sabato 25 novembre 2006

In Comune. Intervento in Comm. Bilancio sulla Legge Finanziaria

Il consigliere Ferrari: in merito all'Odg presentato dalla Consigliera Calari è del parere che venga mantenuto con le dovute calibrature e rimodulazioni che tengano conto dell'incontro ANCI e Governo e delle variazioni del testo della Legge Finanziaria che ne sono derivate. La manovra si poteva fare più piccola, questo può anche essere, ma la manovra è cresciuta per due obiettivi: per rientrare dal debito e per non rimandare ad altra fase investimenti mirati allo sviluppo. Le due cose devono essere considerate insieme per comprendere la manovra finanziaria nel suo complesso. Gli è capitato di assistere, qualche mese prima del voto, ad una conferenza del prof. Onofri, ed ancora condivide le affermazioni del Professore circa la necessità di imprimere, subito, all’ inizio del mandato legislativo, un segno di rigore e di sviluppo alle scelte di politica economica. E ancora, ricordava Onofri, di limite all’espansione del precariato e insieme di aumento della produttività e flessibilità del lavoro.
Ben si comprende, in questo quadro, come si crei un sovraffollamento di attese ed istanze sulla manovra economica. Bisogna quindi parlarne con tranquillità e senza preconcetti anche per quanto riguartda le ricadute sul piano locale.
Bologna paga sempre per la sua migliore qualità, il fortissimo impegno sui servizi, più di altre città ogni stretta di bilancio.
Nessuno può accusare il Comune di Bologna di avere lesinato critiche a Roma anche in questa occasione. Si è avuta maggiore attenzione a preservare le quote di spesa ministeriali.
Ma, pur comprendendo le critiche dei Comuni, ritiene che la spesa ministeriale sia difficilmente comprimibile, in molti comparti, almeno a breve, perché largamente indirizzata all’impiego per pagare il personale.
Conoscendo il mondo della scuola, ad esempio, può osservare che si evidenzia una situazione molto grave, si assumono finalmente lavoratori precari, ma non ci sono risorse per investimenti sulle strutture edilizie e sulla qualità della didattica.
Vi è una spesa per stipendi sulle grandi voci nazionali rilevantissima, nelle scuola si parla del 94-95%. Occorrerà fare riforme profonde nel pubblico impiego, ma potranno essere fatte nelle riarticolazioni orari-impieghi, sulla flessibilità dei neo assunti, tenendo presente però che il problema del precariato, già grave, va ridotto e non esteso.
Tutto, in sostanza, si può ipotizzare e si dovrà fare ma intervenire per riforme senza ulteriori risorse è inimmaginabile.
Quindi è irrealistico accusare il governo di avere chiesto ad altri o di fare tagli che esso ha evitato invece di fare.
Ha trovato, leggendo sui giornali, che la somma molto grande delle alla finanziaria si compone, in larga misura , di posizioni del tutto contraddittorie.
Si potrebbe dire che sommando tutte le critiche si arriva a zero.
Anche per quanto riguarda le infrastrutture occorre tenere presente che sviene in evidenza quanto il governo Berlusconi ha occultato: enormi emergenze sulle grandi compagnie di trasporto, al collasso, e la necessità di interventi a sostegno di vasti fenomeni di degrado al Sud.
Alitalia, Ferrovie, Napoli: queste le voci che stanno emergendo.
Anche queste voci possono asciugare ancora di più le risorse per le infrastrutture e per gli Enti Locali. Anche da qui origina la difficoltà a procedere più positivamente nel rapporto tra centro e periferia perché si evidenziano ogni giorno le grandi priorità nazionali come se si fosse scoperchiato il vaso di Pandora. Negli anni di gestione del ministro Tremonti si era riusciti a tenere il coperchio chiuso.
Bisogna tenerlo presente.
Sviluppo e rientro del debito, emergenze e riforme, queste le antinomie che pure devono stare insieme.. Trovare un equilibrio come questa Finanziaria prova a fare rischia di colpire anche ciò che è più debole nei bilanci, perchè è più legato alla volontà politica ed alla storia delle buone amministrazioni , come i servizi e le opportunità di crescita paritaria .
Bisognerà innovare ancora e molti, anche a livello locale.
L’autonomia che viene ridata ai Comuni, sul piano fiscale e della politica del personale, se oggi può sembrare amara a fronte di poche risorse, potrà tuttavia essere molto utile per impostare una nuova fase che permetta di mantenere un profilo alto delle Autonomie locali e di concorrere al ripristino delle condizioni finanziarie della Repubblica.

mercoledì 22 novembre 2006

NOVECENTO E OGGI. ANCORA UNA VOLTA FINE DELLA POESIA?

Colloqui sul classico
Liceo Ginnasio Statale "Luigi Galvani"
Biblioteca "Zambeccari"-
Via Castiglione, 40 - 40124 Bologna - tel. 051-226461
Mercoledì, 22 novembre 2006 - ore 15,30

Davide Ferrari, Università di Bolzano

NOVECENTO E OGGI. ANCORA UNA VOLTA FINE DELLA POESIA?

Comune. Il voto sull'ordine del giorno di condanna dei comportamenti di un gruppo di manifestanti a Roma nel corteo sul M.O.

L'intervento di Davide Ferrari, nel Consiglio comunale di Bologna, Lunedì 20 Novembre
(dal resoconto stenografico)

Consigliere FERRARI:
Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola.
D’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo senza sminuire l'odg, per la serietà in se'dell’argomento.
Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo considerare due problemi che abbiamo di fronte.
Il primo è quello che deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque il consenso a quel punto che l’ordine del giorno certamente indica: la condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma.
Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti, (il Presidente Sofri ed il Vicepresidente Foschini , ndr).
Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un' inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto.
E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia l'opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo.
Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica?
E' ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma sottoscrivere quel punto, che è il tema centrale dell’ordine del giorno, fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto.
“Assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito.
Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense.
Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco?
Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure l'assunzione forte, che veniva affermata anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, dell’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili.
Questo teneva banco, è vero o no?
Bene, si svolge un fine-settimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo.
Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra i partecipanti singoli o in gruppo alla manifestazione di Roma ed i promotori, ma è pur vero che un redde rationem deve avvenire. La conclusione da tirare è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un forte e diretto intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina.
A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese.
E' una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua Istituzione ma non ha un suo Stato.
E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale, dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti.
Altro che "bipartisan", cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è tesa a ricordare sempre la considerazione seguente:"attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”.
E coloro che portano avanti, con un nesso immediato altre rivendicazioni assieme alle lotte che si vorrebbero a sostegno del popolo palestinese, comunque uno le voglia considerare, proprie quel sostegno indebolisce drammaticamente.
E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”.
Non c’era soltanto "costui"-per dir così- ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “che quella lotta e quel popolo potevano essere riconosciuti solo se si fossero dati a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “se fosse loro data una connotazione internazionalista più chiara”.
Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa.
Per esempio i palestinesi addirittura di questo dovevano occuparsi : “decidere cos’era meglio fra l’URSS e la Cina”.
Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni.
Invece no colleghi, la questione palestinese è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari colleghi, non c’è soltanto la barbarie delle frasi che si sono gridate, che da per sé basterebbe, ma anche rispetto alla qualità stessa di quella manifestazione bisogna interrogarsi.
Occorrono forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche.
Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale.
Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio.
Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo.
Non si scherza.
Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa.
Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che prosegua la nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria.
Una iniziativa internazionale da portare avanti anche come Comune, quanto sia importante lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti.
Dico questo perché altre volte si è parlato di impegni eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione.
Mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito altrettanto veritiero e importante che ci consenta di comprendere i passi avanti che devono essere fatti e non di dover partire da un serio passo indietro, dovuto al gravissimo e colpevole errore che si è compiuto.

lunedì 20 novembre 2006

Palestina, errori e conflitti. (Stenografico)

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola e d’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo, per la serietà dell’argomento. Chiederei un attimo di attenzione perché dopo non riesco più a parlare. Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo realizzare due problemi che abbiamo di fronte. Il primo è quello che riguarda tutto questo Consiglio, deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque quel punto che l’ordine del giorno certamente esprime, insieme ad altri, di condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma. Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti. Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto. E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia la nostra opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo. Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica? Ma è ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma quel punto che è il tema all’ordine del giorno fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto. E quindi come tale, lo dice la parola stessa, “assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito. Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense. Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco? Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure il senso forte, che veniva anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, cioè l’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili. Questo teneva banco, è vero o no? Bene, si svolge un finesettimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo. Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra partecipanti singoli o di gruppo a una manifestazione e promotori, è pur vero che un redde rationem possiamo tirarlo: la conclusione è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un più forte intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina. A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese; è una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua istituzione ma non ha un suo Stato. E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale anche dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti. Altro che bipartisan, cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato la fortissima insistenza, l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è questa: dice l’iniziativa del popolo palestinese “attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”. E coloro che portano con un nesso immediato altre lotte, comunque uno le voglia considerare, accanto e insieme a quella, quella indebolisce drammaticamente. E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”; non c’era soltanto costui ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “esisterà quella lotta e quel popolo se si darà a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “ci si darà una connotazione internazionalista più chiara”. Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa. Per esempio addirittura di questo dovevano occuparsi i palestinesi: “decida cos’è meglio fra l’URSS e la Cina”. Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni. Invece no colleghi, quella è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari amici, non c’è soltanto la barbarie della frase, che da per sé basta, è compiuta, ma anche rispetto alle manifestazioni bisogna interrogarsi su forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche. Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale. Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio. Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo. Non si scherza. Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa. Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che al nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria anche come Comune, lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti – dico questo perché altre volte si è parlato di definizioni, di termini eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione internazionale, tutti, rivolti in particolare al sud e all’est del mondo – mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito forse meno cogente dal punto di vista degli schieramenti politici ma altrettanto veritiero e importante che ci consenta di partire da passi avanti e non da un tragico passo indietro, dovuto al gravissimo errore che si è compiuto.

giovedì 16 novembre 2006

“Finanziaria. Importante sapere”

“Finanziaria. Importante sapere”

Giovedì 16 Novembre, alle ore 17,30
Sala Londra dell' Hotel Europa,
via Boldrini 11, Bologna

A confronto sul tema
"Il caso Legge Finanziaria: rivolte contro l'equità?
Scelte di politica economica e reazioni sociali"

intervengono:
on.Laura Pennacchi,
Guido Gambetta, Univ. Bologna
Marco Mazzoli, Univ. Cattolica Milano, Pc
Andrea De Maria, Segr. DS Bologna
Marco Monari, Segr. DL La Margherita Bologna
Aleardo Benuzzi, Assessore al bilancio Provincia Bo
Presiede: Gregorio Scalise.

Nell'occasione verrà presentata
e distribuita una rassegna di materiali informativi.

Incontro a cura dei promotori del documento
“Nell’Ulivo. Da Sinistra”
Il documento è nel sito www.impegnonuovo.eu

martedì 14 novembre 2006

In Comune. Violenza ad un ragazzo disabile, solo bullismo?

Dall’Intervento in Consiglio comunale di Lunedì 13 Novembre 2006.
Consigliere Ferrari:

”Siamo di fronte ad un fatto i cui contorni sono di una gravità tale da fuoriuscire probabilmente dai termini che sentiamo ripetere in queste ore, come :”bullismo”. Non sappiamo bene il luogo dove il fatto è avvenuto, per motivi giusti di riservatezza, probabilmente in una scuola media superiore dell’area piemontese-lombarda. Sembra, a quel che si sa, che un intera classe abbia organizzato, per poter filmare un video, una vera e propria sceneggiatura, con tanto di titoli di testa e lettering scritti alla lavagna, improntati ad una franca e dichiarata ideologia nazista, con tanto di simboli, con alcuni ragazzi nel ruolo di attori persecutori e una vittima sacrificale: un bambino, un ragazzo disabile, considerato al di fuori di ogni umana personalità. A questo ragazzo sono stati prima somministrati momenti di vera e propria tortura psicologica, poi si è passati alla tortura fisica e infine al lancio collettivo di oggetti, di libri contro la sua persona, in una sorta di lapidazione all’Italiana. Il video è stato messo in un’apposita rubrica di un noto motore di ricerca, dove pare - vedremo se la notizia è vera - che sia stato tra i più gettonati, tra i più cliccati, tanto da essere immediatamente reperibile sugli indicatori di ricerca perché molto frequentato. Una denuncia di una ragazza da Roma, che si è messa in contatto con un’associazione che si occupa di disabilità, ha permesso di arrivare alla cessazione della possibilità di vedere questo video. Un episodio di questo genere - che, ripeto, vorremmo conoscere meglio, e che vogliamo contestualizzare, vedremo, ad esempio, se tutti gli aspetti sono veri, sono realistici - tuttavia pare rimandare a numerosi gravissimi elementi. In primo luogo non vi sono state reazioni nell’ambito del gruppo classe, e questo deve far interrogare innanzitutto la classe, la scuola, tutti gli altri ragazzi, le insegnanti, le famiglie. Mi sembra sia stato affermato il rifiuto totale del concetto di rispetto e di integrazione per i ragazzi che sono portatori di handicap psichici, che pure sembrerebbe assodato e facente parte del comune sentire sociale. Un altro elemento: un uso della violenza così spudorato fa pensare a realtà dove la violenza è di casa, dove il dato che le gerarchie si impongono “a pacchere”, come si dice, è un fatto scontato. E ancora fa pensare l’utilizzo di certa simbologia nazista, che non va dimenticata. Già vedo nelle agenzie di stampa che questo elemento comincia a essere lasciato andare: no, la giovane età dei colpevoli non li assolve dalla responsabilità di avere scelto, sia pure certamente per una profondissima ignoranza, un’ideologia precisa, e qui i riferimenti ideologici sono stati espliciti e si è compiuto in nome di quei riferimenti ideologici l’atto di tortura psicologica e fisica. Allora io credo che si evidenzino da un fatto di simile gravità, quasi fosse la punta di un iceberg, una serie di vaste preoccupazioni e necessarie avvertenze. Guai fermarsi all’accentuazione del singolo caso, non bisogna montare una campagna scandalistica ma interrogarsi su come si considera la violenza nella società, come la si veicola e la si impone, sulle risorse e le modalità della prevenzione della violenza, del bullismo, delle ideologie di sopraffazione, nella nostra scuola e nel contesto giovanile. Voglio ricordare che agisce da parecchi anni l’Istituzione Minguzzi a Bologna che conduce da tempo e nell’oggi una vasta serie di iniziative, alcune già terminate e altre che stanno per riprendere, che tutte cercano di insistere, formando insegnanti ma anche dirigenti scolastici, mettendo in comune le risorse degli Enti locali, della famiglia e della scuola, su alcuni concetti basilari che possiamo chiamare di educazione alla convivenza. Quanto poco sia generico questo termine lo comprendiamo a partire da fatti di questo genere. Tutto si tiene: se non si rifiuta il senso della violenza e della sopraffazione del più forte non ci può essere integrazione né fra generazioni né fra popoli né fra persone di diversa abilità. Se non si combatte la negazione dell’integrazione non ci può essere rispetto umano, rispetto per la radice umana e l'integrità di ogni persona. Se non vi è questo rispetto non è possibile alcun percorso educativo. Mi è venuto alla mente un ricordo. Può darsi che mi induca ad un ragionamento improprio, che nulla centri, magari scopriremo che il fatto non è accaduto nel "profondo Nord" ma altrove. Pure mi è sovvenuto come io conosca bene le scuole di quella zona d’Italia, e sono ottime scuole. Le conosco perché per molti anni, dal 90 al 2003, vi ho tenuto letture e corsi di didattica della poesia. Mi colpiva, in particolare presso un grandissimo istituto della provincia di Milano, l’esplodere in una primavera di qualche anno fa, di quei famosi manifesti che un partito politico - non è presente in questo Consiglio (la Lega Nord, ndr)- mise per ironizzare sulle preghiere di alcuni cittadini presenti in quella realtà, e altri per dileggiare l’omosessualità e così via: ogni primavera una fioritura rinnovata. Nessuno sembrava notarli più di tanto, non positivamente ma neanche negativamente. Se si arriva a questo, alla propaganda del pregiudizio e dell’odio, oltre il disprezzo per la diversità, non è poi difficile che si compiano passi in avanti su quella strada. Tutto si tiene ed è ora di cominciare a rendersene conto. Tirando un filo è tutta la matassa che viene ad essere dipanata. E lungo questa matassa troviamo questioni rilevantissime, rispetto alle quali non basta la denuncia retorica o l’appello alla moralità, questioni rilevantissime di asse culturale e di scelta profonda che l’Istituzione deve fare. Ogni istituzione - ripeto, dalla scuola, all’Ente locale, allo Stato - non solo per vigilare e reprimere, ma per assicurare un’educazione di integrazione, di rispetto per la persona umana e di riconoscimento del reciproco convivere”.

lunedì 13 novembre 2006

Saddam Hussein.Sì al processo. No alla pena di morte.

Saddam Hussein. Importante processare un dittatore. No alla pena di morte. Presto un appello dalla società civile bolognese.

L''intervento svolto il 6 Novembre, in Consiglio, dal consigliere Davide Ferrari (DS).

(Dalla nota stenografica)
Consigliere FERRARI:
I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per il carattere cittadino della nostra sede consiliare. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo riguardi particolarmente anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale.
Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è conseguita al termine della prima fase processuale dovremmo evitare due rischi.
Il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo: "No alla pena di morte".
E’ di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, in quanto corregge le prime voci che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair: inequivoca. Dice Blair: "Siamo sempre contrari alla pena di morte". Giusto, ha ragione.
E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà.
Contemporaneamente io credo che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato, e con tali responsabilità, di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo.
E’ quindi proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, i crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che il culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario.
Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento "reazioni a Bologna", perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione.
E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo.
No, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a motivi di ordine generale quali quelli che ho richiamato, c’è anche una ragione specifica per assumere un più netto profilo civile e democratico. Migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente fra le città di pace, di libertà, di condanna delle dittature, di richiesta di pene umane, di rifiuto della pena capitale.

lunedì 6 novembre 2006

Sulla condanna a morte di Saddam (Stenografico)

Vicepresidente FOSCHINI: Procediamo con il consigliere Ferrari sulla condanna a morte di Saddam Hussein.

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per la nostra sede. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo tocchi anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale. Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è seguita dalla prima fase processuale dovremmo evitare due rischi: il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo. Ed è di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, corregge le prime dichiarazioni che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair inequivoca. Dice Blair: “sempre contrari alla pena di morte”. Giusto, ha ragione. E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà. Contemporaneamente io credo però che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato e con tali responsabilità di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo. Proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, dei crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario. Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento “reazioni a Bologna”, perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione. E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo; no, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a ragioni generali quali quelle che ho richiamato c’è anche la ragione di assumere un più netto profilo civile e democratico quando migliaia e migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile, ci saranno altri momenti, Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente.
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