Dicevano che la colpa era di finanzieri
malandrini, dei loro titoli tossici, ma la bomba non è la miccia. In
questi anni molte micce sono state disinnescate, salvando più di una
volta titoli e banche, ma le esplosioni continuano. Ci hanno raccontato
che la questione non era tanto quella di suscitare nuovo lavoro, ma
di regolare “meglio” quello esistente. Il mercato avrebbe pensato
al resto: tutti contenti, meno diritti ma il pane assicurato. Ma a
forza di ridurre i salari, a cominciare da quelli dei giovani, il
monte dei soldi disponibili per il consumo si è abbassato a tal
punto che si producono troppe merci, non si vendono, si chiude.
Eppure insistono. Gli dai strumenti per assunzioni flessibili o a
più basso costo? Usano le partite Iva. Per giovani e per vecchi
precarizzati. E poi, e poi..Oppure niente. “Se non faccio così
chiudo” Una difesa non sempre insincera ma che fa aumentare la
stretta a quel consumo di cui le aziende dovrebbero pur vivere. Non c'è
speranza allora? Bisogna fare “reset”. Cominciare una fila, dovrà
essere lunghissima, di scelte antirecessione. Nessuno sa bene come.
Ma una cosa diciamo ai liberisti, a quelli più bravi, quelli che
vanno scrivendo Agende, aggiungete una frase in più: “abbiamo
sbagliato”. Ai nostri che stanno gareggiando per le primarie dei
parlamentari (Domani andate a votare!) un augurio e un consiglio:
rivolgetevi ai lavoratori, ascoltate, proponetevi di rappresentarli.
Però senza i nostri “ma anche..”
La crisi corre. Basta dirne anche uno
soltanto e chi l'acchiappa più..
L'Unità, 29 dicembre 2012
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari