mercoledì 2 agosto 2000

Addio Centi agitatore di poesia

La Repubblica. 02 agosto 2000 — BOLOGNA

Si è spento domenica scorsa, nella casa di famiglia all'Aquila, Gilberto Centi. Aveva 53 anni; due anni fa era stato colpito da un male incurabile. Gilberto Centi viveva a Bologna dal '68, scriveva sulle pagine dell'Unità e di "Zero in condotta", ma il suo vero lavoro era quello di «agitatore di poesia». Scriveva lui stesso poesia, ma quel che soprattutto gli piaceva fare, ed era l'unico a compierlo con tanto accanimento, era indagare la poesia degli altri, era scovarla, portarla alla superficie della città, farla ascoltare al Link, all'osteria del Montesino e farla leggere, darne nomi e testimonianza. Ha lasciato, oltre a un'infinità di articoli, due antologie, due censimenti in realtà, dei poeti a Bologna. Pubblicò il primo nel 1991, "Bologna e i suoi poeti", curato assieme a Carla Castelli: raccoglieva 253 poeti. Ne curò una seconda edizione, con l'editrice Pendragon, nel 1997, "Voci di poesia. Rassegna dei poeti contemporanei a Bologna": raccoglieva 286 poeti. Molti «sommersi», molti «inediti», alcuni noti, certi notissimi: Stefano Benni, Alessandra Berardi, Franco Berardi, Giorgio Celli, Davide Ferrari, Salvatore Jemma, Claudio Lolli, Fabrizio Lombardo, Roberto Roversi, Gregorio Scalise, Giancarlo Sissa~ I loro testi pubblicati accanto ad absolute beginners. Programmaticamente, Centi non esercitava nessuna selezione. O meglio, selezionava i testi, ma non i poeti. La poesia era, ai suoi occhi, comunque documento e forse profezia di una realtà urbana, sociale, esistenziale, era materiale di indagine ed essa stessa indagine. Dunque gli piaceva conoscere, esplorare e catalogare. Ha avuto in Roberto Roversi il suo maestro. Ha trovato sodali in miriadi di associazioni e circoli di poesia. Si chiedeva: «Ma a che serve scrivere?». E nel '91, nell'introduzione al suo censimento, aveva suggerito la risposta che diede Jean Ricardou all'analogo interrogativo di Sartre, «a cosa serve la letteratura di fornte a un bambino che muore di fame?». «La letteratura aveva replicato Ricardou è lo strumento indispensabile per renderci attenti alla morte di quel bambino. Essa crea lo spazio dentro il quale la morte per fame di quel bambino è uno scandalo. Dà senso a quella morte». Nella poesia di Bologna, ai cui confini aveva circoscritto la sua indagine, Centi cercava la risonanza e il senso di una città che definiva opulenta, pigra, rassicurante, feroce. E i poeti? Generalmente considerati «inservibili», diceva. Ma il tempo aggiungeva si sa, rende giustizia. - BRUNELLA TORRESIN