sabato 23 febbraio 2013

Il voto e "il Caos".


A ripetere “al lupo, al lupo!” , (quante volte ci è capitato!) anche quando alle viste ci sono soltanto faine e “pungazze”, si sa, va a finire che, quando la “bestia” arriva, le vittime sono divise e disattente. Questa volta il “lupo” c'è e ancora pochi lo hanno riconosciuto. Non è una figura sola della triste “smorfia” dei “leaders” reazionari e dei guru populisti che affollano le liste elettorali. Non è Berlusconi, il falso postino dell'Agenzia delle entrate che vorrebbe i poteri di Mussolini e il pittore del ritratto di Dorian Gray fra i dipendenti. Non è Grillo, che urla verità menzognere che tutti, almeno una volta, abbiamo creduto e molti seguono per la vita intera. La più soave: che “la colpa è degli altri”, che “noi” gente, non siamo e non dobbiamo essere responsabili di nulla e per nulla. Questi, e i minori, sono attendenti, famelici, di un ben più grande “Generale Inverno”. Il nemico è il Caos. Risultato della crisi, della miseria, che ci raggiunge a larghi passi, della sfiducia, il Caos è la fuga dalla democrazia, che, senza speranze condivise che facciano partecipare, diventa un guscio vuoto di leggi e palazzi. Si nutre di ogni cosa, per sconfiggerlo non basterà un voto. Intanto, però, è necessario non alimentarlo, non farlo ingrassare con un voto che non significhi: più giustizia, sicurezza, stabilità, governo. Solo il centrosinistra, solo Bersani possono provare a garantirli. Chi dice : “sono tutti uguali” vuole farci scegliere i peggiori. E, qui, in Emilia-Romagna, sogna, come sempre, di farci diventare una delle tante province arrese dove il lavoro ed i cittadini contano ben poco. Il passaggio dell'Italia è stretto. Decidiamo di essere fra quelli che vogliono tenerlo aperto

L'Unità, "il contrario", 23 II 2013

sabato 16 febbraio 2013

Deregulation all'armeria. Un No per la sicurezza.




Le armi. Al di là di chi ne ha necessità per lavoro, evidentemente piacciono. Altrimenti due parlamentari di Fli, Paglia ed il nostro Raisi, non avrebbero fatto una proposta per rendere più facile, “meno burocratico”, averne una. Deregulation non solo all'anagrafe ma anche all'armeria. “Come?-qualcuno ha chiesto- Di armi in mano ai privati si muore e voi volete promuoverne la detenzione?”. I due hanno risposto: “Sì, ma vogliamo, nel contempo, incrementare i controlli psico-fisici su chi ha un'arma”. Prima gliele diamo, poi li controlliamo. E, spesso, sparano all'impazzata i più insospettabili, i normalissimi. Senza contare gli incidenti, i bambini falciati da un gioco eccetera eccetera. E, soprattutto, perché? Chi sente il bisogno di facilitare una pistola, invece, per dire, di un buon libro? E' vero: la destra moderna e centrista ha fatto una lunga marcia di cambiamento ma, nei punti sensibili, evidentemente scatta la vecchia cultura come un coltello a serramanico. Inutile ironizzare, tuttavia. Interessa maggiormente riflettere sulla “cosa”, più che su chi la propone. Obama ci prova, le lobbies del “fucile per tutti”, in America, dove il Far West è storia di appena ieri, sono per la prima volta seriamente sfidate. Da noi il clima è diverso. La criminalità non è maggiore, è maggiore la paura, è minore la speranza. Lo Stato? In molti non ci credono più. La fondina carica da sicurezza. E' un'illusione nefasta. Associa chi la coltiva ai peggiori pensieri. Meglio non voltare la testa dall'altra parte, però. Ogni pronuncia, serve netta e chiara, che suoni: “No alle armi” deve unirsi ad un “Sì alla sicurezza”. Partiamo da qui.

"Il contrario", rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R, 16 II 2013

sabato 9 febbraio 2013

La foto dello scudetto per dire ai lavoratori: "Appartenete a noi"




Dobbiamo sapere, tutto. Come azzereranno l'Imu quelli che l'hanno istituita, la sfida al diabete del consigliere che si fa comprare la Nutella, il nome dei cagnolini di Silvio e di Mario. Possiamo indignarci, urlare, mandare altrove tutti i politici, la “casta”. Perfino scagliarci contro Fabrizio Corona. Tanto, qualunque cosa gli si dica si rischia di prenderci. Di operai, no, meglio non dire, non sapere. Se proprio si vuol essere di Sinistra, magari intellettuali (quanto silenti!), ci si può divertire alle imitazioni di Marchionne. I morti, gli ammalati, per lavoro? Si pianga sulle statistiche, si stia sulle generali. Sui diritti negati si allarghino le braccia, si sfumi nei trafiletti. Così il lavoro dipendente si trasforma in “appartenenza”. Il lavoratore non più persona, ritorna oggetto. I muri della sua fabbrica, è anche “sua”, vi lavora, diventano memorandum sul dovere di appartenere, lui, alla fabbrica, a chi la possiede. L'”undici”dello scudetto, affisso alla Marelli, ”anti-assenteismo”, è questo. Infatti se ne scrive con parsimonia. Dispiace che venga usato quel Bologna “del popolo”. Vengono in mente Fulvio Bernardini, il “dottore”, un fior di democratico, e la nostra gente allo Stadio, o ai giardini, la Domenica, l'orecchio attaccato alla radio. Nielsen, cancellato col photoshop, dovrebbe sentirsi male augurato. Ma il problema non è lo strumento rossoblù che si utilizza, è la “ratio” di queste campagne. Mia mamma fu impiegata alla Ducati, nell'era fascista. Raccontava dei cartelloni con la scritta: “Salutare i superiori guardandoli negli occhi”. Capiva bene il loro significato. “Tu sei nostra!”. No. Fra lavoro e impresa ci deve essere un “contratto”, doveri e diritti, responsabilità, certo, ma “voce in capitolo”. C'è crisi, servono uomini e donne, non sudditi.

"Il contrario", rubrica di Davide Ferrari, L'Unità E-R, 9 II 2013

martedì 5 febbraio 2013

Aldo


Perdere il proprio padre è sentire, immediato, il vuoto dei ricordi non più condivisi nel dialogo, la vita comune non più rinnovata nell’amore, nella confidenza quotidiana.
Per tutti è così. Noi figli di Aldo Ferrari sentiamo con dolore la mancanza improvvisa (non importa l’età avanzata, non consola) di una guida di immensa generosità, fino agli ultimi, lucidi giorni.
Un amico suo collega ci ha scritto che Aldo era “imponente e gentile”. Un uomo che camminava leggero, senza odi e rancori, lieve nella sua corporeità così massiccia.
Atleta in età giovanile, marinaio sui mezzi d’assalto visse, poi, lo sbandamento di una fede sbagliata, razionalmente perduta dopo la tragedia della guerra, senza incertezze e senza plateali abiure. Destinato per tradizione familiare, plurisecolare, alla carriera militare ed all’ingegneria aveva seguito altre ispirazioni, più vicine alla madre, la pittrice Emma Dallolio, alla moglie, Lucia ed al cognato Costantino Della Casa, intellettuali influenzati dalla Sinistra. Si era dedicato ad un mestiere, un’artigianato, così lo considerava con rispetto e passione, fare il fotoreporter, correre in Lambretta da un capo all’altro dell’Emilia-Romagna, in caccia di immagini. Dal 1950 al ’60 fu la sua grande stagione di fotografo. Dalle immagini, straordinarie, del Polesine alluvionato, al volto di Ligabue, il poeta folle degli argini e del dolore, diecimila scatti in dieci anni, un patrimonio.
Come hanno scritto Gregorio Scalise e Bruno Stefani l’impronta pittorica, luminosa, nelle sue foto è saldamente legata all’ingegno del taglio, della composizione, e a quel lavoro in camera oscura che produceva, dalla congerie dei “clic”,  il capolavoro.
Luca Goldoni lo convinse a fare il giornalista, intuendone, dalle didascalie, particolari, con le quali segnava le sue immagini, qualità di sintesi e di ironia. Al Carlino restò per una lunga stagione, distinguendosi come capocronista di Bologna, nel periodo della direzione di Enzo Biagi.
Anni, anche, di intenso impegno sindacale. Le sue fotografie diventarono cronaca della vita personale. C’è in queste “altre” foto un secondo patrimonio che andrà proposto alla conoscenza del suo pubblico, così cresciuto in questi ultimi anni.
Donò alla Cineteca l’intera collezione delle foto professionali, una mostra di inaspettato successo ne sancì una dimensione che è andata via via crescendo.
Oggi Aldo è riconosciuto come uno dei fotoreporter di maggior talento e alcune sue inquadrature possono stare nella storia della fotografia italiana.
Anche da giornalista mantenne l’attenzione alla grafica, all’impaginazione. Le sue pagine appaiono oggi, ideate per la composizione a caldo e la linotype, di un’arditezza che stupisce.
Una vita multiforme, vissuta seguendo la brezza della causalità e del talento: Aldo, nei suoi diversi mestieri, l’ingegnere, l’artista.

Davide Ferrari, La Repubblica, 5 II 2013


sabato 2 febbraio 2013

Diario elettorale. Un voto per non alzare le mani.


Note di diario, dopo più di mezza campagna elettorale. Dicono che è sotto tono, noiosa. In realtà è una delle più importanti. Se vincerà il centro sinistra di Bersani l'Italia avrà un governo, potrà contare in Europa, per cambiare questo continente serrato dal rigore ingiusto delle destre. Se vincerà il “resto del mondo” (quanti sono! Da Berlusconi a Ingroia) saranno dolori. In fondo il quadro è semplice. Se lo si comprende non ci si annoia, si prende parte, ci si schiera. Grillo, già avviato a un alba, in parlamento, molto simile a un tramonto, arriva in Emilia-Romagna. Ha ripreso colore dopo l'esplodere della vicenda Monte Paschi, cui ha reagito rivalutando Craxi. Dopo vent'anni il controverso Ghino di Tacco è ancora una figura cui rendere omaggio, per entrare nel cuore di “quel”certo elettorato. Ma cosa può dirci, Grillo? Qui già governa, a Parma, e poco combina. Qui i suoi sono arrivati da tempo nelle istituzioni e, subito, si sono lacerati. Monti ha avuto contestazioni dall'aspra situazione del terremoto. Comunque non decolla. Molti giornali si chiedono il perchè? Chi si pone la domanda deve avere dei conti in banca dai 5 zeri in su. Il PD fino ad ora, dopo le belle primarie, è stato prudente. Forse attendeva i colpi bassi, che infatti sono arrivati, da Siena a Milano. Adesso bisogna farsi sentire. L'argomento c'è. Non sono le alleanze future al centro. Partire da lì avrà tacitato qualche componente interna, o estera, ma ci ha fatto molto male. Un voto per noi, chiedere, e basta. Se votate il Circo Barnum degli altri, questa volta , dovete saperlo, sarà come alzare le mani, di fronte a una crisi che non fa prigionieri.

L'Unità E-R; 2 Febbraio