"Chi Welfare da se', Welfare per tre". Questa è la tesi, semplice semplice, dei più. I più? Forse. Noi e qualcun altro NO. Prendiamola dalla lontana. Mazzini, non era per niente d'accordo. Nei suoi lunghi esili a Londra, sessanta anni prima della rivoluzione fabiana, prima che le lotte di un secolo creassero i servizi, dalla culla alla tomba, notò come una società dove nulla è esplicitamente e direttamente pubblico, comprese le opere di solidarietà, fosse un' ambiente povero di diritti e quasi deprivato nell'anima.
Si dice che Bologna debba diventare così. “E' finita la gabbia del consociativismo” e molti hanno già deciso di stare con il domatore, con chi ha la frusta in mano. La tigre, incanutita, non fa tendenza.
Per la verità il Sindaco Merola, l'Assessore Pillati, tutti gli amministratori dei nostri Comuni, con le gambe tagliate da Tremonti, stanno cercando le vie per “tenere” i servizi pubblici, con l'aiuto degli interlocutori possibili, e credibili -aggiungeremmo noi.
Chi è più credibile, il privato sociale di migliore esperienza, esige -proprio lui- un ente pubblico che non sia solo un carabiniere, che faccia l’appalto e poi si limiti al controllo d’ufficio, vuole un sistema plurale dove una quota di servizi a gestione direttamente pubblica rimanga, punto di riferimento di qualità. Plurali si ha da essere, sia gareggiando, sul piano dell’efficienza, sia integrandosi, nella formazione comune degli operatori ad esempio. E’ necessario, soprattutto dove si fa educazione, non passare nel tritacarne il patrimonio storico e soprattutto la responsabilità futura del pubblico. Ma queste sono vecchie ubbie, ci dice la testa giovane e fresca dell’On Garagnani.
"Volete una buona scuola? Oggi, con la crisi?” -Ci rispondono altre algide colonne dell’ignoranza- “Ma allora rivolete il comunismo. Ma allora ditelo!"
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna