venerdì 30 maggio 2008

Cofferati si ricandida.

La scelta di Cofferati è importante e positiva per Bologna.

La sua presenza è stata e sarà rilevante per ridare peso politico ed istituzionale alla nostra città.

Bisogna ora mettere in rilievo le cose fatte e quelle da completare, evitare ogni polemica interna al piccolo mondo dei palazzi.

Bisognerà però anche chiamare Bologna a confermare una prospettiva alta di coesione sociale e democrazia.

Per questo, come tanti in quella sinistra critica ma unitaria che è così presente a Bologna, mi impegnerò per un risultato che sia un segnale nell'ora in cui viviamo, così difficile e inquieta.

Il segnale che si può governare con autorevolezza, nella democrazia, affrontando, senza cedere, i problemi che stanno portando al populismo e a primi, ma già gravi, sintomi di una nuova "fuga dalla libertà".

Davide Ferrari

venerdì 23 maggio 2008

Bologna verso il 2009. Unire chi rifiuta l'antipolitica.

Bologna verso il 2009. Unire chi rifiuta l'antipolitica. Un' intervista.



Una iniziativa sulle alleanze, di nuovo tipo, che veda il Pd "protagonista", ma rivolta prima a settori sociali e poi a forze politiche, puntando su tutti coloro che non accettano l'antipolitica.
Il risultato potrebbe essere il taglio in sostanza delle ali estreme, a destra e a sinistra.

Ma Davide Ferrari, consigliere comunale PD, che interviene sul dibattito sulle elezioni del 2009 , insiste, "Rivolgiamoci alla societa', dal centro cattolico alla sinistra "intellettuale", "seminiamo". Cosi' l'incontro con possibili alleati si valutera' sulle cose, su basi concrete, piu' forti,sul programma come si dice, ma a partire dall'attenzione agli elettori e ai cittadini piu' che ai soli rapporti politici.
Ferrari, l'attacco della rete Unirsi al sindaco e' stato molto duro.
"Non sono d'accordo e vorrei che comunque si ragionasse su un punto. La venuta e l'esperienza di Cofferati hanno rappresentato e rappresentano un fatto cosi' rilevante che, in ogni caso, sara' sui risultati di questa amministrazione che saremo giudicati.

Non ho negato, quando ne ero convinto, punti critici, ma soprattutto ora e' il momento di incalzare l' azione amministrativa, non di infilare temperini nelle piaghette".
C'e' chi lancia l'allarme su un nuovo 99.
"Il 99 e' lontano, ma non bisogna ripeterne gli errori: il primo fu proprio
quello di sottovalutare le cose fatte.Non servi' allora, nemmeno a rinnovare. Tanto meno serve adesso".

Lei e' stato critico, pero', sui manganelli e lo spray.

Ho dato il mio sostegno in Consiglio. Non mi ha convinto invece la lunga discussione
su questo tema. Anche per entrare in sintonia con settori di centro e popolari dell'opinione pubblica, e della stessa politica, bisogna puntare a coinvolgerli sui problemi della citta', i piu' grandi".
E cioe'?
"Le infrastrutture, che avranno bisogno di risorse pubbliche
rilevantissime, visto che i privati confermano una loro difficoltà ad investire. Non e' un problema solo e tanto di cattiva volonta'. L'economia non tira, e ci si ripiega, non si ha la forza di reagire.E non da oggi. Ben prima del People mover, ai tempi di Guazzaloca, il
tunnel sotto la collina, che contrastai duramente per motivi ambientali, fu pero' affossato
dal disinteresse degli imprenditori. All'nizio era stato un tripudio di si', ma i soldi non vennero mai.

Sara' probabilmente inevitabile fare di piu' da soli, su partite enormi.Bisognera' scegliere priorita' assolute, renderle piu' condivise dall'opinione publica e ristrutturare i bilanci, anche con sacrifici e forse con tasse di scopo.

E ancora un altro tema. Sotto la paura e la protesta per l'insicurezza c'e' il disagio per la cura- che va ancora molto aumentata- degli spazi pubblici. Penso alle scuole, di cui si parla troppo poco.La cosidetta manutenzione e' un tassello della strategia
per la sicurezza. ".
Nel 2009 vede un Pd solitario o alleato della sinistra?
"Il nostro elettorato a Bologna si conferma molto esteso.ma sono convinto che il Pd potra' essere protagonista di un convergere di altre forze, in primo luogo sociali e di
opinione.Richiamo la necessita' di coinvolgere un arco che va dal centro cattolico, non solo ai cattolici progressisti, a una
sinistra intellettuale, radicale ma unitaria, che esiste.Cio' che accomuna e' l'interesse per la qualita' del governo.".
Puo' definire un arco degli interlocutori politici?
E' chiaro che Udc e Sd tendono a rappresentare i settori che ho richiamato. Ma tutto e' in movimento, e si scontrano tendenze opposte ed anche peculiarita' bolognesi complicate. Pensiamo solo al nodo del guazzalochismo. Intanto dobbiamo proporre che si ragioni sul governo, sul buon governare. Non chiedo una rincorsa al centro o nuove maggioranze dietro l'angolo. Mi interessa la qualità della politica. E' questa la vera frontiera "di sinistra": reagire contro l'antipolitica che mina la democrazia facendo lavorare assieme il meglio che la politica ancora esprime. Comunque, a destra, nonostante i toni di Berlusconi, e nella sinistra che viaggia verso l'antagonismo, anche se era nell'Unione, il discorso è opposto e mi pare chiuso."

Capitolo primarie. Vanno fatte sempre, oppure al secondo mandato si puo'
glissare?
"Non voglio tacere un dubbio nel caso del secondo mandato: non vorrei che si
chiudessero in una discussione tutta interna. In ogni caso bisogna proporre forme che incoraggino non solo a votare per le prime cariche, ma a scendere in campo, nei Quartieri, per il Consiglio comunale. Servono persone di qualità.

E per averle bisogna richiamare valori forti, le basi della democrazia.

Dica una cosa "di valore".
"Gli zingari non rubano i bambini"





Tratto da A.Bo. L' Unita' 22 Maggio 2008

martedì 20 maggio 2008

"Spray e bastone ai vigili. Sì, ma e' urgente parlare anche di ben altro".

"Stiamo votando per adottare una misura che è già operativa in molti altri comuni ed è prevista dalla normativa regionale.

Mi pare che quasi tutti siano d'accordo.

Questi "tutti" potrebbero e dovrebbero votarla senza usare infiniti distingui, tutti politicisti, per criticare la pretesa strumentalizzazione dell'argomento, e sfilarsi.

Detto questo Bologna ci chiede di rompere schieramenti già invecchiati e lavorare in modo nuovo per programmi e capacità di governo alte.

E' quello che giustamente chiede Cofferati.

Vale per il PD, che è nato per questo, ma vale in una parte del Centro e vale anche per esponenti alla sinistra del PD.

Francamente, invece, a Destra e nell'estrema sinistra non vedo un interesse per la qualità delle proposte, per la qualità del governo.

Chi ritiene di avere capacità di governo deve mettersi alla prova.

E sono d'accordo quando il PD, che è la forza più grande, lancia una sfida positiva.

Ma questo deve avvenire prioritariamente sui grandi temi: infrastrutture, scuole e formazione, case per mantenere viva la città e non disperderne i "cervelli".

In sostanza: se è possibile provare a fare cose aldilà degli schieramenti, mi piacerebbe che questa prova fosse tentata sui grandi temi.

Ben oltre quindi gli spray al peperoncino.

Non chiedo una rincorsa al centro o nuove maggioranze dietro l'angolo. Mi interessa la qualità della politica. E' questa la vera frontiera "di sinistra": reagire contro l'antipolitica che mina la democrazia facendo lavorare assieme il meglio che la politica ancora esprime."



Dall'intervento in Consiglio comunale di oggi, 19 Maggio.

lunedì 19 maggio 2008

Io, un italiano. Cosa so degli zingari

Io, un italiano. Cosa so degli Zingari

Li ho conosciuti dopo una tragedia, l’incendio di Santa Caterina di Quarto nell’Aprile del 2000, o seguendo i passi turpi, di sangue, dei Savi.
Li ho visti con la Bibbia in mano seguire mie lezioni un po’ affrettate di cristianesimo. Li ho visti suonare, orchestrare ottoni a Belgrado e xilofoni spezzati in via Rizzoli.
Ho fra loro amici, non ho trovato santi.
Quando vennero a Villa Salus non ne volevo troppi. Avevo ragione. Quando la Romania (dove forse sono 8 milioni) è entrata in Europa ero preoccupato e non convinto dalle ireniche dichiarazioni di alcune , pur meritorie, Ong.
Bisogna saper guardar in faccia il prossimo. E’ come noi. Ne peggio ne meglio.
Quanto qui io scrivo nasce da un bisogno di reagire all’odio, con fermezza e con coraggio.
Ma senza dimettere le lenti del governo, trovando i limiti del buon senso, anche all’amicizia e alla fraternità.
Si fecero chiamare egiziani, gipsi, per nascondere dietro l’immagine di figli dei Faraoni un origine profana.
Migrati dall’India, dopo il mille, forse perseguitati (seguaci di un’eresia religiosa? I reduci di una rivoluzione?) sono da secoli una delle due grandi nazioni anomale che percorrono la storia dell’Europa.
L’altra sono gli Ebrei.
Centinaia di anni, decine di paesi attraversati ed abitati, mille culture incontrate e mediate, tutto rende impossibile un’unica definizione dei popoli zingari.
Tuttavia a me pare che, nella battaglia della sopravvivenza e della difesa di una propria peculiarità irriducibile, mentre gli Ebrei hanno cercato di perseguire l’obiettivo della massima competitività, gli Zingari -quasi specularmente- hanno giocato la carta della non competizione.
Popolo che non dichiara guerre, che pratica la religione di chi ha incontrato, dall’Ortodossia al Pentecostalismo passando dal Cattolicesimo ed anche in qualche caso dall’Islam, gli Zingari vivono fuori dalla catena di comando, di gerarchia delle nostre società. Le periferie delle città, nella triste comunanza di destino con tanti altri emarginati, sono -forse- anche la metafora di una perifericità dell’anima.
“Siate come i gigli del campo, non pensate al domani, ogni giorno basta a se stesso”: a volte pare che siano nell’anima zingara gli insegnamenti più imperiosi ed anche meno facilmente seguibili del maestro di Galilea.
Quando parli con loro- la mia esperienza, avverto, si limita a Rom rumeni e assai meno a profughi della guerra dell’ex Jugoslavia, capisci quanto sia distante da loro apprendere l’importanza dei nomi, da quelli delle strade e delle vie a quelli delle stesse persone. Possono averne più d’uno, che importa.
L’importante è descrivere un luogo, un cammino che si è fatto, oppure raccontare e ridere di come una persona è.
Mi fa riflettere il loro rapporto con i bambini.
Devo smentire la canea assassina di questi giorni. Non rubano bambini. Ne hanno fin troppi. Quale valore ne trarrebbero?
Fagin, non a caso un ebreo, era a capo- nell’Oliver Twist di Dickens- di una banda di trovatelli schiavizzati dediti a pagargli decime con il furto e l’accattonaggio. Ma- se vogliamo non perdere la ragione- oggi sappiamo bene che non occorre avere aguzzini ebrei o gitani per essere meninos de rua, in tutte le strade di questo mondo.
Spesso ci fa inorridire la giovane mamma rom con il bambino appeso al collo a pochi centimetri da una sigaretta, oppure il brulicare nelle stazioni di piccoli untorelli pronti a tutto (A proposito, ne incontriamo a Verona, città del rampicante sindaco leghista più di quanto accada a Bologna).
Ma la povertà è così.
Mi colpisce invece altro. I bimbi rom giocano ignari di ogni compatibilità di spazio e di relazione. Non sono più liberi dei nostri figli quando invadono territori che non possono invadere ( Mi colpì vederne alcuni in mezzo allo spettacolo di artisti di strada in Piazza Maggiore, anni addietro, aggirarsi,senza però nessun coinvolgimento e consapevolezza). No , non sono più liberi, hanno ricevuto meno, nella trasmissione dei saperi, dei comportamenti, dal loro mondo adulto.
Non è solo ignoranza, o incuria. La cultura profondamente maschilista mi pare affidi il carico dei bambini quasi soltanto sulle donne. Donne ancora più lontane da esperienze di lavoro e di crescita di quanto non accada ai loro uomini e quindi deprivate di speranza e di possibilità. Donne che danno ai loro figli quello che possono e spesso non è molto.
Il furto. Parliamo del furto. “Tutti gli Zingari rubano”. Non è vero. Non sono vere nemmeno le chiacchiere sociologiche sul nomadismo che indurrebbe e giustificherebbe il non aver idea di proprietà privata altrui e quindi il furto.
Oggi quasi mai sono nomadi e moltissimi non rubano. E’ vero però che non c’e’ famiglia dove non conviva il lavoratore, magari occasionale, ed il parente ladro, magari altrettanto occasionale.
“Non vogliono cambiare”. Certo, se cambiare vuol dire morire, perdere ogni cosa, diventare anonimi più che sedentari probabilmente neanche il giovane rom più “infigato” dei film americani lo vorrebbe.
Il problema è che la “nazione” la sua articolazione in tribu’, non da tutti sentita allo stesso modo ma ben esistente, soprattutto i tempi della vita che la “cultura” sociale zingara scandisce, impediscono spesso anche l’avanzamento, non solo il cambiamento.
Se servono soldi, allo spasimo, bisogna sposarsi molto presto e incassare qualcosa per ogni figlia. Allora anche i maschi a 18 anni devono essere pronti, sentirsi vecchi se a venti non hanno moglie. Ma così facendo non si studia, non si risparmia anche se si lavora, non si “arricchisce” la famiglia ed il proprio futuro.
C’è di più, insieme al maschilismo, alla cura insufficiente dei bimbi, sono proprio questi tempi a rendermi preoccupato della evoluzione possibile dei Rom.
Fare per forza i mariti e le mogli, giovanissimi, mentre -nel frattempo- l’egemonia della cultura tradizionale va scemando, può unire il peggio del tribale alla modernità più insidiosa. Si possono creare unioni violente e senza futuro, non famiglie.
Questo credo di sapere. Non sono un esperto. Ma non lasciamo ai soli esperti di Università o di assistenza la voce del diritto a riconoscere uomini gli altri uomini. Tutti.
Ci sono mille ragioni per non farlo. Ma la prossima volta potrebbe toccare a noi. Agli italiani è già capitato, nei campi di Aigues Mortes, braccati dagli operai francesi, a Marcinelle, nel patibolo di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. E anche nel ragazzo orfano, cacciato dalla matrigna a Zola perché mutilato nella grande guerra, di cui ci raccontava il nostro Bruno Drusilli, suo figlio. Vestivamo di stracci. Non eravamo migliori. Eravamo uomini.


Da " Il Domani di Bologna" 16 Maggio 2008

Due interventi. Sul documento dei "Quattro Presidenti" e sul People mover.

Rifletto sul documento di quattro Presidenti di Quartiere bolognesi.

"Il" Partito Democratico deve essere innanzitutto "un" partito democratico.

Quindi sono non solo giusti ma essenziali tutti i richiami alle forme più larghe e reali di consultazione, a partire dalle primarie.

Ma a ben vedere non è questo il succo del documento o, almeno, della sua presentazione..

Invece chiediamoci se dobbiamo e possiamo aprire una discussione critica ed autocritica sui risultati della nostra azione di governo. Questo il succo, sia pure espresso con garbatezza. Dopo il voto nazionale, in una situazione difficile? No, nessuna ipocrisia nel dirlo, non possiamo. Anzi Bologna può svolgere un ruolo opposto. Il consenso si è avuto. Le risposte che qui si è cercato di dare ai problemi gravi che hanno determinato la vittoria delle Destre sono parte integrante di un programma di opposizione ferma e argomentata, anche se condurla spetta alle forze politiche, non alle amministrazioni.

Non solo. Non basta dire che non possiamo. Sono convinto che non dobbiamo.

Il programma che fu presentato e votato per il Comune di Bologna è un programma per dieci anni.

Su urbanistica e traffico stiamo andando avanti con piani e realizzazioni di indubbio valore nazionale. Sulle politiche di bilancio, sulle quali ho cercato di suscitare attenzione, la salvaguardia dei redditi più ridotti è stata portata avanti con determinazione, sia pure in una situazione di conferma di tutti i servizi e di aumento delle opportunità per l’infanzia.

Gli investimenti sono ad un livello quantitativo altissimo.

Ci sono mille problemi politici per il centrosinistra, ma non se ne risolverà nessuno se si occulterà un dato di fondo: si governa bene.

Vedo cose da cambiare, e soprattutto sulle quali fare di più, ma, solitamente, mi piace avanzare proposte più che infilare temperini in qualche piaga.

E’ più difficile. Si rischia di essere inascoltati. Ma questa è la strada.

Un esempio per chiarire: vorrei una politica nettamente popolare, qui a Bologna, non solo sulla sicurezza ma anche sulle scuole, quelle per tutti e di tutti, che voglio curate e a tempo lungo, in ogni ordine di grado, perché le differenze sociali contino meno.

E mi interessa raccogliere le idee di tanta parte della società civile "intellettuale", critica per natura. Sento il bisogno che esprime di qualità, di riparlare di cose importanti, di progetti per la città.

Così facendo anche il problema delle alleanze del PD cambia aspetto, non è solo "politica", si apre una discussione, si tessono rapporti veri, concreti, "sociali".

Ho assistito alla recente assemblea di Unindustria. Siccome non capisco niente mi sono concentrato, più che sulla nota boutade polemica di Montezemolo, ed anche più che sul segno politico della relazione di Maccaferri, sui risultati di una articolata indagine proposta da Enrico Finzi, di Astra.

Quante buone idee vengono in mente quando si guarda ai dati. Bologna ama se stessa alla follia e per questo strilla di fronte ad ognuna delle sue rughe.

Bisogna innovare ai suoi ritmi e smetterla con le teorie sulla sua inadeguatezza. Fiorirono a Sinistra, prima del ’99 ed è arrivato l’immobilismo di Guazzaloca, non lo sfolgorio di Barcellona, esposto nei video di quell’assemblea..

Ma anche noi, di nuovo, abbiamo troppe volte in questi anni criticato la città e il suo supposto inveterato provincialismo. E oggi quel criticismo si cerca, è ben naturale di rivolgerlo contro chi la governa. Bologna è quel che è. Non è, da decenni, la capitale di un mondo alternativo, è una città che da’ molto e può fare molto. Au clair de lune d’oggidì, è un grande valore.

Mi piacerebbe che i Presidenti di Quartiere stilassero un loro decalogo, di esperienze e di proposte. Dieci anni sono lunghi. Ne mancano ancora sei.

Io il tempo e l’ambizione la misurerei così.

14 Maggio 2008



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People mover: è un segnale di un problema più grande. Sulle infrastrutture il pubblico è solo. Non da oggi.





Sul "people mover" la polemica contro Zamboni è veramente ridicola. Come se si trattasse di un problema tecnico o della natura del bando.

Fu così anche per i progetti di Guazzaloca e Salizzoni, se ricordiamo bene.

Il project financing per opere come il tunnel per il passante urbano a sud non si fece perchè nessuno si fece avanti.

Era "sotto la collina", un brutto progetto, dal punto di vista ambientale.

Ma la musica non cambia.

A parole, allora, come appena ieri, per il people mover tutti i protagonisti dello sviluppo si dissero d'accordo, fino al dettaglio. Poi il Comune, il pubblico è rimasto solo.

C'è poca voglia di rischiare ma c'è anche di più: il mercato non vuole, o non ce la fa, soprattutto in un'epoca di stagnazione come questa, a pensare al futuro, ad investire sulle reti, a fare sacrifici per ripartire.

Anche all'assemblea di Unindustria, se da un lato si sono proiettati video su Barcellona e Lione, al dunque l'unica proposta e richiesta era "dateci meno tasse".

Non dico questo per fare polemica ma , anzi, per fare riflettere la pubblica amministrazione. Occorre riprendere in mano il progetto per la monorotaia, cercare altri interlocutori. Ma, su tutte le grandi partite infrastrutturali, per un non breve tratto saremo più soli.

Quindi o si rinuncia alle infrastrutture oppure si ristrutturano i bilanci, le politiche fiscali, tagliando molto, e ci si rivolge direttamente ai cittadini, con tasse di scopo.
A partire da alcune priorità di spesa che la comunità e le istituzioni condividano fortemente come assolutamente urgenti.
15 Maggio 2008