Il Sindaco di Bologna oggi
va al CIE. Si vede che i cosiddetti “politici” non sono tutti
uguali. Chiunque conosce un po' il mestiere sa che un bravo
politicante deve fuggire i problemi, temerli come una brutta
influenza, lavarsene le mani con l'amuchina, mai affrontarli. E gli
stranieri portano ricchezza, checché se ne dica, ma problemi, tanti.
Merola al contrario “entra”, non aggira. Vedrete le reazioni. La
più diffusa sarà chiedergli di occuparsi di “noi”, non degli
altri. E invece siamo nella stessa barca. Una città deve sapere
anche come vivono, quali diritti e doveri hanno, tutti i suoi
abitanti. Anche i clandestini rinchiusi in base a norme di dubbia
legittimità democratica ed ancor più dubbia efficacia. Sotto
l'onda, sempre lunghissima, della necessità di arginare il fenomeno
si è arrivati per gradi a realizzare una catena di luoghi a rischio,
appaltati come un servizio, al massimo ribasso dei costi.
Un'infezione. Il Sindaco dirà. A noi spetta richiamare l'opinione
pubblica alla consapevolezza. Non ci si separa dalla globalizzazione
e dalle sue maledizioni, separando i destini. I salvati di qua, i
sommersi là, oggi nei CIE. Non saranno lager ma la strada della
regolazione dei flussi, del governo dell'integrazione, della
prevenzione della clandestinità passa altrove. Fra i reclusi ci sono
incalliti, dalla vita e dalle cattive intenzioni, disperati, donne
identiche per professione e volontà a tante loro colleghe badanti
che sono fuori, nelle nostre case. Spesso hanno già lavorato, qui.
Altri sono fratelli e sorelle di chi vive con noi. Mettere un punto e
ricominciare. Sull'immigrazione è, ancora una volta, necessario.
"Il contrario"
Rubrica di Davide Ferrari
L'Unità 26 I 2013