venerdì 30 marzo 2012

Lavoro e piccola impresa. Insieme per la vita.

Qui si muore. Il drastico peggioramento delle condizioni di vita non sempre si può sopportare, ricominciando, a 50 o 60 anni, una vita di sacrifici. Se in gioco sono più risorse, il rischio di un'investimento, un giro di aspettative, il crollo può indurre ancora di più a farla finita. Ci hanno raccontato per decenni che la Piccola impresa era la spina dorsale dell'Italia, che l'intrinseco attivismo del padrone-lavoratore superava ogni ostacolo, che gli si doveva permettere di annullare lacci burocratici e lacciuoli etici. Adesso che, per sorpassare la crisi, i grandissimi, hanno deciso che bisogna chiudere, tagliare, ridurre, e maggiormente sfruttare i propri lavoratori, nello schema gli artigiani, i piccoli imprenditori, non rientrano. Le loro voci sono tagliate. Le banche prendono senza dare ed è l'ora, anche per chi sull'antistatalismo ha costruito intere carriere, di osannare le nuove, troppo querule, superstar del fisco. Lo scontro sociale è molto aspro. La parte del lavoro dia subito segnali di volerlo condurre, in nome della fiducia e dello sviluppo, insieme alla Piccola e media impresa. Così gli Enti Locali, nei loro difficilissimi e coraggiosi piani strategici. Nel quadro del "Quarto stato", ci sia posto per chi chiede di andare avanti, di vivere. Se no, non sarà data salvezza.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R
30 Marzo 2012

sabato 24 marzo 2012

Art. 18. Di cosa si tratta?

Non sappiamo come andrà a finire. Sappiamo, a grandi linee, di cosa si tratta. I protagonisti sono incerti, a volte ci appaiono inadeguati, ma, sull'art. 18, lo scontro è sui fondamentali. Il quadro è plumbeo, gravido di rischi. "Perfetto" ha sentenziato Marchionne, il leader dell'avventura. I grandi "padroni", è una scelta almeno continentale, vogliono uscire dalla crisi con una forte riduzione dei salari. Per ottenerla devono crescere sia la ricattabilità, sia il numero dei componenti di un esercito di senza lavoro attorno al cuore attivo della produzione. Dietro al precedente delle pensioni c'è sotto sotto questa medesima questione. Ai più grandi non interessa nemmeno tanto la precarietà in entrata, e infatti qualcosa lì si concede. Di piccole imprese non parlano più, se serve le dannano nel girone degli evasori. Dall'altra parte , con i lavoratori che cercano di reagire, a prescindere dalle appartenenze sindacali, anche qui, in Emilia, il PD di Bersani. Un partito, l'unico vero, che si gioca tutto, indebolito dai banderilleros dell'antipolitica, indignati, disperati o furbastri che siano. Li stiamo anche noi. Almeno questo intuimmo: che saremmo arrivati a momenti “pesanti”, fin troppo, antichissimi, ad onta delle mille teorizzazioni sulla leggerezza e la modernità.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, 24 03 2012

sabato 17 marzo 2012

Merola, Monti. Di che si parla.

Il Sindaco di Bologna ha chiesto ascolto e sostegno. Il Governo deve rispondere. Certamente, le vie per cercare di farcela, fra crisi della finanza pubblica e bisogni sociali richiedono fra i diversi livelli istituzionali un coordinamento attentissimo, una pazienza infinita. Ma le città sono una colonna della società italiana, se vanno in frantumi non dimagrisce la casta, non si liberano mercati, crolla il Paese. Partiamo da qui, dalla realtà. Ci aveva sorpreso qualche tempo addietro leggere un'autorevole notista bolognese affermare che Monti ha il vento in poppa e i Sindaci invece arrancano superati, non innovano, sono out, hanno perso la patente di rinnovatori del quadro politico ed istituzionale. Di che si parla? Occorre consapevolezza della posta in gioco: la qualità della vita dei cittadini. La sensibilità politica è necessaria ma è uno strumento non sostituisce i bilanci ed i servizi. Noi auguriamo il vento migliore a chi ci governa, anzi stiamo facendo la vela. E' un dovere e insieme una necessità. Ma l'Italia non si può ridurre a uno di quei “casi di scuola” che si simulano dei master universitari. Non è un campo di esercitazione. Le città, come le grandi basi del welfare e dell'educazione, come il lavoro, hanno bisogno di politiche di lunga durata, di interventi di programmazione, di cura. Nel frattempo meno danni possibile. Meno.

Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R 17 marzo 2012

sabato 10 marzo 2012

Marco Biagi. Dieci anni dopo.

Lo attesero nell’androne della Stazione, nelle strade dell’Università. Impararono i suoi percorsi, in treno, in bicicletta, a piedi. . Conobberò la regolarità e la modestia della sua vita di studioso. Videro la sua lontananza dalla vita degli uomini di potere e di ricchezza. Sepperò, ma non si fermarono. Uccisero Marco Biagi. Le mani armate dall’odio che travolge, dal pressapochismo dell’ideologia ( “E’ lui, è lui il nemico” e tanto deve bastare), e dalla vigliaccheria. Sì, è più facile colpire dove meno è la forza, inesistente la difesa. La Signora Orlandi, vedova del Prof. Biagi lo ha detto. Ha detto dell’abbandono da parte di uno Stato che non lo proteggeva, mentre gli chiedeva di firmare ipotesi ardue, dure, di ristrutturazione del mercato del lavoro, di esporsi, di garantire. La scorta che accompagna tanti, gli venne negata. E, dopo, vigliacchi, anche loro, altro non seppero fare che aggredire i lavoratori ed i loro rappresentanti, additarli a colpevoli, a mandanti. Dopo dieci anni non ne ascoltiamo una parola di pentimento. Nemmeno una parola che vada oltre l’usuale. Il compito resta a noi. Dopo dieci anni proviamo a dare il meglio, per unire la resistenza del lavoro all’intelligenza di ciò che accade, la tenacia della lotta al rispetto, negli altri, della scintilla della verità.


"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R 10 Marzo 2012

sabato 3 marzo 2012

Dalla.

Gli artisti universali vivono sempre. Avremo sempre con noi Lucio Dalla. Ci accompagnerà, non sarà solo un ricordo ma qualcosa di cui disporre, che è negli attrezzi del pensiero nostro, della nostra parola. E' una convinzione che rende meno forte il dolore di una generazione che ha vissuto con la sua musica. L'affollarsi dei ricordi, è naturale, triste, ma è nel presente, nella vita. La prima volta che imparai il suo nome, ero bambino, fu leggendo una intervista al ragazzo Morandi, che citava un amico:“E' il più grande di tutti, vedrete”. Un nome a me ignoto. Lucio Dalla. Quando vidi lo svolgersi delle sue fasi, il “4 marzo” ed il successo, ricordavo quella profezia, come se anch'io sapessi qualcosa di intimo di lui, del suo destino. Lo incontrai, la prima volta, al momento di organizzare un concerto per un quotidiano della sinistra bolognese in chiusura. Al Palazzo dello Sport, una delle tante imprese a vuoto che era giusto fare, a tutti i costi. Molti anni dopo venne al “Gramsci”. Arrivò con una moneta da “50 lire” letteralmente appiccicata alla fronte, chissà come. Pensammo ad una bizzaria. Nessuno gli disse nulla. Durante il suo intervento , la moneta cadde e Dalla se la trovò in mano, stupito. “Ma come?” Una incredulità dolce, un sorriso imbarazzato e timido. Così, il suo viso per me, oggi è quello.


"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna 3 Marzo 2012