martedì 2 novembre 2004

The vigil.

Bo, 2 Novembre 2004

INTERVENTO IN AULA DI DAVIDE FERRARI SULLA MANIFESTAZIONE PER LA PACE "THE VIGIL".

 

Abbiamo avuto purtroppo qualche giorno fa, con una ampio eco di stampa, che poi subito è stata sopita, un dato spaventoso ,che io credo debba invece fare riflettere, sempre, ogni momento.

E’ il dato che gli studiosi della John Hopkins Bloomberg hanno estrapolato da una inchiesta sulla mortalità nel paese dell’Iraq. Da questa inchiesta ne è stato tratto un dato per difetto di circa centomila morti in questo anno di guerra.

Centomila morti, colleghi!

Se si pensa che nella prima guerra mondiale, terribile ecatombe, al nostro paese toccò in quattro anni di conflitto, di trincea, e di bombardamenti, anche allora ve n’erano, la terribile sventura di avere - se non mi sbaglio – 150.000 morti, su una popolazione circa doppia di quella dell’Iraq, possiamo pensare a che cosa siamo di fronte.

Io credo che questo dato drammatico debba essere ricordato, diffuso, forse approfondito, senza dubbio, anche scientificamente, ma in primo luogo politicamente.

Qualcuno ha detto: la guerra sia un tabù. Io mi accontento per ora di dire che ogni iniziativa per la pace deve trovare nuovo sviluppo e nuovo drammatico senso della propria urgenza.

A questo proposito ricordo che oggi, fra poche ore, inizierà a Bologna, come in tante altre città d’Europa, e del mondo, l’iniziativa così denominata: "The voigil", "vigilia", che al di là dei riferimenti al voto americano, certo importanti, ma che non mi sembrano i più cogenti, ha invece un contenuto proprio, forse drammatico,che credo meriti davvero la nostra attenzione.

Verranno in qualche modo simbolicamente richiamati, nominati, gli scomparsi. È iniziativa che rischia la crudeltà, me ne rendo conto, ma pure proprio nell’essere senza un nome sta la particolare fragilità e debolezza di queste vittime. La fragilità della memoria. Una fragilità che non gli è dovuta e che è un ulteriore crimine avergli assegnato.

Credo quindi importante ricordare questo impegno a dare nome che dalle città e dai cittadini in Europa verrà fatto questa sera e questa notte. Sono promotrici fra altre realtà le "Donne in nero" che hanno tante volte, sono ormai una ventina di anni, proposto forme un po' parallele, meno di massa, rispetto a quelle più tradizionali del movimento per la pace, ma che ogni volta ci hanno insegnato a cogliere un particolare aspetto della guerra, forse più vissuto, forse più umanamente e femminilmente vissuto e compreso, e perciò rifiutato.

Grazie signor Presidente.



Davide Ferrari