venerdì 10 giugno 2005

Il Referendum e dopo.

Il Referendum e dopo. La politica di fronte all'integralismo e alla
grande pluralità delle convinzioni etiche e delle appartenenze
religiose.

Di Davide Ferrari


Il voto referendario è alle porte. La tensione fra laici e cattolici
è salita e sta salendo, nonostante la giustificata prudenza del
gruppo dirigente referendario, ed in particolare dei Ds. Si cerca di
stare al merito e di non fare salire una febbre che potrebbe
indebolire il nostro paese, non solo la coalizione di centrosinistra.
Il punto è che, proprio per evitare di passare dalla difesa della
laicità all'anticlericalismo, è necessario affrontare questioni
grandi, di merito, sul rapporto fra religione, fede , stato e società
civile, sempre finora rinviate o eluse dalla Sinistra.
C'è una strada maestra che permette di affrontare i temi senza
ripetere vecchi luoghi comuni.
L`Italia è ormai un paese, e non solo per la presenza di nuovi
cittadini di altre fedi, dove il Cattolicesimo è vicino a perdere un
ruolo di rappresentanza esclusiva, e forse persino di salda
padronanza sulla maggioranza, delle appartenenze di fede.
E' anche da qui che traggono motivo le forti tendenze integriste,
l'assalto alla politica che il Cardinale Ruini rivendica
costantemente.
"D'ora in poi bisogna abituarsi al fatto che la Chiesa parlerà a voce
alta" dice il Cardinale.
Ma quando si alza la voce è perchè il proprio parlare è più debole,
meno condiviso.
Questo "complesso di perdita della maggioranza", specchio di un
fenomeno reale, è evidente anche nella scelta dell'astensione.
Ma per tutta la società italiana un fenomeno così importate, lo
smarrimento della centralità assoluta del cattolicesimo, non può
essere in alcun modo valutato con leggerezza.
Le religioni sono l'asse identitario principale di una nazione, il
compromesso fra dogmatica e civiltà che ogni società raggiunge al
proprio interno, quando salta, richiede un nuovo esplicito
equilibrio, pena la disgregazione del patto di convivenza,
della "costituzione" intellettuale e comportamentale.
Non si può passare da un compromesso fra lo Stato e UNA confessione,
assolutamente prevalente, al puro laicismo, alla semplice
suddivisione rigida fra ciò che è Stato e cio' che è Chiesa.
Occorre una nuova mediazione, che rafforzi il contenuto laico di
garanzia della Stato, ma che sia capace di includere anche le nuove e
rilevanti presenze confessionali, talvolta certamente non meno
aggressive e problematiche di quella cattolica dell'epoca di
Ratzinger.

Non è una questione solo di prospettiva. Influisce anche sulla
valutazione delle implicazioni del Referendum.

Le principali Chiese ed organizzazioni ecclesiali non cattoliche, che
presentano una grane varietà di posizioni etiche, si sono divise fra
la comune denuncia dell'invadenza cattolica e la tentazione di
ritrarsi dallo scontro di allontanarsi ancora di più dalla sfera
pubblica.
La prima cosa è, a mio avviso, del tutto giustificata ma potrebbe
portare a nuovi conflitti e divisioni confessionali nel nostro paese,
la seconda è assai negativa e si somma , non si sottrae, al
protagonismo sui fondamentali dell'episcopato cattolico
nell'indebolire la possibilità della politica pubblica di favorire la
fattiva e collaborativa convivenza fra diversi .
La parte laica e particolarmente la sinistra può dare un contributo
per affrontare il problema, ponendo, anche con i propri atteggiamenti
in queste ore, qualche base per un discorso che in futuro sarà di
necessità sempre più ampio.
Presentiamo alcuni punti di orientamento.

1)Non si può delegare il contenuto etico alle religioni, la loro
pluralità non lo consente e non lo consente l'accelerarsi delle
identità a fronte della perdita di contenuti comuni prevalenti.

2) Non potrà e non dovrà essere la politica a supplire, elaborando
proprie etiche fondamentali. Tentazione che oggi sembra lontanissima
ma potrebbe tornare a galla, a fronte dell'offensiva integralista.

3) Occorrono luoghi e momenti di confronto, nella società, ma anche
nelle istituzioni. Luoghi sostenuti da una volontà di rispetto per l'
uguaglianza dei cittadini e dei loro percorsi che solo la dimensione
pubblica può garantire. E' in questa garanzia, che deve essere
affermata con chiarezza senza alcun cedimento, attivamente con la
promozione sociale e istituzionale -ripeto- del dialogo,che si può
identificare un compito primario della politica oggi.

4) A questi luoghi andrà affidato una sorta di lavoro preparatorio
per risposte pubbliche su temi come la bioetica, ma anche
l'educazione, il rapporto fra calendario personale e calendario
sociale, fra festa e lavoro, fra dovere civico e libertà personale.

Carlo Flamigni parla da anni, con intelligenza e lungimiranza, della
necessità di creare "isole dove confrontarsi fra stranieri morali".
Intendo esattamente questo. Non si potrà restare solo sulla retrovia
del confronto intellettuale, occorrerà arrivare alla frontiera di
nuove mediazioni istituzionali

Cominciamo dal Referendum. Niente guerre, evitare toni di generico
antioscurantismo, ma preannunciare che comunque vada, e deve andare
bene, per il Sì, per `interesse generale, non si scantonerà più, non
si metteranno più ai margini questioni così rilevanti per poter
vivere assieme.
Servono "compromessi" per garantire un futuro comune, non più silenzi
per raccogliere consenso.

Da "Il domani" 10 Giugno 2005

mercoledì 1 giugno 2005

RIPARTIRE DALL'UNIONE, A BOLOGNA E A ROMA.

Le divisioni e le difficoltà nel centro-sinistra a Roma ed a Bologna
hanno cause e manifestazioni differenti.
Ma potrebbe essere identica la strada maestra per uscirne.
E' necessario mettere al primo posto il rafforzamento, ideale
politico e programmatico di ciò che si è convenuto chiamare "Unione".
Della coalizione larga, voglio dire, di ciò che davvero è chiamato
alla prova elettorale, di ciò che ci darà la vittoria o la sconfitta.
Il presente ed il futuro della Federazione Riformista sono importanti
per tutti ma è stato un errore scambiarli con la costruzione salda
dell'insieme dell'alleanza.
Si è fatta confusione agli occhi della opinione pubblica e dei
militanti.
Ed oggi, che la Federazione è in forte empasse per la scelta della
Margherita, sembra in crisi drammatica tutto il centro-sinistra.
Si deve evitare che così sia.
Mettendo al primo posto la scrittura di un vero programma comune di
tutta l'Unione, credibile e di governo.
Fare dell'Unione la sede del programma è importante anche per avere
più occhi su un paese impoveritio ed insicuro che chiede un vero
cambiamento.Sarà inevitabile andare oltre, se non in direzione
contraria,in alcuni casi, a quella compresenza di liberismo e
solidarietà su cui pure tutti abbiamo ragionato per anni.

A Bologna, in queste settimane, ha tenuto banco un altro difficile
confronto.
Quello tra il Sindaco e Rifondazione.
Non sta in me ipotizzare i terreni concreti di un nuovo dialogo, per
la quale mi pare si sia già al lavoro responsabilmente.
Ma occorre dire che il terreno del confronto va spostato,
radicalmente.
Deve riprendere operativitivà la grande alleanza che ha portato alla
vittoria del Giugno 2004.
L'Unione, dunque,anche a Bologna, ancora più larga qui perchè aperta
ai movimenti.
Se il confronto è politico non può che essere quella la sede.
La "Politica", se va in apnea nelle sue acque, ritorna fuori altrove,
direttamente nella sede consiliare e amministrativa, dove invece non
può che finire per trovarsi poco a suo agio.
Far vivere l'Unione, ogni giorno, a Bologna, è importante per due
questioni dirimenti.
A)Reggere la prova del governo, che vuol dire individuare assieme
l'ordine di priorità nei problemi e renderne partecipi tutti i
bolognesi.
Ad esempio: è importante salvaguardare i diritti alla dignità dei
nomadi e dei rifugiati come è altrettanto importante affrontare il
degrado che colpisce i ceti fra più popolari.Non meno, non più.
Il bandolo non sta solo nella legalità e nella forma.
Sta nella analisi esatta delle priorità, nella capacità di percepire
assieme il senso delle cose per agire e sostenere l'azione
amministrativa con il consenso.
Altrimenti il consenso si trova per via ideologica e così il dissenso
che si radicalizza.
B)Non può essere solo il Comune di fronte ai cittadini.
Un altro problema, il conflitto in seno al popolo fra chi vuole
riposare e chi vuole vivere la notte,lo esemplifica chiaramente.
Apparentemente banale è il segno di una città divisa, per generazioni
e per stili di vita. Guai a volerne rappresentare una parte sola,
frazionando la rappresentanza fra chi fa "cin cin" e chi
si "indigna". Non si troverà mai l'oggettività dall'alto di una
azione solo amministrativa. Occorre creare tavoli di confronto
sociale, seguire insieme i contenuti e la realizzazione effettiva
dell'azione amministrativa.
E' un compito difficile farlo anche per una alleanza così estesa come
quella che si era ritrovata attorno a Sergio Cofferati.
Ma e' farsesco pensare di poterne fare a meno.
Per questo oggi ognuno deve fare un passo per uscire dalla trappola
di cercare visibilità allontanandosi dal progetto comune.
No, oggi la parola d'ordine, che deve però valere per tutti,
è "insieme".


Davide Ferrari
Consigliere comunale.

Da "l'Unità", 1 Giugno 2005