lunedì 6 novembre 2006

Sulla condanna a morte di Saddam (Stenografico)

Vicepresidente FOSCHINI: Procediamo con il consigliere Ferrari sulla condanna a morte di Saddam Hussein.

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per la nostra sede. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo tocchi anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale. Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è seguita dalla prima fase processuale dovremmo evitare due rischi: il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo. Ed è di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, corregge le prime dichiarazioni che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair inequivoca. Dice Blair: “sempre contrari alla pena di morte”. Giusto, ha ragione. E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà. Contemporaneamente io credo però che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato e con tali responsabilità di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo. Proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, dei crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario. Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento “reazioni a Bologna”, perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione. E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo; no, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a ragioni generali quali quelle che ho richiamato c’è anche la ragione di assumere un più netto profilo civile e democratico quando migliaia e migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile, ci saranno altri momenti, Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente.
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