sabato 31 dicembre 2011

L'uomo dell'anno? Le donne dei servizi pubblici.

Come sempre, a molti piace interrogare su chi sia il personaggio dell'anno. Chi da noi? Ci propongono volti ragguardevoli, ma non abbiamo voglia di giocare con le loro figurine. In questi giorni abbiamo accompagnato a visite mediche, a prelievi, e quindi ad aspettare davanti agli sportelli degli uffici sanitari. Inutile dire dell'umanità dolente e dei suoi calvari. Per una volta vogliamo riuscire a non essere ipocriti. Piuttosto, seduti su quelle panchine color acciaio bucherellate che trovi ovunque, abbiamo fissato lo sguardo sugli impiegati. Quasi tutte donne. Quasi tutte sono impegnate, serie, precise. Ecco chi è il cittadino dell'anno. La donna normale che fa bene il proprio lavoro, dentro strutture pubbliche, di tutti. Devono prendersi gli schiaffi, morali, non solo dagli utenti più in difficoltà ma da una pletora di persone inutili: il politicante liberista, l'opinionista in carriera, il giornalista arrivato ecc ecc. Devono fare ogni giorno con meno. Non si perdono d'animo, reggono. La loro intelligenza è inversamente proporzionale allo stipendio, un Della Valle, per dire, nemmeno riuscirebbe a pensarle. Diciamo grazie, a Mezzanotte manca poco.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R 31 XII 2011

mercoledì 21 dicembre 2011

In galera, per Wolverine.

Se siete pratici di New York, io non lo sono, le avrete incontrate, diffuse qua e là, come tutto, del resto, nella “grande mela”. Sono le bancarelle di oggettistica varia, tenute da simpatici coreani. A differenza di alcuni di casa nostra, sembra non vendano solo binocoli che allontanano la visione, giocattoli che avrebbero risolto il problema dei regali di Natale a Lucrezia Borgia e telefonini con i numeri disegnati sopra, come la pentola di Geppetto. Al contrario. Potete trovarvi di tutto. Così è capitato al quarantanovenne installatore di vetri Gilberto Sanchez. Tempo addietro acquistò ad un bancone estremorientale una copia pirata del film “Wolverine”, sull'inizio degli X-men. Non si limitò a guardarlo a casa propria. L'intraprendente Sanchez lo caricò, nel 2009, prima che avvenisse il lancio miliardario del film, in un sito Internet dove ci si scambiano video, Megaupload. La 20th Century Fox, casa produttrice dell'originale non la prese bene. Lo denunciò, lo trascinò in Tribunale e ora lo ha fatto condannare. Un anno di carcere, tondo tondo. Temevano per gli incassi? Sbagliavano. “X-Men Origins: Wolverine” ha fatto al botteghino 400 milioni di dollari.
“E' un segnale ai pirati della rete”annunciano fieri gli avvocati dell'accusa. Il malcapitato si è dichiarato colpevole ma non gli è bastato ad evitare la galera.
La Fox dev'essere molto permalosa. Si apprende che tale Robert Friedman, giornalista di Fox News, è stato licenziato in tronco per aver pubblicato una recensione basata sulla copia tarocca del film.
Se i commercianti dei nostri lungomare avessero lo stesso potere delle Major statunitensi non basterebbero le terre emerse di tutto il globo per relegarvi gli sciami di vu cumprà, carichi di borse Louis Vuitton e di mutande Calvin Klein a 5 euro. La crudeltà dei potenti ha sempre meno limiti.
L'America è la terra della libertà e delle regole, si dice. Chi sbaglia paga, forse per l'etica calvinista alla quale, nella nostra cultura latina, si danno tutte le colpe. In realtà non risultano analoghe durezze per i magnati dell'industria, gli inquinatori, gli squali del lavoro senza diritti.
Chissà cosa ne pensano i superoici X-men? Nemici di ogni male, non avrebbero da temere la disoccupazione, se la smettessero di inseguire mutanti colleghi, depravati e viziosi, per rivolgersi a Hollywood e Wall Street.

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano" 21 XII 2011

sabato 17 dicembre 2011

SalaBorsa. Festa di tutti.

La Biblioteca di Sala Borsa ha appena compiuto dieci anni e oggi festeggia.
Aprì non senza problemi. Dieci anni fa Guazzaloca e la particolarissima Assessore Deserti recalcitravano. Sotto sotto l'animo loro andava ad un progetto economico dove, si diceva, sarebbe stata la Mondadori di Berlusconi. Fu l'opposizione-a qualcosa servimmo!- a dare battaglia. Si difese il principio del valore per la città di un progetto imperniato su una grande Biblioteca. La Giunta di centrodestra fu indotta, da un lato a far partire Salaborsa, dall'altro a tentare un processo di deprivazione più macchinoso e più debole. Sappiamo come finì. La Biblioteca c'è. La cultura non è un lusso. E' il pane di una comunità ordinata, la condizione per la libertà dell'individuo. Nessuno si senta fuori posto, alla festa di oggi. Nemmeno i giovani Rom e di tutti i colori che ingombrano fin dai gradini. Vi sostano per “appoggiarsi" e per Internet. Capiranno che è diversa da un centro commerciale? Ne stupiranno? La migrazione li ha fatti piovere qui, curiosi e famelici. Dieci anni fa non c'erano. Un motivo per progettare qualcosa in più, dopo la festa. Accorgersi di loro, nel programma culturale. Difficilissimo farlo realmente. Certo, come tutti i sogni.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità E-R, 17 XII 2011

martedì 13 dicembre 2011

Quel “povero” genio di Steve Jobs.

Gli antichi dicevano che, delle persone scomparse, si deve dire solo bene o nulla. Faremo un’eccezione. Dispiace, certo, la malattia e la morte di Steve Jobs. Tuttavia l’esaltazione postuma della sua filosofia irrita. Si è iniziato con il rammentarci un vasto armamentario di citazioni che tutti, soprattutto se giovani, dai commercianti agli imbianchini dovrebbero seguire. Un guazzabuglio liberista che pare uscito da una conferenza per motivare i venditori di un “porta-a-porta”. Nota la frase centrale di un suo discorso agli studenti. “Siate folli, siate affamati” se volete avere successo. Ho sempre avuto una fame insistente, fin dalla lontana infanzia. Forse per mancanza di altri talenti, l’obesità è presto sopraggiunta, il successo si fa attendere ancora.
Si prosegue, ora, con la fioritura delle leggende sul suo comportamento. Dovrebbero segnalare una strapotente genialità. . Leggiamo di una “stranezza”, che-dicono- avrebbe incuriosito gli americani.
Il fondatore della Apple girava con un’ auto senza targa. La sua Mercedes SL 55 AMG, capace di passare da 0 a 100 Km/h in 4 secondi e mezzo, non indossava questo segnale, obbligatorio per tutti gli altri mortali.
Come mai? Lo aveva esentato un Governatore californiano compiacente, dopo la raccomandazione di Scilipoti? Aveva procurato a qualche Senatore l’agendina di Marrazzo?
No. Era un trucco alla James Dean per farsi fermare volutamente dalla polizia? Ah il masochismo dei “poeti” maledetti! Nemmeno.
Ora sappiamo. Un uomo dell'azienda di Cupertino ha parlato. La legge californiana permette alle auto nuove di viaggiare senza targa per sei mesi.
Jobs aveva fatto un leasing, cambiava la vettura con una identica ogni semestre. Tutto qui. Volere è potere. Perché fare una idiozia simile? Presto detto. Per ragioni di privacy. Poco importa se così tutti sapevano che dietro i vetri nerofumo c’era lui.
Forse la cosa è ancora più semplice. Non sapeva decidersi. Quale nickname scrivere sul metallo: “asinello dell’altipiano” o “casetta del marinaio”?. Gli americani fanno così. Chissà quante possibilità gli saranno venute in mente. Troppa fantasia hanno i poveri geni. Finiscono per soffrire di queste piccole cose.
Genio? Forse gli aneddoti scemi valgono meno della lucentezza degli Iphone, però mi sono convinto che a Briscola l’avrei battuto facilmente.
Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano" 13 XII 2011

sabato 3 dicembre 2011

La famiglia è importante per tutti.

Sembra finisca bene. L’ associazione dei genitori con figli gay e quella dei gay genitori entreranno a far parte della Consulta per la famiglia. Se così non fosse stato si sarebbe compiuta una tale violazione dei più elementari diritti ad una eguale cittadinanza che forse chi si opposto nemmeno si è reso conto della gravità di quanto pretendeva. La città, adesso, o archivia il tutto al più presto possibile, oppure discute. Il primo punto è già detto: è proprio vero, i diritti non negoziabili esistono. Innanzitutto quello a non subire discriminazioni. Ma si può dire qualcosa di più. Per esempio che la famiglia è importante, per tutti. Che tutti hanno il diritto di provare a costruire la propria, a prescindere dall’orientamento sessuale e di tante altre cose. E’ difficile incontrare e riconoscere il bene assoluto. Tendere al bene è invece possibile ed è un dovere favorirlo. Nel mondo gay si è fatta strada non soltanto la rivendicazione della propria specificità, la “diversità”, la tipica “bandiera”, nelle prime fasi, di tutti i movimenti, ma la volontà di dare luce a vite normali, condotte da persone “diverse”. E’ un bene grande per la coesione sociale e culturale. E’ un bene per la comunità cittadina. Mettere i bastoni fra le ruote è una cattiveria incomprensibile.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
3 XII 2011

CENTRO IMBENI. LA PRIMA INIZIATIVA



Sabato 3 Dicembre 2011, a Bologna, alle ore 10.30, alla Sala del silenzio, prima iniziativa del centro Renzo Imbeni. L'occasione di ascoltare, tra altri, ed importanti, Giuseppe Vacca. sul tema "La politica al tempo della crisi"

giovedì 1 dicembre 2011

Lucio Magri

L.M

"Il comunismo, la cosa facile
che è difficile fare".
Mi chiedo chi guidava
l'auto, la Svizzera mi
sembra così lontana,
oppure il freddo
di un areo. Poi fumava
di continuo, come,
dove non si può più,
avrà nascosto la sigaretta,
dietro al trench, dove
può bruciare le dita?
C'era una madre, una
donna a dire "Attento"?
Avrà avuto paura
all'atterraggio? E uno,
due,ci dicono, tre forse
avanti, indietro
a morire e ritorno
e riprovare. Attenti
qui è il dolore, qui
non vale interpretare,
dire di sapere la
sconfitta, "non aveva
ruolo più" scrive una
piccola belva di cortile.
Attenti qui è il vento
e il sole nemico,
l'irreparabile che è
già avvenuto, la terra
già cambiata a noi
per sempre, che muore
tagliandoci il viso
nera come le acque
a muro sul Giappone.
"Per il comunismo,
non per meno".
Non eravamo meglio
di quest'ultimo
funzionario commis,
sento i suoi passi
in sede del partito,
mentre scrivo,
che ha occhi, naso, bocca
chiusi come si chiude
la porta del bagno,
chiusi, è normale,
non sa, non è di
alcun senso raccontare
di Magri a lui.
Non eravamo meglio.
Perchè avremmo dovuto?
Senza passato, senza
il setaccio di una storia vera
senza l'ignoto oggi,
nascosto in un computer,
nello scomparto
di una raccolta di rifiuti.
Senza storia e senza presente
dunque, questo siamo.
Non ha attenuanti il
buio, lo sparire non
ha freni. La piccola nipote,
penso, non poteva guardare
a lui, farsi guardare?
Ma perchè deve bastare l'altro
se non c'è niente da dire.
Amendola, Lama
hanno saputo morire,
morire sapranno,
lo impareranno, i figli, di noi,
le donne e gli uomini
della rivolta, lontana,
che ricomincia, a Damasco,
sulla montagna di coca,
forse anche qui
dove muore e
solo muore l'Europa.
Il passato, il presente
li abbiamo lasciati
fuori dalla vita, noi,
adesso non li abbiamo
scarpe per camminare,
zattere della medusa,
bandiere. Non c'è
nemmeno da piangere
non lo sappiamo
fare e ridere non sappiamo.
Nemmeno il funerale
vuoi, per togliere
l'ultima necessaria
bugia, non ce
la lasci dire. Non vuoi
essere esempio, nulla.
E alla stazione,
al ponte della strada,
all'ascensore bianco
argento d'ospedale,
avrai visto queste cose, solo,
nell'andata e nel ritorno
una, due, tre volte:
c'era qualcuno che parlava forte?
C'era un po' di vita,
chi ti mandava al diavolo
-per lui eri fare un lavoro,
una fatica? Questo spero
come un sollievo.
L'albero unico dalla
finestra della morte
è sollievo vedere.
E poi le mani
di chi copre il viso,
di chi firma l'atto
di chi conta i soldi
del biglietto.
Un'infinito, pare
infinito il tempo
ad una vita sola,
un'infinito proseguire
che consola.

Davide Ferrari

mercoledì 30 novembre 2011

“Olandesini” pericolosi. Fabbricano virus.

Diciamo la verità: abbiamo tutti paura della fine del mondo. Fra buchi dell’Ozono sul cielo di mezzo pianeta, ghiacciai e calotte artiche diventate meno resistenti di un Cof a Ferragosto e vulcani in libera uscita, abbiamo spesso il cuore serrato, molto più di quanto vogliamo ammettere, e la testa che cerca di non pensarci. C’è il rischio di perdere il confine fra immaginario e realtà, di assorbire la fine, di non credere in nessun futuro. Fenomeni della psiche. C’è però chi si incarica di far diventare reali i nostri spettri. Abbiamo letto di un virus che avrebbe la forza di uccidere meta' della popolazione mondiale. Non nasce dalla cacca dei piccioni cinesi, caduta nella mangiatoia degli innocenti suini messicani. E' stato realizzato da un laboratorio olandese. Sono bastate poche modifiche all'H5N1, quello dell’influenza aviaria, prodotte facendo ammalare dei poveri furetti. I simpatici animaletti pare abbiano un sistema respiratorio fra i più simili a quello umano.
Un tempo, per noi, l’Olanda era quella della nota contadinella dei detersivi. Con la sua mano evitava l’annegamento a Calimero. Un’olandesina buona, candida, utile.
Oggi gli “olandesini” si divertono a produrre virus, “per vedere l’effetto che fa”. Dicono che servirà per studiare rimedi. Intanto si producono pericoli, poi si vedrà…
"E’ il virus piu' letale che si possa immaginare” , dichiara lo scienziato Ron Fouchier, capo del progetto di ricerca. Vuole essere invitato da Barbara D’Urso, vuole la medaglia del Guinness? Dovrà insistere. Ci sono dei concorrenti. Pare possano vantare gli stessi risultati i protagonisti di un’altra ricerca, guidata da tale Yoshihiro Kawaoka dell'Universita' del Wisconsin. Così, se qualcosa va storto, invece di sterminarne solo la metà potremmo arrivare alla scomparsa totale, degli uomini e dei furetti. Dopo ci penseranno le zebre, i tonni ed i moscerini a prendersi cura del Pianeta.
Le riviste del settore pare siano incerte, bontà loro, sulla pubblicazione dei dati. Se qualcuno in cucina volesse provare a riprodurre i virus? Si chiedono. Ni invece ci chiediamo: saranno mille e tutte buonissime le ragioni di questi scienziati. Tuttavia non ci dispiacerebbe affidarli ai parenti dei furetti sacrificati. La D ’Urso continuerà a far ballare il walzer sui bicchieri da chi mangia la mortadella con le orecchie? Pazienza.

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"
30 XI 2011

domenica 27 novembre 2011

Centrosinistra. Navigare insieme.

Il Centrosinistra: ha amato segnalarsi con bellissime specie arboree, ma rassomiglia più agli animali degli abissi marini. Il suo ritratto è nelle tavole dei manuali, cangiante di forme, imponente e misterioso. Eppure ancora qualcuno dubita della sua sopravvivenza nell’attualità. Non noi. Anzi lo vorremmo solido, tratto d’unione fra ideali, programmi e necessità di Governo. Soprattutto oggi. Dovrebbe essere così: più ci si unisce nell’ Union sacree attorno a Monti, più si pone mano ad un programma proprio, di cambiamento. Ma l’Alleanza non è facile. Anche qui si discute. A Bologna, ad esempio, sul People Mover . Il Sindaco, come da poteri e da autorevolezza, ha parlato e si è assunto le proprie responsabilità. Le categorie economiche paiono concordi sul Sì. C’è però un movimento contro, abbastanza vasto e forte del consenso di alcune valide personalità. C’è da sperare che nessuno voglia l’eredità della vicenda Civis, nel senso-attenzione- di raccogliere la spinta del “meglio non far nulla”. Forse una navigazione in un mare preventivamente mappato insieme, su una barca condivisa aiuterebbe a superare lo scoglio del diverso parere su questo punto. A Sinistra le tentazioni di rifiutare una cultura di governo sono costanti, per vincerle bisogna sfidarle alla responsabilità. Soprattutto adesso.

Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
26 XI 2011

martedì 22 novembre 2011

Il nuovo disco di Silvio. Il resto è passato.

Silvio Berlusconi è nato Bilancia. Tratti caratteristici del segno sono gli occhi languidi, l’ attaccamento agli amici fino all’intransigenza sui loro difetti, vissuti con paterna preoccupazione, e una vocazione artistica, per esempio il canto.
Tutto quadra. Vien da chiedersi perché con tante buone qualità l’ex Premier abbia voluto dedicare la sua vita al potere, mostrando così altre note caratteristiche, che forse sarebbero rimaste sepolte sotto i ghiacci di una vita quotidiana più semplice, come la mummia del Similaun.
Fatto sta che l’ex entertainer, con Villaggio e De Andrè, nelle crociere degli anni ’50, perduto il vertice si ripropone alla base della sua personalità. E’ in uscita un altro suo disco. Sono duetti con Apicella, ancora una volta. Il bravo musicista è da sempre nel cuore di Silvio, forse più degli ignudi compagni dei bunga bunga. Si chiamerà “Il vero amore”. Il nome sembra azzeccato. Nelle fotografie gli sguardi del chitarrista e dell’anziano singer di Arcore appaiono addolciti, sereni, crisi e sconfitte sono dimenticate. Sono messe da parte quelle Miss, impietose a pagamento, sempre pronte, nei festini, a giudicarti la tenuta dell’epidermide più riservata. Apicella è la vera passione. Forse è lui, possiamo pensarlo senza alcuna malizia, il legame stabile al quale, nei momenti più confusi della vicenda Ruby, Silvio ha fatto riferimento. Il leader scrive i testi e Apicella la musica, come Mogol e Battisti. Silvio è un po’ poeta, lo sappiamo, per questo nei suoi discorsi, nelle frasi intervallate dagli storici “mi consenta” e “cribbio”, la verità e l’illusione si confondevano tanto frequentemente. Dal milione di posti di lavoro al ponte sullo stretto di Messina: dobbiamo giudicare con meno severità le sue dilatazioni della realtà. Furono licenze poetiche.
La cattiveria della politica mal si addiceva alla sua sensibilità dolce. La politica non può essere il luogo di vita di chi è sempre pronto a dare, a dare. C’è ancora chi gli chiede prestiti, persino dagli arresti, come lo spendaccione Lele Mora. Lo fanno perché sanno il suo grande cuore, non per i limiti infiniti del suo portafoglio.
D’altra parte anche i nuovi capelli incollati alla rotondità del cranio con la garavella di un liutaio, hanno il colore ambrato di una mandola.
E’ questa la vera vita di Berlusconi. Il resto? Una brutta parentesi.

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"
23 11 2011

sabato 19 novembre 2011

Movimenti. La nostra bussola dice: dialogo.

A Bologna ci si indigna facilmente. L’Emilia-Romagna ha visto fiorire tutti i movimenti politici. Oggi la crisi ed anche un certo quale recupero dell’attrattiva delle ideologie produce il fenomeno, detto alla spagnola, degli “indignados”. Come fu per i “gauchistes” della metà degli anni ’60, al loro inizio i movimenti sono definiti da nicknames in lingua estera. Poi, se il momento è propizio, mettono radici. La prima domanda di fronte alle occupazioni, alle trattative e agli sgomberi, è proprio questa: siamo in presenza di fuochi di paglia, déjà vus, oppure, come crediamo, si tratta di scintille più significative, di un conflitto destinato a crescere?
Sono troppe le contraddizioni sociali accumulate. E il quadro politico che, caduto Berlusconi, ritrova una positiva occasione unitaria, può correre il rischio oggettivamente di non rappresentare aree importanti, per opinione e volontà. Non vanno respinte fuori dalla vita democratica.
Abbiamo già vissuto l’Unità nazionale, da un lato, ed il ’77 dall’altro. Tutto è diverso. Ma la storia deve insegnare. Se fossimo il capitano Jack Sparrow la bussola ci indicherebbe di puntare sul dialogo, nella chiarezza, certo, e nella legalità. Non è facile. Altri soffieranno sul fuoco. E’ un compito nostro, una parte della responsabilità nazionale che ci siamo assunti.

Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
19 11 2011

giovedì 17 novembre 2011

Buon Natale, Sirio.

Fra poco è Natale. Infatti, quando non alluvia, piove come ad Aprile e fa caldo come a Settembre. Lo sconvolgimento del clima cambia tutto. Per fortuna, a rammentarci il Calendario, giungono puntuali le polemiche di stagione. Così, a Bologna, ritorna la tradizionale discussione prenatalizia su Sirio, il vigile elettronico. Bisogna spegnerlo, durante le feste? Il Comune, negli anni scorsi, lo ha fatto. Sia il roccioso Cofferati che il fuggevole Del Bono hanno spento. Contenti i commercianti. Scontenti quei rari animali civici che, a piedi o in bicicletta, in autobus o arrovellandosi per trovare un parcheggio, sono soliti prendersela a male per una regola oscurata. Non si ricorda mai abbastanza che Sirio non è un divieto in più ma soltanto la certezza di non poter “sfuggire” se si trasgrediscono le regole. Questa volta, il Sindaco Virginio Merola non spegnerà. Si troveranno, forse, altre vie per rispondere alla preoccupazione, legittima e comprensibile di chi, nel periodo che sta arrivando deve vendere il più possibile, per pareggiare i conti difficili della crisi. Siamo d’accordo con il Sindaco. Ci sostengono le ragioni della salute e dell’ambiente ma, di più, le motivazioni della correttezza. Fino a che l’Italia sarà il paese delle centinaia di migliaia di leggi e norme dimenticate, del: “Ma tanto poi…”, dei penultimatum, avremo poche speranze. D’altra parte era stata condotta una verifica dopo le prime esperienze di parziale riapertura babbonatalizia. Ricorderemo male ma ci pare che i risultati non avessero segnalato incrementi di vendita molto significativi. E’ che le abitudini dei cittadini sono consolidate, non mutano allo scattare della scatola magica. Un po’ di maggior rigore non violenta, fotografa invece i comportamenti. E’ quindi davvero il caso di guadagnare continuità. Si dirà che si parte con le piccole cose. Qualcuno troverà il modo di sacramentare contro i privilegi della casta (argomento-maionese che va bene su tutti i piatti). Eppure se tanto se ne parla, da anni e anni, se cercarono per tanto tempo di non farlo partire, evidentemente Sirio a qualcosa serve. Questa rinnovata “rigidità” trova una sponda nelle notizie che arrivano dalla Padania. Anche sindaci ariani e celtiberi, come il mitico Tosi di Verona, sono alla prese con problemi similari. Colui che era uso girare con un felino al guinzaglio corredato dal cartello recante la scritta: “Magna el teron”, sembra sia alle prese con piani del traffico cogenti e limitanti. Fioccano, sotto il balcone di Giulietta, le raccolte di firme e attorno all’Arena, è tutto un alzar di voci. Anche in riva all’Adige molti vorrebbero andare in macchina, vale a dire finire nell’ingorgo, sempre e dovunque. Però alla lunga, forse troppo alla lunga, il buon senso torna a galla e prevale. Sirio non è una ideologia, è una necessità.


”Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
17 Novembre 2011

mercoledì 16 novembre 2011

L'Italiano, nel tempo della crisi.

Lo sappiamo: la crisi ci cambierà la vita. Già l’ha cambiata a milioni di italiani, vecchi e nuovi: ai disoccupati, agli scoraggiati che non si registrano nemmeno più al collocamento, ai precari, ai giovani che non entrano nel mercato del lavoro e agli stagionati che vivono nel terrore di uscirvi E poi ci sono i pensionati e i vicini alla pensione (“Ci taglieranno e quanto?”). Ai quasi tutti, sotto scopa per il mutuo.
La crisi vive di drammi e paura. Anche di parole. Un tempo noti solo a pochi addetti, i termini della finanza e dei mercati sono entrati nel parlare comune. Si infilano ogni giorno dalle orecchie ed escono sibilando dalle nostre bocche.
L’Italiano è una lingua duttile, flessibile, assorbente come una spugna. Il nazionalismo lo riserviamo solo agli Azzurri del calcio, quando riusciamo a battere la rappresentativa delle isole Faer Oer. Siamo lontani dai francesi che sbarrano la strada dei loro vocabolari alle parole straniere. Mussolini impose “filmo”, “Rascele” e “Osiri”: tutti risero mormorando, giustamente. Qui le parole nuove entrano, si allargano, spadroneggiano. Dall’astronautica all’informatica, l’Inglese, amato da noi più che da tutti e parlato meno che in qualunque altro paese, ha allagato le lingue, ha trasformato e si è trasformato. Se ne accorse Totò con i suoi “cocomeri americani“, il giaccone militare con gli alamari, anzi i “calamari”, e il suo “schiusmi” al polismano, “generale austriaco”, con il suo “breccofisso”, la colazione con il niente, lo “uicchè”, il riposo fine-settimanale scoperto da un popolo senza soldi e senza orari. E oggi cosa non direbbe Totò? Come riciclerebbe i paurosi detti delle altalene di borse e del nostro futuro che, ci dicono, vacilla? Sono gli italiani quotidiani a fare le sue veci, accorpando, tagliando ed incollando le parole che, più o meno, imparano.”Lasciami stare, ho uno spread alla testa!” Così Lei sfugge alla routine matrimoniale. “E’ saltata la stagnazione. Domani chiama l’idraulico”.”Non ti dico la recessione, proprio qui alla spalla. Terribile”. “Ho comprato dai cinesi un bond a microonde. E’ già rotto!”.
Ci aspetta Natale, in questo tempo di alluvioni e siccità. Hanno tolto la neve persino dalla pubblicità. Con il portafoglio snello, agile, sottile, ci verrà da guardare gli acquisti degli altri: “Ma andassero tutti a fa-un default!”

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano" 16 11 2011

mercoledì 9 novembre 2011

Il Principe ed i 133 valletti.

Il Principe ereditario a vita Carlo d’Inghilterra è un uomo dalle molti virtù. Peccato che mai a nessuno sia riuscito di ricordarne una.
E’passato alla storia fin da giovanissimo per l’assenza di vocazioni e per l’impossibilità di portarne alla luce i talenti, anche ai più esperti precettori. Da tempo non capitava di sapere qualcosa di nuovo su di lui, almeno in Italia. Al massimo possiamo ricordare qualche comparsata involontaria a “Striscia la notizia”, che da lustri insiste sul tormentone sulle attrattive della Parker Bowles. E’ la nuova generazione a tenere banco, quella dei figli, più belli tutti di lui grazie alla tenerezza di Diana.
Squarcia la dimenticanza una inchiesta effettuata in Albione sulle spese personali di Carlo. Sono cospicue. Pare che i valletti addetti alla sua persona siano 133, appena meno numerosi delle “giacche rosse” di una compagnia di Wellington. Ad uno è affidata la cura dei lacci delle sue scarpe. Questo attendente, cui i mocassini debbono sembrare quello che è la Gelmini per i precari della scuola, ogni qualvolta il Principe si toglie i calzari, o qualcuno glieli sfila graziosamente, immediatamente provvede a stirarne le stringhe, per dedizione al vecchio Infante. Eppure l’eleganza non è mai stata il punto di forza della famiglia reale. I loro cappelli Montgolfier, i completi equini, le giacche da caccia alla volpe indossate in Polinesia, tutto il quadro è apparso sempre improponibile agli occhi di noi latini, educati dalla leggerezza delle Fontana.
E’ che noi non si guardava in basso, non ci si avvedeva del fulgore dei lacci, della metallica piega che consente loro di fendere l’aria con il minimo di attrito, real contributo al risparmio energetico e alla lotta per il cambiamento del clima.
E gli altri 132 valletti cosa faranno tutto il giorno? Le duecento camice di Charles censite a Buckingam Palace saranno impegnative, tuttavia il senso di uno spreco c’è. Si potrebbe pagare il debito della Grecia con i loro stipendi, pare. Al confronto impallidiscono le cifre della casta politica italiana. Il Principe Scilipoti, il funambolo della poltrona, torna ad essere un signor nessuno. Forse però siamo ingiusti con noi stessi. Può darsi che l’Italia sia ancora avanti. Chi sa che i capelli in fibra ottica del nostro Silvio non valgano di più dei fili stracotti di amido che chiudono le scarpe di Carlo?

"Mala Lingua"
rubrica
di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"
9 XI 2011

sabato 5 novembre 2011

A Bologna si può fare.

E' luogo comune che mentre altre città nel decennio scorso hanno ricostruito la propria immagine, innovato e realizzato, Bologna sia diventata la capitale del ristagno.
Gli esempi internazionali, che ci sono stati scagliati addosso come corpi contundenti, sono noti: Lione, Valencia, perfino le metropoli della Cina in avvicinamento. Altrettanto noto è l'esempio in Italia. E' Torino. Dalle Olimpiadi del 2006 si è detto che Torino dimostrava che “se si vuole si può”, dell'inutilità delle doleances dei Comuni contro i tagli e la mancanza di una vera concertazione Governo-Città..
Ma chi esemplificava? La Destra, contenta di stornare i “j'accuse” dal Governo e dalle sue forbici. Anche certa Sinistra, quella Sinistra executive che spesso chiede il fare, il fare a tutti i costi.
Purtroppo il senso comune non è quasi mai buon senso.
E' stata rilanciata in questi giorni la notizia che Torino è la città più indebitata d'Italia. Il default è un rischio reale. Il nuovo Sindaco Fassino dovrà operare in condizioni proibitive.
Le Olimpiadi sono una bella cosa, l'immagine internazionale un obiettivo per tutte le Metropoli. Meno giustificato è il ricorso all'indebitamento e a strumenti finanziari del genere spendo oggi, pagherò gli interessi domani e dopodomani e così via. Non si vuol dire che Torino a falklito, ha fatto molte buone cose ma i problemi dell'epoca raggiungono anche i miti.
E Bologna, cosa c'entra? Non è forse anche la nostra città alle prese con problemi drammatici di sostenibilità dei propri servizi? Non si vorrà dire che non ci sono stati ritardi ed errori, qui, per esempio sulle infrastrutture? Non è la nostra idea,. Tuttavia gli anni del “grande sonno”, gli anni dell'incertezza e della caduta dell'immagine di Bologna vanno profondamente ripensati.
Se il mandato Guazzaloca si dimostra sempre più quello delle scelte sbagliate (una su tutte il Civis al posto del Tram) gli anni da Vitali a Cofferati hanno visto almeno tre cose che vanno ribadite.
I)La rete dei servizi è rimaasta in piedi, la più vasta d'Italia, mentre cambiavano enormemente i quadri sociali, basta pensare all'emigrazione. II)La riconsiderazione delle reti societarie partecipate, dalla dismissione delle Farmacie al consolidamento di Hera è stata pensata in tempo e condotta, fra luci ed ombre, in modo da garantire livelli qualitativi non indifferenti.III)Non si è utilizzato lo strumento finanziario per legare il cappio alla città in cambio di una immediata capacità di realizzazione.Qui siamo a svolte obbligate, difficili: la sussidiarietà, il nodo dei trasporti. Ma qui “si può fare” perchè l'hardware non è stato scassato, il capitale d'intelligenza dell'intervento pubblico locale è rimasto alto.
Il moderno cuore pubblico: è questo che batte ed è la forza più grande.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
l'Unità Emilia-Romagna
5 11 2011

mercoledì 2 novembre 2011

A Bologna. "Contrada Pasolini". Una proposta

Si torna a parlare di come meglio ricordare Pier Paolo Pasolini nella città dove nacque, dando il suo nome ad una via, ad un luogo “centrale”. Già è intitolato a lui il parco, a S.Donato, dove ogni anno, per terribile casualità dobbiamo ricordare altri martiri della violenza, i carabinieri del Pilastro trucidati dai Savi. Pasolini è nato a Bologna, qui ha studiato, al liceo Galvani e all’Università.
Bologna è stato il luogo d’incontro con i suoi amici di sempre, Roversi, Scalia, Leonetti, Renzi, Giovanna Bemporad, Silvana Mauri Ottieri. Proprio a Bologna Pasolini scoprì i propri riferimenti letterari primari e maturò la sua fortissima impressione coloristica, sotto l’egida di Roberto Longhi.
Alcuni anni or sono, con Alberto Bertoni, Gregorio Scalise e Giancarlo Sissa, avanzammo la proposta di intitolare a Pier Paolo Pasolini la ”Manifattura delle Arti”, il rione del centro di Bologna, rinnovato da un intervento pubblico di alto livello, dove trovano posto: la nuova sede della Cineteca ed il parco della ex Manifattura tabacchi, la sede della GAM (Galleria d’Arte Moderna) al “Forno del pane”, la Salara, le residenze e le aule universitarie del Palazzaccio e dintorni. Insomma, siamo nel cuore di Bologna.
Riproponiamo la nostra idea. Ricordando che la Cineteca è sede del Fondo archivio Pasolini, che Laura Betti consegnò, come suo ultimo atto d'amore, alla città dove entrambi erano nati. Non volevamo, allora, si trattasse di una richiesta istituzionale al Sindaco, era tra l'altro Giorgio Guazzaloca. Spiegammo che intendevamo suscitare un impegno personale e collettivo a nominare Pasolini, in quel luogo bellissimo, preso, pian piano, giorno dopo giorno, da tutti i bolognesi, a cominciare dagli studenti e dai docenti dell’Università, dagli operatori e dagli utenti della Cineteca e della GAM.
Oggi mi rivolgo al Sindaco Merola direttamente, ma senza voler smarrire il senso di una “intitolazione dolce”, partecipata.
Vorrei come allora che questo straordinario rione della città divenisse la “Contrada Pasolini”.
Ci sono altri luoghi , cantoni, incroci, della città nominati , battezzati dall'uso popolare. Così vorrei ci fosse anche la contrada Pasolini. Luoghi con un nome più condiviso, vero, luoghi che sono un punto di riferimento.
Se riuscissimo a fare egualmente per “contrada Pasolini”, avremo ricordato il grande poeta come meglio non si potrebbe.
Prendiamo un impegno personale, tutti, di nominare così la nuova Manifattura delle Arti, non solo il Comune, al quale certamente lo chiediamo. Diciamo, tutti, al momento di fissare un appuntamento in quel luogo: “ci vediamo alla Pasolini”.
La Manifattura delle Arti, figlia di una lunghissima tradizione bolognese di attenzione allo studio dell’immagine, deriva anche dalle stagioni che Pasolini attraversò, interpretò, portò nel mondo intero. Dare il suo nome a un luogo di Bologna, ad uno dei suoi “cuori”, con una decisione istituzionale che allargarsi liquidamente, con l’adesione di centinaia di persone, nel comportamento quotidiano. Così si affermerebbe il ricordo, il senso e non solo metteremmo una targa sopra un muro.

“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
29 Ottobre 2011

5 novembre a Roma: un appuntamento per l’Italia.

Firmano per la partecipazione intellettuali e scrittori bolognesi. Lucarelli primo firmatario.

Si è aperta a Bologna, una raccolta di firme a sostegno della partecipazione alla manifestazione del Pd a Roma del 5 Novembre.
Comunichiamo qui il testo della dichiarazione e le prime firme da parte di intellettuali, scrittori.


La condizione del nostro paese ci preoccupa e ci interroga, stretta fra la crisi economica e finanziaria ed un gravissimo degrado e perdita di credibilità delle Istituzioni e della stessa politica cui si è giunti innanzitutto per diretta responsabilità del Presidente del Consiglio e del Governo.
Non è più possibile limitarsi ad assistere o delegare.
E’ importante per tutti i cittadini che una grande forza politica come il PD chiami ad una partecipazione diretta il 5 Novembre, con la manifestazione nazionale alla quale aderiamo.
E’ possibile, deve essere possibile:
-ritrovare fiducia e credere nel cambiamento;
-avere una politica partecipata e sobria;
-affrontare la crisi con decisione ed equità;
-restituire al lavoro valore e dignità;
-riaffermare l’immagine, il ruolo dell’Italia e delle sue culture, in Europa e nel mondo.
Prendere parte, oggi, è anche il nostro invito, per esigere una svolta, “In nome del popolo italiano”.


Carlo Lucarelli, Fabio Abagnato, Gian Mario Anselmi, Vittorio Biagini, Stefano Brugnara, Paolo Buconi, Maria Teresa Cacciari, Ombretta Capitani, Francesco Domenico Capizzi, Janna Carioli, Castelli Carla, Domenico Cella, Loredana Chines, Giancarla Codrignani, Nicoletta Conti, Rolando Dondarini, Rossella D'Ugo, Davide Ferrari, Fabrizio Festa, Franco Frabboni, Carlo Galli, Maurizio Garuti, Gianni Ghiselli, Rita Medici Imbeni, Ivano Marescotti,Umberto Mazzone, Piero Mioli, Carlo Monti,Santino Prosperi, Laura Renzoni Governatori, Werther Romani, Gregorio Scalise, Gianni Sofri, Annamaria Tagliavini.

Tempo di giovani. Quali?

“Tu c’eri, alla Leopolda?” E’ domanda frequente. Se la risposta , come nel mio caso è “No”, molti si stupiscono, si allontanano impercettibilmente. Il loro linguaggio non verbale, i fremiti del corpo, sembrano dirci:”Non c’eri? Ma allora non sei nessuno. Cosa speri ancora dalla vita?”
Hano ragione, la Convenzione di Matteo Renzi andava frequentata, agita-come oggi si usa dire. Tante novità, una freschezza da brivido, come quando di Luglio si apre il frigorifero. Mi ha colpito una frase di Andrea Baricco. Rispondendo ad una domanda-gioco più o meno cosi: “Cosa faresti se tu fossi Presidente del Consiglio?”, il noto scrittore ha argomentato:”Avevo trent’anni venti anni fa. Adesso il mio tempo è finito”.
Eppure il coetaneo Baricco è molto giovanile. A differenza di me, non ha la pancia e pare vivere ancora senza il terrore di dover ricorrere al riportino. C’è qualcosa di profondo dietro questo esplodere dell’amore per la giovinezza, in Italia. Ci sono le vergogne, non solo i lifting, di una classe dirigente che non ha la fiducia dei cittadini. Ancora: chi di noi non ha un figlio che ci renda partecipi della triste avventura di vivere in un’economia fatta di molta disoccupazione e di altrettanta occupazione precaria e a reddito bassissimo?
Non mi pare però che, attorno al tavolo di cucina, in famiglia, diano la colpa ai genitori, o peggio ai nonni, quegl’empi percettori di pensione che un vasto arco politico indica a responsabili del nostro dissesto.
Si vorrebbe un lavoro, non essere carne da cannone in una guerra fra le generazioni. Si citano le primavere arabe. “Le hanno fatte i giovani”, ci si ricorda. E chi doveva farle? Difficile vedere prese di “Palazzi d’Inverno” di eserciti di nonne con badanti. Difficile vedere al posto dei sampietrini e delle molotov, le demtiere trasformate in nacchere contundenti. Ma perchè si è tornati a fare delle rivoluzioni? Non pare che fossero rivolte contro i vecchi ma contro la dittatura e la miseria.
Mentre a Destra Berlusconi annuncia che le profezie Maya in suo possesso garantiscono che batterà allegramente il secolo, a Snistra si cerca il giovane più giovane. Solo un giovanissimo, senza arterio ed alito pesante, con una bocca senza rughe potrà dire tutto. Proprio tutto tranne che questo mondo inceppato non ci piace, che ne vogliamo uno più giusto, non un’altro uguale, nuovo.

Mala Lingua
Rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"

Gelmini e dopo Gelmini.

Scuola, che fare? Gelmini e dopo Gelmini.
Mercoledì 2 Novembre · h 18.00
Libreria Feltrinelli, piazza di porta Ravegnana 1, Bologna

Andrea Segrè e Graziella Giorgi in dialogo con Franco Frabboni
Presiede Gigi Marcucci
con un intervento di Davide Ferrari


In occasione della pubblicazione del libro:
"UN MINISTRO SENZA IDEE, SENZA ROSSORI, SENZA SOGNI.
La 'cascata' dei corsivi di Franco Frabboni sull'Unità Emilia-Romagna".
Pensa Multimedia ed.

Promosso da Casadeipensieri e La Feltrinelli Eventi

mercoledì 26 ottobre 2011

Prendete l'aereo? Ricordatevi di portare lo scotch.

Sul volo Londra-Riga, dove, conveniamone, può far freschino, per impedire che i passeggeri prendessero freddo, il personale Ryan Air pare abbia cercato di riparare con lo scotch il vetro di un finestrino “sdindullo”, come dicono in Emilia. Poi sono tornati indietro. La bella avventura è finita senza danni. Adesso si mena scandalo. Ma era un volo low cost, cosa si pretende? ”Il vetro era nella cabina di guida. Il pilota poteva venire risucchiato nel vuoto” accusa un esperto intervistato. E' di quelli che non capiscono i comportamenti della nuova managerialità turbocapitalista. Non c'era nulla di cui preoccuparsi. Nel caso di scollamento del nastro adesivo erano pronti i palloncini, preparati dai figli della hostes Ingrid per Halloween, con il disegno della zucca che ride. Basta gonfiarli e aggrapparcisi. Sono molto meglio di un paracadute. Ora i passeggeri, giovani e belli, mano d'opera dell'economia globalizzata, dovranno usare mezzi alternativi. Immaginiamo pronta la navetta a pedali, con fornitura di maschera da sub a tappo chiuso per il passaggio sotto il Baltico, sempre che non termini in tempo la costruzione del velivolo di riserva, tutto in Lego. Dobbiamo saperlo, volando si vede di tutto. Nel 2008 fu il panico su un aereo francese. Hostess e piloti ubriachi cominciarono a spogliarsi saltellando. Forse credevano di avere a bordo Berlusconi. Io stesso, quella volta che da Catania volavo a Bologna, seduto accanto al portello di una uscita di sicurezza, avvertii sul braccio uno spiffero, timidamente lo dissi alla Hostes. Sorrise, ridacchiò quasi, mi chiese se volevo una coperta, esattamente come disse una mezz'ora dopo e poi ripetè ad una mia terza successiva rimostranza, dopo che il soffio era diventato vento. Giunti sopra il Marconi, l'aeroporto di Bologna, m'imposi. ”Senta anche Lei”, quasi l'obbligai ad avanzare la mano verso lo sportello. Divenne gialla, biancogialla per essere precisi, come un'omelette prima della “rivolta”. Corse a rapidi passi femminili nella cabina di pilotaggio sottraendosi ad ogni vista. Non ho più volato. Oggi però, che Ryan Air ci ha fatto capire come si fa in certi casi, mi viene voglia di riprovare. Sono pronto, più di altri. Ho conservato la vecchia carta gommata, quella da imbibire con la spugna, che usava il nonno daziere. Riga, aspettami.


Mala Lingua
di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"
26 Ottobre 2011

sabato 22 ottobre 2011

Gay. La discriminazione, il danno.

Una consulta non si nega a nessuno.
Siete produttori di carciofi? Organizzate una confraternita di sbandieratori? In qualche organismo collettivo vi prenderanno. Se siete gay invece tutto va in forse. Nemmeno se siete genitori di gay avete troppe speranze. Le associazioni bolognesi AGEDO e “Famiglie Arcobaleno” hanno chiesto di far parte della consulta sui problemi familiari, presso il Comune. Non sappiamo se la loro richiesta sarà accettata. A molti non va giù. Questione di coscienza, si dice. Certamente non sono argomenti sui quali si possa richiamare la disciplina di partito. Però, proprio per questo, bisogna parlar chiaro. Pensiamo al grande lavoro svolto dalla comunità gay per prevenire la diffusione dell’AIDS, mentre lo Stato produceva gli indimenticabili spot con i contagiati fosforescenti. Pensiamo al grave problema dei ragazzi gay suicidi e a quanto sia importante diffondere la presenza di genitori disponibili. Negare visibilità a queste associazioni, non soltanto è una discriminazione bella e buona, ma è un danno per la comunità intera. Abbiamo bisogno di tutti. Abbiamo bisogno di un pò d’amore e di carità. E di parlare un pò più forte, ci sono troppe voci cui replicare.

"Il contrario"
Rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
22 Ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

Tutto bene, fra due giorni finisce il mondo.

Chi di noi non ha mai invocato, almeno una volta, la fine del mondo? Si devono pagare le tasse, la fidanzata non sopporta più il nostro russare e ci sveglia, il più giovane collega ancora una volta ci ha surclassato in ufficio, ebbene: “muoia Sansone con tutti i Filistei”, siano seppellite le nostre sconfitte nel generale ruinare dell' universo. Quasi tutti, immediatamente dopo esserci augurati morte e distruzione, ingoiamo tachipirina al primo starnuto. Soffrire, anche solo per un raffreddore, ci è insopportabile. Altri no. Altri insistono. Per loro la fine del mondo è un'augurio costante, sperano sopravvenga come le vecchine napoletane attendono tre numeri buoni al lotto. Fra questi il novantenne pastore Harold Camping. Il cognome alluderebbe a sollazzi turistici, invece, nella sua vita operosa, ques'uomo pio ha annunciato sempre l'arrivo della catastrofe suprema. Così, quest'anno, per lui, tutto doveva terminare il 21 Maggio. La radio dove sermoneggia, ha addirittura affisso manifesti e fatto girare automobili serigrafate con la pubblicità del lieto evento. Poi il 22 Maggio ha annunciato che manca qualcosa. E' stato avviato, sì, il giudizio universale ma diamo tempo al tempo. Giudicarci tutti, da Adamo a Brunetta, con quello che abbiamo combinato: non si fa in un Amen.“Non son fiaschi che si abboffano” direbbe Totò. Passate primavera ed estate, Harold, rifatti i conti, ha lanciato l'ultimo avviso. Saremo travolti il 21 Ottobre. Mancano due giorni, se si vuole partecipare bisogna affrettarsi. E' una sorta di “bagarino” del diluvio. Lo vende all'ultimo minuto. Così vale di più. Il bello è che il Reverendo trova anche chi è disposto a fare manifestazioni per sbugiardarlo. Proprio così: qualcuno va in giro con cartelloni che negato la veridicità del suo astruso calcolare. Avrebbero la pasta sul fuoco, i nipotini da accompagnare a scuola ma ugualmente sfilano, nell'incredibile California, per avvertirci che non è vero niente. Diciamo la verità, noi eravamo da soli giunti a negare sia il 21 Maggio che il 21 Ottobre. Lo sanno tutti che scadremo nel 2012, come dicono i Maya e quello di Voyager che gioca a Sudoku con i marziani sulle pietre dei nuraghe. Noi siamo italiani, certi estremismi yankee non ci appassionano. Per noi ad ogni peccato c'è rimedio, vuoi che il prete che ci assolve non abbia fatto di peggio?

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna Quotidiano"

sabato 15 ottobre 2011

Non ci vuole bene. Ecco il perchè.

Garagnani non ci vuole bene. Ci vede comunisti e ci vede ovunque. Per lui Bersani ha i baffi di Stalin e, chissà, anche la Bindi..Ci monitora, Garagnani, e quando le fondazioni nate dai Ds hanno osato proporre una mostra sulla vicenda storica del PCI, l’Onorevole non è stato con le mani in mano: antimostre, dichiarazioni, accuse al Prefetto. La mostra, in Sala Borsa è bella, lo dicono tutti, anche Pier Ferdinando Casini. Ragione di più per avversarla. Ci vorrebbe un fuoco purificatore ma non si usa più. Non serve il maiale di Calderoli per maledire il perimetro dove campeggiano i pannelli perché i comunisti, massime in Emilia, mangiano carne di suino, e fino alle estreme punte del colesterolo. D’altra parte, è notorio, Garagnani non riesce a trattenere la sua passione politica, il suo è un continuo combattere. Se, mentre è in taxi la radio trasmette “Qualcuno era comunista” di Gaber, subito reagisce: colpi di tosse e frasi a voce altissima al cellulare per coprire note e parole e salvare il conducente dall’influenza di Mosca. Non usa il personal computer perché tutti lo chiamano PC. Ha chiesto alla Gelmini ampi tagli alla storia romana: la città di Palmira (“Si allude?”) non può essere nei programmi. Tutto sommato l’agire politico di Garagnani non disturba, anzi riconcilia le rosee sinistre di oggi con il loro rubicondo passato. Ci chiedevamo solo il perché. Quali i motivi all’origine della sua vocazione? Come si è formata la sua personalità di vandeano della bassa? Ora sappiamo. Un compagno di Budrio che fu suo sodale nell’adolescenza, ci ha informato. Pare che Gragnani , giovanissimo, desiderasse, e più di ogni altra cosa, diventare un Pioniere, un membro dell’organizzazione scoutistica comunista. Leggeva e rileggeva le avventure di Atomino, il fumetto del loro giornalino, si adornava di coccarde rosso-tricolori e nella sua cameretta la gigantografia di Camilla Ravera riempiva la casta povertà del muro. Poi il disastro. La tessera da lui richiesta ed attesa gli venne rifiutata. Il moralismo, si sa imperava. Non piacque la sua passione eccessiva per la nonuagenaria eroina . Si temette lo stalking. Pianse e giurò odio eterno. Solo, dove nessuno può vederla, nell’incavo dell’orologio che nasconde nel taschino, conserva una ciocca di capelli bianchi. Li strappo’ alla Ravera quando divenne senatrice a vita. Non se ne separa mai e, qualche volta piange.

"Il contrario"
Rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna

mercoledì 12 ottobre 2011

On line, e la vita è un’avventura!

Io on line faccio tutto. Da quando fraseggio con il PC ho risolto i miei problemi. In primo luogo quello del tempo libero. Il mio non esiste più. Ciò che prima riuscivo a fare in una giornata di lavoro con i vecchi metodi della fila e dello sportello, oggi, con l’Internet e lo Smart Phone, me ne porta via tre. La noia è uscita dalla mia vita. La caccia all’operatore, i dialoghi con le voci automatiche, gli indecifrabili grafi antispam, impiegano ogni mio spazio orario prima destinato alla vuota risacca del vivere. Se, mettiamo il caso, si deve compilare il modulo per il censimento, di poco inferiore, per numero di pagine, alla Bibbia del Diodati, rivolgersi al sito dell’ISTAT riduce al minimo la possibilità di insistere in quelle cose inutili che si fanno quando non si lavora: la cura parentale, il gioco, i pranzi con gli amici. Pare che un milioncino di italiani abbia provato questa esperienza. L’ISTAT ha difeso il suo immediato black out. “ Siete troppi!” Ci ha detto. Ha ragione. La prossima volta il censimento facciamolo solo a Forlì così il sito ISTAT supererà la prova. L’estate è finita, si viaggia meno in treno. Ci sono meno occasioni di dialogare con la simpatica voce automatica del call center delle ferrovie. Dispiace davvero. Quando il computer ci chiede se vogliamo andare a “Guardiagrele”, dopo che noi abbiamo detto “Rimini”, è una tessera che si aggiunge al mosaico della nostra cultura geografica. Se chiedi “Milano” ti dice “Castelfidardo”, se “Venezia “ prova a farti il biglietto per “Villetta Barrea”. D’altra parte il Blackberry è andato in tilt. Non c’è più religione. L’avventura tecnologica si traduce spesso in uno smarrimento. Il povero Steve Jobs, nel famoso discorso di Stanford, incitava ad essere: “Stolti ed affamati”. Pare che siano condizioni necessarie per diventare miliardari. Affamati lo stiamo diventando per la crisi. Abbiamo buone speranze di ritrovarci presto stolti, nell’inseguire gli aggeggi inventati da Jobs. Il primo che, così facendo, diventa Paperone avvisi in chat, su Facebook. Se non si blocca la pagina, se non ci connettiamo al gruppo che vuole fare regina dell’Afganistan Amanda Knox, se le troppe amicizie richieste non ci fanno mandare in castigo dall’inflessibile Zuckerberg, potremmo anche rispondere.


Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna Quotidiano"

martedì 11 ottobre 2011

Cosa dice la Costituzione sulla scuola

Bologna. Sala Farnese
Martedì 11 Ottobre, ore 17:30, 20:30
Piazza Maggiore, 6, Sala Farnese, Bologna

Cosa dice la Costituzione sulla scuola, come viene applicata, cosa fare per evitarne la progressiva negazione?

Programma:

- Relazione introduttiva.Scuola: la costituzione negata,Otello Ciavatti;
- Rapporto scuola costituzione,Bruno Moretto, Andrea Morrone, Milli Virgilio,Rosetta Mazzone;
- Enti locali e scuola: Marilena Pillati, Mirco Pieralisi,Giancarla Codrignani;
- I problemi dell’Università e della sua autonomia: Maurizio Matteuzzi, Giorgio Tassinari,Sergio Brasini,Antonio Genovese;
- I problemi contrattuali e politici : Sandra Soster, Rosanna Facchini, Francesca Puglisi, Davide Ferrari, Graziella Giorgi
- Presidi, genitori, insegnanti: Salvatore Grillo,Franco Tinarelli, Silvia Lolli;
- Studenti :Alessandro Gabriele,Vito Bernardo,Elly Shlein
- Libertà e giustizia: Jones Derek;
- Il parlamento: On.Sandra Zampa.

domenica 9 ottobre 2011

Bologna, sussidiarietà. Le due colonne d'Ercole.

Bologna, sussidiaretà, servizi: siamo fra due colonne d'Ercole, e bisogna passare in mezzo. La prima: è impossibile, e soprattutto non è giusto, “fare da soli”. Il Sindaco, nell'efficace intervento al Congresso dell'Anci, lo ha detto a chiare lettere: “Bisogna governare con la società civile”. Non si tratta solo della partecipazione e del decentramento, ma di arrivare a progetti di governo discussi, assunti e gestiti assieme, dall'Ente Locale e da componenti del sociale, dalle imprese al volontariato.
La seconda colonna è quella della qualità pubblica della città. Il dibattito in corso non può finire con l'affermazione che l'intervento comunale, nella storia del lungo buon governo bolognese, è stato fonte di spreco e di dirigismo e quindi va superato. Non può finire con l'affermazione che i tagli sono in fondo positivi perchè costringono a “fare le riforme”.
Al contrario, il welfare pubblico, in ogni campo, soprattutto nell'educazione per le primissime età, ha dato libertà e respiro di vita, ha realizzato modelli di servizio ai quali guardano il privato ed il privato sociale.
Proprio perchè abbiamo i servizi possiamo realizzare un sistema pubblico-privato efficiente, addirittura creare nuove imprese e “mercati sociali”.
Ecco il passaggio: fare con gli altri, tenere un ruolo alto del pubblico. E' diffusa un'interpretazione parziale ed anche irrealistica di questo “passaggio”. Si dice: al pubblico restino le funzioni di regolazione e di controllo. Non basta. Innanzitutto perchè siamo a Bologna. E' impensabile una trasformazione nelle gestioni tale da avere, in tempi brevi, soggetti privati che sostituiscano interamente la gestione pubblica diretta. Bisogna allora programmare, per esempio nei nidi, un sistema misto stabilendo, non subendo, una quota pubblica, sostenibile nell'attuale crisi di risorse, che sia riferimento e garanzia della qualità dell'intero sistema. Una “Istituzione degli interventi educativi” 0-6, sembra a noi lo strumento migliore per gestire ciò che fa il Comune e insieme promuovere un sistema misto di scuole e servizi, di nido e di altri modelli.
In altri settori la realtà è diversa, ma l'idea di una quota pubblica permanente e di una programmazione che vada verso un sistema trasparente e qualificato di welfare di comunità ci sembra la strada migliore. In questo quadro bisogna dare ruolo ai cittadini e alle famiglie, sia nell'auto-organizzazione di parti di servizio, sia nella partecipazione alla verifica di tutto il sistema. Così Bologna darebbe un volto nuovo ma di alta continuità civile alla sua natura di città avanzata ed eguale.

L'Unità Emilia-Romagna

sabato 8 ottobre 2011

Fino alla terza generazione!

Finalmente una ventata d'aria nuova in Comune. Su proposta dell'attivissimo consigliere Bugani, capogruppo del partito di Beppe Grillo, guadagna terreno un odg sui futuri nominati a qualunque cosa.
I malcapitati dovranno fornire, e vedere divulgati online, non solo curriculum vitae e dichiarazione dei redditi ma anche i propri «rapporti di parentela o affinità fino al terzo grado con eletti a cariche politiche». Così pure dovranno dichiarare se sono parenti fino al al secondo grado «con dipendenti dello stesso ente o aziende presso cui sono chiamati ad operare». Non basta, d'ora in poi potremo sapere se hanno «rapporti di parentela o affinità fino al terzo grado con dipendenti, dirigenti, titolari o soci di maggioranza di aziende fornitrici dell'ente presso cui sono chiamati ad operare».
Sapremo di loro più di quanto certe riviste da parrucchiera ci rivelino di Gegia e di Mengacci.
Il merito di questa bella iniziativa non è solo del Bugani. Nossignore, pare che nessun partito abbia voluto far mancare il proprio Sì. Chi vorrebbe esser tacciato di difensore del nepotismo?
Invece obiettare è fin troppo facile. Siamo sicuri che nell'oceano di problematiche che il Comune deve affrontare siano queste le priorità? Non vogliamo parlar d'altro. I problemi già sul tappeto presentano delicatissime, ma sostanziali, questioni di trasparenza. Basti pensare a tutta la vicenda dell'inevitabile allargamento dei rapporti fra pubblico e privato nella gestione dei servizi. Un mare che bisogna navigare ma dove, per non perdere il timone, bisognerà fare davvero molti passi in avanti sulle regole e soprattutto sugli obiettivi pubblici da fissare.
Gli è che sono temi più difficili. Caro amico Bugani tocca studiare.
Comprendiamo sia più facile alzare sempre di più l'asticella dell'anti-casta, di più, e di più ancora.
Ci sono mete ancora da raggiungere. Si registreranno i parenti, il sangue e gli sponsali, ma gli amori, chi ci informerà degli amori? “E le coppie di fatto?», pare abbia chiesto la consigliera democratica Raffaella Santi Casali. Ha risposto Bugani: «Sarebbe interessante sapere anche gli amanti, ma intanto..”. Già intanto. Fatto sta che le alcove non legalizzate ci sfuggiranno. “E i rapporti occasionali?” Mi chiede l'amico Attilio, all'aria aperta del tavolino fuori dal Benassi. ”Potremmo mettere solo quelli non protetti-dice-così si incentiva anche la prevenzione”.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari

L'Unità Emilia-Romagna
Sabato 8 Ottobre 2011

mercoledì 5 ottobre 2011

Quelli del buco. Dell'Ozono.

Gli italiani, è noto, nonostante Galileo, Marconi, Fermi, ed i consulenti del
Ministro Gelmini, non sono un popolo scientifico.
Per noi le radici quadrate già sono un problema e Angstrom, Coulomb e Faraday
sono un trio del Barça.
Poeti, santi, eroi, navigatori, ma nessuno ci chiede cosa c'è dentro i
telefonini. Sarà colpa della scuola, sarà per la bimillenaria cultura
umanistica ma, a casa nostra, la scienza è ospite poco desiderata. I media
fanno la loro parte. Il sangue di San Gennaro, l'ombra dei
marziani nelle pietraie dell'Arizona e il buco, quanto mai largo, nell'ozono,
fanno parte dei medesimi format. Todos cabelleros.
Già, l'ozono. Credevamo fosse padre e figlio dell'effetto serra, scopriamo, su
una rete tv che la colpa è del troppo freddo. Nell'artico si gela
e anche l'ozono si è scocciato di veleggiarvi sopra. Macchè. Una rete
concorrente ci racconta che sono i vulcani a fare fuori il magico gas senza il
quale non c'è scampo dai melanomi. Ma, dopo il passaggio al digitale
terrestre, i canali sono innumerevoli. Siamo tutti inseguiti da centinaia di tv
tematiche
dalla storia dei vichinghi alle virtù delle ricette dei parenti abruzzesi di
Madonna. Non c'è argomento che non possa vantare un proprio channel specifico.
Possibile che nessuno possa spiegarci, allora, autorevolmente, cosa accade
nell'atmosfera? No, non illudetevi. Le reti scientifiche trasmettono per ore ed
ore
gli stessi filmati di repetorio. Sulle lingue dei gechi si abbonda, si
scarseggia sull'attualità, sulla notizia drammatica della Norvegia e della
Groenlandia irradiate senza protezione, sotto il buco dell'ozono.

Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
"Sardegna quotidiano"
5 10 2011

sabato 1 ottobre 2011

I servizi, i tagli e le colonne dell'ignoranza.

"Chi Welfare da se', Welfare per tre". Questa è la tesi, semplice semplice, dei più. I più? Forse. Noi e qualcun altro NO. Prendiamola dalla lontana. Mazzini, non era per niente d'accordo. Nei suoi lunghi esili a Londra, sessanta anni prima della rivoluzione fabiana, prima che le lotte di un secolo creassero i servizi, dalla culla alla tomba, notò come una società dove nulla è esplicitamente e direttamente pubblico, comprese le opere di solidarietà, fosse un' ambiente povero di diritti e quasi deprivato nell'anima.
Si dice che Bologna debba diventare così. “E' finita la gabbia del consociativismo” e molti hanno già deciso di stare con il domatore, con chi ha la frusta in mano. La tigre, incanutita, non fa tendenza.
Per la verità il Sindaco Merola, l'Assessore Pillati, tutti gli amministratori dei nostri Comuni, con le gambe tagliate da Tremonti, stanno cercando le vie per “tenere” i servizi pubblici, con l'aiuto degli interlocutori possibili, e credibili -aggiungeremmo noi.
Chi è più credibile, il privato sociale di migliore esperienza, esige -proprio lui- un ente pubblico che non sia solo un carabiniere, che faccia l’appalto e poi si limiti al controllo d’ufficio, vuole un sistema plurale dove una quota di servizi a gestione direttamente pubblica rimanga, punto di riferimento di qualità. Plurali si ha da essere, sia gareggiando, sul piano dell’efficienza, sia integrandosi, nella formazione comune degli operatori ad esempio. E’ necessario, soprattutto dove si fa educazione, non passare nel tritacarne il patrimonio storico e soprattutto la responsabilità futura del pubblico. Ma queste sono vecchie ubbie, ci dice la testa giovane e fresca dell’On Garagnani.
"Volete una buona scuola? Oggi, con la crisi?” -Ci rispondono altre algide colonne dell’ignoranza- “Ma allora rivolete il comunismo. Ma allora ditelo!"

Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna

martedì 27 settembre 2011

COLPEVOLE, UNA PAROLA CHE CI FA PAURA.

In Italia non ci sono colpevoli. I mostri in prima pagina fanno poca notizia, evidentemente. Meglio una rissa mediatica fra innocentisti e colpevolisti. La notizia si ripete e si rinnova, pagine e pagine, ore ed ore.
Hai massacrato un bambino, tuo figlio, a colpi di zoccolo? Chissà forse l'assassina è la vicina di casa, invidiosa e malocchiante, o il lattaio, il postino, la nonnina delle mistocchine. Hai ucciso una intera famiglia, perchè ti irritava il loro parlare ed il loro fiato, ti era scandalo un riso, una porta aperta sul tuo pianerottolo? Ma avevano mischiato il sangue, il sopravvissuto è un poco di buono, chi siamo noi per giudicare?
Hai torturato fino alla morte una povera ragazza, una studentessa , curiosa, ingenua? Hai spezzato una vita, hai protetto il tuo laido esplodere accusando in innocente? Ma siamo poi sicuri?
Perfino Hillary Clinton ne dubita. Meglio montare la lurida panna all'infinito.
Sono stato a Perugia, il fine settimana, per la Marcia della Pace che conduce tutti gli anni alla rocca di Assisi. Pare che nella piana umbra meravigliosa, nella terra dello spirito e del dialogo con gli uomini, gli uccelli ed i lupi si aggirino mostri, immagini rovesciate dallo specchio di Jeckill. Quello specchio dove la santità dello scienziato, la perla del cuore umano si riscopriva rovesciata, vinta da un male assoluto, imprigionato a stento, prima, nel pensiero, nella coscienza, nella vita quotidiana. Viene in mente pensando a quel Trasimeno dove sappiamo giacere il segreto del mostro di Firenze. Viene in mente guardando gli occhi dei protagonisti, dei trucidatori di Meredith.
Ce li descrivono enigmatici, noi li vediamo ferini. Occhi di una tigre che gode del sangue, e che ha gia assolto il suo uccidere. Hanno la bellezza giovane dei corpi, quelli che invidiamo quanto sentiamo i passi rapidi dei ragazzi nelle nostre scale. Li indicano infantili, racchiusi nei capelli morbidi, ancori memori dell'infanzia e del gioco. Ricordiamo descrizioni analoghe di Mambro e Fioravanti.
Non sappiamo come andrà- a finire, nel gioco dei processi e degli appelli, delle Assise e delle revisioni. Non sappiamo nulla. Ma il delitto fu. Nessuno grida, nessuno rivendica per chi fu ucciso. Questo non possiamo dire di non saperlo, non riusciamo a dimenticarlo.

"Sardegna quotidiano" 28 Settembre 2011

sabato 3 settembre 2011

E firmano, gli ingrati.

Il contrario
di Davide Ferrari


Il 25 Aprile ho sempre tante cose da fare, invece l'ideologia, i tardo antifascisti, addirittura la Repubblica sempre me lo impediscono.
Vorrei rispondere alla posta, fare qualche telefonata, per dire. Invece non si può. Ogni anno la banda in piazza, il tempo che passa e le carte sul tavolo che si accumulano.
Non lamentiamoci poi se la produttività cala, se le “tigri” asiatiche guadagnano terreno. Se penso a quante bamboline, a quanti rasoi da naso possono fabbricare i cinesi in un giorno intero mi sento mancare.
Bene hanno fatto Tremonti e Berlusconi ad abolire le festività civili, democratiche, del lavoro. Con quel che costa mantenere il senso di responsabilità dei parlamentari di maggioranza, bisogna lavorare, lavorare sempre.
Invece tanti firmano e firmano, contro.
Ingrati. Ha ragione il Presidente. Il nostro è un paese di rifiuti organici, da abbandonare al suo destino.
Cincinnato, lasciato il potere, tornava ai campi, Garibaldi via!-fuggiva a Caprera appena gli era possibile. Non sappiamo dove andrà Lui. Ma è nostro dovere insistere affinchè possa realizzare il suo desiderio di rinfrancarsi, in un paese nuovo e diverso, lontano, un continente magari, fatto interamente di Ville Certose e di Certosine.

L'Unità Emilia-Romagna 3 Settembre 2011

sabato 30 luglio 2011

Nozze gay. Turismo obbligatorio.

Matteo e Matteo. Cavalieri e Giorgini convolano a giuste nozze. I blog rimbalzano la notizia delle prime nozze gay italiane, a New York. E' un capitolo di una serie di prime nozze. Già annunciato, sempre da Bologna, un'altro viaggio matrimoniale: Sergio Lo Giudice e Michele Giarratano, presto a Oslo, 2000 chilometri per avere il diritto di dirsi sì. Un turismo matrimoniale in pieno sviluppo. Forse, per le coppie alla fine dei conti può risultarne un risparmio: la luna di miele tutt'uno col nozzo. Ma sono guai per la bilancia dei pagamenti, Tremonti dovrebbe reagire e lo Stato Italiano riflettere. Esportare cittadini, per una delle cose più naturali in vita, è il segno di una arretratezza che la nostra società non merita. Lo Stato, appunto. Da noi è una categoria liquida, se non gassosa. Qui le colonne di acciaio sono sempre state altre: il confessionalismo, il particolarismo, persino l'antagonismo. La statualità scolorisce, con i doveri ed i diritti. Le conquiste civili si attendono, da decenni, e la laicità è un lusso di pochi, incattiviti dalle sconfitte. Non meraviglia che su questi temi il confronto diventi scontro. Chi non è considerato un cittadino, ma un bizzarro accessorio o peggio, non può ammettere duttilità ai suoi rappresentanti, esige invece granitica durezza. “Gli altri di là, noi di qua”. E' qui la radice della vicenda della mancata presidenza a Silvia Noè in Regione. I muri si superano, le culture si mescolano, sulla base del rispetto. Se manca, tutto scivola nell'inaccettabile. Noè e Garagnani, Buttiglione e Giovanardi, piacerebbe un dì, trovarsi testimoni con loro ad uno di questi sposalizi. Fino a quel momento ogni vicinanza, per qualcuno, è sofferenza, è legittimazione dell'ingiustizia. La politica, la nostra, non può tardare oltre nell'accorgersene.

"Il contrario" Rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
30 Luglio 2011

giovedì 28 luglio 2011

Al sole e ai flash. L'amore di Barbara e Pato.

E' notizia fresca. Nello yacht, Barbara Berlusconi e Alexandre Pato esibiscono ai fotografi un amore incondizionato.

Sono lontani da occhi indiscreti, dicono le didascalie degli innumeri scatti. Come i famosi di quell'isola dove si passa la prova del digiuno e della solitudine selvaggia alla luce di mille riflettori, i due ragazzi non hanno paura di esporsi. Fra bodyguards e paparazzi nautici sono a loro agio come ai mortali capita solo nelle usuali stanze domestiche.

Si avvicina la trasferta del Milan a Pechino ma Barbara è più importante per il giovanissimo campione. Per Lui, Lei ha rinunciato a un lungo amore con il padre dei suoi due figli. Insomma è una cosa seria.

Ne siamo lieti. La vasta pubblicità impedirà di dover inseguire Fabrizio Corona per evitare scoop non graditi. Tutto per il meglio. La storia ci ricorda un antico amore tra una miliardaria e un calciatore. Anni '60, la contessina Giovanna Augusta, erede di elicotteri e moto imbattibili, e il footballeur Josè Germano, anche lui brasiliano e del Milan. Una love story, quella, forse, più trasgressiva, coraggiosa per l'epoca e il colore della pelle dell'attaccante. Babbo Agusta era contrarissimo. Dai e dai la famiglia elicotteristica e l'implacabile logica delle cose ebbero il sopravvento. Germano dopo un breve matrimonio tornò in Brasile. Gli impegni coniugali e mondani, le liti che possiamo supporre, la cattiveria del popolino, tutto congiurò. I gol smisero di arrivare, la carriera divenne un rimpianto. Si rifece una vita in una lontana fattoria. Chissà se Pato ama la campagna? Oggi il connubio fa meno paura, veline e calciatori sono nella vita di una lunghissima serie di buone famiglie. Pato, inoltre, pur ancora giovanissimo, sembra più forte del povero Josè. I baci e le carezze lo distrarranno ma il suo talento è tale che ne resterà a sufficienza per confermarsi campione. Almeno lo auguriamo. Il babbo di Barbara ha ben altri problemi e tanto da farsi perdonare. Non cercherà su Google terreni coltivalii per evitare che Alexandre diventi suo genero.

Nonostante lo yacht galeotto navighi, così ci informano, prodighi, i rotocalchi:”nell'azzurro mare della Costa Smeralda, di fronte a Villa Certosa”, anche il bunga bunga non dovrebbe essere un problema. Pato è troppo giovane per essere invitato. Lo terranno alla larga. Maschi sotto i '70 in certe ville, Nicole non li fa entrare.



Mala Lingua
rubrica di Davide Ferrari
su "Sardegna quotidiano"
28 Luglio 2011

sabato 16 luglio 2011

"Tutti i dubbi nel galeone"

Il “nuovo” palazzo del Comune di Bologna ricorda un galeone.
L'ala che lo sovrasta è bella, non leggera però, è la vela di una nave da carico, non l'agile tela di una feluca.
Il resto è moderno, e banale. Non brutto, nemmeno bellissimo.
Fu Guazzaloca a credere molto nel progetto, nell'idea di farlo subito, in fretta e in un posto visibile. Doveva sfidare i secoli, cambiare l'immagine di Bologna, troppo rotonda, immobile come un certosino nello stomaco.
Fare, fare, fare! Progettare insieme con il privato esecutore, coordinarsi, coinvolgere i dipendenti e magari anche associazioni dei futuri utenti-clienti (cioè tutti noi)? Tutte ubbie, parevano. E’ sortita un'opera di rilevanza, probabilmente sana nel grosso, in forse nel dettaglio. Un dettaglio che però determina se in quel palazzo si può lavorare senza rischio.
Il Sindaco ha fatto benissimo a sospendere il lavoro negli uffici. Certo, un atto così evidente di responsabilità si è tagliato alle spalle tutti i ponti di una gestione silenziata, rassicurante, omertosa della vicenda. Ora tutti vogliono sapere. Si può stare tranquilli? Si può respirare e bere senza timore? "Legionella?" "Saranno stati i militari. Provano la guerra coi batteri!" Così due anziane signore, nel Bus. Colpo di calore? No è la normalità dell'oggi. Si sbriglia, si svola. Se si scoperchia una paura.

L'Unità Emilia-Romagna
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari

“Soffriamo: è vacanza”

La vacanza dell’oggi, tutti lo sanno, è breve, si alterna al lavoro, non lo cancella. Dura due giorni, anche poche ore. Mordi e fuggi, si dice. E chi i denti non li ha più? Essere d’età e imitare i giovanissimi: un dovere, una necessità. Per loro erano le transumanze orarie, il nomadismo del weekend. Oggi, i soldi sono a zero, il ritmo inesorabile, il soffio bruciante della vacanza breve tocca a tutti. Le ore della partenza, il consumo sfrenato dopo l’ammaraggio, le tristi considerazioni sugli euro andati in vapore, la ricerca di un po’ di sonno, il pomeriggio, se le veneziane si chiudono, la sera, la notte, le zanzare, il rientro. Ogni tappa, un martirio, come nelle Stazioni della Via Crucis.

Io posso vantare flagellazioni ulteriori. Il vicino d’ombrellone creativo: “Ferrari: se aumentassero lo spessore del vetro delle bottigliette di Coca Cola? Mettere meno bevanda e abbassare i prezzi. Contro la crisi. Le che ne dice?”

E’ un baby boomer, si sa, a loro l’infanzia non termina mai.

Le nostre compagne hanno i figli lontani, non sono nonne, ancora, ritornano mamme con noi. Ci danno i tempi.

Proviamo a resistere. “No, io fino a che non ho tolto tutta la sabbia fra le calze e le scarpe non mi alzo. Vai pure tu se vuoi”. E’ la più intima nostra necessità, seduti nella linea assolata fra la spiaggia e le mattonelle del viale. Se non la capisce a che servono le gioie famigliari?

Ci vendicano le loro amiche. Lettrici di “ Chi” e di “Novella”. “Hai saputo? Peperlizia Ponti era la figlia, e per quello hanno chiamato così...”

E’ pizza sul lungomare. La sera. E’ già l’ora di decidere la via del ritorno.

Quando rientrare? "Lascia stare. So io come si fa" . Sarà Autostrada, 42 gradi. Fermi. “Dai, non potevo saperlo. A tuo fratello, la settimana scorsa è andata peggio!”

Solo a casa la pace, o quel che le assomiglia. La dieta.

Un bicchierino di birra analcolica, un pasticcino all'aspartame, un purè di frutta tropicale inscatolato in Macedonia (e dove se no?), e a cena 2 o 3 Hamburgher surgelati del discount...la vita non è poi così brutta.

Però i vicini di casa, più ricchi, più oltre di noi- mi dici- andranno –per quindici giorni!- in vacanza. In un castello, ad ascoltare Cacciari e Monsignor Ravasi. In questo Luglio. Aveva ragione Calindri, in quel Carosello, magnifico leggere il giornale, seduti in mezzo al traffico cittadino.


"Sardegna. Quotidiano", 16 Luglio 2011
www.davideferrari2000.blogspot.com

sabato 9 luglio 2011

I rifiuti e noi.

Arrivano. Sono i rifiuti, sono di Napoli. Noi, dell'Emilia-Romagna li prendiamo. Noi siamo italiani.
Mi dispiace per Beppe Grillo, ma non siamo uguali agli altri. Gli altri, quelli di Napoli non li vogliono. Noi non li vorremmo ma facciamo il nostro dovere.
La Lega? Non è vero sia contro i rifiuti. Lassù hanno macinato di tutto e molto hanno mandato, di proprio, qua e la'. Non vogliono i napoletani, questo è il punto, e non si sa mai che, accompagnando le ecoballe, non ne arrivi qualcuno anche qua.
Il PDL? Al Sud dice che è colpa del Nord, al Nord che è colpa del Sud. Sperano che nessuno, e dal Nord e dal Sud, vada al mare nelle stesse spiagge del Centro, se no son dolori.
Partiti minori? Opinione “Non pervenuta”, come si diceva per le temperature degli osservatori meteo più lontani o distratti.
“Noi ci prendiamo il rusco, ma tanto poi i marucain mica ci votano. Tutti democristian, tutti dietro al prit.” E' Tugnen al “Benassi”. L'ho svegliato. “Tugnen, ma a Napoli vinciamo noi, più o meno, e la DC non c'è più”. “C' hai ragione, oggi c'è Berlusconi. Lui i sacchetti li metteva ad Arcore. Ma le ville sono piene di Ruby, e come fa?” “Intanto-sibila una signora al bar- l'immondizia la sentiremo noi. Con questo naso!” e se lo stringe, tra pollice e indice.
“E' di origine barese”, m' informano subito, i maliziosi. “Di Forza Italia: da sempre”. Lei, con, Napoli non c'entra.

Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
l'Unità Emilia-Romagna

Tute blu e grembiuli verdi.

"Omsa che gambe!". Era Carosello, la mite pubblicità dell'Italia del boom. Si scopriva la bellezza del consumo e si strizzava, un poco, l'occhio. Oggi l'OMSA è un simbolo della crisi. A Bologna, la Festa dei 110 anni della Fiom, con Santoro, ha invitato le operaie OMSA di Faenza. Le tute blu abbracciano i loro grembiuli verdi. Qualcuno ha paragonato l'OMSA alla Fiat. Entrambe hanno usato la delocalizzazione "contro" i lavoratori. Alla Fiat, come minaccia per accettare un lavoro a condizioni peggiori, all’Omsa come motivo per chiudere, tout court. In Emilia siamo abituati a conflitti mediati, dove lungimiranza e riformismo sono resi possibili da un welfare generoso e intelligente. La Festa Fiom è una vetrina di contrasti. Spesso il carattere di questo sindacato porta a dissonanze con chi rappresenta politicamente lo stesso mondo. Cerchiamo, tuttavia, di guardare in faccia la realtà. I precari, certo, i giovani, i "differenti". Non solo. E' la struttura del lavoro, civile e dignitoso, che scricchiola e cede. Le vie più adatte per assumere il tema, senza minoritarismi, si vedranno. Intanto aprire gli occhi. Questa Festa parla a noi, alla città ed all'Emilia.


"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
18 Giugno 2011

sabato 2 luglio 2011

Tremonti per noi. “Disparo” e antipatico.

L’Emilia-Romagna , questo fortunato diagonalone, da Rimini a Piacenza, ha
l’abitudine di organizzare servizi molteplici e costosi.

Qui le Leggi Finanziarie si sentono. Forse per questo, a sentire le voci nei capannelli di piazza, il Ministro Tremonti e le sue sorti non ricevono le medesime simpatie che invece i giornali del “rigore a tutti i costi” scrivono di registrare.

“E’ un eroe” –dicono- “che volete di più? Diserta i “bunga bunga”. Addirittura è alternativo a Berlusconi”. E’ un vizio, ammettiamolo, noi al suono del nome del Ministro pensiamo subito alla scuola avvilita, al tempo pieno dimenticato, alle liste di attesa.

Le sue lenti umbertine , la sua erre aristocratica non bastano a rassicurarci. Dove altri vedono la ferrea logica noi vediamo l’astuzia, dove si descrive la sapienza noi leggiamo l’insidia.

Sarà questione di pelle. Saremo noi a sbagliare.

Tuttavia la “manovra” ultima ci conferma la nostra avversione.

Pagheremo, e di più pagheremo quando al Governo ci sarà, forse, qualcun altro. E’ una finanziaria testamentale, fatta da un padre che odia gli eredi. Già lo vediamo, riconciliato con gli stracquadani ed i quagliarielli, aizzare gli scontenti dei tagli ai servizi dei Comuni, già sentiamo la sibilante pronuncia con cui martirizzerà il successore.

Ha studiato da scienziato, sulle sudate carte l’ombra della gloria di Quintino Sella e di Luigi Einaudi, ma la vera vocazione era quella di un Ministro arrangione e “disparo”. Nel suo girone troverà finanzieri borbonici e romani, non illuminati di Baviera o ufficiali di stato savoiardi.

Lo chiedessero a noi le malebolge sarebbero quelle più nere, quelle dei senza pietà, peggio quelle degli antipatici.


"Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Sabato 2 Luglio 2011

lunedì 13 giugno 2011

Un'Italia più pulita, più libera, più pubblica.

"E' un giorno, questo, che ricorderemo. Hanno
vinto i cittadini. Si deve sperare, ci si può impegnare per
un'Italia più pulita, più libera, più pubblica"."Le
conseguenze politiche, dopo questo voto e le recentissime
amministrative, sono altrettanto chiare. Silvio Berlusconi
non ha il sostegno dei cittadini. Il suo Governo è un
residuato della fase precedente, sorretto solo da interessi
economici e personali. L'Italia vuole sbarazzarsene, al più
presto".

Davide Ferrari, nota stampa.

sabato 11 giugno 2011

"Smettila, parliamo davvero di scuola".

La scuola. Non c'è nulla di più distante dalle menti di chi “è” qualcuno, anche in politica. Te ne occupi per anni e nessuno, nell'ambiente, lo sa. Tuttavia, con un ciclico andamento, che segue il ritmo delle macchie solari, c'è un argomento che trasforma tutti in appassionati, tutti in sapienti. E' il tema del confronto, o del dissidio, pubblico-privato, laico-ecclesiale. Giungi al colle Vaticano e tutti vorranno dire la loro.

Guardiamo in casa nostra. Una stimata opinionista liberal ha scritto che siccome Piero Fassino, che è venuto su bene ed ha anche vinto le elezioni a Torino, ha studiato dai Gesuiti, bisogna finanziare a Bologna le scuole promosse dagli Enti religiosi.

Dall'altra parte, più numerosa, chi guarda ai genitori in movimento, ha la sentenza sulla bocca. L'articolo 33 della Costituzione impedisce un solo soldo ai “privati”. Tutto il volume di fuoco si scarica sull'avversario senza alcun riferimento ai bambini ed alle loro famiglie.

A Settembre, o il Comune proroga alle private paritarie,convenzionate con lui da quindici anni, il pattuito oppure è in forse l'anno scolastico per un terzo dei bimbi da 3 a 6 anni. Interessa?

Arriva la terza ondata di tagli alla scuola pubblica. Questa volta la nostra scuola per tutti diventa un ricordo. Interessa? Come si vede le colonne d'Ercole dove passare sono già altissime e sempre più strette. Anche un pubblicista in carriera, anche un politico emergente deve avere un cuore. “Dai smettila, parliamo davvero di scuola. Parliamo dei tuoi figli”.

"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna

Referendum

 
Sei qui con me, la polvere non
lascia la strada, i libri, la sedia,
il legno della finestra
Sei qui, chiedi del voto,
la primavera è muta,
stretta dei soldi da dare
tutta la notte la testa fra le mani.
Chiedi del voto, come se
nulla fosse più lontano
e pure il tuo sguardo
ha svoltato, dicono
non c'è nessuno da odiare
nessuno felice da invidiare
tieni gli occhi bassi, dicono.
E tu, ed io, senza dare
la mano a nessuno.
 
L'acqua, la forza, la legge,
quello che deve
fare chi tutto può
fare, lascialo sul tavolo
della mensa dicono
nelle carte piegate
sul banco della cucina
lascialo dove tu sei
con Dio e il cielo, le
striscie gialle e le nuvole,
e tutto lascia a chi ha.
 
Io credo che un giorno
senza che sia più lenta la pena
senza speranza, con la testa
che è come è rimasta
dirò di no, e tu con me
guardando i miei pensieri
che tempo e tempo
non ti dicevo, e andrò
 
Io a votare per l'acqua mia
già sporca di un sale che uccide
io a votare perchè il motore
giri senza tagliarmi il petto
io a votare perchè il ludro
abbia la stessa legge, io
senza lasciare una pena
senza speranza, con la testa
che è come è rimasta
io, muovo il braccio
ed il fianco, io andrò.
 
Davide Ferrari

giovedì 9 giugno 2011

Scuole dell' infanzia paritarie convenzionate e Comune. Parole chiare.

"Le convenzioni fra il Comune di Bologna ed alcuni Istituti scolastici paritari riguardano esclusivamente le scuole dell'infanzia. In questo settore l'offerta 'privata' paritaria e convenzionata copre una significativa percentuale, senza la quale sarebbe del tutto impossibile garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini una scuola dai 3 ai 6 anni. È evidente che se il Comune interrompesse i suoi contributi tali scuole non sarebbero in grado di aprire per l'anno scolastico 2011-12. È quindi necessario, nell'ottica di mettere i bambini e le loro famiglie al primo posto, prorogare l'attuale convenzione in essere, per aprire il nuovo anno scolastico.

I cittadini e le associazioni promotori di un referendum contro i finanziamenti comunali pongono temi e punti di criticità che vanno verificati, senza negare o offuscare, peraltro, i risultati positivi in campo educativo che la lunga esperienza di convenzionamento ha saputo realizzare. Nell'anno di proroga riteniamo opportuno che, con l'impegno del Comune, si dia vita a un tavolo che possa verificare tutti gli aspetti della questione, con la partecipazione di tutti i soggetti interessati".


Così abbiamo scritto oggi Graziella Giorgi ed io, per il PD di Bologna.
Poche parole, mi sembra chiare.
Stava e sta montando invece un dibattito che non aiuta, fra chi rivendica le meraviglie dell'educazione religiosa per crescere laici moderni e chi dice no ad ogni finanziamento, anche se da vent'anni il Comune ne da a chi assicura un terzo dell'offerta di scuola dell'Infanzia. Da qui bisogna partire. Una questione delicatissima per i rapporti politici e sociali, a Bologna come in tutt'Italia. Per affrontarla partiamo dai bambini che devono avere una scuola alla ripresa dell'anno scolastico.

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sabato 4 giugno 2011

Bologna, il lavoro, lo sguardo di chi ci rimprovera.

Bologna era equilibrio. Sviluppo, occupazione, redditi buoni, certo, ma soprattutto equilibrio.

Una presenza nel lavoro delle donne e altissimi livelli di occupazione, un rapporto non interrotto con la campagna ed una rete di fabbriche e fabbrichette, solide, capaci di brevetti, nella meccanica soprattutto.

Macchine per fare macchine, dove si applicavano operai e tecnici di buona e buonissima preparazione.

E poi il corollario intelligente della libertà del lavoro: l'urbanistica regolata, una socialità ed un consumo culturale proverbiali, i nidi, le scuole per l'Infanzia, il tempo pieno, l'Aldini-Valeriani e l'Università più aperta, a poco a poco.

Cosa resta di tutta questa Bologna? Inutile citare tutte le stazioni della Via Crucis, sgranare il rosario di ciò che fa luce e di ciò che si è spento. L'allarme è per una perdita che si sta accelerando: la crisi si sa, e il pensare a salvarsi invece di reinvestire. Saremo ancora una città che produce oppure un'escrescenza di ceti parassitari, in un'età -peraltro- senza più opulenza?

Passato il voto, che ci ha riunito, camminiamola, oggi, Bologna, mentre monta la polvere del caldo. Altri distretti, altre economie, potranno impiegare le braccia e le menti di chi ci saluta senza troppe speranze, di chi ci rimprovera-senza nasconderlo- che le nostre generazioni hanno avuto di più? Non allunghiamo il passo, per correre dietro al crepitio delle beghe. Camminiamo, veloci abbastanza per fare, lenti a sufficienza per discutere, per dialogare.



L'Unità Emilia-Romagna
"Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari

martedì 31 maggio 2011

Giovanni Giudici.

Giovanni Giudici, il poeta. Lo accompagnavo, nelle sue visite a Bologna, sotto braccio. Si muoveva a passi piccoli, incerto già allora, primi anni '90, del suo tempo futuro. Un giorno il cammino iniziò dall'albergo, fece sosta al Gramsci, in via Barberia, per mandare un Fax a Grazia Cherchi, poi, lo spazio di un cortile da attraversare, si concluse da Michele Serra, nella redazione di Cuore.
Il fax conteneva un pezzo di una poesia nuova. Me lo aveva letto in Hotel e voleva il giudizio mio e poi della Cherchi, mi disse, scherzando. In un incastro di linguaggi disegnava, quel frammento, l'intero simbolo di una educazione cattolica.
Era il ricordo dell'ammonimento di un confessore di collegio, una bonaria e dedita autorità, teso a spiegare che " piccirì vui non avite a ragionà co a' capa vostra" per non disperdere le fallaci menti giovinetti nei misteri della transunstanziazione, il farsi vero sangue e vero corpo di quel vino e di quel pane nel miracolo della Comunione..
Erano versi belli, gli dissi, unendo al giudizio qualche racconto su Lutero e Zwingli- la strana bestia protestante lo interessava. Giudici era contento. La vecchiaia lo spaventava e la morte. Ma l'età gli faceva gli occhi piccoli, capocchie di spillo, diamanti dell'intagliatore. La sua arguzia era arricchita dallo sguardo in attesa. Chiudere, sentenziare con un sussurro, ridurre l'altro a oggetto, sapeva farlo e lo faceva. Ma la superiorità appena esibita si fermava, poco dopo, con gentilezza, con l'eleganza di ascoltare.
A Serra consegno' un foglietto, versi o definizioni, credo, e mi presento' a Lui, che conoscevo, come "Il Ferrari", uno caro a Lui e che gli voleva bene, ma non comprendeva appieno la sua grandezza, non lo collocava come meritava. Dove? Non negli organigrammi di una conferenza. Tante ne tenne, a Bologna, con Casadeipensieri e con il Gramsci in quegli anni. No, la collocazione imperfetta era quella alberghiera. Giovanni lamentava l'Hotel ("bene , ma per una notte sola, non più") o la ristorazione ( "astice era, non aragosta").
E chiedeva fino a provocare la pazienza ntizia del compenso, sempre limitato per altro, unendo l'insistenza con l'elenco di beni e sostanze che gli arrivavao, o non gli arrivavano, in quel periodo, articoli per i quotidiani, un'incarico assessorile, nella terra natia, dove stava completando il ritorno proprio in quel mentre.
"Io assessore? Per prima cosa ho detto alla segretaria di rispondere alle lettere solo dopo 60 giorni, così buona parte avrà già desistito. Una replica? altri 60 giorni..."
Invece era un uomo preciso, aveva sempre lavorato per vivere. Era arrivato alle grandi amicizie, quelle dell'Olivetti, Pampaloni e Volponi, quelle di Milano, Giansiro Ferrata, dal "basso" per così dire, affermando in quei cenacoli, negli anni, dopo lavori di ufficio e di redazione, un'inaspettato, assoluto talento di poeta. La sua poetica , che iniziava da una ricercata familiarità con il linguaggio di Saba, comprensibile, nel secolo per i temi ma distante da sperimentalità chiuse, si era arricchità di una pluralità di riferimenti, di prove di erudizione e di memoria. La sua vicenda intima, la mancanza del padre, l'educazione nella terra a lui straniera di una religione, l'aspirazione alla pace e alla giustizia, si ritrovavano nella sua "vita in versi", con uno stile riconoscibilissimo, sempre, avvicinabile, chiaro ma ricchissimo di difficili svolgimenti. Giudici, a me così appariva: il modo aristocratico, la vita borghese, l'aspirazione egualitaria del popolo. e queste classi in conflitto, impastate invece in un'unica personalità lo rassomigliavano a una città com'era ancora Bologna, allora. Gli piaceva e a molti, e bravi poeti di Bologna, piaceva Giudici. Poeti come Alberto Bertoni e Giancarlo Sissa. Quando Paolo Volponi mi dette il suo numero di telefono, ed inizio' un rapporto frequente fatto prima di particolari organizzati e poi di lunghi dialoghi su tutto, la traccia di una conoscenza si uni' a quella viva con questi poeti e con la città.
Un poeta senza scuola, ma con tanti allievi fedeli, in una città distante dalle sue rive liguri e dalle città del suo lavoro, Roma, Ivrea, Torino e Milano.
Una città dove i poeti fra i due secoli non hanno fatto manifesti, non hanno dato troppa mostra di se' ma dove la ricerca di uan qualità vera della parola, senza grido e senza voglia di troppo dimostrare ha condotto molte volte a Giudici.

lunedì 30 maggio 2011

E' svolta.

E' svolta. E' svolta vera. E' sconfitto il più pericoloso regime antidemocratico che l'Italia Repubblicana abbia conosciuto. Berlusconi, che non ha maggioranza politica in Parlamento, si deve dimettere. Lavorare da oggi per un grande schieramento di rinascita costituzionale.

sabato 28 maggio 2011

Prima di tornare nella vecchia bottiglia.

Bologna democratica non si tiene più. Ci davano per agonizzanti siamo ridiventati esportatori di libertà, scivolavamo tra i provinciali, siamo internazionalisti. Prima il Pullman a Milano per aiutare Pisapia, ora il Sindaco Merola che va in Abruzzo a sostenere la parte giusta nei ballottaggi.

Se in Islanda hanno bisogno, eccomi pronto! C’è chi si adonta e chiede sobrietà, anzi ci chiede di camminare a occhi ancora bassi. Ma lasciamoci vivere! Abbiamo nei denti ancora i fili della cicoria, perché non ci lasciate allargare un po’?.

Certo potremmo andare più vicino. A Rimini c’è il nostro Gnassi che combatte. Ma, in fondo, a Rimini ci andiamo sempre. Che souvenir potremmo comprare? E per vedere le turiste è troppo presto. Allora meglio sognare. Propongo che Maurizio Cevenini raggiunga il Chapas per insegnare al Subcomandante Marcos a dipingere il passamontagna con i colori della squadra locale. Propongo che Zacchiroli raggiunga la Puerta del Sol per dare il cambio agli “indignados” più provati. E Amelia, fino ad ora ristretta nell’ambito dei the casalinghi? Si dedichi al soccorso in alta quota ai contadini andini in lotta. Il tappo è saltato, zompiamo da un qui ad un la’, ovunque serva il raggio del nostro modello. Prima che ci rinchiudano. Dentro la vecchia bottiglia.

“Il contrario”
di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna

giovedì 26 maggio 2011

Giovanni Giudici

E' morto Giovanni Giudici. Una ventina d'anni fa siamo stati amici. Per un breve periodo amici veramente. Forse ho sbagliato davvero tutto. La passione per inseguire ogni frammento dell'impegno politico...la vita non può diventare due vite..quanto tempo avrei dovuto dedicare alla sua vecchiaia ironica, capocchia di spillo, diamante del tagliatore... invece ho perduto il mio tempo.. e poi la malattia lo ha sottratto alle conferenze, alla scrittura, alle amicizie. Io ho il suo numero nell'agenda di Volponi, le foto di Pecos, la sua voce in memoria...

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sabato 21 maggio 2011

Via, col vento dei pullman.

Tutto cambia. Dopo la lunga e felice notte di Virginio Merola vincitore, dopo quel primo turno che ha chiuso la partita, noi, i democratici, che prima riconoscevi per le rughe profonde dell'ansia sul viso, camminiamo dando calci ai sassi e fischiettando.

Viaggiamo anche. E' un fiorire di pullman. Si va a Milano, per aiutare Pisapia, si va a Caorso, per dire che il nucleare è superfluo, dopo le 14.000 preferenze di Cevenini.

Persino i critici, i rancorosi, i melanconici, quelli che impazzavano prima del voto, si riavvicinano, o tacciono.

Anch'io andrò via col vento, in pullman. Come da ragazzo. Se evito gli specchietti salendo, quasi quasi mi scordo l'età. A Caorso ci fui, in una marcia dispersa nella campagna, per la pace e contro il nucleare, anni, secoli addietro. Le scelte politiche fondamentali, in Italia, sono come le scorie atomiche: per risolversi impiegano millenni.

Abbiamo molte cose da chiarire e moltissime da fare. Ma il primo che, proprio adesso, me lo ricorda lo fulmino. Ci mescoleremo con gli entusiasti, con i semplici, con quelli che non capiscono il punto? Poco male. Chi capisce sempre tutto spesso è solo più antipatico. Sul cognitivo ha le stesse difficoltà degli altri. Adesso festeggiamo e andiamo avanti. "Allora, zitti tutti, ricordate: 'Non è Francesca'? Dai cantiamo!"

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"Il contrario". L'Unità Emilia-Romagna
Sabato, 21 Maggio 2011

www.davideferrari.org
"comèBologna"

martedì 17 maggio 2011

Da oggi. Grazie ai cittadini.

Virginio Merola è Sindaco di Bologna. Grazie ai cittadini che hanno avuto fiducia e saputo scegliere. Grazie a tutti coloro che hanno comunque espresso il loro voto, una scelta oggi , purtroppo , non più scontata. Da domani si deve lavorare per coinvolgere tutta la città, assicurare un governo buono e vicino, per ridurre i gravi fenomeni di dispersione di forze, di annullamento delle volontà nel rancore e nella lontananza, per far ritrovare a Bologna il suo ruolo in Italia ed in Europa.


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lunedì 16 maggio 2011

Bologna. L'affluenza al voto. Un primissimo commento.

Bologna, affluenza più alta che non alle regionali e in calo sulle comunali. Innanzitutto bisogna ringraziare tutte le elettrici e gli elettori che sono andati a votare. Bologna vuole uscire da una vicenda difficile e dolorosa, che ha inciso profondamente sulla vita e sull'opinione politica della città. Attendiamo lo scrutinio. Una affermazione immediata di Virginio Merola, l'unico fra i candidati che può assicurare un buon governo, stabile ed innovativo, sarebbe importante, non solo per il Pd e per il centrosinistra ma per la città, per ridarle forza e fiducia. In ogni caso è importante, impegnare tutte le nostre energie per giungere, alla fine di questa lunga esperienza elettorale, ad un risultato vincente e positivo per Bologna e per la democrazia in Italia. Apprendiamo, dai dati finora giunti di una vittoria del centrosinistra a Monghidoro. Se confermati, è una ottima cosa per i cittadini del Comune, governati fino ad oggi da una aggregazione leghista e di destra. Sia permesso dirlo, una piccola "scaramanzia" positiva per il risultato che attendiamo.

Dichiarazione a Radio Città del Capo, DIRE, Corriere di Bologna e L'Unità, lunedì 16 maggio, ore 17,15


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sabato 14 maggio 2011

A partire dal voto.

Si vota. Partiamo da qui. Ancora oggi, alla vigilia, sono non pochi quelli che stanno pensando se recarsi alle urne oppure no. La politica conta sempre di meno, i suoi costi sono sempre più gravosi e inutili, in tasca gli euro sono pochi, quindi, che farne? E poi c'è Bologna. Ce l'ha detto anche Report: più che Cinzia non meritiamo. Troppe ne abbiamo fatte. In tanti, da destra e da sinistra, c'è l'hanno ripetuto. E quando, con le primarie, abbiamo reagito, i più forti di questi tanti hanno cominciato a bombardare. "Ogni giorno banderillas nella pancia del toro, così, anche se vince, avrà bisogno di noi". Il toro sarebbe il PD. La fanghiglia del pressappoco, del superbo nulla, ogni giorno, per la sola colpa di essere rimasto l'unico partito, lo colpisce. Ma me lo avvicina. Scordo le irresolutezze, le piccole trame, gli sguardi di qualche yes man. Penso a questo Pd come lo scoglio ancora sopra il livello dei flutti. Defluendo dalle piazze, importanti, di questa campagna elettorale avrei voluto prendere sottobraccio tutti coloro che dubitano del voto e parlare. Non smettere di parlare. Come se il fiato del civile conversare avesse il potere di scuotere, di spazzare la polvere dai cuori. L'urlo della Lega, l'esibizione del male, ci vuole muti. Vieni parliamo, ti accompagno ai seggi.

"Il contrario”
L'Unità Emilia-Romagna, 14 Maggio
www.comebologna.blogspot.com



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sabato 30 aprile 2011

Piazza de Martiri, Bologna.

Seduti in un circolo vuoto,

“sono tre, dai andiamo”

e le pietre della fontana.

“Hai visto le pietre?

Sono il colore che ho visto

in montagna, sono

figure del Messico

atzeco “-“O almeno..”

“Chissà quale inutile

pensiero le ha messe

lì” in una piazza rotonda

che nessuno incontra

per caso. Noi siamo

a fare del bene, senza

troppo avvicinare.

Vi derivano, gli oggetti

del bene, e guardano

le pietre, attraverso

il vetro verde della birra,

e ridono. Litigano

per ogni escremento

per ogni soldo perduto

Sono, e niente altro,

ogni gesto e parola

è senza importanza,

il valore, la forza

di merce non è più

nelle mani, “E sono persone”

dici, come si invita a

ballare, come si fanno

cose leggere. E loro

muoiono, senza movimento

scivolando, rotolando

come una plastica abbandonata.



Per ricordare la morte di Ranbir.

giovedì 28 aprile 2011

Guerra

Nota personale. L'aumento del coinvolgimento militare dell'Italia nella guerra contro la Libia di Gheddafi richiede una chiarezza, su chi si va a fare vincere, su tempi e limiti e scopi dell'azione, sulla direzione delle operazioni, che oggi è assente. La confusione del governo è figlia dell'ambigua politica estera di Berlusconi, tesa all'amicizia verso tutti i sistemi degradati e dittatoriali a noi contermini. Ma l'assenza di strategia pesa su tutti i paesi trascinati in una guerra che già si profila come una pericolosa avventura in un quadro mediterraneo in profondo mutamento e del quale ancora nessuno possiede una analisi.

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sabato 16 aprile 2011

Provare.

Report. Bologna è una città come tutte le altre. Certo, con grandissime risorse, ma grandi risorse hanno anche le altre città. Ha molti anziani che ancora votano a Sinistra, e che -non sempre- fanno la differenza. Possiede un patrimonio molto, molto, intaccato ma vivo di operatori pubblici, negli Enti Locali, nella sanità, nella scuola, e ancora una rete di volontariato laico, oltre a quello cattolico che invece è quasi l'unico in altre città, eredità indebolita ma sopravvivente di un passato glorioso. La classe dirigente politica e ANCOR PIU' non politica ha progressivamente perso qualità. Il PD ha molte pecche, moltissime, ma è stratosfericamente meglio della congerie dei Loro. Loro, politici-antipolitici, di mezza tacca, innocenti di mestiere. Si considerano sempre senza responsabilità su nulla e di nulla, e -segno della crisi- tengono ogni tanto banco e vorrebbero tenerlo sempre. Bisogna risalire. Se si potrà non lo so, l'epoca è aspra, ma si deve provare. Lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri figli. Punto.


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