sabato 22 giugno 2013
Il nuovo terremoto.
Il nuovo terremoto: mentre scriviamo non si registrano danni gravi e soprattutto non risultano vittime. La caratteristica della forte scossa appenninica e garfagnina , profonda, ha causato una grande estensione del sisma ma una ridotta distruttività. Certo è che qui l’abbiamo avvertito, e la paura è ritornata. Dopo un anno nuovamente tutta l’Emilia ha sentito la terra tremare. Ci spiegano gli esperti che non si può dire il momento nel quale il tremito colpirà. Chi come me, a Ferrara, ha vissuto il Maggio del 2012, non può scordare la profezia che ci raggiunse dopo quei giorni. La faglia, inabissata nelle golene alluvionali dove riposa la città, è l’unica, fra le vicine, -ci dissero- che ancora non si è spezzata, dunque ..prima o poi..E a Bologna si teme, come a Modena, Reggio, Parma, per gli edifici storici, infiniti, e per chi vi abita. La bellezza della nostra storia, viviamo ancora al suo interno, nelle sue case, nei suoi luoghi, ci è
diventata nemica. Così la nostra terra, lo scrisse Carlo Lucarelli, mite e sorella dell’uomo e del suo lavoro si scopre capace di fremiti sconvolgenti. Sappiamo ormai che il pianeta è una navicella nell’Universo e che abbiamo solo la sua crosta minima e l’aria che ì’ avvolge, per vivere. Il terremoto un tempo richiamava il concetto dell’ira di Dio, oggi evoca il senso di colpa per lo sfruttamento distruttivo cui sottoponiamo la nostra povera sfera. Ma la zolla tremante non riguarda noi e i nostri misfatti. Ci sovrasta incurante. A noi resta l’intelligenza di prevenire, con una architettura finalmente adeguata, e assistere, chi è colpito ed è troppo solo. Dimostriamo di averlo compreso.
"Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L' Unità E-R, 22 Giugno 2013
sabato 15 giugno 2013
"3 x 1". Ma sono negozi che chiudono.
Mentre un negozio apre, tre chiudono. E’ l’ultimo dei tanti
bollettini statistici che scandiscono una crisi infinita. Succede qui in
Emilia-Romagna, in questo 2013. e altrove va anche peggio. Qualcuno chiude per
mettersi in salvo con il suo “gruzzoletto” dopo molti anni di un lavoro
remunerativo ma faticosissimo. C’è anche questo: una anticipata chiusura di
attività per sfiducia. Ma, nella grande maggioranza dei casi la serranda si
abbassa perché ad andare avanti non si riesce. Le famiglie non incassano,
dividono quel che hanno con sempre più disoccupati o male occupati al loro
interno. Ogni spesa si assottiglia o si rimanda. Quanti sciagurati hanno
scritto in questi anni esortando i giovani al libero commercio in proprio. Costruitevi
voi il lavoro, dicevano.
Certo, il piccolo commercio può essere, in qualche misura e
per un tempo limitato, “anticiclico”, cioè andare bene anche a quando le grandi
centrali produttive si fermano. Ma , a lungo andare, tutto si eguaglia. Se non
si produce e non si guadagna non si compra. E infatti chi vende chiude. Che fare?
Il contrario di quello che ci fanno fare. Bisogna far ripartire l’economia ed
il lavoro , con una forte leva pubblica. Raccogliere tutto il poco denaro che c’è
e investire, subito, garantendo il debito a livello continentale. Lo scrivono
con chiarezza economisti di una nuova e solida generazione, come Ronny
Mazzocchi che abbiamo recentemente ascoltato a Bologna. Ma vi sono interpreti politici di una svolta
come questa, in Europa e a casa nostra? Letta non è Monti. La consapevolezza di
essere finiti su un treno che corre verso il baratro sembra farsi strada.. Ma
troppo lentamente. Troppo.
"Il contrario"
Rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R, 15 Giugno 2013
sabato 1 giugno 2013
Un' astensione che non si può archiviare.
Dal referendum bolognese
alle elezioni amministrative, l'astensione è stata protagonista.
Passati alcuni giorni si
può, si deve, andare oltre le prime interpretazioni, pur legittime.
E' vero: referendum poco
votato equivale a referendum sbagliato o, almeno, caricato di attese
esagerate ed estranee alla realtà, molto circostanziata del quesito.
La “carica” ha motivato ma ha anche molto allontanato.
Tuttavia deve riflettere
anche chi questo referendum non ha voluto.
La lontananza e la non
appartenenza di tanti, su un punto come la scuola deve preoccupare,
anche se facilitata da un “aut-aut” referendario poco
sostenibile.
Abbraccia non soltanto i
“blocchi politici”, ma anche identità di grandissima rilevanza,
come l'insieme ecclesiale.
Non esprimersi, esprime.
Molte cose e non positive.
Lo si è visto alle
amministrative. Sono un risultato “strategico” per la democrazia
le belle affermazioni del PD, nel momento più difficile. Danno però
al PD in primo luogo la responsabilità di opporsi alla mancanza di
speranza, di parlare a chi si dichiara con il “non voto”.
Separarsi dal quadro “dato” della politica potrebbe essere
precedente a scelte critiche. La ripresa di fenomeni contestativi
estremi sembra dietro l'angolo, anche se ancora poco se ne parla.
Anche la crisi di Grillo, meritata, va
considerata con
attenzione. Vediamo ora che il consenso ricevuto alle politiche era
parte di un problema che cresce e si trasforma, tornando al “No”
assoluto del “non voto”. Quali le scelte di domani di questo
“popolo separato” dalla partecipazione? Come agirvi? Come riunire
la nostra società civile? Sono le vere domande. Ora è il tempo di
rispondere.
L'Unità E-R, 1 Giugno 2013
Iscriviti a:
Post (Atom)