Bologna è la città della Resistenza e del martirio. Marzabotto è sulle
sue montagne. Quando Helmut Haller vi giunse erano passati appena 17
.anni dalla Liberazione.
I bolognesi sapevano che la Germania non poteva ridursi agli orrori
nazisti. Wagner da sempre è amato dal loggione del Comunale, Goethe
passando a Loiano, si vide dedicare tutto, compresi zuccherotti e
torte montanare. Ma poteva essere un rischio impiantare, qui, un
calciatore tedesco.
Come avrebbe reagito il “Senato” del Bar Otello, ma ancor più il
popolo largo, quello che ricordava le voci spietate, i
rastrellamenti, i corpi dei seviziati?
Haller poi era proprio tedesco, biondissimo, impossibile mimetizzarlo.
Il suo gioco, fantasia, luce, realizzazione, sciolse ogni dubbio.
Un grandissimo. Qualcuno cominciò a chiamarlo "la perla bianca". Erano
gli anni di Pelè, la perla nera. “Helmut è di quella categoria”, si
diceva. Era vero, ma non riuscì a vincere ai Mondiale. Non fu colpa
sua. Dopo la vittoria rossoblu nel '64, suoi dovevano essere quelli
d'Inghilterra. Nel '66, a Wembley, lo fermò solo l'arbitraggio. Poi
andò alla Juve. anni vittoriosi. Ma Haller è sempre stato nostro, di
Bologna, non si discute.
Il suo carattere gioviale, curioso dei sapori della vita, dalla
gastronomia alla cultura, cambiò l'immagine stessa della Germania, in
città, forse in tutta Italia. Il nazismo ha portato sterminio, ma i
tedeschi sono come tutti. Non sono nemmeno come quelli che
perseguitano Fantozzi intimandogli silenzio e diete. Sono, anche, come
Helmut, con la sua pancetta simpatica che ogni anno cresceva e che
tutti perdonavano. A lui, il nostro tedesco. Una forza amica, che già
ci manca.
"Il contrario" rubrica di Davide Ferrari
l'Unità E-R 13 Ottobre 2012