martedì 14 novembre 2006

In Comune. Violenza ad un ragazzo disabile, solo bullismo?

Dall’Intervento in Consiglio comunale di Lunedì 13 Novembre 2006.
Consigliere Ferrari:

”Siamo di fronte ad un fatto i cui contorni sono di una gravità tale da fuoriuscire probabilmente dai termini che sentiamo ripetere in queste ore, come :”bullismo”. Non sappiamo bene il luogo dove il fatto è avvenuto, per motivi giusti di riservatezza, probabilmente in una scuola media superiore dell’area piemontese-lombarda. Sembra, a quel che si sa, che un intera classe abbia organizzato, per poter filmare un video, una vera e propria sceneggiatura, con tanto di titoli di testa e lettering scritti alla lavagna, improntati ad una franca e dichiarata ideologia nazista, con tanto di simboli, con alcuni ragazzi nel ruolo di attori persecutori e una vittima sacrificale: un bambino, un ragazzo disabile, considerato al di fuori di ogni umana personalità. A questo ragazzo sono stati prima somministrati momenti di vera e propria tortura psicologica, poi si è passati alla tortura fisica e infine al lancio collettivo di oggetti, di libri contro la sua persona, in una sorta di lapidazione all’Italiana. Il video è stato messo in un’apposita rubrica di un noto motore di ricerca, dove pare - vedremo se la notizia è vera - che sia stato tra i più gettonati, tra i più cliccati, tanto da essere immediatamente reperibile sugli indicatori di ricerca perché molto frequentato. Una denuncia di una ragazza da Roma, che si è messa in contatto con un’associazione che si occupa di disabilità, ha permesso di arrivare alla cessazione della possibilità di vedere questo video. Un episodio di questo genere - che, ripeto, vorremmo conoscere meglio, e che vogliamo contestualizzare, vedremo, ad esempio, se tutti gli aspetti sono veri, sono realistici - tuttavia pare rimandare a numerosi gravissimi elementi. In primo luogo non vi sono state reazioni nell’ambito del gruppo classe, e questo deve far interrogare innanzitutto la classe, la scuola, tutti gli altri ragazzi, le insegnanti, le famiglie. Mi sembra sia stato affermato il rifiuto totale del concetto di rispetto e di integrazione per i ragazzi che sono portatori di handicap psichici, che pure sembrerebbe assodato e facente parte del comune sentire sociale. Un altro elemento: un uso della violenza così spudorato fa pensare a realtà dove la violenza è di casa, dove il dato che le gerarchie si impongono “a pacchere”, come si dice, è un fatto scontato. E ancora fa pensare l’utilizzo di certa simbologia nazista, che non va dimenticata. Già vedo nelle agenzie di stampa che questo elemento comincia a essere lasciato andare: no, la giovane età dei colpevoli non li assolve dalla responsabilità di avere scelto, sia pure certamente per una profondissima ignoranza, un’ideologia precisa, e qui i riferimenti ideologici sono stati espliciti e si è compiuto in nome di quei riferimenti ideologici l’atto di tortura psicologica e fisica. Allora io credo che si evidenzino da un fatto di simile gravità, quasi fosse la punta di un iceberg, una serie di vaste preoccupazioni e necessarie avvertenze. Guai fermarsi all’accentuazione del singolo caso, non bisogna montare una campagna scandalistica ma interrogarsi su come si considera la violenza nella società, come la si veicola e la si impone, sulle risorse e le modalità della prevenzione della violenza, del bullismo, delle ideologie di sopraffazione, nella nostra scuola e nel contesto giovanile. Voglio ricordare che agisce da parecchi anni l’Istituzione Minguzzi a Bologna che conduce da tempo e nell’oggi una vasta serie di iniziative, alcune già terminate e altre che stanno per riprendere, che tutte cercano di insistere, formando insegnanti ma anche dirigenti scolastici, mettendo in comune le risorse degli Enti locali, della famiglia e della scuola, su alcuni concetti basilari che possiamo chiamare di educazione alla convivenza. Quanto poco sia generico questo termine lo comprendiamo a partire da fatti di questo genere. Tutto si tiene: se non si rifiuta il senso della violenza e della sopraffazione del più forte non ci può essere integrazione né fra generazioni né fra popoli né fra persone di diversa abilità. Se non si combatte la negazione dell’integrazione non ci può essere rispetto umano, rispetto per la radice umana e l'integrità di ogni persona. Se non vi è questo rispetto non è possibile alcun percorso educativo. Mi è venuto alla mente un ricordo. Può darsi che mi induca ad un ragionamento improprio, che nulla centri, magari scopriremo che il fatto non è accaduto nel "profondo Nord" ma altrove. Pure mi è sovvenuto come io conosca bene le scuole di quella zona d’Italia, e sono ottime scuole. Le conosco perché per molti anni, dal 90 al 2003, vi ho tenuto letture e corsi di didattica della poesia. Mi colpiva, in particolare presso un grandissimo istituto della provincia di Milano, l’esplodere in una primavera di qualche anno fa, di quei famosi manifesti che un partito politico - non è presente in questo Consiglio (la Lega Nord, ndr)- mise per ironizzare sulle preghiere di alcuni cittadini presenti in quella realtà, e altri per dileggiare l’omosessualità e così via: ogni primavera una fioritura rinnovata. Nessuno sembrava notarli più di tanto, non positivamente ma neanche negativamente. Se si arriva a questo, alla propaganda del pregiudizio e dell’odio, oltre il disprezzo per la diversità, non è poi difficile che si compiano passi in avanti su quella strada. Tutto si tiene ed è ora di cominciare a rendersene conto. Tirando un filo è tutta la matassa che viene ad essere dipanata. E lungo questa matassa troviamo questioni rilevantissime, rispetto alle quali non basta la denuncia retorica o l’appello alla moralità, questioni rilevantissime di asse culturale e di scelta profonda che l’Istituzione deve fare. Ogni istituzione - ripeto, dalla scuola, all’Ente locale, allo Stato - non solo per vigilare e reprimere, ma per assicurare un’educazione di integrazione, di rispetto per la persona umana e di riconoscimento del reciproco convivere”.