venerdì 9 febbraio 2007

DS: fare un buon congresso. Un contributo dopo il "caso intimidazioni".

La notizia di intimidazioni nei DS ha avuto vasta eco.
Vere o no, la notizia medesima è diventata un fatto. Si deve dire che i Ds sono uno dei pochissimi partiti ancora in grado di fare un congresso democratico, di far votare tesi e dirigenti, sia pure con mille limiti, senza definire, quelle e questi, con la forza del denaro o l’unzione di un leader supremo. Ma non basta. Andiamo alla radice. A chi giova un congresso rissoso e dimezzato?
Certamente non a chi vuole un mandato per andare avanti verso il Partito Democratico.
Ricordiamo: già il rinvio della data di convocazione, a suo tempo, ed il voto segreto, oggi, hanno voluto togliere pressione al confronto politico in atto.
Ma, a ben guardare, nemmeno giova, non può giovare, alle minoranze.
Se il percorso congressuale vedesse un avvitamento polemico fino a punti di non ritorno chi dichiara di non voler uscire dai Ds come organizzerebbe una propria fattiva permanenza? Per dirne una: come potrebbe chiedere un voto per il nostro partito ad elettori che condividono il suo punto di vista?
E anche, quei compagni che hanno scelto di fuoriuscire, o di non entrare nel PD, quale bagaglio porterebbero appresso? Una valigia di rancori, per i più, sarebbe un peso addirittura insostenibile, certo non foriero di nuovo impegno politico, sia pure altrove.
Bisogna scegliere, subito, di fare un buon congresso, che dia speranza a tutti coloro che sentono il bisogno che l’Italia ce la faccia, che si dia un contributo alla pace e a curare la Terra malata, che sui giovani non prevalga il grumo degli interessi, che “il nulla” dei grandi e pessimi media non ci divori.
Stiamo discutendo, discuteremo, se il Partito Democratico sia lo strumento per fare passi avanti in questa prova.
Ma non si commetta l’errore di puntare ad una drammatizzazione delle sole nostre scelte, “scomparsa della sinistra” o “nuovo contro vecchio”.
E’ la “prova” dell’Italia che conta, non la nostra vicenda.
Se la si mette così c’è più ruolo per tutti.
Se la si mette così ci sono tutte le condizioni per parlare di regole e per dare misura a ciò che diciamo. C’è spazio per fare cose, piccole ma importanti, per “buona pace” e intelligenza.
Quali?
1)Gli organi dirigenti uscenti, a partire dai Segretari, dalle Federazioni alle Unità di base, hanno un compito di garanzia che non va sottovalutato.
Il segretario della Federazione di Bologna, molto opportunamente, vi ha fatto esplicito riferimento in questi giorni.
Una garanzia che può esercitarsi non tanto sulla vigilanza quanto sulla promozione del dibattito.
Le differenze nei Ds ci sono e gli iscritti le conoscono e comprendono .
Ma una circolazione ampia dei documenti e delle opinioni è oggi necessaria più che mai,
Non può avvenire da sola, bisogna promuoverla.
2)Le "Commissioni per il Congresso" un tempo erano cellule di spiriti votati al sacrificio, mi è capitato spesso di farne parte, con la volontà di garantire appieno che tutto fosse in ordine.
Oggi dovranno prevenire asperità più che censirle, avere –ad esempio- un’ attenzione affinché localmente vi sia, regolamento alla mano ma anche buon senso in testa, una intesa su come far votare il maggior numero di iscritti, nel rispetto dell’insieme del congresso, che dovrà contenere, per così dire “un seggio e un’urna”, ma non si riduce ad essi.
3) Tutto sarà più facile se non saranno congressi chiusi. Le Associazioni del Tavolo dell’Ulivo, fra le quali “Nell’Ulivo.Da Sinistra”, hanno chiesto che si apra il dibattito nelle sezioni anche ai cittadini, non solo all’associazionismo civile e ulivista ma anche al volontariato, al mondo del lavoro, della cultura. Ci guardano in molti. Quei molti vedono nei Ds il sostegno al Governo, il collante dell’Ulivo e dell’Unione: facciamoli parlare. Per ascoltare bisogna stare, per poco tempo almeno, in silenzio. Ecco l’antitodo al chiasso dei litigi.