutta la nostra Regione. Direi di non averlo avvertito nel
sentire sociale, nel mondo produttivo e culturale, non tanto a
livello istituzionale. E mancato un "perchè", aggiuntivo a
quelli proposti. Ravenna è stata la capitale del "mondo"
in un periodo storico che ha lasciato tracce di universale
importanza. E' però anche il "luogo" culturale che andava
proposto, da tutti "noi", società d'Emilia e di Romagna,
come ponte verso un continente europeo, l'Est, di straordinaria e
problematica attualità. “Qui dove un'antica
vita si screzia in una dolce ansietà d'Oriente ”.
L'accenno , in Dora Markus, di Eugenio Montale, indica da decenni
proprio "quel" senso dei luoghi ravennati. Abbiamo perso,
tutti "noi", una occasione, non solo economica, per
ridisegnare una direttrice di sviluppo, un ruolo internazionale per
la nostra "medianità". Il nostro essere terra crocevia
rimane importante ma, con il restringersi dello spazio, con trasporti
veloci e le reti comunicative, si è affievolito, va ripensato. Ed
il carattere peculiare della nostra storia politica, con le sue
realizzazioni, non appare più così rilevante. Servì ancora, forse
per l'ultima volta, per Bologna2000, ma oggi non sarebbe altrettanto
considerato. Era un'occasione. Non va perduta, ora, la possibilità
di discutere, di capire, di cambiare. Non farlo, non ricominciare a
pensare, sarebbe fallire. L'alternativa a un senso storico ed
internazionale delle nostre terre è la decadenza in atmosfere di
provincia senza redenzione.