giovedì 16 maggio 2013

Referendum scuole Infanzia. Di cosa si tratta?

E' ancora ignoto ai più l'oggetto concreto sul quale i cittadini sono chiamati ad esprimersi nel referendum bolognese: le convenzioni Comune-paritarie nella scuola dell'Infanzia
I promotori hanno voluto che la scadenza assumesse un carattere generale, addirittura nazionale. “Chi buttereste dalla torre, le scuole pubbliche o quelle private?” Si vuole che i cittadini votino in risposta a questa semplificazione inaccettabile. Ben altro c'è da buttare, se si desidera! Vogliono farci litigare come i polli di Renzo avviati a perdere il collo. Per difendere la scuola bisogna integrare, unire le forze e le esperienze. La disinformazione è cresciuta dopo l'annuncio del Comune di voler porre servizi e scuole 0-6 anni in capo ad una ASP. La questione è complessa, richiede un confronto serio, viene associata al Referendum grazie alla parola magica :”Privatizzazione”. Al contrario: il Comune non può più assumere (per legge!), la “carta ASP”, azienda pubblica, permette l'assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, di non passare la mano ad altri, “privatizzando”. Invece le convenzioni rispondono ad un'altra necessità. E' naturale che un Sindaco cerchi di migliorare la qualità anche di scuole che da decenni e decenni lavorano per migliaia di bambini di 3, 4 e 5 anni Questa scelta è antica (18 anni!), si è diffusa in tutta Italia, fino alla Puglia del Presidente Vendola, non ha nulla di anti-costituzionale. Il prof. Rodotà scrive che -“quantomeno”- bisogna dare assoluta priorità alla “scuola pubblica”. E' proprio quello che si fa qui. Si spende 1 euro su 4 del bilancio, e una grande parte va alle scuole per l'infanzia, 36 milioni euro l'anno alle comunali, ed 1 alle statali: 37 volte il “costo” delle convenzioni con le paritarie. La campagna paradossale che mette Bologna sul tavolo dell'accusato è rischiosa.
Se passa l'idea che tutto è sfascio sarà più difficile proseguire investimenti per la scuola così cospicui. Se il voto sancirà una vittoria di parte, perchè l'altra si ritiri nella propria vita senza aiuti e senza doveri, si indebolirà il complesso del mondo scolastico. Una scelta più matura, il voto “B”, potrà sollecitare invece una politica per la scuola generosa ed aperta.

Davide Ferrari
condirettore della rivista nazionale
"Riforma della scuola"

Pubblicato da "Il Resto del Carlino"
Maggio 2013