domenica 4 ottobre 2009

Risse fra bande giovanili.Il segno di nuove povertà.

Segnali di fumo
Di Davide Ferrari


“Devi morire”, così ha detto, en passant, qualche giorno fa un giovane delle forze dell’ordine, a Bologna, ad un coetaneo Rom, trattenuto per brevi accertamenti, a pochi passi dal Nettuno . Documenti a posto, tutto OK, niente di segnalato. Probabilmente un’aria un po’ sfrontata, più o meno simpatica. Questo il Rom, che, come spesso loro accade alternava un’espressione troppo orgogliosa, per dir così, ad una smorfia di supplica lamentosa. Come quando chiedono l’elemosina. Manca loro la normalità. E come potrebbe esserci? Senza casa, senza lavoro, senza soldi in tasca. Padre in giro, madre in giro, chissà dove, e via per strada.
Ce ne sono molti. La crisi li fa aumentare. Mentre altri lasciano l’Italia, quelli che possono sperare qualcosa, chi ha meno, anzi chi non ha proprio niente, resta ed anzi, spesso, arriva.
E vive a rischio. Li ritroviamo, ragazzi così, nelle risse furibonde di cui ci parlano le cronache cittadine. Scontri fra ballotte etniche, per donne o per insulti. Non sono novità. Mio padre si ricorda ancora di quando bastava poco ad accendere le micce, sul tram numero 6 da S.Ruffillo a Bologna, allora erano due cose diverse.
E molti sanno delle guerre a legnate e “cartoni”, per le Madonna dei borghi, fra S.Pietro ed il Pratello, di cui cantava Quinto Ferrari.
Eravamo poveri. la povertà non ha solo l’odore casto di cui ci parlava un grande poeta. No. Ha anche il tanfo della violenza, dell’intolleranza a tutto, anche a se stessi.
Dietro alle risse di questi tempi non c’è la “noia” dei giovani, ma l’incidere della nuova povertà.
D’altra parte anche i giovani “nostri” non sembrano immuni dal degrado. Non vorrei esagerare ma l’onda inarrestabile delle bottiglie di birra, il ronzare degli spacciatori attorno ad ogni meeting, anche il più informale, i rave che si concludono con botte da orbi, mi pare siano tutti grani dello stesso rosario.
Insomma fra gli etnici ci sono anche gli italiani, o almeno sembra.
La repressione si è organizzata. Ed è solo un bene, ma frasi come quel “devi morire”, e altre, non solo sono in accettabili non mi paiono certo indicative di una risposta efficace.
In Spagna un buon governo incentiva, con un bonus di rientro, i ritorni in patria di chi non ha speranza di cavarsela .
Figuratevi che ne direbbero qui a casa nostra. Invece una cosa così servirebbe anche qui, agli usufruttuari ed a noi.
E poi ci vorrebbe un grande investimento per i centri giovanili,dagli oratori delle parrocchie a quelli pubblici.
Ma non ci sono scorciatoie. Se stiamo diventando sempre più come eravamo quando si stava peggio, molto peggio, bisogna rimettere in moto sviluppo e giustizia sociale.
Città dove, appena nati, molti capiscono che sono in un ghetto dal quale non usciranno più, società dove, sotto i trent’anni, ad essere ottimisti, si lavora il doppio, per la metà dei soldi e senza diritti, è difficile non si ritrovino a contare le teste rotte ogni Domenica.
Sì, dietro le tante risse , a guardar bene, a tirare il filo del ragionamento, viene fuori tutto questo. Meglio non schivare il problema se non vorremo dover imparare a schivare le bottigliate.