martedì 28 aprile 2009

"Un padre in prestito"


Presentazione del romanzo:
"Un padre in prestito"

di Fosca Andraghetti

Nel pomeriggio di martedì 28 aprile 2009, presso la bellissima Sala Conferenze del Baraccano nel Quartiere Santo Stefano di Bologna, è stato presentato il romanzo Un padre in prestito (Edizioni del Leone, 2009) della scrittrice Fosca Andraghetti. Ne hanno parlato con l’autrice Davide Ferrari, Giuseppina Rossitto e Giulia Motola di fronte ad un pubblico particolarmente numeroso e attento.

La presentazione di questo volume rientra in un progetto più ampio che mira a fare conoscere scrittori, poeti, fotografi e musicisti, ha ricordato Giuseppina Rossitto, Presidente della Associazione “Lo Specchio di Alice – Associazione Culturale Affiliata alla Università Primo Levi” e curatrice del progetto, che ha poi ha proseguito introducendo l’autrice, Fosca Andraghetti che inizia con una breve carrellata sul suo percorso letterario. Accanita lettrice, e anche scrittrice, fin da bambina; proverbiali sono rimaste le sue incursioni tra i pochi libri di suo padre letti e riletti fino a consumarli, ai quali si aggiungevano quelli della magra biblioteca scolastica e altri dei maestri. Con ironia, racconta le “sue avventure letterarie”, una scuola che non era quella suggerita dai suoi insegnanti, l’amore per i classici russi, i romanzieri inglesi, gli scrittori americani senza trascurare i grandi autori italiani. Infine, negli anni sessanta, la scoperta di Brunella Gasperini divenuta poi la sua autrice preferita. Poi i racconti pubblicati negli anni 70/80 su una rivista edita dalla Rizzoli, i corsi di scrittura, altri concorsi con esiti anche importanti, le prime pubblicazioni di poesie e di narrativa fino al fortunato incontro con le Edizioni del Leone: “un primo romanzo“ Quello che ancora non sai, pubblicato due anni fa, e Un padre in prestito, il libro di cui si parlerà oggi. E’ una storia che mi ha coinvolto molto, perché entro nei miei personaggi, li amo quasi come fossero creature vere, anzi, a volte li uso per ribellarmi o per riscattarmi da tante piccole contrarietà quotidiane dalle quali non mi so difendere...”.

Fosca Andraghetti parla dei personaggi del romanzo, dei loro caratteri, dei rapporti interpersonali, della famiglia e dei suoi silenzi più o meno motivati. E ancora dei bambini che qui compaiono, del loro affacciarsi alla vita, degli approcci con gli adulti. Sguardi perplessi, curiosi, incerti e reazioni emotive forti con diverse capacità di reagire alle situazioni che, in qualche misura, seminano disorientamento nelle loro vite. Una storia che si snoda attraverso una narrazione veloce e asciutta, ricca di episodi a volte divertenti e pieni di ironia. Conclude poi citando un paragrafo tratto dalla introduzione del volume: “Poi arrivano la frantumazione e molteplici nuove realtà, quelle che possono riguardare il quotidiano di ognuno di noi, ma l’autrice, soffiandoci dentro il suo stile di forte tensione narrativa e animandola con la sua capacità di analisi psicologica del profondo, la trasforma in una serrata vicenda ricca di suggestioni e di atmosfere, dove i personaggi si muovono da una città all’altra con la loro fatica di vivere, con le loro storie difficili che si intrecciano, si spezzano e si riannodano.”

Dopo la lettura delle prime pagine del libro, prende la parola Davide Ferrari portando il discorso sulla scrittura femminile. “…spesso i temi di vita sono trattati come un valore in sé, con grande attenzione cogliendo ogni aspetto e, quindi, anche come un qualcosa che permette di fondare un racconto senza che necessariamente ci sia un rimando ad altre verità più generali, oppure vi siano metafore che illustrino sul piccolo, sul particolare, sul quotidiano della concezione del mondo della vita.” Ferrari ritiene che “il quotidiano sia già sufficientemente ampio per essere fonte di una narrazione estesa come quella di questo romanzo, ma esiste una caratteristica specifica che non consente di creare un genere sulla base della sessualità dell’autore/autrice, però, non casualmente, può rimandare a tante altre scritture consimili.” Una rivelazione importante questo perché la sequela della narrazione porta il lettore uomo a riflettere anche sulla vita propria, sulle proprie relazioni familiari che deve integrare in una vita che si svolge altrove. Ferrari continua entrando nel merito del libro, della storia che lo ha appassionato, dal padre che è il centro del titolo, dei pensieri e anche delle liti per queste protagoniste femminili. Un accostamento a Umberto Saba che, abbandonato dal padre, era vissuto con la madre e con la nutrice; causa o concausa, questo, della sua nevrosi e di una sensibilità fragilissima ma anche disincantata; due elementi che ha ritrovati nel racconto che Saba fa, in parte in poesia e in parte come una nota di diario, dell’incontro con il padre già in età adulta. Quello che si ripresenta è un padre sbandato, che ha mandato una carriera a rotoli, ma forse si umilia e contemporaneamente condanna ogni possibile riconquista di ruoli chiedendo soldi, un aiuto concreto. Senza dare giudizi, si può vedere il quadro così come lo si vede nel racconto di Fosca Andraghetti. Bellissima è la reazione che ha nella sua scrittura: una condanna a una separazione, a una scelta del tutto irriducibile che non si può recuperare in alcun modo.

“Io penso che la lettura di un libro come questo, Un padre in prestito consente proprio di poter riandare a noi e agli altri di cui qualcosa magari sappiamo, perché è proprio come una pista fatta di tante situazioni familiari di questo quotidiano che, da solo, ci permette di ripensare tutto il senso di un nostro esistere senza per forza dover trarre da una lezione pregressa. Mia mamma era una grande lettrice di riviste femminili, quelle però degli anni 60; contenevano un inserto letterario con qualche nome famigliare come Natalia Ginzburg, Brunella Gasperini e altre. Allora trovavo difficilissimo seguire queste trame con questi nomi. Poi ho pensato, negli anni, al fatto che, da questo tipo di letteratura se valida, si prendono delle cose utili alla bisogna per capire una situazione, per ricordarsi una parola, ed altro. Ecco allora che questo universo di letteratura popolare, ma d’alto contenuto, è un grande aiuto dato alla situazione culturale di una paese, di una generazione. La letteratura femminile è questo: non sempre o quasi sempre c’è un grande valore. Noi dobbiamo molto alla letteratura, al valore del racconto femminile, vera storia di familiarità.”

Davide Ferrari conclude così il suo intervento e la parola passa a Giulia Motola che esordisce con un commento sui temi trattati nel libro: temi importanti come la famiglia, le relazioni che ci sono all’interno della stessa, di queste cose che vengono taciute e, proprio per questo, possono poi creare delle fratture che si protraggono nel tempo e difficili da rimarginare. “Riguardo a questi argomenti – dice Giulia Motola – emerge, all’interno del libro, una dimensione familiare vissuta molto anche dagli uomini e mai in una forma secondaria. Infatti, uno dei due fondamenti di questa famiglia, Giorgio, il padre prestato, è una bella figura per la funzione di protettore e di garanzia, fulcro nell’ambito della famiglia… sua moglie Rita è colei che dà rassicurazione ed ha un ruolo di accoglienza."

Prosegue parlando dei personaggi e di come si muovono all’interno del libro. “Una struttura su diversi piani perché, all’interno di questo testo, abbiamo la relazione dal quale parte e i flash back attraverso i quali si ricostruisce la relazione di personaggi principali. Il tutto con un grosso lavoro di equilibri e un gioco di temi non facile per l’autrice.” Sulla caratterizzazione dei personaggi rileva che il loro aspetto fisico non è immediatamente rappresentato completamente, ma si diluisce nel tempo creando così delle aspettative per il lettore che può, in questo modo, fare le sue considerazioni. Altra cosa interessante sono le anticipazioni, piccoli accenni a un qualche cosa che potrebbe accadere creando anche qui una attesa, una curiosità nel lettore spingendolo a proseguire nella lettura. Quindi flash back, anticipazioni, caratterizzazione dei personaggi diluita nello spazio e nel tempo di narrazione. Parla poi della protagonista del libro, Mirka, la bambina che non conosce il suo vero padre e che si muove all’interno del suo nucleo famigliare. Ci sono altri personaggi nel libro, ad esempio nonni di Rita, personaggi che sono dei cammei, con le loro presenze saltuarie. C’è questo nonno che, pur nella sua bruschezza nel definire Delinquente il maturo professore che abbandona Rita, non lascia sola sua figlia e ne accetta la maternità illegittima, fa in modo che sua figlia abbia una famiglia e che non si senta mai sola. “Anche questa volta, c’è un uomo che ha una funzione protettiva, una funzione che ricorda gli alberi. Ricorda l’olmo, l’albero che Giorgio ha poi piantato per Mirka verso la quale ha una specie di predilezione rispetto a Margherita, la figlia carnale. Gesto simbolico quello di piantare un albero. Un olmo. Mirka sa di non avere un padre, e le viene sempre rinfacciato quello in prestito. In una pagina viene definita molto bene questa situazione che inizia: Di sicuro il fatto di non avere un padre l’aveva molto condizionata…”

Sarà Rita, la madre, a spiegarle di questo padre naturale che non è lì, e la rassicura anche dicendole “Tu hai tutti noi”. In realtà questo aspetto dell’esserci della famiglia la porta, forse, ad una sorta di riconciliazione con la figura del padre biologico cioè quello dell’immaginario. Se un padre non c’è, è una ferita che non si richiude, ma Mirka è stata fortunata perché ha avuto sempre questo “padre in prestito”, Giorgio, pur con la sofferenza latente per questo padre naturale che non l’ha mai accettata. Una ulteriore considerazione sul riflettere delle cose, sulle molte situazioni di famiglie non strutturate nella forma tradizionale, le cosiddette famiglie allargate: c’è la speranza che anche in una famiglia allargata ci sia, o si possa creare, una situazione serena con delle relazioni sane.

Giulia Motola chiede all’autrice, che ha dato voce ad una varietà di personaggi, che cosa significa per lei dare voce ai bambini.

“Forse ricordare la mia voce di bambina. – risponde Andraghetti - In Mirka ci sono io bambina, ci sono le mie paure e le mie fragilità, ma anche la mia capacità di farmi compagnia da sola. In Margherita ci sono le mie birichinate, in Alberto c’è la mia voglia di giocare, di rifugiarmi nel gioco e quella di piacere agli adulti per essere accettata. Le voci dei bambini che compaiono in Un padre in prestito, sono quelle dei bambini che ho incontrato e che incontro ancora: le mie nipoti, i figli delle mie amiche… Potrei forse scrivere un libro sui bambini, sui giochi e le favole che inventavo. Magari sarà il prossimo che scriverò!”

Con questa battuta Fosca conclude e prende la parola Giuseppina Rossitto. Poiché ogni lettore è un lettura del libro, oltre alle considerazioni dei relatori che l’hanno preceduta, Rossitto ha rilevato altri aspetti. Innanzi tutto la partenza che è il passaggio dalla scrittura creativa alla scrittura d’autore che, in questo contesto, è ben visibile nella tematica trattata: la famiglia, cioè il racconto di sé che va verso il racconto più largo, anche nel sociale. “Il libro di Fosca non si esaurisce nella famiglia – prosegue Rossitto -, in questo tema principale e centrale del padre in prestito. C’è tutto un contorno, il trasferimento del racconto di sé nel sociale.” Una famiglia nuova, allargata, dove c’è un passaggio generazionale, c’è una gravidanza, quella di Rita, fuori dal matrimonio, che porterà la famiglia a fare delle scelte importantissime. Poi, in un certo senso, la storia si ripete con la separazione di Margherita. C’è di nuovo un bambino che rimarrà solo. Meno sacrifici, tutti intorno a questo bambino. Giorgio e Rita, Mirka stessa costituiscono un punto di riferimento per lui che si ritrova in una famiglia di persone separate. Questi sono i problemi: la famiglia allargata con il divorzio, la separazione, la ricongiunzione… “La contemporaneità così presente in questo libro, la vita di ogni giorno diventa una caratteristica. E’ una capacità ben riuscita il saper trasferire nella narrazione di un contesto sociale molto stretto, quello bolognese, cioè andare nella narrazione e ritrovare le tue strade, la tua collina, i tuoi ristoranti, il tuo fiume, cioè l’ambiente di tutti giorni, un’altra realtà contemporanea. E’ un grosso valore.”

Poi attorno a questa famiglia compare il dramma che si alimenta e si consuma nel tempo, c’è questo strappo fortissimo che coinvolge un po’ tutti.

“Come diceva prima Davide, il rapporto con il padre per una donna è molto importante, ma credo lo sia per chiunque indipendentemente dal sesso perché è il rapporto con le radici, lo è anche con la madre, e quando le radici si perdono, diventa un trauma difficilmente recuperabile.” Un trauma che non è solo in Mirka, ma anche della sorella Margherita con quel continuo rinfacciare alla sorella ti ho prestato mio padre, quel padre che non è tutto suo, ma lo ha dovuto dividere con qualcuno a cui non apparteneva. In questo senso è stato un trauma anche per lei. In un episodio appare chiaramente il dolore di questa donna, apparentemente superficiale, più disinvolta come carattere, ma anche lei con delle mancanze fortissime. Due personaggi con tutte le problematiche presenti nella società di oggi.

“In questo trauma c’è una espressione molto poetica ed è quando Mirka, alla fine del suo percorso, si rifugia sotto l’olmo che Giorgio ha piantato per lei e fa attorno a sé un cerchio di foglie, una fragilità incredibile perché basta un soffio di vento a spostare le foglie, ma racchiude il suo universo. Poi chiama Giorgio. Ecco, è questa è l’immagine poetica che non è l’unica. Ricordiamoci che Fosca è anche poetessa; non è né determinante né prevalente questo aspetto del libro, ma alcuni tratti hanno proprio del poetico.

L’altro tema di grande attualità che Fosca affronta è il lavoro, il rapporto con il lavoro che, qui, ha delle caratteristiche particolari: i nostri personaggi, prevalentemente femminili come Mirka e Margherita, arrivano al lavoro con il percorso della raccomandazione. Come del resto succede anche al marito di Margherita che lavora nella azienda di Giorgio, cioè del suocero. Un ambiente con una protezione eccessiva. Il percorso privilegiato di Mirka però si interrompe con il mobbing, altro tentativo di Fosca di trattare una problematica attuale nel mondo del lavoro. Mirka dovrebbe fare delle scelte adeguate al suo carattere forte, ma ancora una volta trova la protezione del nuovo Presidente che si trasforma in un storia affettiva. Non sono personaggi scontati.”

G. Rossitto rileva inoltre il rapporto dell’autrice con i bambini, del suo ruolo con gli stessi. “Fosca – dice - si è immedesimata in questi bambini, poi ha detto tante cose di sé e dei vari personaggi, il ruolo della nonna, della amica. Ma non ha parlato del ruolo di una madre che non è una dimenticanza, ma una cosa voluta perché significa che si riconosce di più negli altri ruoli che non in quello della madre. Ecco in questo personaggio l’autore non è riuscito, (o non ha ritenuto) di calarsi sino in fondo.” [In effetti è una scelta dell’autrice: Mirka sa che sua madre è presente, come lo sa Margherita. Quindi non è lei che si contendono, ma il padre biologico solo per una di loro n.d.a].

Riguardo alla costruzione del libro, secondo Rossitto le prime centro pagine si somigliano molto e si somigliano molto le seconde cento pagine. Ricorda che l’autrice ha parlato di un vecchio romanzo, scritto dieci anni prima, che ha rielaborato aggiungendo diverse parti nuove. “… si nota molto lo stacco di una narrazione che passa dal 98 ad oggi. Nella seconda parte del libro si muove molto di più, c’è una narrazione più veloce, ci si muove di più nell’ambientazione, ci si muove molto di più anche con i personaggi anche non di rilievo, ma che fanno del racconto un percorso dinamico e denota una maturità dello scrivere.”

[L’autrice ha preso spunto da un suo vecchio romanzo inedito, riscritto completamento e con l’aggiunta di nuovi personaggi come, appunto Margherita e Giorgio, che compaiono già nelle prime pagine. L’autrice ha costruito un percorso logico: da una tranquilla quotidianità, quindi un tempo di narrazione lento, si passa ad un insieme di avvenimenti che scorrono sempre più velocemente quindi anche il tempo di narrazione diventa più incalzante. [n.d.a]

“Il tipo di narrazione mi ha dato l’impressione di una narrazione da sceneggiatura di soap opera, non lo dico in senso negativo, ma mi riferivo anche al cinema, parlavo della realtà trasferita nelle immagini cinematografiche o televisive. C’è l’uso dei particolari, dalla ambientazione molto ferma, perché molte ambientazioni sono al chiuso, dentro la famiglia rappresentata con immagini. Fosca ha parlato dei suo percorso iniziale: il racconto popolare, il racconto sui settimanali, lei stessa ha scritto sui settimanali in epoche precedenti, quindi c’è questo aspetto del racconto popolare con tutte le caratteristiche.”

A conclusione del suo intervento, Rossitto fa un suo commento sulla lunghezza del romanzo che, a suo parere, non deve superare le 150/170 pagine. “Ci deve essere una narrazione più veloce perché ci sono più libri in circolazione che vanno letti. Il narratore non riesce a dire tutto, noi ce ne accorgiamo perché quando lo leggiamo, automaticamente nascono impressioni e punti di vista quindi si creano tanti altri libri quanti sono i lettori, partendo dai diversi spunti.”