sabato 26 maggio 2012

Grillo

Dopo un insuccesso elettorale non bisogna avere l'ansia di avvitarsi in immediate polemiche. Tempo al tempo. Così , su Parma, volevamo condurci noi. Succede tuttavia un fatto grave, che merita censure ed apre interrogativi. E' già nota la polemica fra Grillo, il suo ispiratore Casaleggio, da un lato ed il Consigliere regionale Favia, il sindaco di Parma, l'eletto Pizzarotti, dall'altra. I primi, pare, non vogliano sentir parlare di tal Tavolazzi come futuro Direttore generale del Comune di Parma. Volano un po' di stracci. Si vedrà in faccia a chi atterreranno. Poco ce ne cale. Ma un particolare ci inquieta. Nel blog di Grillo, e scrivendo in prima persona e senza firme ulteriori, si indica un email dove ricevere suggerimenti nominativi e, forse, autocandidature, per quel ruolo di vertice del Comune di Maria Luigia. Un capo politico si propone come collocatore di dirigenti amministrativi? Vogliamo chiederci qual'è la radice di una così macroscopica confusione suoi rapporti fra la politica e l'amministrazione. Nel blog si dibatte. Tutti insistono sul fatto che, con loro, hanno vinto i cittadini. Banale retorica? Leggendo con attenzione li si intende proprio convinti di questo:"noi siamo cittadini e i cittadini 'sono' noi". E gli altri? I tanti, ugualmente cittadini, che hanno espresso un voto differente? Quali diritti, e regole per salvaguardia, rimangono loro? Insomma, a furia di insultare gli avversari, e quindi sottovalutare chi li ha votati, e di identificarsi con il popolo, si finisce in una pericolosissima sindrome proprietaria. Attenzione , nessun Comune è di chi vince le elezioni. Capitelo subito, cinquestelle. Subito.


"Il contrario", rubrica di Davide Ferrari
su: L'Unità E-R, Sabato 26 Maggio 2012

sabato 19 maggio 2012

Ballottaggi

Si torna a votare, da noi, a Piacenza, Parma, Comacchio e Budrio. A differenza di quanto può sembrare, la storia e l'attualità politica dell'Emilia-Romagna sono piene di diversità e peculiarità. Così a Piacenza, dove la vicenda politica ha sempre rappresentato una mediazione con le culture lombarde, il confronto è con la destra. Piacenza, ancor più dopo il cambio politico nazionale e Pisapia a Milano, ha tutto da perdere con la vecchia destra e tutto da guadagnare ad andare avanti, rinnovando. A Parma, come a Budrio e Comacchio, i candidati appoggiati dal centrosinistra hanno di fronte Beppe Grillo. Si scrive, sui giornali nazionali, che i risultati di Grillo al primo turno lo abbiano sdoganato, reso oggetto di interesse mediatico. In realtà la sua presenza su tutti i principali mezzi di informazione è, da mesi, strabocchevole. Si è lisciata la barba arruffata del populista per tagliare le unghie di un partito, il PD, l'unico sul quale la politica potrebbe reggersi e non lasciare il campo agli altri poteri, alle vere caste, quelle del denaro. Ci sono mille motivi locali, di amore per le proprie comunità, per scegliere il voto ai candidati del centrosinistra, alla loro esperienza e rappresentatività. C'è però un motivo in più. Determinante. Grillo, comunque vada, non diventerà mai né sostanza né alternativa. Ma attizza fiamme e unge muri, in un tempo nel quale peste e fuoco sono già fin troppo diffusi. Tenere il timone, difendere i servizi ed i redditi, la socialità e la vera cultura anche nella barbarie della crisi: senza l'Emilia non si fa. L'Emilia-Romagna deve rimanere, salda, in campo perchè l'Italia abbia una speranza. Al bivio fra Parigi e Atene sbagliare strada sarebbe drammatico. "Il contrario" rubrica di Davide Ferrari, L'Unità E-R, 19 Maggio 2012

sabato 12 maggio 2012

SMS. Avventure intellettuali fra storie e miti.



Il nuovo libro di Raffaele Salinari.

Raffaele Salinari è una figura nota a Bologna. Medico, cooperatore internazionale, "politico" come si dice oggi, scrittore. E' a quest'ultima dimensione che probabilmente tiene di più. Il motivo c'è, non solo la passione. Negli anni Salinari ha realizzato una sostanziosa biblioteca di testi propri. Vari i titoli. Il filo che li unisce, dai primi all'ultimo: "SMS. Simboli misteri sogni", è il racconto , leggero ma non senza dettagli, di investigazioni "impossibili" dove il viaggio si unisce all'erudizione. Il titolo scherza con la più diffusa e sintetica forma di comunicazione odierna.
In realtà il volume, che raccoglie scritti precedenti e nuovi, mette insieme una varietà di soggetti e di storie, che ci portano a piccole avventure dove un ritrovamento, in un libro o in un'idea, di tracce spesso legate a personaggi chiave e quindi intriganti del nostro universo di conoscenza, viene a coincidere con richiami ed insegnamenti del mito e del simbolo. Non vi sono salti di stile, l'unitarietà è garantita dal metodo, particolare, delle scritture dell'autore. Salinari parte e arriva da intuizioni proprie, fuori dai dati progressivi, metodici di una prassi scientifica. In ogni sua ricerca troviamo un piccolo lampo, un collegamento, una coincidenza, quasi messaggi che gli derivano dall'irrazionale. E da queste scintille deriva i fuochi del suo argomentare. L'autore li tiene ben accesi, li fissa costantemente, si fa illuminare. Ma la ricerca è sul campo, reale, concreta, con gli strumenti del viaggiare. A Venezia ad interrogare i Padri Armeni sulla mitica presenza di Stalin in Italia va sul serio, e ce lo racconta. Così come descrive la traccia trovata a Parigi in un volume della Biblioteque nationale sul destino del "Turco" la macchina meravigliosa, il robot o l'impostura, che, per 70 anni sconfisse agli scacchi le menti più prodigiose. Napoleone financo, non sappiamo se distratto da Josephine. E via via, fra vasi omerici, "crateri" di 2500 anni fa, e carte di Walter Benjamin, fra il corpo di Pasolini e la mente di Edgar Allan Poe. La citazione è fra le arti di Salinari, ma non grava sul lettore, resta leggera come le orme nella neve, da ripercorrere. Orme di cui non si conosce il piede che le stampò, ne la sua partenza, tanto meno l'arrivo.
Si giunge, incuriositi, fino alle foreste del Congo. Piace giocare con l'ombra, a Salinari, ma è lontano dalla tanta paccottiglia iniziatica che ammorba gli scaffali delle librerie. Si ritrova, in ogni episodio, la bussola del piacere di conoscere, la molla dell'umano, non l'invocazione di un demone a nostra disposizione.
Resta da dire che le non poche pagine si fanno leggere rapidamente, acute e affascinanti.

Davide Ferrari

"SMS. Simboli, misteri, sogni"
Raffaele K. Salinari
Edizioni Punto Rosso

Cevenini

La camera ardente è in Sala Rossa, i fiori sono tricolori, si distendono i gonfaloni. L'addio è nelle Istituzioni. E’ naturale che sia così. Il figlio del barbiere di S.Mamolo tutta la vita l’ha spesa in pubblico, con tenacia e volontà di arrivare, senza sgomitare, senza passare sulla testa di nessuno, camminando a lato della politica dei discorsi importanti e dei gossip meschini, delle ...grandi battaglie e delle faide spietate. Esserci sempre, mai così dentro, però, da perdere la leggerezza. Una natura, non una tattica. La tua crisi, Maurizio è iniziata quando hai dovuto incrociare l’autostrada dei massimi onori, delle massime responsabilità. Pochi come me possono dire della tua ritrosia profonda a candidarti. Io sapevo il tuo valore e, talvolta con poca grazia, ti spronavo, come altri amici. Decidesti di andare avanti, di tentare, già provato dalla fatica di contare e ricontare ogni giorno le tue capacità, di mettere fuori la porta di casa, ogni giorno, i tuoi passi, uno avanti all’altro, nell'angoscia della responsabilità, dopo tanta avventatezza che aveva colpito Bologna. Dopo, tutti sappiamo, la malattia, il ritiro, poi una prova muta, che segnava le linee del tuo viso. L'amarezza della perdita di un obiettivo diventava il senso del vuoto, un conto con se stessi e gli altri che non ritorna pari, mai. Eri uomo di partito, la tua campagna erano i parterre delle Feste. Il sostegno dei tanti finì per contare meno della fatica di ridarsi una prospettiva, di fronte a tutti. Nessuno dovrebbe affrontare da solo la stretta del cuore che non passa, il sale della lacrima che non sgorga. Serva a noi la lezione. Impariamo, dalla tua storia, a fare sempre, per primi, il gesto di un abbraccio, di una domanda, a non allontanare lo sguardo, a non pensare che il prossimo abbia altri occhi. Altre mani. Ha sempre le nostre medesime. La sua vita, la tua Maurizio, è, e sarà, nella nostra vita. D.F L'Unità E-R 12 V 2012

mercoledì 2 maggio 2012

Mafai

Ezio Mauro, al momento della scomparsa, ha definito Miriam Mafai: "fortissima e dolcissima". Una sintesi azzeccata. Aggiungerei un terzo superlativo. Miriam era acutissima. L’acutezza può essere strumento di bene e di male. Ma al livello che lei possedeva raramente può accontentarsi della conservazione, degli interessi dei potenti, del servizio allo status quo. E infatti Mafai , in una vita lunga e piena di opere, ha seguito i percorsi opposti. Era figlia di due pittori, Antonietta Raphael e Mario, il leader della cosidetta “Scuola romana“, che il critico Roberto Longhi chiamò: “la scuola di via Cavour“. Lì era la casa-studio dei Mafai, al n° 335, poi abbattuta dagli sventramenti dell’urbanistica mussoliniana, lì crebbe Miriam, con le due sorelle Giulia e Simona. Interessa qui notare come la loro pittura fosse, insieme, figurativa e corrosiva, popolare nei temi e nella leggibilità, ma drammaticamente espressiva e quindi tutt’altro che pedagogica, con tratti di assoluta originalità. Inafferabile, dunque, fuori dagli schemi. Qualcosa di questa duplicità passò nel carattere di Miriam, o almeno questo noi leggiamo nei tratti della sua professionalità e del suo percorso politico. Le Leggi razziali costrinserò anche lei all’umiliazione di dover abbandonare la scuola pubblica. Qui la radice di una opposizione al dominio fascista, il rigetto di una ideologia di violenza e discriminazione ed anche una visione segnata dal disincanto sulla reale qualità del sentimento popolare. L’Italia profonda non abbracciò l’antisemitismo ma non vi si oppose, la separazione, anche quella visibilissima dei ragazzi e delle ragazze dai loro coetanei, dalle loro classi, passò come acqua sulla pietra. E’ forse qui il germe di una diffidenza di Miriam verso l’utopia, vista a nudo, nella smentita di una sua obiettiva possibilità di realizzazione. L’utopia per la sua generazione fu il richiamo di un lontano comunismo sovietico, cui guardò sempre con un interesse di analisi e di amicizia, e che raccontò, molti anni dopo, riprendendo il filo di storie di vite che ne erano state trasformate. in più di un libro. Nel passaggio terribile dell’occupazione e della Resistenza cominciò a darsi da fare, portando volantini e stampa comunista. Incontrò lì il Pci, di cui divenne una militante impegnata ma attenta a conservare una propria autonomia e una sua visione peculiare. Comunista era il primo compagno, che sposò e con il quale ebbe due figli. E comunista Giancarlo Pajetta, forse il dirigente più amato del Pci, una leggenda difficile da accompagnare. Riflettere sul come Miriam gli fu accanto può dirci qualcosa del suo carattere. Rimasero compagni, solidali sempre, ma separati nella vita di tutti i giorni. Lei nel lavoro, sempre più importante di giornalista, lui in una vita pubblica senza requie. Un legame intenso, ma da donna libera, forse l’unico che poteva resistere all’affluente personalità di Pajetta. Dopo una lunga e brillante carriera fra L’Unità, Vie Nuove, Paese Sera, la direzione di Noi Donne, fu fra i fondatori di “Repubblica”, nel 1976. Mafai divenne subito una delle firme maggiori del giornale di Scalfari, via via più importante, fino a contendere il primato al Corriere. Un caso unico nel panorama editoriale del paese, statico e diviso in aree territoriali e politiche molto definite. Una crescita che ha seguito l’evoluzione della sinistra italiana, nella sua espansione, poi ha forse anticipato la sua mutazione nell’epoca del tramonto del socialismo reale e del riaffermarsi del liberalismo. I pezzi di Mafai nascevano da una cultura che era proprio al centro di questi processi, “dentro” al Pci ma di impostazione liberaldemocratica. Non tutti li condivisi, da lettore e da militante, ma certo si distinguevano sempre per aprire un dibattito, per servire da boa. Si allontanò dal percorso, accidentato, del suo partito, dopo il cambio dell’89. Corse avanti, mai a lato, certamente mai dietro. Come tutti i grandi giornalisti si allargò ad una produzione di libri, sempre segnalati, dove potè unire il racconto di storie di vita di coloro, come il fisico Pontecorvo, che avevano scelto la Russia, l’ "another country", per il rifiuto della guerra e dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, con un ragionamento incalzante, la richiesta di una evoluzione, incentrata sull’individuo, sulla persona, sulla libertà come primo diritto. Miriam Mafai non si ferma oggi. Troppi gli elementi di attualità e le radici culturali che la collocano all’interno del crogiolo italiano perché la sua figura cessi presto la propria attualità. La libertà nell’essere donna, l’ ascendenza ebraica, la militanza e l’ individualità, la laicità liberale, e la lunga internità alla vicenda comunista, sono altrettanti filoni che a lei ricondurrano. Sarà, come sempre per noi, un rivo carico di acque. Alle donne spesso accade. Quale distanza dalla rada secca e avara delle sconsiderate oscene parole di paragone, di una Santanchè, fra Iotti e Minetti.Davide Ferrari davideferrari2000.blogspot.com