domenica 24 settembre 2017

Il voto della Germania e noi.

Poche parole scritte in fretta, nella convinzione, o il timore, che non molti altri ne scriveranno di simili.
.Il voto tedesco è una conferma di quanto, con mille sfumature, certo, sta avvenendo ovunque. L'area elettorale che riceve tradizionalmente il voto del ceto medio, ricavandone la forza e la medesima legittimità sociale per governare, è in calo, la sua parte di sinistra in crisi profonda. Il neofascismo, sotto mille nomi diversi ma con caratteristiche tipiche e riconoscibilissime, ovunque è ormai fra i grandi protagonisti della scena politica, anche nel cuore democratico e avanzato dell'occidente europeo, sviluppato e a proprietà diffusa. Le cause non sono un mistero, dalle radici meno recenti, che si ritrovano nel cambiamento profondo degli equilibri di Yalta e nella caduta delle formazioni partitiche ideologiche che li hanno assicurati per decenni e decenni (non solo il comunismo, tutte) all'attualità segnata da una crisi che ha abbassato tutele e salari, da un welfare che nessuno difende e rivendica, da un abbraccio mortale con le teorie che hanno prevalso nel passaggio di secolo, ottimismo, individualismo, liberismo, che ormai appaiono superate ed insufficienti quasi a tutti. L'estrema destra può presentarsi come innocente, senza colpe rispetto a tutti questi fenomeni, non è figlia del grande dopoguerra, non ha responsabilità nella caduta dei livelli di vita. 
E infine possiede il passepartout per entrare nei cuori di milioni di persone, il rigetto, per razzismo come per reale DISAGIO, dell'immigrazione e della persona, della vita degli immigrati. Naturalmente questo pacchetto non è del tutto vero. Talvolta la destra estrema ha già governato. La coperta demagogica copre con fatica nei suoi programmi l'intima adesione ad un mercatismo ancora più sfrenato, anche se magari garantito dallo stato all'erta sulle frontiere invece che dalla suprema padronanza del commercio internazionale.
Che dire, allora. E soprattutto, come si dice ad ogni passaggio grave: che fare? Ci parlino i classici della storia democratica e del socialismo, non intendendendo tanto i leaders quanto le situazioni dove si formarono scelte esemplari che hanno fatto la storia.. Se non è stato di buon gusto, negli ultimi decenni, studiarli e citarli, pazienza. Starà a noi mutare le loro parole in altre comprensibili nell'odierno, ma ritenendone il senso interiore. Ad ogni grave crisi, senza base sociale, la democrazia scricchiola e può persino cadere. Difendiamone i valori ma sapendo bene che senza un programma di restituzione alle classi sociali arretrate non c'è nessun valore che possa riconquistare primati di consapevolezza e di condivisione. 
Con quali scelte politiche? Un tempo ,l'unico di riscossa vincente contro il nazifascismo figlio della guerra e della crisi, si parlò, nel momento di maggiore lucidità storica e di maggiore efficacia, prima nel resistere poi nel vincere, di "Fronte popolare". Non accenno al '48 italiano, dove fu scelta divisiva, irrealistica e sconfitta, ma alle politiche di fronte con le quali tutte le sinistre misero alle spalle le illusioni di trasformare la crisi in rivoluzione e seppero avviare, finalmente, dopo sconfitte tali da far temere per l'intero mondo, una resistenza e poi una riscossa democratica. Attualizziamo, così, come ci viene, sapendo che tutto sarà, è difficilissimo.. 
Quello che pare certo solo ad aprire gli occhi, solo a voler vedere, è che è ASSOLUTAMENTE urgente RICOSTRUIRE IL CENTROSINISTRA. Dovrà essere diverso da quello delle privatizzazioni al centro e l'estremismo alle ali, ma dovrà essere. Scusate il linguaggio, ma la realtà temo lo autorizzi: chi lavora OGGI, dovunque si trovi, al centro o alle ali, appunto, per allontanare fra loro ancora di più le forze che furono nel centrosinistra o è un pazzo, o è un cretino o è persona interessata, solo a sé.
Davide Ferrari
24 settembre 2017
"Il progresso d'Italia"