sabato 20 gennaio 2007

La proposta delle associazioni del Tavolo dell'Ulivo.

Nota stampa.

Bologna, 20 gennaio

Le ASSOCIAZIONI del Tavolo dell'ULIVO di Bologna
presentano la loro lettera aperta ai partiti ed alla città:
"CONGRESSI DAVVERO APERTI AI CITTADINI"
"FARE PRATICA DI UN GRANDE PARTITO DEMOCRATICO GIA' NEI CONGRESSI"

Le associazioni uliviste di Bologna chiedono ai partiti coinvolti nel processo di formazione delPartito democratico congressi "aperti".
Presentata questa mattina, in una conferenza stampa a Palazzo D'Accursio, dagli esponenti della decina di realta' del Tavolo dell'Ulivo per il partito democratico, una lettera rivolta ai vertici di Ds, Margherita e Repubblicani europei e ai cittadini.
"Congressi aperti non vuol dire che non si rispetta la democrazia interna- spiega il consigliere comunale Davide Ferrari, (di "Nell’Ulivo.Da Sinistra")- ma che oltre alle posizioni interne c'e' anche il resto della citta', ci sono centinaia e centinaia di persone pronte se le si chiama".
"Non siano una sede chiusa di conta interna", scandisce Luigi Mariucci,
La nascita del Pd, si legge nel testo, "non puo' essere bloccata dalle mille diatribe interne, ma deve ritrovare un profondo respiro ideale e una fortecapacita' di mobilitazione dei cittadini".
E i temi di discussione "non vanno utilizzati strumentalmente come clave per percuotere le ragioni culturali altrui e rimanere fermi".
Una strigliata insomma della "base" ulivista che chiede di essere coinvolta nella stagione dei congressi che si sta aprendo.
Esempio: al Reno hanno praticamente gia' costituito una sezione del Pd e ieri sera un'assemblea nella sede del quartiere con i segretari provinciali Andrea De Maria, Marco Monari e Sergio Ginocchietti ha registrato il tutto esaurito: 200 persone."Abbiamo inviato il nostro documento anche al presidente del Consiglio, che ci ha risposto con una bella lettera", racconta Meris Melotti.
E Bonaga (sezione "zero" del Pd): "Non e' vero che a Bologna non ci si e' mossi. Non nascera' a Bologna il corpo del Pd, ma almeno un pezzettino di anima si'".
Il nuovo soggetto politico, spiegano gli ulivisti alla conferenza stampa convocata questa mattina a Palazzo D'Accursio, e' il primo passo da fare. Tutte le difficolta' possono essere usate o come strumenti per far impantanare il processo oppure possono essere superate discutendone, per questo serve un Partito democratico", sintetizza Mariucci.
Per cominciare, i cittadini pro-ulivo, interni od esterni ai partiti, vogliono avere voce in capitolo nei congressi di Ds, Margherita e Repubblicani.
"La costruzione del Partito democratico deve attraversare i loro prossimi congressi, non solo come proposta politica, ma come stile e metodo di lavoro e discussione comune", si legge ancora nella missiva.
Alla domanda se si prevedono fuoriuscite dal partito dei DS questa la risposta di Davide Ferrari:
"Se la partecipazione al congresso sarà vasta non ci saranno diaspore. Nessun politico vuole restare dove non vede un ambito, un futuro per le proprie posizioni. Fare congressi aperti servirà anche alle minoranze. Costruirà sedi ampie dove è importante per tutti restare".
Fra gli intervenuti anche Rossella Lama, dell' "appello dei lavoratori per il PD", Giorgio Festi, già sovrintendente del Teatro Comunale, Serse Soverini dell'Associazione nazionale per il Partito Democratico, ed il poeta Gregorio Scalise.

giovedì 18 gennaio 2007

Nota stampa
Bologna, 18 gennaio 2007


Intervista di Ingrao su "la Stampa".
Bene il NO di Gianguido Naldi. Ma ora ci vuole un chiarimento definitivo.


"Ho letto con piacere la dichiarazione di Gianguido Naldi, consigliere comunale di Bologna, su quanto affermato dall'On. Ingrao oggi su La Stampa.
Da mesi sto ripetendo, e con me molti amici e compagni, che i DS devono e possono arrivare tutti, sia pure con pareri diversi, all'appuntamento con la nascita del nuovo partito democratico.
In ogni caso servirà nella casa più importante dello schieramento progressista una forte e propositiva sinistra.
E' su questo che, la scorsa estate, ho "rotto" con le posizioni di Mussi e Salvi.
Fa bene oggi Naldi a replicare a Ingrao che chiede proprio il contrario ("Si separino i sinistri dai moderati" dice l'anziano leader").
Ma posizioni personali ormai, alla vigilia del Congresso dei DS, devono avere una sanzione da parte delle aree, sono Mussi e Salvie stando alle ultime dichiarazioni anche Angius e Zani, che devono dare un chiarimento definitivo.
Sarà possibile convivere domani? E' una necessità ed
è' il mio obiettivo.
Se si pensa di sì bisogna dirlo a chiare lettere, oggi.
Vorrebbe dire non demonizzare più la prospettiva del Partito Democratico. Un passo in avanti. Altrimenti valgono le parole dette dai compagni Mussi e Salvi fino a ieri. E cioè che non si vuole e non si vorrà convivere".


Davide Ferrari
della Segreteria regionale DS Emilia-Romagna

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www.davideferrari.org

martedì 16 gennaio 2007

Moschea a Bologna.No all'odio.

Lunedì 15 01 2007

MOSCHEA A BOLOGNA: UN FERMO NO AL REFERENDUM , A CAMPAGNE DI ODIO E DIVISIONE.
"Parlano di reciprocità per fare dell'Italia un reciproco dell'Arabia Saudita"


Nella seduta odierna il consigliere, responsabile cultura della segreteria regionale dei DS, è intervenuto sulla POLEMICA SULLA MOSCHEA A BOLOGNA.
Un intervento per dire un fermo NO alla grave ipotesi di un Referendum sulla Moschea.
Ferrari ha rivolto un monito al centrodestra a non aizzare momenti di tensione e di odio nella comunità bolognese ed ha difeso come scelta ed esigenza di governo quella annunciata dall’Ass. Merola nei giorni scorsi.
"Per un supposto diritto di reciprocità si fa di noi i reciproci di Riad" contro ogni principio della civiltà occidentale- ha affermato Ferrari..
Inviamo, in calce, il testo dell’intervento del Consigliere.
Per l’Ufficio stampa
M.B.

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Testo stenografico

Consigliere FERRARI:
Grazie, signor Presidente. Voglio essere chiaro e mi rivolgo ai colleghi del Centrodestra, a quelli presenti qui in questo Consiglio, ma anche alle loro direzioni politiche: attenzione, qualunque cosa uno pensi della vicenda della nuova localizzazione di una sede di culto per i cittadini islamici, non si giochi non si giochi la carta molto grave di un referendum, non la si giochi per debolezza, per ingordigia di facile consenso, magari per ipocrisia e strumentalità anche rispetto a quello che si è fatto quando si governava.
Un "Referendum" porrebbe, comunque lo si volesse presentare sotto il giudizio di alcuni, diritti che invece sono universali, che sono la base della società occidentale.
Se si scambia quella che può essere una giusta rivendicazione, e cioè che i nostri Governi, di qualunque segno, seguano con attenzione le sorti dei credenti, compresi i credenti cristiani di ogni denominazione e i credenti cattolici per primi, nella loro libertà di culto laddove soprattutto è messa in dubbio e negata in alcuni Paesi, non in tutti, a maggioranza islamica, se si scambia questo per un supposto diritto di reciprocità si fa di noi i reciproci di Riad.
Si riducono l’Italia e Roma al rango di una monarchia incostituzionale e tirannica, come quella saudita, che non a caso insieme a tanti altri diritti certo non concede quello alla libertà religiosa.
Se si fa questo si va a ledere un punto delicatissimo che in una società come la nostra, ormai multiculturale ma non pronta ad esserlo, vuole dire, ripeto, scambiare qualche facile applauso oggi con una situazione ingovernabile e ingestibile domani.
Fare così vuol dire mettere delle uova avvelenate nel nutrimento educativo della nostra gioventù, vuole dire dividere la città condominio per condominio, quartiere per quartiere e già vediamo gli esiti di queste operazioni divisorie.
Io vorrei, colleghi, che ognuno di noi pensasse che quanto è avvenuto recentemente in più di una città d’Italia, ha contorni ancora oscuri ma pure è avvenuto dopo un anno di campagna martellante, con dozzine di trasmissioni televisive sulla impossibilità di qualsiasi convivenza con l’Islam.
E’ vero o no? Vogliamo portare anche a Bologna questi livelli di conflittualità? Vogliamo aizzarli quando è così evidente che dopo l’apertura di un luogo di culto già avvenuto con la Giunta precedente - e bene si fece - si tratta unicamente di trovare una sede più adeguata, di rispondere nel modo migliore possibile, colleghi, ad una esigenza di governo.
Se davvero è una soluzione concreta che non si condivide, se questo è il punto si facciano proposte diverse, non si sollevi il referendum, contro una richiesta che è ineludibile.
Infine voglio dire qualcosa sul controllo delle risorse finanziarie che favoriscono queste nuove edificazioni di luoghi di culto.
E’ giusto, addirittura una voce autorevole del Governo italiano, come il Ministro Amato, lo ha detto qualche settimana fa, è giusto che il Governo, che la mano pubblica sappia anche per quali vie giungono i finanziamenti, soprattutto per nuovi insediamenti delle confessioni religiose.
Ma attenzione, è vero per tutte le religioni, e questo richiede l’accelerazione di istanze partecipative, la firma di Intese tra lo Stato e ogni confessione religiosa, a cominciare da quelle che da tempo lo attendono, come i Testimoni di Geova e le organizzazioni islamiche.
Io faccio parte di una minoranza religiosa, Presidente.
La nostra sede di culto esiste da più di 120 anni ma non credo che una sola pietra sarebbe stato possibile edificarla senza i finanziamenti dei fratelli inglesi e americani; credo che questo debba essere ancora oggi un vanto per quelle comunità e non ricordo una sola chiesa storica di tradizione protestante in Italia che non abbia una medesima condizione.
È stato un arricchimento o un impoverimento per la società italiana, questo finanziamento? È stato un grande arricchimento. Certo i fondi arrivavano per quello scopo e non per altro, ma appunto se si tratta di discutere e di controllare siamo tutti d’accordo, questo facciamo, non chiediamo, ripeto, con faciloneria e ipocrisia un assenso ad operazioni di diverso tipo, di divisione e di incitamento all’odio e allo scontro tra civiltà, perché in questa civiltà oggi dobbiamo tutti assieme vivere.

Ricordo del poeta e critico d'arte Alessandro Parronchi

Intervento in Consiglio comunale, Lunedì 8 gennaio 2007

Consigliere FERRARI:
Grazie, signor
Presidente. Ho ritenuto importante
ricordare qui Alessandro Parronchi d'intesa con
un gruppo di amici e
letterati bolognesi, perchè alle volte la veneranda
età - è morto Alessandro
Parronchi a 92 anni il 6 di gennaio - non aiuta a
ricordare tutti i contributi di una vita.
Ci si abitua ad avere sempre un punto di
riferimento e oggi Parronchi manca
certamente alla sua Firenze che proprio in
questi momenti, con la presenza commossa
dell'Amministrazione comunale, del
Sindaco e del Presidente della Regione lo sta
ricordando, ma anche all'intera Italia, e anche ad una
città come Bologna, amata, vicina e a lui amica.
Un ricordo breve, ma non per
questo meno intenso, questo vorrebbe essere il
mio, perchè con Carlo
Betocchi, con Piero Bigongiari, con Mario Luzzi
ma anche per altri versi
per l' attività critica con Carlo Bo,
Alessandro Parronchi è stato il
protagonista di quel periodo in cui il tentativo che
poi fu detto da Flora dell'ermetismo era
innanzitutto rivolto utilizzare la specificità della parola
poetica contro la parola
retorica dei regimi totalitari, che Parronchi fu
tra i più avvertiti della
sua generazione a rifiutare e a condannare. Non quindi,
come qualcuno ha scritto in questi giorni la volontà
di ritirarsi in una torre
senza contatti altri che non con la intima forza
della poesia.
La sua attività quindi è di
quelle epoche ma è proseguita dal dopoguerra
fino ad oggi con una produzione inesausta e
sempre ricca, fino a raccolte di versi che hanno
superato la soglia del nuovo millennio.
I premi ricevuti da Parronchi furono numerosissimi,
sia per l'attività di ricercatore e di studioso
in particolare di storia dell'arte, come
dirò tra breve, ma anche e soprattutto come
autore e come poeta, fino al recente premio
Dino Campana per l'opera complessiva di una
vita, preceduto l'anno prima dal Librex Eugenio
Montale. Sì, Parronchi fuanche un uomo legato
alla dimensione classica ed inarrivabile, quasi etica
in questa sua specificità, della parola ma anche
dell'immagine. I suoi studi
su Donatello e su Michelangelo sono molto
ricordati ma più di tutti io
penso resterà il famoso studio sulla cosiddetta
"dolce prospettiva" doveper la prima volta si
cercava di indagare l'arte anche con la forza
specifica del gusto estetico della poesia, senza
quindi rinnegarla, senza volerla sostituire
ad un'attività scientifica, ma facendone uno strumento
di comprensione e di insegnamento.
In questo Parronchi fu consapevolmente, pur
essendo così lontano da quelle
avanguardie che hanno segnato il '900, un
protagonista anche del tentativo
di miscelare, di contaminare le arti e
la letteratura. Per questo
il suo interesse anche da vegliardo fu
ricchissimo e costante per tutti i
tentativi di nuova utilità della parola. Da qui
la sua amicizia con Edoardo Sanguineti e con
tanti altri poeti protagonisti
dagli anni '60 in poi proprio di quella ricerca
che ha teso ad allargare la forza della parola.
Era un uomo molto amato e molto stimato, che ha
saputo andare oltre unagenerazione per viverne tante.
E' importante io penso anche da questo punto di
vista, che il ricordo del suo esempio vada ricordato.

lunedì 8 gennaio 2007

Ricordo di Alessandro Parronchi (Stenografico)

$$Consigliere FERRARI$$%%Grazie, signor Presidente. Ho ritenuto importante ricordare qui Alessandro Parronchi d’intesa con un gruppo di amici e letterati bolognesi, ricordo Niva Lorenzini, Eugenio Mastrorocco, Gregorio Scalise ed altri, perché alle volte la veneranda età - è morto Alessandro Parronchi a 92 anni il 6 di gennaio - non aiuta a ricordare tutti i contributi di una vita, ci si abitua ad avere sempre un punto di riferimento e quando manca certamente alla sua Firenze che proprio in questi momenti, con la presenza commossa dell’Amministrazione comunale, del Sindaco e del Presidente della Regione lo sta ricordando, ma anche all’intera Italia; belle le parole del presidente Napolitano e anche ad una città amata, vicina e amica come Bologna. Un ricordo breve ma non per questo meno intenso, questo vorrebbe essere il mio, perché con Carlo Betocchi, con Piero Bigongiari, con Mario Luzzi ma anche per altri versi per l’attività critica con Carlo Bo, Alessandro Parronchi è stato il protagonista soprattutto come poeta di quel periodo in cui il tentativo che poi fu detto da flora dell’ermetismo era innanzitutto non tanto come qualcuno ha scritto in questi giorni la volontà di ritirarsi in una torre senza contatti altri che non con la intima forza della poesia, ma viceversa per utilizzare la specificità della parola poetica contro la parola retorica dei regimi totalitari, che Parronchi fu tra i più avvertiti della sua generazione a rifiutare e a condannare. La sua attività quindi è di quelle epoche ma è proseguita dal dopoguerra fino ad oggi con una produzione inesausta e sempre ricca, fino a raccolte di versi che hanno superato la soglia del nuovo millennio. I premi furono numerosissimi, sia per l’attività di ricercatore e di studioso anche di storia dell’arte, come dirò tra breve, ma anche e soprattutto come autore e come poeta, fino a raggiungere al recente premio Dino Campana per l’opera complessiva di una vita, preceduto l’anno prima dal Librex Eugenio Montale. Sì, Parronchi fu anche un uomo legato alla dimensione classica ed inarrivabile, quasi etica in questa sua specificità della parola ma anche dell’immagine. I suoi studi su Donatello e su Michelangelo sono molto ricordati ma più di tutti io penso resterà il famoso studio sulla cosiddetta “dolce prospettiva” dove per la prima volta si cercava di indagare l’arte anche con la forza specifica del gusto estetico della poesia, senza quindi rinnegarla, senza metterla a fianco di un’attività scientifica, ma facendone uno strumento. In questo Parronchi fu consapevolmente, pur essendo così lontano da quelle avanguardie che hanno segnato il ‘900, un protagonista anche del tentativo di miscelamento, di contaminazione tra le arti e la letteratura. Per questo il suo interesse anche da vegliardo fu ricchissimo e costante per tutti i tentativi di nuova utilità della parola. Da qui la sua amicizia con Edoardo Sanguinetti e con tanti altri poeti protagonisti dagli anni ’60 in poi proprio di quella ricerca che ha teso ad allargare la forza della parola. Era un uomo molto amato e molto stimato, che ha saputo andare oltre una generazione per viverne tante. È importante io penso da questo punto di vista, che il ricordo di un esempio vada citato.%%

giovedì 4 gennaio 2007

Sull'incontro Cofferati - OO.SS su Sala Borsa.

"Considero molto positivo lo svolgimento e l'esito dell'incontro fra il Sindaco di Bologna ed i Sindacati su sala Borsa" - ha dichiarato Davide Ferrari, responsabile Cultura della Segreteria regionale dei DS
"La Giunta attuale non ha responsabilità sulla crisi Bellentani ed invece presenterà in tempi brevi un progetto credibile e concreto per unire ad uno sviluppo delle funzioni culturali pubbliche, legate al grande polo bibliotecario, una presenza di attività che arricchisca il carattere multiservizio della struttura.
I lavoratori di Sala Borsa sono una risorsa importante, la loro professionalità anche se acquisita in una esperienza lavorativa in una impresa privata sono un patrimonio della vita culturale della città.
Occorre dunque trovare una strada per la loro salvaguardia.
viceversa, com'è evidente, scambiare ruoli e responsabilità , come in parecchi si sono esercitati a fare nelle scorse giornate, ed anche oggi, non porta da nessuna parte."

Bologna, 4 gennaio 2007

mercoledì 3 gennaio 2007

Sala Borsa. Serve una prospettiva concreta.

Comune di Bologna
Il consigliere Davide Ferrari

Nota sull'assemblea aperta promossa dai lavoratori di Sala Borsa.

Ho partecipato come molti cittadini all'assemblea di oggi in solidarietà con i lavoratori della Sala Borsa.
Qualunque soluzione dovrà tenere conto di queste persone, della loro esperienza e professionalità.
L'incontro fra le OO:SS ed il Comune sarà il momento da cui partire per trovare una soluzione concreta e positiva.
Non condivido invece la sottovalutazione circa le responsabilità della Giunta precedente che ho ascoltato nelle parole di alcuni intervenuti.
anzi la considero incomprensibile.
Proprio una privatizzazione sbagliata di spazi culturali, senza un progetto economico adeguato ci portato alla crisi di oggi.
Le argomentazioni di Monaco, poi, che cita "a scapocchia" un corsivo di un amico scrittore, sono davvero curiose: sembrano quelle di Berlusconi sui bolognesi che rifiutavano di andare all'Iper di Casalecchio per militanza.
L'idea, davvero ridicola, è quella di vedere la città come una caserma comunista, irregimentata e pecorona.
E questi signori dicono di amare Bologna.
La verità è che hanno governato male, sono stati degli incapaci, hanno pensato che la biblioteca non avesse utenti ed invece non ha retto la loro
programmazione commerciale.

Tutto ciò è alle nostre spalle, è vero, ma se non si capisce perchè siamo arrivati alla crisi non si sarà capaci di trovare una nuova prospettiva.

Avanzo alcune idee:
a) serve più spazio alla biblioteca, sia per ragazzi e cittadini che, soprattutto, per studenti.
Le tecnologie si sono evolute in questi diecio anni e si evolvono continuamente ma l'idea di fare della Piazza coperta un'agorà telematica di studio, di accesso ad archivi della cultura in produzione resta validissima e deve essere ripresa.
Un archivio della produzione letteraria, riproposto oggi da Tassinari, è una buona idea e potrebbe essere inserito in questo progetto più ampio.
Sic stantibus rebus sono invece contrario a creare una nuova Istituzione a partecipazione pubblica per la gestione di Sala Borsa. La rete delle Istituzioni cittadini, molto ricca di idee, ha già enormi debolezze finanziarie ed il sistema non reggerebbe una nuova entrata di trali proporzioni.
A meno che l'Università e la Regione non decidessero un investimento strutturale ingente.
Il Comune di Bologna non può assumersi credibilmente un onere simile.

b)Gli spazi commerciali dovranno vedere una gestione molto più snella ed efficente.
Serve una patnership privata, scelta nel mondo librario, con alle spalle una forza propria ed una esperienza gestionale sufficiente.
Non sarà facile avere un partner di queste caratteristiche. Sono stati persi molti anni nel quale è anche cambiato il mercato dell'offerta dei libri a Bologna.
Ma si può tentare.

Sono queste idee personalissime. Se qualcuno ne ha di migliori le può avanzare ma ricordando sempre che non andranno creati altri fallimenti e altri lavoratori incerti del proprio futuro

Bologna 3 Dicembre 2007
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www.davideferrari.org

Esecuzione di Saddam. La nostra condanna

“Nell’Ulivo. Da Sinistra”
Una iniziativa per l'unità


Rifiutiamo la pena di morte, chiediamo all’Italia di tradurre in una iniziativa ONU di moratoria la condanna che una larghissima parte delle forze politiche del nostro paese ha ribadito in queste ore.
Una valutazione politica rafforza le nostre forti convinzioni ideali.
L’impiccagione di Saddam Hussein non è, come si è affermato a Washington, un atto costruttivo da parte di un nuovo e solido potere che si fa forte della propria autorevolezza, un gesto-sia pure crudele- di autonomia di un nuovo potere democratico che vuole legittimarsi.
Già le infinite irregolarità del processo, svoltosi fra soppressioni di difensori ed avvicendamento politico di giudici, avevano molto indebolito il dato positivo del processo ad una dittatura, oggi la sua conclusione drastica e velocissima, impedisce possano svolgersi altri procedimenti di grande significato analitico sulla storia dell’Iraq e dei suoi rapporti con le grandi potenze mondiali.
L’esecuzione non ha dimostrato che il diritto subentra alla violenza ed al sopruso ma che, al contrario, un potere debole e basato su una rappresentanza che resta divisa, per religioni, etnie e perfino per bande, compie un atto che rischia di fare eguagliare agli occhi di grande parte del mondo tirannia e democrazia e non favorisce alcuna maggiore certezza e sicurezza al martoriato paese iracheno.
Debbono fare riflettere anche le modalità dell’atto, la loro tragica inadeguatezza persino formale, il luogo del macabro evento, la data incurante della sensibilità religiosa, gli insulti personali al condannato e le esclamazioni al leader sciita Moqtada Al Sadr.
Così appare sconcertante l’incapacità- dimostrata proprio da parte di un governo sostenuto così fortemente dalle maggiori potenze occidentali- di cogliere responsabilmente i nuovi pericoli della situazione medio orientale che vede, da un lato, la questione iraniana, il nucleare e le minacce ad Israele del premier Amadinejad, e dall’altro la crisi libanese e la difficilissima situazione del popolo palestinese alle soglie di un conflitto fra le sue maggior forze politiche e sociali.
Una situazione drammatica dove l’occidente dovrebbe fare tutto tranne che rafforzare gli interlocutori dell’attuale leadership dell’Iran e promuovere tensioni.
Tutto induce a condannare gli esecutori ed a coprire le enormi responsabilità del condannato.
Un uomo finito torna tragico protagonista della storia, gli attori di una rinascita divengono anche oggi, ancora una volta, dopo anni dalla fine ufficiale della guerra e dopo elezioni, figure minuscole di vendetta e divisione.
Grandissime e molto gravi sono le responsabilità della politica del Governo del Presidente Bush, l’avvelenamento e la divisione portata dalla guerra preventiva e dal disprezzo delle istanze sovranazionali non cessano di dare nuovi frutti.
La strada della vera nascita di nuove istituzioni dell’Iraq, il più possibile unitarie ed egualitarie nei diritti da garantire a tutti i cittadini, con la presenza di garanzia delle Nazioni Unite e non più l’occupazione militare, è oggi lontana ma sempre più appare l’unica capace di chiudere la guerra e avviare la ricostruzione e contribuire alla ricerca della pace e della stabilità di una così grande e centrale parte del mondo.

Bologna, 1 gennaio 2007

Leggi i documenti e le iniziative di "Nell'Ulivo. Da Sinistra" nel sito:
www.impegnonuovo.eu

mercoledì 20 dicembre 2006

Comune. Margherita ritira emendamento coppie sposate.

Consiglio comunale di Bologna
Il consigliere
Davide Ferrari

NOTA STAMPA
Bologna, 20 dicembre 2006

Davide Ferrari, della Segreteria reg. DS, dopo l'approvazione in serata del nuovo regolamento ERP in Consiglio comunale, ha dichiarato,:
" Ho molto apprezzato il ritiro dell'emendamento, sulle coppie unite in matrimonio, da parte del gruppo consiliare della Margherita e le motivazioni serie con il quale lo ha motivato il consigliere Natali.
E' un atto giusto che non interpreto, da laico, come rinuncia alle proprie convinzioni ma come la volontà di trovare le scelte di governo condivise e maggioritarie che possano corrispondervi. E' un atto unitario che incoraggia quanti, e sono la stragrande maggioranza, nei due partiti e nella società civile, soprattutto a Bologna, vogliono un Ulivo forte ed unito. Un obiettivo che vale più di ogni altra cosa."

Auguri

S. Natale 2006
Anno nuovo, 2007





La serenità, in una nazione che deve ritrovarsi,
è l'augurio di queste festività,





perchè sia possibile è necessaria






la laicità,

garanzia di rispetto e convivenza.






Davide Ferrari






www.davideferrari.org

martedì 19 dicembre 2006

La Bologna che vogliamo
di Davide Ferrari


"Presepio di Wolfango: basta coi braghettoni"

I giornalisti, sempre presenti a Palazzo d'Accursio, mi hanno chiesto cosa pensassi del Presepio del pittore e scultore Wolfango Peretti Poggi.
Quello, ormai famosissimo, con la drammatica immaginetta di Moana Pozzi inseguita dalla morte. Ritenevo già superata la polemica sulla statuina di Wolfango, e non ho risposto con immediatezza e soddisfazione. Quasi con riluttanza, invece. Tuttavia, quando ho visto, il Lunedì 18 di questo mese di dicembre, che, addirittura in Consiglio comunale, la destra ha inscenato una manifestazione di protesta contro quella immagine, ho avuto voglia di rincarare.
Gli atei devoti non imparano mai. Ogni volta la storia si ripete, fino alla farsa strapaesana.
A questo punto occorre dire basta. E' evidente a tutti che gli scandalizzati poco hanno a che vedere con un sentimento religioso, che rispetto anche perchè è anche il mio, ma moltissimo con una sfacciata ricerca di visibilità di esponenti politici.
A costoro ho detto che, a Bologna, i "braghettoni", (le copertura del nudi artistici), non piacciono a nessuno. L' affluenza di pubblico alla mostra del Presepio lo conferma. Facendo gazzarre come quella vista in Consiglio danneggiano anche i loro stessi partiti. Fra dieci anni chi ci sarà sorriderà delle loro piccolissime diatribe.
Non so se quel Presepio è un'opera immortale ( e cosa lo è?) ma certo merita di essere visto per scoprire i volti e le caricature, quasi sempre delicate ed amabili, di tanti personaggi della nostra città e della nostra vita.
Se invece qualcuno volesse fare una bella battaglia contro la pornografia che ci assedia, contro un consumismo sfrenato che riduce, da decenni e sempre di più, il corpo dei giovani a merce, eccomi qua, io sono pronto.
Nel farla ci troveremo presto di fronte gli studi TV di Cologno Monzese . Non saranno gli unici "nemici", ma certo far passare l'impero della mercificazione, la roccaforte dei torsi alla brillantina dei protégés di Lele Mora e dei didietro allo smeriglio delle ochette dei Mammuccari, e soprattutto il partito del piccolo re del cattivo gusto televisivo come gli alfieri del senso offeso del pudore è veramente ridicolo.
Un mio amico sociologo mi ammonisce. "Attenzione"- mi dice, "i berlusconidi assomigliano molto agli italiani, che vogliono trasgredire e poi inginocchiarsi. Non li sottovalutare", insiste.
Forse ha ragione. Ma, almeno noi bolognesi, facciamo così: trasgrediamo (senza esagerare), inginocchiamoci e poi, a chi vuol farci la morale, con i gemelli dorati ai polsi e il cerone sul viso, facciamo una bella pernacchia.

www.davideferrari.org
davideferrari@yahoo.com

ERP. Il nuovo regolamento. La polemica sulle coppie di fatto.

Consigliere FERRARI:
Io ho chiesto di intervenire, Presidente, avendo ascoltato con molta attenzione gli interventi che mi hanno preceduto, intervento che durerà pochi minuti, per sollevare un punto al dibattito che consegno ai colleghi che abbiano l’intenzione e la cortesia di ascoltarmi.
Quando si parla di edilizia a sostegno di condizioni di vita fondamentali, come appunto l’ERP, io credo che innanzitutto non andrebbe mai dimenticato che noi parliamo di qualcosa che non è sufficiente.
Qualcuno forse pensava alla fine degli anni Ottanta che le modifiche negli assetti proprietari delle famiglie, l’espansione degli alloggi in proprietà, fenomeno così tipico del nostro Paese, non so quanto positivo, che nasce da particolarissime situazioni del nostro stato sociale, molto legato ai percorsi individuali o familiari, meno a provvidenze più organizzate e più strutturali. Ci ricordava qualcuno nel dibattito sulla Finanziaria la grande differenza su un welfare italiano che vede appunto tanti alloggi in proprietà e poi una condizione spaventosa di chi non può arrivarvi, rispetto al caso tedesco che vede invece collegato a tutta la tematica dei fondi pensione e della cogestione un enorme numero di alloggi a residenzialità protetta, incrementata, legata alle condizioni di lavoro.
Bene, si poteva pensare che questa emergenza non sarebbe più stata tale, invece abbiamo visto che è andata crescendo. Noi abbiamo fatto come Commissione una serie di audizioni dove, anche con pareri diversi, è emerso questo dato anche rispetto a una città come Bologna.
Innanzitutto senza dubbio per le condizioni anche particolari della nostra città, con le presenze di nuovi cittadini ma anche degli studenti, la superfetazione dei prezzi degli alloggi in affitto… tutto quello che sappiamo, l’enorme bolla speculativa che ha fatto gonfiare grandemente il valore degli alloggi in compravendita, tutto giusto.
Ma io penso, colleghi, e vengo al punto che stiamo dibattendo oggi, in questa condizione di penuria perché di questo si tratta. Noi dobbiamo regolamentare, e lo facciamo, al meglio le nostre risorse, anche con meccanismi nati dall’esperienza, che l’Assessore ha illustrato con intelligenza come sempre, e con sapienza di governo; ma noi siamo portati a queste modifiche, a questi snellimenti procedurali, a questa regolamentazione più limpida perché, ripeto ancora, siamo in regime di carenza.
E lo siamo – questo è il punto – perché sono cambiate le famiglie: la struttura che vede la sicurezza collegabile unicamente alla proprietà, la struttura familiare, non è più quella di 15 - 20 anni fa.
E non c’è nulla da fare. Questo non tanto per le diversità di orientamento sessuale ma per le diversità dei ritmi dei cicli di vita, le diversità rispetto alla stabilizzazione dei matrimoni. Guardate, io pochi minuti fa leggevo questa statistica del Sole-24 Ore, che tra l’altro vede Bologna distinguersi positivamente, e un dato mi ha impressionato: può sembrare una banalità, non sembri un colpo basso, lo dico ai colleghi della Margherita, ma la provincia di Lodi è quella che ha – la vogliamo dire così? – la peggiore risultanza statistica rispetto al numero della popolazione. La provincia di Lodi, quella che ha la massima espansione nel nostro Paese di istituzioni culturali, sociali, ricreative e caritative ecclesiali. Fino a una pervasività. E’ una realtà che conosco molto bene perché vi ho lavorato: è una realtà dove davvero, ma positivamente, si vive in questo clima dove l’idealità, un riconoscimento comunitario così forte… Ebbene troviamo questo dato. Ecco allora che forse siamo in presenza di fenomeni certo non positivi, che non dobbiamo celebrare come fossero indici di per sé di libertà, perché una famiglia che rovina, una coppia che si divide, un’articolazione diversa nelle strutture familiari non è detto che sia un bene, anzi spesso è un male, però si tratta di fenomeni che sono tali e tali a noi di fronte, e che quindi implicano da un lato una politica molto articolata di espansione del mercato dell’affitto e dall’altro che cresca la quota di disponibilità di alloggi pubblici. Ma si dirà “non è questo il tema, noi stiamo parlando del regolamento di ciò che abbiamo”. Ma colleghi, io ho sentito tante voci critiche sugli strumenti finanziari governativi e su questo punto non ho sentito una grande animazione; forse è stato un errore, lo dico anche autocriticamente. Penso invece che a salvaguardia del mercato, a salvaguardia dell’articolazione come essa è della vita sociale e familiare odierna, anche in una città bella e ricca come Bologna, debba crescere il numero delle disponibilità - accanto a quello sotto altri strumenti, per carità - di alloggi di Residenza Pubblica.
Ecco, allora vedete, giungo al punto, scusate la premessa che è quasi tutto l’intervento ma credo che non fosse peregrina: dico a tutti noi, a me per primo, non voglio fare il “Grillo parlante”, per carità, attenzione, perché se il punto è questo - e francamente, colleghi, credo difficile essere smentito - cioè che il punto quando si parla di ERP è che aumentato il fabbisogno e non siamo in grado di rispondere alle domande, attenzione perché se mandiamo segnali, qualunque essi siano, che invece ci sarebbe la possibilità ma qualcuno la nega perché pensa anche ad altri, è la fine, colleghi.
E’ la fine di una possibilità di dare trasparenza e visibilità di governo a una politica sull’Edilizia Residenziale Pubblica. Questo mi interessa assai di più di una discussione molto difficile sul matrimonio costituzionale, sui nuovi generi di famiglie… cose importantissime e appassionanti, in cui io certamente sono per i diritti degli individui, ci mancherebbe altro, ma credo che il punto sia un altro. E cioè una responsabilità di governo impone – impone! - che venga evitato ad ogni costo l’agitarsi confuso di una nuova leggenda metropolitana: “ci sarebbero ma non ce li vogliono dare, li hanno altri prima di noi”. Non è così, colleghi. Non è così.
Credo che questo punto sia molto rilevante rispetto alla questione degli immigrati, dove si connota immediatamente di tensioni sociali che ben possiamo comprendere, ma, attenzione, anche rispetto alla dialettica fra generazioni e alla diversità delle forme di vita familiari.
Ecco, questo è un punto su cui occorre rispondere.
Penso inoltre che sarebbe molto interessante - e mi riservo magari in altra sede di approfondire - vedere, perché pochi lo sanno, cosa già fa un Comune come Bologna a sostegno del matrimonio.
Può darsi che non siamo abituati a scriverlo sui manifesti, può essere, ma guardate che se noi facessimo un elenco di tutti gli interventi sociali costruiti proprio col criterio dell’universalità del diritto e non della specificità, e proprio per questo mantenuti nonostante tutte le crisi finanziarie ancora forti a Bologna, avremmo di Bologna un’immagine che è fra le più rispondenti a quel dettato costituzionale di sostegno al matrimonio e alla vita familiare serena, fondamento della nostra Repubblica. Credo che questo sarebbe interessante andare a vederlo. Penso quindi che anche su questo terreno intanto per dirlo ai cittadini ma un domani anche laddove si rilevino davvero criticità, cioè a fronte non di penuria ma di possibilità reali di un investimento maggiore, sarebbe interessante assieme – è una proposta che faccio - andare appunto ad una verifica e magari intervenire ancora più nettamente a sostegno della figura familiare. Termino qui. Ho pronunciato poche parole, colleghi, ma se noi stiamo al merito sentiamo la responsabilità di governare, forse più fortemente che non se affrontiamo diversamente, solo per via di riferimenti pregiudiziali, questo punto.

Intervento in Consiglio comunale, Bologna-18 XII 2006

lunedì 18 dicembre 2006

Casa, ERP eccetera... (stenografico)

Consigliere FERRARI: Io ho chiesto di intervenire, Presidente, avendo ascoltato con molta attenzione gli interventi che mi hanno preceduto, intervento che durerà pochi minuti, per sollevare un punto al dibattito che consegno ai colleghi che abbiano l’intenzione e la cortesia di ascoltarmi. Quando si parla di edilizia a sostegno di condizioni di vita fondamentali, come appunto l’ERP, io credo che innanzitutto non andrebbe mai dimenticato che noi parliamo di qualcosa che non è sufficiente. Qualcuno forse pensava alla fine degli anni Ottanta che le modifiche negli assetti proprietari delle famiglie, l’espansione degli alloggi in proprietà, fenomeno così tipico del nostro Paese, non so quanto positivo, che nasce da particolarissime situazioni del nostro stato sociale, molto legato ai percorsi individuali o familiari, meno a provvidenze più organizzate e più strutturali. Ci ricordava qualcuno nel dibattito sulla Finanziaria la grande differenza su un welfare italiano che vede appunto tanti alloggi in proprietà e poi una condizione spaventosa di chi non può arrivarvi, rispetto al caso tedesco che vede invece collegato a tutta la tematica dei fondi pensione e della cogestione un enorme numero di alloggi a residenzialità protetta, incrementata, legata alle condizioni di lavoro. Bene, si poteva pensare che questa emergenza non sarebbe più stata tale, invece abbiamo visto che è andata crescendo. Noi abbiamo fatto come Commissione una serie di audizioni dove, anche con pareri diversi, è emerso questo dato anche rispetto a una città come Bologna. Innanzitutto senza dubbio per le condizioni anche particolari della nostra città, con le presenze di nuovi cittadini ma anche degli studenti, la superfeTtazione dei prezzi degli alloggi in affitto… tutto quello che sappiamo, l’enorme bolla speculativa che ha fatto gonfiare grandemente il valore degli alloggi in compravendita, tutto giusto. Ma io penso, colleghi, e vengo al punto che stiamo dibattendo oggi, che questa penuria… Perché di questo si tratta. Noi dobbiamo regolamentare, e lo facciamo, al meglio le nostre risorse, anche con meccanismi nati dall’esperienza, che l’Assessore ha illustrato con intelligenza come sempre, e con sapienza di governo; ma noi siamo portati a queste modifiche, a questi snellimenti procedurali, a questa regolamentazione più limpida perché, ripeto ancora, siamo in regime di penuria. E lo siamo – questo è il punto – perché sono cambiate le famiglie: la struttura che vede la sicurezza collegabile unicamente alla proprietà, la struttura familiare, non è più quella di 15 - 20 anni fa. E non c’è nulla da fare. Questo non tanto per le diversità di orientamento sessuale ma per le diversità dei ritmi dei cicli di vita, le diversità rispetto alla stabilizzazione dei matrimoni. Guardate, io pochi minuti fa leggevo questa statistica del Sole-24 Ore, che tra l’altro vede Bologna distinguersi positivamente, e un dato mi ha impressionato: può sembrare una banalità, non sembri un colpo basso, lo dico ai colleghi della Margherita, ma la provincia di Lodi è quella che ha – la vogliamo dire così? – la peggiore risultanza statistica rispetto al numero della popolazione. La provincia di Lodi, quella che ha la massima espansione nel nostro Paese di istituzioni culturali, sociali, ricreative e caritative ecclesiali. Fino a una pervasività… E’ una realtà che conosco molto bene perché vi ho lavorato: è una realtà dove davvero, ma positivamente, si vive in questo clima dove l’idealità, un riconoscimento comunitario così forte… Ebbene troviamo questo dato. Ecco allora che forse siamo in presenza di fenomeni certo non positivi, che non dobbiamo celebrare come fossero indici di per sé di libertà, perché una famiglia che rovina, una coppia che si divide, un’articolazione diversa nelle strutture familiari non è detto che sia un bene, anzi spesso è un male, però si tratta di fenomeni che sono tali e tali a noi di fronte, e che quindi implicano da un lato una politica molto articolata di espansione del mercato dell’affitto e dall’altro che cresca la quota di disponibilità di alloggi pubblici. Ma si dirà “non è questo il tema, noi stiamo parlando del regolamento di ciò che abbiamo”. Ma colleghi, io ho sentito tante voci critiche sugli strumenti finanziari governativi e su questo punto non ho sentito una grande animazione; forse è stato un errore, lo dico anche autocriticamente. Penso invece che a salvaguardia del mercato, a salvaguardia dell’articolazione come essa è della vita sociale e familiare odierna, anche in una città bella e ricca come Bologna, debba crescere il numero delle disponibilità - accanto a quello sotto altri strumenti, per carità - di alloggi di Residenza Pubblica. Ecco, allora vedete, giungo al punto, scusate la premessa che è quasi tutto l’intervento ma credo che non fosse peregrina: dico a tutti noi, a me per primo, non voglio fare il “Grillo parlante”, per carità, attenzione, perché se il punto è questo - e francamente, colleghi, credo difficile essere smentito - cioè che il punto quando si parla di ERP è che aumentato il fabbisogno e non siamo in grado di rispondere alle domande, attenzione perché se mandiamo segnali, qualunque essi siano, che invece ci sarebbe la possibilità ma qualcuno la nega perché pensa anche ad altri, è la fine, colleghi. E’ la fine di una possibilità di dare trasparenza e visibilità di governo a una politica sull’Edilizia Residenziale Pubblica. Questo mi interessa assai di più di una discussione molto difficile sul matrimonio costituzionale, sui nuovi generi di famiglie… cose importantissime e appassionanti, in cui io certamente sono per i diritti degli individui, ci mancherebbe altro, ma credo che il punto sia un altro. E cioè una responsabilità di governo impone – impone! - che venga evitato ad ogni costo l’agitarsi confuso di una nuova leggenda metropolitana: “ci sarebbero ma non ce li vogliono dare, li hanno altri prima di noi”. Non è così, colleghi. Non è così. Credo che questo punto sia molto forte rispetto alla questione degli immigrati, dove si connota immediatamente di tensioni sociali che ben possiamo comprendere, ma anche rispetto alla dialettica fra generazioni e forme di vita familiari, attenzione. Ecco, questo è un punto su cui va risposto. Penso invece che sarebbe molto interessante - e colgo l’occasione e mi riservo magari in altra sede di approfondire ma ci sono qui colleghi bravissimi, del mio Gruppo sicuramente ma anche di altri Gruppi, e termino su questo - vedere, perché pochi lo sanno, cosa già fa un Comune come Bologna a sostegno del matrimonio. Può darsi che non siamo abituati a scriverlo sui manifesti, può essere, ma guardate che se noi facessimo un elenco di tutti gli interventi sociali costruiti proprio col criterio dell’universalità del diritto e non della specificità, e proprio per questo mantenuti nonostante tutte le crisi finanziarie ancora forti a Bologna, avremmo di Bologna un’immagine che è fra le più rispondenti a quel dettato costituzionale di sostegno al matrimonio e alla vita familiare serena, fondamento della nostra Repubblica. Credo che questo sarebbe interessante andare a vederlo. Penso quindi che anche su questo terreno intanto per dirlo ai cittadini ma un domani anche laddove si rilevino davvero criticità, cioè a fronte non di penuria ma di possibilità reali di un investimento maggiore, sarebbe interessante assieme – è una proposta che faccio - andare appunto ad una verifica e magari intervenire ancora più nettamente a sostegno della figura familiare. Poche parole, colleghi, forse ingenue, ma se noi stiamo al merito sentiamo la responsabilità di governare, forse più fortemente che non se prendiamo diversamente questo punto.
Comune di Bologna
il consigliere Davide Ferrari


Bologna, 18 Dicembre 2006

"Presepio di Wolfango: basta coi braghettoni"

Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti oggi a Palazzo d'Accursio il consigliere ha dichiarato:"Ritenevo superata la polemica sulla statuina di Wolfango ma vedo che, ancora oggi, in Consiglio comunale, la destra ha addirittura inscenato una manifestazione di protesta contro il suo Presepio.
A questo punto occorre dire basta. E' evidente a tutti che gli scandalizzati poco hanno a che vedere con un sentimento religioso, che rispetto anche perchè è anche il mio, ma moltissimo con una sfacciata ricerca di visibilità di esponenti politici.
A costoro dico che a Bologna i "braghettoni", (le copertura del nudi artistici), non piacciono a nessuno. Facendo gazzarre come quella di oggi danneggiano anche i loro stessi partiti. Fra dieci anni chi ci sarà sorriderà delle nostre piccolissime diatribe".

P. uff. Stampa
M.Busi
La Bologna che vogliamo
di Davide Ferrari

Ulivo: dopo il 2 dicembre andare avanti con contenuti sociali più forti.

Le iniziative che vogliono confrontarsi con il progetto: "Partito Democratico", (come "nell'Ulivo Da Sinistra") sono al lavoro.
A Bologna è possibile molto meglio che altrove per l'esistenza del Tavolo dell'Ulivo, che ha già in agenda importanti scadenze.
L'Emilia - Romagna conta quando agisce per unire le fila ed andare avanti, per contenuti sociali più avanzati.
Così fa’ "pesare" la maggiore forza della sua partecipazione politica, del suo stesso personale politico, che sono reali e sono un grande patrimonio della Democrazia Italiana.
I contenuti servono e serviranno più di ogni rivendicazione di ruolo.
Possiamo fare molto qui, insieme, partiti e associazioni dell'Ulivo, quando altrove molto sembra essersi complicato e rallentato.
Ogni volta che il "progetto PD" sembra frenare ciò non si traduce in progetti alternativi ma diventa una ricaduta nell'incertezza.
Mentre l’urgenza di sostenere il Governo e rafforzare l'Unione è sempre più stringente.
La manifestazione di Roma, con il grottesco, ma significativo, "trionfo" di Berlusconi e, per altri versi, anche quella di Palermo, con il "ridotto" di Casini, devono indurre a dare più forza ai processi unitari, nell'Ulivo ed in tutto il Centro Sinistra.
Bisogna andare avanti, anche con idee critiche.
Avanti nei tempi ma anche nei contenuti.
I cortei della Destra a Roma hanno espresso fisicamente "un programma": una sorta di federazione tra quel Nord che si considera in libera uscita da ogni dovere sociale e quel Sud che pretende assistenzialismo più che sostegno.
E' necessario anche parlare a molti che erano lì, non intorbidando le proposte del Centro Sinistra, ma con i fatti, con i risultati, con la coesione dell’azione di Governo.
Per fare il PD servono atti di volontà, di direzione politica, sui contenuti altrettanto che sui tempi.
Un esempio: il Presidente della Repubblica richiama con insistenza sacrosanta all’impegno per la dignità e la sicurezza del lavoro.
Bene, proprio qui si unificano lotta al precariato e progetti di sviluppo, qui c’è un tema per governare e, nello stesso tempo mettere in movimento la società.
Un secondo esempio: il valore dell’istruzione, dell’Università e della cultura – oltre e prima del mercato – è un altro tema dove non ci sono fossati incolmabili nell’Ulivo, abissi della storia da saltare a piè pari per poter agire.
Forse la Finanziaria sarebbe stata meglio "comunicata" se si fossero messi in rilievo e non ne mancano, gli aspetti al suo interno che richiamano la sicurezza del lavoro e sarebbe stata più condivisa se si fosse puntato sull’Università e sulla scuola nel mirare l’intervento finanziario, il dare.
Portiamo in primo piano lavoro e sapere, dunque, anche qui in Emilia e a Bologna, nell’impegnativa stesura dei Bilanci degli EE.LL e nell’iniziativa politica.
Il nostro popolo è ancora disponibile a cimenti importanti. Bisogna chiamarlo ad orientarsi per scegliere ciò che cambia e unisce il paese.
E la miglior risposta, non tanto agli untorelli fischiatori, ma al clima di delegittimazione e di odio col quale "lor signori" cercano di incatenare la ripresa dell’Italia.

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L'Italia in cui viviamo
di Davide Ferrari

Bologna, il prof. Pavarini nel mirino di Report. E il mio dissenso.

Ho guardato ogni settimana, in Tv, Milena Gabanelli ed il suo "Report".
Ho goduto delle sue deunce sentendomi un cittadino vendicato dalle ingiustizie dei potenti.
Mi sono stupito delle argomentatissime individuazioni di malaffari e zone grigie della responsabilità pubblica.
Mi hanno deliziato le parole e le immagini rubate nei supposti fuori onda, le godibilissime piratate con la telecamera appoggiata dall'intervistatore sulla scrivania della vittima di turno.
Però, esattamente all'ultima puntata del ciclo del 2006 mi è spiaciuta, e moltissimo, una parte del servizio speciale sui "costi della politica".
Dopo un lungo exursus sulle infinite consulenze nella Regione Lazio, l'indagine è arrivata in Emilia. In Regione non ha trovato nulla, e ne ha dato atto, anche se un poco a mezza bocca.
Il mirino si è poi spostato su Bologna. E qui ecco trovato lo scandalo !!! La consulenza assegnata, con relativo compenso, dal Comune a Massimo Pavarini. Il prof. Pavarini, una brava persona, un uomo acuto e generoso, che si è impegnato per il Comune di Bologna sul difficilissimo tema della sicurezza è stato messo da Report alla berlina, indicato come un gaudente approffitatore delle risorse comunali.
Persino la validita scietifica del rapporto da lui consegnato al Comune ed alla città è stato ridicolizzato.
Giudici un cittadino impegnato nei Comitati contro il degrado, mandato in onda senza nome, e la Gabanelli medesima.
I cittadini hanno la mia solidarietà. Fra loro ed il rumore ed il vagabondaggio io scelgo sempre loro. Non tutti lo fanno.
Cè da dire che bisogna poi passare ai fatti, a risolvere i problemi, e propro indicazioni non banali e non genericamente permissivistiche o demagogiche forniva la relazione di Pavarini.
Ad ogni buon conto il cittadino ha espresso un parere, da confrontare, non una sentenza. Inappellabile, com'è apparsa nel montaggio del servizio Tv.
Il Sindaco ha avuto la parola per spiegare, con evidenza, non tutti gli aspetti della ricerca di Pavarini ma quelli che hanno richiesto un immediato lavoro di messa a punto delle forze dell'ordine e del loro coordinamento.
Anche questa apologia, pure dignitosa e calma, è stata presto archiviata come risibile e tautologica.
Ipse dixit. La Tv ha deciso: tutti i politici sono uguali, arraffoni e in cerca di consenso. E ancora: tutti i professori consulenti, anche se di altissimo livello, come Pavarini, sono un po' furbacchioni, apparati occulti dei politici.
Ma il risultato di campagnesiffatte sarà che sempre meno ricercatori saranno "ingaggiati" dal pubblico e sempre più da committenti privati, magari proprio su temi di rilevanza pubblica.
Non credo che l'interesse generale ne avrà beneficio.
E poi, sul caso specifico dico "No". Così non va. L'ingiustizia non mi piace anche quando colpisce "in alto".
Cara amica Gabanelli, il mestiere della denuncia civile è il più difficile. Fare giornalismo d'inchiesta è arduo e assolutamente meritorio.
Ma se alle spalle pesa una ideologizzazione, degli apriori, la cosa "non viene vagliata"- come direbbe Totò.
Mi creda: scrivere queste poche righe ha richiesto un poco di coraggio.
Tanti mi hanno espresso un pensiero simile a quello che qui esterno. Ma, come dire, "meglio tacere". Non si sa mai. Fantasmi , a voler cercare, si può finire per trovarli.
Mglio sgattaiolare via. Tanto più che la trasmissione è molto valida, nel complesso, anzi fra le più valide.
Inoltre mi sono chiesto se fosse il caso di criticare dei giornalisti "all'assalto", quando i più sono seduti e alcuni persino proni.
Ma, veda, cara Gabanelli, mi sono ricordato di aver incontrato Massimo Pavarini, a notte fonda, due inverni addietro, intento a vedere e capire i giovani, i loro orari, i problemi del rumore, a rilevare il degrado.
L'avranno pagato bene, ma ha lavorato.
E la schiettezza del professore, il suo dire così poco politico, che già credo gli siano costati molto in questa vicenda, non ritengo debbano essere motivo di una gogna mediatica nazionale senza una voce a sostegno. Una.
La mia, flebile, è qui.
Ognuno pensi quello che vuole.
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Scrivetemi a
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mercoledì 13 dicembre 2006

"Il convegno di Teheran offesa a tutto il genere umano"

Comune di Bologna
il consigliere
Davide Ferrari

NOTA STAMPA
Bo. 11 XII 2006

Davide Ferrari, della segreteria reg. DS dell'Emilia- Romagna, è intervenuto questo pomeriggio nel Consiglio comunale di Bologna, per condannare il convegno, promosso a Teheran dal governo iraniano per mettere in discussione la verità tragica dell'Olocausto.
"Esprimo la più forte e commossa solidarietà alla comunità ebraica di Bologna , alle comunità della nostra Regione. una Regione che vuole ricordare i suoi cittadini perseguitati dalle leggi razziali,deportati, uccisi nei campi di sterminio. L'offesa non è soltanto al popolo ebraico. Negare l'Olocausto, un orrore specifico e unico nella storia, un genocidio programmato nel cuore del punto più alto della civilizzazione, è una offesa a tutti gli uomini e a tutte le donne, di qualunque razza e religione. Nessuna ragione diplomatica può indurre a tacere o a sottovalutare quanto sta accadendo.La condanna più ferma ed esplicita soltanto può fermare chi si è messo in una strada senza ritorno gravida di pericoli di guerra di rilevantissime proporzioni. "
COMUNICATO STAMPA

Il bilancio della Regione Emilia-Romagna,
un segnale importante per la cultura.



Considero molto importante e positiva la dichiarazione di oggi dell'assessore Alberto Ronchi sul bilancio della Regione.

La Regione Emilia-Romagna - ha confermato Ronchi - nel bilancio che verrà approvato la settimana prossima non procederà a tagli per la cultura.

Nella difficile situazione finanziaria pubblica è un risultato non scontato, che viene raggiunto per un impegno serio di riconfigurazione degli investimenti che ha teso a rendere disponibili risorse per l’innovazione ed i punti di ricerca culturali nel territorio.

E' la riprova di un bilancio equilibrato, fra entrate e razionalizzazioni, che già era stato evidente al momento della presentazione delle sue linee di indirizzo.

Si mette in luce il carattere di riferimento nazionale della Regione Emilia-Romagna, che il Presidente Errani ha rivolto alla prioritaria attenzione verso il sapere, la scuola e la cultura.


Davide Ferrari, responsabile Cultura
della Segreteria regionale DS Emilia-Romagna



Bologna, 12 dicembre 2006

lunedì 11 dicembre 2006

Teheran e l'olocausto. No al negazionismo.

12 dicembre 2006 BOZZA

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. Ho chiesto di intervenire perché intendevo da un lato – e questo è, credo, un sentimento molto diffuso, certamente bene al di là in questo Consiglio della mia persona – esprimere l’indignata protesta contro il titolo, le intenzioni politiche, le partecipazioni annunciate e che si stanno svolgendo, il quadro istituzionale, gli intendimenti generali del Paese proponente il convegno di sostanziale negazione dell’Olocausto che si sta svolgendo a Teheran. Sono sicuro che questi sentimenti sono diffusi e quindi sicuramente in tante forme anche in queste ore, immagino, voci anche più autorevoli della mia interverranno. Volevo però approfittare di questi pochi minuti per dire due cose, anche come cittadino di una città che ha avuto delle vittime e che, io credo vada ricordato anche questo, pur avendo avuto alcuni esempi mirabili di opposizione al nazifascismo su questo tema non è stata, come non è stata tutta l’Italia, in grado di opporsi e di evitare l’Olocausto. Questa credo che debba essere assunta come una responsabilità collettiva e invece così non è nella cultura e nella vita politica e istituzionale del nostro Paese. Anche per questo titolo negativo, per così dire, volevo fare due affermazioni molto brevemente, i minuti sono pochi. La prima è la gravità in sé del dubbio che viene posto. Sembra volersi dire “se guardiamo con occhio globale, universale l’atteggiamento che magari in Europa o in Occidente si ha avuto” – e, aggiungere io, ahimè quanto tardivo e ancora limitato – “di condanna dell’Olocausto, beh, acquista un’altra realtà, è visto diversamente in India, in Cina, in Iran”, questo si vuol dire. Beh, io vorrei ricordare come la gravità assoluta di queste affermazioni debba però indurci tutti i giorni della nostra vita anche a considerare assolutamente negative anche altre cose, per esempio la proliferazione dell’uso del termine “genocidio”, la proliferazione dei momenti istituzionali di ricordo… No, no, non tutte le tragedie sono identiche. Che proprio nel cuore dell’Occidente, nel cuore e nel cervello della Nazione forse più avanzata allora tecnologicamente e fra le più avanzate culturalmente, nel punto più alto dello sviluppo culturale dell’uomo si siano progettati il rastrellamento, la caccia, l’eliminazione fisica di ogni respiro di uomo, donna e bambino di un popolo con cui si conviveva da centinaia e centinaia di anni e che questo sia avvenuto in tanti popoli contermini, con adesione, sostegno e addirittura feste celebrative - perché questa è la verità – parla alle coscienze di tutti gli uomini del mondo, di tutte le donne del mondo, in qualunque emisfero essi abitino. E proprio se si vuole che mai - e purtroppo mai vi è la sicurezza in questo senso – si possano ripetere razzismi e cacce all’uomo, l’importanza assoluta, irripetibile ed universale della condanna della Shoah va ribadita con la massima fermezza. Altre considerazioni le farò altrove, i minuti sono terminati; voglio esprimere la mia piena solidarietà - che però è persino poco, perché in questo caso la solidarietà la dovremmo a noi stessi come uomini colpiti da fatti così gravi ed indecenti – alla comunità ebraica bolognese e ad ogni suo componente.

martedì 5 dicembre 2006

"Gravi le offese ai Gay dei cortei di Roma."

Bo. 4 XII 2006
NOTA STAMPA

Intervento di Ferrari (DS) in Consiglio comunale

Le ripetute e diffuse offere rivolte a cittadini di diverso orientamento sessuale durante i cortei e la manifestazione conclusiva della giornata di Roma del 2 Dicembre sono molto gravi.
Si è trattato di fenomeni organizzati, addirittura con l'uso di camion adibiti a set teatrali d'occasioni, di numerosi striscioni e di slogan, tutti con contenuti lontani dall'ironia e dallo scherzo e nel segno dell'insulto e del disprezzo.
L'On. Fini ha parlato di una manifestazione che aha avuto il primato morale di non compiere atti di violenza, noi stiugmatizzioamo che nessuna voce si sia levata per criticare e prendere le distanze da quanto è accaduto.
Il Consiglio comunale di Bologna ha giustamente criticato altre manifestazioni con atti e slogan inaccettabili, anche offendere e minacciare i diversi è fatto che non deve essere accettato, in alcun modo.
Suscita preoccupazione che molti giovani e giovanissimi siano stati fra i protagonisti di tali azioni. Questo consegna una ancora maggiore respopnsabilità ai politici organizzatori e dirigenti.
Tutti, qui a Bologna, abbiamo condannato la recente gravissima violenza perpetrata contro un altro "diverso" in una scuola del torinese, quella del video trasmesso in Internet, una violenza svolta in una fioritura di svastiche alla lavagna.
Oggi bisogna condannare questa "caccia" al diverso, di altro segno, per prevenire, per affermare il rispetto umano.
E' un copmpito che tutti devono sentire. Il centrodestra parli, si distanzi. E' il momento.

sabato 25 novembre 2006

In Comune. Intervento in Comm. Bilancio sulla Legge Finanziaria

Il consigliere Ferrari: in merito all'Odg presentato dalla Consigliera Calari è del parere che venga mantenuto con le dovute calibrature e rimodulazioni che tengano conto dell'incontro ANCI e Governo e delle variazioni del testo della Legge Finanziaria che ne sono derivate. La manovra si poteva fare più piccola, questo può anche essere, ma la manovra è cresciuta per due obiettivi: per rientrare dal debito e per non rimandare ad altra fase investimenti mirati allo sviluppo. Le due cose devono essere considerate insieme per comprendere la manovra finanziaria nel suo complesso. Gli è capitato di assistere, qualche mese prima del voto, ad una conferenza del prof. Onofri, ed ancora condivide le affermazioni del Professore circa la necessità di imprimere, subito, all’ inizio del mandato legislativo, un segno di rigore e di sviluppo alle scelte di politica economica. E ancora, ricordava Onofri, di limite all’espansione del precariato e insieme di aumento della produttività e flessibilità del lavoro.
Ben si comprende, in questo quadro, come si crei un sovraffollamento di attese ed istanze sulla manovra economica. Bisogna quindi parlarne con tranquillità e senza preconcetti anche per quanto riguartda le ricadute sul piano locale.
Bologna paga sempre per la sua migliore qualità, il fortissimo impegno sui servizi, più di altre città ogni stretta di bilancio.
Nessuno può accusare il Comune di Bologna di avere lesinato critiche a Roma anche in questa occasione. Si è avuta maggiore attenzione a preservare le quote di spesa ministeriali.
Ma, pur comprendendo le critiche dei Comuni, ritiene che la spesa ministeriale sia difficilmente comprimibile, in molti comparti, almeno a breve, perché largamente indirizzata all’impiego per pagare il personale.
Conoscendo il mondo della scuola, ad esempio, può osservare che si evidenzia una situazione molto grave, si assumono finalmente lavoratori precari, ma non ci sono risorse per investimenti sulle strutture edilizie e sulla qualità della didattica.
Vi è una spesa per stipendi sulle grandi voci nazionali rilevantissima, nelle scuola si parla del 94-95%. Occorrerà fare riforme profonde nel pubblico impiego, ma potranno essere fatte nelle riarticolazioni orari-impieghi, sulla flessibilità dei neo assunti, tenendo presente però che il problema del precariato, già grave, va ridotto e non esteso.
Tutto, in sostanza, si può ipotizzare e si dovrà fare ma intervenire per riforme senza ulteriori risorse è inimmaginabile.
Quindi è irrealistico accusare il governo di avere chiesto ad altri o di fare tagli che esso ha evitato invece di fare.
Ha trovato, leggendo sui giornali, che la somma molto grande delle alla finanziaria si compone, in larga misura , di posizioni del tutto contraddittorie.
Si potrebbe dire che sommando tutte le critiche si arriva a zero.
Anche per quanto riguarda le infrastrutture occorre tenere presente che sviene in evidenza quanto il governo Berlusconi ha occultato: enormi emergenze sulle grandi compagnie di trasporto, al collasso, e la necessità di interventi a sostegno di vasti fenomeni di degrado al Sud.
Alitalia, Ferrovie, Napoli: queste le voci che stanno emergendo.
Anche queste voci possono asciugare ancora di più le risorse per le infrastrutture e per gli Enti Locali. Anche da qui origina la difficoltà a procedere più positivamente nel rapporto tra centro e periferia perché si evidenziano ogni giorno le grandi priorità nazionali come se si fosse scoperchiato il vaso di Pandora. Negli anni di gestione del ministro Tremonti si era riusciti a tenere il coperchio chiuso.
Bisogna tenerlo presente.
Sviluppo e rientro del debito, emergenze e riforme, queste le antinomie che pure devono stare insieme.. Trovare un equilibrio come questa Finanziaria prova a fare rischia di colpire anche ciò che è più debole nei bilanci, perchè è più legato alla volontà politica ed alla storia delle buone amministrazioni , come i servizi e le opportunità di crescita paritaria .
Bisognerà innovare ancora e molti, anche a livello locale.
L’autonomia che viene ridata ai Comuni, sul piano fiscale e della politica del personale, se oggi può sembrare amara a fronte di poche risorse, potrà tuttavia essere molto utile per impostare una nuova fase che permetta di mantenere un profilo alto delle Autonomie locali e di concorrere al ripristino delle condizioni finanziarie della Repubblica.

mercoledì 22 novembre 2006

NOVECENTO E OGGI. ANCORA UNA VOLTA FINE DELLA POESIA?

Colloqui sul classico
Liceo Ginnasio Statale "Luigi Galvani"
Biblioteca "Zambeccari"-
Via Castiglione, 40 - 40124 Bologna - tel. 051-226461
Mercoledì, 22 novembre 2006 - ore 15,30

Davide Ferrari, Università di Bolzano

NOVECENTO E OGGI. ANCORA UNA VOLTA FINE DELLA POESIA?

Comune. Il voto sull'ordine del giorno di condanna dei comportamenti di un gruppo di manifestanti a Roma nel corteo sul M.O.

L'intervento di Davide Ferrari, nel Consiglio comunale di Bologna, Lunedì 20 Novembre
(dal resoconto stenografico)

Consigliere FERRARI:
Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola.
D’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo senza sminuire l'odg, per la serietà in se'dell’argomento.
Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo considerare due problemi che abbiamo di fronte.
Il primo è quello che deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque il consenso a quel punto che l’ordine del giorno certamente indica: la condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma.
Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti, (il Presidente Sofri ed il Vicepresidente Foschini , ndr).
Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un' inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto.
E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia l'opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo.
Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica?
E' ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma sottoscrivere quel punto, che è il tema centrale dell’ordine del giorno, fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto.
“Assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito.
Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense.
Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco?
Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure l'assunzione forte, che veniva affermata anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, dell’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili.
Questo teneva banco, è vero o no?
Bene, si svolge un fine-settimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo.
Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra i partecipanti singoli o in gruppo alla manifestazione di Roma ed i promotori, ma è pur vero che un redde rationem deve avvenire. La conclusione da tirare è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un forte e diretto intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina.
A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese.
E' una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua Istituzione ma non ha un suo Stato.
E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale, dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti.
Altro che "bipartisan", cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è tesa a ricordare sempre la considerazione seguente:"attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”.
E coloro che portano avanti, con un nesso immediato altre rivendicazioni assieme alle lotte che si vorrebbero a sostegno del popolo palestinese, comunque uno le voglia considerare, proprie quel sostegno indebolisce drammaticamente.
E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”.
Non c’era soltanto "costui"-per dir così- ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “che quella lotta e quel popolo potevano essere riconosciuti solo se si fossero dati a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “se fosse loro data una connotazione internazionalista più chiara”.
Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa.
Per esempio i palestinesi addirittura di questo dovevano occuparsi : “decidere cos’era meglio fra l’URSS e la Cina”.
Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni.
Invece no colleghi, la questione palestinese è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari colleghi, non c’è soltanto la barbarie delle frasi che si sono gridate, che da per sé basterebbe, ma anche rispetto alla qualità stessa di quella manifestazione bisogna interrogarsi.
Occorrono forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche.
Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale.
Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio.
Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo.
Non si scherza.
Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa.
Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che prosegua la nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria.
Una iniziativa internazionale da portare avanti anche come Comune, quanto sia importante lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti.
Dico questo perché altre volte si è parlato di impegni eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione.
Mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito altrettanto veritiero e importante che ci consenta di comprendere i passi avanti che devono essere fatti e non di dover partire da un serio passo indietro, dovuto al gravissimo e colpevole errore che si è compiuto.

lunedì 20 novembre 2006

Palestina, errori e conflitti. (Stenografico)

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. Con brevità interverrò perché già numerosi colleghi hanno preso la parola e d’altra parte non stupisce che questo stia avvenendo per l’importanza dell’ordine del giorno e ancora più, sia concesso dirlo, per la serietà dell’argomento. Chiederei un attimo di attenzione perché dopo non riesco più a parlare. Serietà dell’argomento perché, colleghi, in sede istituzionale noi dobbiamo realizzare due problemi che abbiamo di fronte. Il primo è quello che riguarda tutto questo Consiglio, deve riguardare tutto questo Consiglio - e prego davvero di ponderare questa esigenza prego ogni Consigliere, ogni Consigliera, a qualunque Gruppo esso appartenga e qualunque siano le espressioni di dissenso già espresse anche oggi - di esprimere comunque quel punto che l’ordine del giorno certamente esprime, insieme ad altri, di condanna senza alcun distinguo o esitazione degli atti gravissimi che sono stati compiuti nella manifestazione di Roma. Questo è un nostro preciso dovere istituzionale e quindi considero l’ordine del giorno che ci viene presentato un ordine del giorno istituzionale, e da questo punto di vista considero anche le due firme dei proponenti. Quindi non si tratta di schieramenti bipartisan o non bipartisan, si tratta di un inevitabile, obbligatorio, doveroso atto istituzionale, tendente a prendere posizione dopo quello che è accaduto. E ripeto, su quel punto, almeno su quel punto sarebbe assai opportuno che questo obbligo fosse da tutti noi assolto, qualunque sia la nostra opinione sulla situazione che ha determinato anche questi fatti, così come determina ogni giorno insieme alle tragedie del Medio Oriente migliaia e migliaia di fatti di acutissima tensione in tutto il mondo. Attenzione, vorrei dire una parola in più: se questo obbligo non sarà assolto è facile immaginare che questo stesso atto avrà delle ripercussioni inevitabili; vogliamo dire mediatiche, vogliamo dire politiche, vogliamo dire di ulteriore e sovrabbondante polemica politica? Ma è ben facile immaginare che questo accadrà. Quindi siccome rispetto le opinioni di tutti, ognuno può trovare le sue forme ma quel punto che è il tema all’ordine del giorno fa parte, ripeto, di un dovere istituzionale assoluto. E quindi come tale, lo dice la parola stessa, “assoluto”, cioè sciolto da altre considerazioni di merito. Abbiamo poi un secondo elemento che io penso vada considerato, su cui mi sembra insistesse opportunamente il collega Naldi e che io vorrei riprendere, con brevità anche se le questioni sono immense. Io lo riprendo così, colleghi: alla vigilia delle due manifestazioni di Milano e di Roma qual era il punto su questi temi che teneva banco? Era forse un’indistinta e cieca solidarietà ad uno dei popoli in lotta oppure il senso forte, che veniva anche dal Governo italiano e non senza conseguenze e divisioni anche nella stessa opinione pubblica democratica, penso alle comunità ebraiche, cioè l’esigenza di una più netta volontà di pace, tendente a realizzare un intervento internazionale che ponga fine alle migliaia e migliaia di morti civili. Questo teneva banco, è vero o no? Bene, si svolge un finesettimana di mobilitazioni e siamo ai temi che stiamo discutendo. Non sono gli stessi temi, l’attualità politica è mutata, ha fatto un passo indietro; ed ecco allora quando si dice, giustamente, che vi possono essere intenzioni molto diverse fra partecipanti singoli o di gruppo a una manifestazione e promotori, è pur vero che un redde rationem possiamo tirarlo: la conclusione è che purtroppo non siamo andati avanti di fronte a un’esigenza che di drammatica attualità, che è quella di un più forte intervento internazionale di pace a Gaza e nella Palestina. A me è capitato non più tardi di una settimana fa di incontrare una delegazione della Mezzaluna palestinese, cioè la Croce Rossa palestinese; è una delle realtà che pur avendo un compito specifico, che non è un compito politico ma è un compito medico, di sostegno umanitario, di sostegno assistenziale, svolge però inevitabilmente anche da molti anni una funzione quasi di ambasceria culturale di questo popolo, che ha una sua istituzione ma non ha un suo Stato. E’ chiarissima la domanda che proviene da queste ambascerie e che, in una situazione politica e culturale anche dopo l’11 settembre sempre più difficile per il popolo palestinese, non più facile, sempre più difficile ogni giorno che passa, si rivolge a una generalità di soggetti. Altro che bipartisan, cerca di incontrare tutti e chiede da un lato campagne concrete di sostegno ai feriti, alle famiglie che hanno perso casa per i bombardamenti, a coloro che sono incarcerati, spesso senza garanzie, non soltanto di diritti umani ma anche di quei diritti sanitari, il diritto a essere curati, il diritto a non vedere la problema malattia progredire senza assistenza in carcere. Dall’altro lato la fortissima insistenza, l’insistenza politica prioritaria che viene posta, è questa: dice l’iniziativa del popolo palestinese “attenzione noi esistevamo come problema prima della guerra in Iraq, prima dell’11 settembre; esistiamo adesso come problema autonomo, che interpellanza tutte le conoscenze per essere risolto”. E coloro che portano con un nesso immediato altre lotte, comunque uno le voglia considerare, accanto e insieme a quella, quella indebolisce drammaticamente. E’ un tema che ha una lunga storia nella questione palestinese, cari colleghi, perché purtroppo non c’è stata soltanto la cecità di chi per decenni ha detto “non esiste il popolo palestinese, abbiamo di fronte soltanto persone che possono avere il passaporto giordano o egiziano o siriano”; non c’era soltanto costui ma c’era anche a Sinistra chi diceva ad esempio “esisterà quella lotta e quel popolo se si darà a quella lotta una connotazione di classe e non nazionale” oppure “ci si darà una connotazione internazionalista più chiara”. Oggi sembrano cose lontanissime ma non lo erano vent’anni fa. Per esempio addirittura di questo dovevano occuparsi i palestinesi: “decida cos’è meglio fra l’URSS e la Cina”. Sembrano follie ma sono cose che hanno tenuto banco per molti molti anni. Invece no colleghi, quella è una questione specifica, dove si è compiuta una ferita, che certo pesa sulla coscienza della dignità umana di ogni popolo del Terzo Mondo, quanto noi in occidente non riusciamo più a comprendere, ma è una questione specifica, prioritaria alla risoluzione di altre e non secondaria. Quindi, cari amici, non c’è soltanto la barbarie della frase, che da per sé basta, è compiuta, ma anche rispetto alle manifestazioni bisogna interrogarsi su forme di solidarietà che tendano a mettere maggiormente in rilievo la questione palestinese, non a caricarla del peso delle ingiustizie del mondo intero, perché c’è una urgenza che non ammette repliche. Io credo che questo sia un punto che va anche a interpellare la nostra coscienza morale. Chi segue quel popolo da molti anni, a me capita di farlo, sa che non si scherza con chi ogni giorno non sa se avrà se avrà un risveglio. Non si scherza. Né per avere una preferenza né per avere un voto né per cercare uno spazio politico né per affermare i valori supremi di un’umanità che, al riparo in altri continenti, può guardare al Terzo Mondo irridendolo. Non si scherza. Sarà quella questione qualcosa che finché non sarà risolta, inevitabilmente interpellerà il mondo intero ogni giorno che passa. Allora io interpreto, colleghi, questo ordine del giorno come un dovere istituzionale da condividere, e come tale lo voterò senz’altro; mi auguro e sono sicuro che al nostra iniziativa internazionale, così ampia e ricca e così necessaria anche come Comune, lo capiamo quando poi arriviamo al dunque di questioni così rilevanti – dico questo perché altre volte si è parlato di definizioni, di termini eccessivi, addirittura di sprechi a fronte degli interventi di cooperazione internazionale, tutti, rivolti in particolare al sud e all’est del mondo – mi auguro che presto avremo l’occasione per un dibattito forse meno cogente dal punto di vista degli schieramenti politici ma altrettanto veritiero e importante che ci consenta di partire da passi avanti e non da un tragico passo indietro, dovuto al gravissimo errore che si è compiuto.

giovedì 16 novembre 2006

“Finanziaria. Importante sapere”

“Finanziaria. Importante sapere”

Giovedì 16 Novembre, alle ore 17,30
Sala Londra dell' Hotel Europa,
via Boldrini 11, Bologna

A confronto sul tema
"Il caso Legge Finanziaria: rivolte contro l'equità?
Scelte di politica economica e reazioni sociali"

intervengono:
on.Laura Pennacchi,
Guido Gambetta, Univ. Bologna
Marco Mazzoli, Univ. Cattolica Milano, Pc
Andrea De Maria, Segr. DS Bologna
Marco Monari, Segr. DL La Margherita Bologna
Aleardo Benuzzi, Assessore al bilancio Provincia Bo
Presiede: Gregorio Scalise.

Nell'occasione verrà presentata
e distribuita una rassegna di materiali informativi.

Incontro a cura dei promotori del documento
“Nell’Ulivo. Da Sinistra”
Il documento è nel sito www.impegnonuovo.eu

martedì 14 novembre 2006

In Comune. Violenza ad un ragazzo disabile, solo bullismo?

Dall’Intervento in Consiglio comunale di Lunedì 13 Novembre 2006.
Consigliere Ferrari:

”Siamo di fronte ad un fatto i cui contorni sono di una gravità tale da fuoriuscire probabilmente dai termini che sentiamo ripetere in queste ore, come :”bullismo”. Non sappiamo bene il luogo dove il fatto è avvenuto, per motivi giusti di riservatezza, probabilmente in una scuola media superiore dell’area piemontese-lombarda. Sembra, a quel che si sa, che un intera classe abbia organizzato, per poter filmare un video, una vera e propria sceneggiatura, con tanto di titoli di testa e lettering scritti alla lavagna, improntati ad una franca e dichiarata ideologia nazista, con tanto di simboli, con alcuni ragazzi nel ruolo di attori persecutori e una vittima sacrificale: un bambino, un ragazzo disabile, considerato al di fuori di ogni umana personalità. A questo ragazzo sono stati prima somministrati momenti di vera e propria tortura psicologica, poi si è passati alla tortura fisica e infine al lancio collettivo di oggetti, di libri contro la sua persona, in una sorta di lapidazione all’Italiana. Il video è stato messo in un’apposita rubrica di un noto motore di ricerca, dove pare - vedremo se la notizia è vera - che sia stato tra i più gettonati, tra i più cliccati, tanto da essere immediatamente reperibile sugli indicatori di ricerca perché molto frequentato. Una denuncia di una ragazza da Roma, che si è messa in contatto con un’associazione che si occupa di disabilità, ha permesso di arrivare alla cessazione della possibilità di vedere questo video. Un episodio di questo genere - che, ripeto, vorremmo conoscere meglio, e che vogliamo contestualizzare, vedremo, ad esempio, se tutti gli aspetti sono veri, sono realistici - tuttavia pare rimandare a numerosi gravissimi elementi. In primo luogo non vi sono state reazioni nell’ambito del gruppo classe, e questo deve far interrogare innanzitutto la classe, la scuola, tutti gli altri ragazzi, le insegnanti, le famiglie. Mi sembra sia stato affermato il rifiuto totale del concetto di rispetto e di integrazione per i ragazzi che sono portatori di handicap psichici, che pure sembrerebbe assodato e facente parte del comune sentire sociale. Un altro elemento: un uso della violenza così spudorato fa pensare a realtà dove la violenza è di casa, dove il dato che le gerarchie si impongono “a pacchere”, come si dice, è un fatto scontato. E ancora fa pensare l’utilizzo di certa simbologia nazista, che non va dimenticata. Già vedo nelle agenzie di stampa che questo elemento comincia a essere lasciato andare: no, la giovane età dei colpevoli non li assolve dalla responsabilità di avere scelto, sia pure certamente per una profondissima ignoranza, un’ideologia precisa, e qui i riferimenti ideologici sono stati espliciti e si è compiuto in nome di quei riferimenti ideologici l’atto di tortura psicologica e fisica. Allora io credo che si evidenzino da un fatto di simile gravità, quasi fosse la punta di un iceberg, una serie di vaste preoccupazioni e necessarie avvertenze. Guai fermarsi all’accentuazione del singolo caso, non bisogna montare una campagna scandalistica ma interrogarsi su come si considera la violenza nella società, come la si veicola e la si impone, sulle risorse e le modalità della prevenzione della violenza, del bullismo, delle ideologie di sopraffazione, nella nostra scuola e nel contesto giovanile. Voglio ricordare che agisce da parecchi anni l’Istituzione Minguzzi a Bologna che conduce da tempo e nell’oggi una vasta serie di iniziative, alcune già terminate e altre che stanno per riprendere, che tutte cercano di insistere, formando insegnanti ma anche dirigenti scolastici, mettendo in comune le risorse degli Enti locali, della famiglia e della scuola, su alcuni concetti basilari che possiamo chiamare di educazione alla convivenza. Quanto poco sia generico questo termine lo comprendiamo a partire da fatti di questo genere. Tutto si tiene: se non si rifiuta il senso della violenza e della sopraffazione del più forte non ci può essere integrazione né fra generazioni né fra popoli né fra persone di diversa abilità. Se non si combatte la negazione dell’integrazione non ci può essere rispetto umano, rispetto per la radice umana e l'integrità di ogni persona. Se non vi è questo rispetto non è possibile alcun percorso educativo. Mi è venuto alla mente un ricordo. Può darsi che mi induca ad un ragionamento improprio, che nulla centri, magari scopriremo che il fatto non è accaduto nel "profondo Nord" ma altrove. Pure mi è sovvenuto come io conosca bene le scuole di quella zona d’Italia, e sono ottime scuole. Le conosco perché per molti anni, dal 90 al 2003, vi ho tenuto letture e corsi di didattica della poesia. Mi colpiva, in particolare presso un grandissimo istituto della provincia di Milano, l’esplodere in una primavera di qualche anno fa, di quei famosi manifesti che un partito politico - non è presente in questo Consiglio (la Lega Nord, ndr)- mise per ironizzare sulle preghiere di alcuni cittadini presenti in quella realtà, e altri per dileggiare l’omosessualità e così via: ogni primavera una fioritura rinnovata. Nessuno sembrava notarli più di tanto, non positivamente ma neanche negativamente. Se si arriva a questo, alla propaganda del pregiudizio e dell’odio, oltre il disprezzo per la diversità, non è poi difficile che si compiano passi in avanti su quella strada. Tutto si tiene ed è ora di cominciare a rendersene conto. Tirando un filo è tutta la matassa che viene ad essere dipanata. E lungo questa matassa troviamo questioni rilevantissime, rispetto alle quali non basta la denuncia retorica o l’appello alla moralità, questioni rilevantissime di asse culturale e di scelta profonda che l’Istituzione deve fare. Ogni istituzione - ripeto, dalla scuola, all’Ente locale, allo Stato - non solo per vigilare e reprimere, ma per assicurare un’educazione di integrazione, di rispetto per la persona umana e di riconoscimento del reciproco convivere”.

lunedì 13 novembre 2006

Saddam Hussein.Sì al processo. No alla pena di morte.

Saddam Hussein. Importante processare un dittatore. No alla pena di morte. Presto un appello dalla società civile bolognese.

L''intervento svolto il 6 Novembre, in Consiglio, dal consigliere Davide Ferrari (DS).

(Dalla nota stenografica)
Consigliere FERRARI:
I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per il carattere cittadino della nostra sede consiliare. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo riguardi particolarmente anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale.
Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è conseguita al termine della prima fase processuale dovremmo evitare due rischi.
Il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo: "No alla pena di morte".
E’ di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, in quanto corregge le prime voci che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair: inequivoca. Dice Blair: "Siamo sempre contrari alla pena di morte". Giusto, ha ragione.
E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà.
Contemporaneamente io credo che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato, e con tali responsabilità, di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo.
E’ quindi proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, i crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che il culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario.
Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento "reazioni a Bologna", perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione.
E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo.
No, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a motivi di ordine generale quali quelli che ho richiamato, c’è anche una ragione specifica per assumere un più netto profilo civile e democratico. Migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente fra le città di pace, di libertà, di condanna delle dittature, di richiesta di pene umane, di rifiuto della pena capitale.

lunedì 6 novembre 2006

Sulla condanna a morte di Saddam (Stenografico)

Vicepresidente FOSCHINI: Procediamo con il consigliere Ferrari sulla condanna a morte di Saddam Hussein.

Consigliere FERRARI: Grazie, signor Presidente. I minuti sono pochi ed è giusto che sia così, da Regolamento e anche per la nostra sede. Non ho voluto tuttavia evitare di citare quanto sta accadendo, che credo tocchi anche un Paese come il nostro, che è direttamente impegnato non solo in Iraq ma in più Paesi dello scacchiere mediorientale e orientale. Io credo che di fronte al processo a Saddam Hussein e alla condanna a morte che è seguita dalla prima fase processuale dovremmo evitare due rischi: il primo è quello di tacere, di non dire, come tutta l’Europa sta dicendo. Ed è di poche ore fa, e mi fa particolarmente piacere, corregge le prime dichiarazioni che venivano dall’Inghilterra, la dichiarazione del primo ministro Tony Blair inequivoca. Dice Blair: “sempre contrari alla pena di morte”. Giusto, ha ragione. E come tutta l’Europa credo che anche noi nel nostro piccolo dobbiamo testimoniare questa contrarietà, questa ferma, forte contrarietà. Contemporaneamente io credo però che bisogna evitare un altro rischio, quello di delegittimare il fatto che Tribunali, per quanto discutibilissimi, abbiano però la cura e il mandato, la possibilità, l’autorevolezza per processare figure che sono state in passato e con tali responsabilità di primo piano nella scena internazionale e certamente nel loro Paese. E’ probabile che ognuna delle accuse che abbiamo visto nella stampa internazionale a quel Tribunale sia vera, e tuttavia che qualunque dittatore sappia che può terminare di fronte a una Corte credo sia un fatto positivo. Proprio per dare maggior valore alla tendenza che nel mondo si va affermando a processualizzare, a ordinamentare la condanna, prima affidata solo alle armi e alla storia, dei crimini orrendi di tanti regimi, credo che sia importante affermare che culmine della civiltà giuridica è la negazione della pena di morte e non il suo contrario. Ho voluto aggiungere nel titolo di questo intervento “reazioni a Bologna”, perché Bologna, che ha una società civile così ricca e anche un mondo del Diritto così articolato, sono sicuro, ne ho informazione, non mancherà di vedere la promozione di un momento specifico di testimonianza e di dichiarazione. E’ nella nostra storia, è nelle nostre caratteristiche. E penso che non ci si debba fermare, come talvolta si fa, al senso dell’ineluttabile, al senso della nostra piccolezza di fronte a grandi fenomeni che turbano il mondo; no, può essere molto importante una testimonianza di civiltà in un momento come questo laddove, non dimentichiamolo mai, oltre a ragioni generali quali quelle che ho richiamato c’è anche la ragione di assumere un più netto profilo civile e democratico quando migliaia e migliaia di nostri soldati sono impegnati su diversi fronti e con diversi compiti. Credo che anche per questo, parlo della società civile, ci saranno altri momenti, Bologna sicuramente sarà ancora una volta presente.
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venerdì 27 ottobre 2006

Il Senato boccia il decreto sugli sfratti.
La lotta politica della Destra colpisce gli "ultimi".
E' necessaria una reazione, per l'equità, per la solidarietà.



Giudico molto grave il voto con il quale il Senato ha bocciato la conversione
del decreto legge 29 settembre 2006 n.261, che quindi è decaduto.
Il decreto determinava il blocco degli sfratti per finita locazione di
immobili
ad uso abitativo, a favore di conduttori con reddito annuo famigliare inferiore
a Euro 27.000 e con presenza nel nucleo famigliare di persone ultrasettantenni,
figli a carico, malati terminali o portatori di handicap con invalidità
superiore al 66%.
Tecnicamente sono state accolte le pregiudiziali di costituzionalità
presentate dal centrodestra (senatori Pastore e Ferrara di FI).
Il provvedimento a) riguardava soggetti ben precisi assolutamente bisognosi
dell’aiuto pubblico; b) escludeva sfratti per morosità; 3) non era un
provvedimento di pura proroga dell'esistente, accompagnando la sospensione
degli sfratti con disposizioni per programmi di edilizia sovvenzionata ed
agevolata da parte dei Comuni e un piano nazionale straordinario di edilizia
residenziale pubblica a favore degli stessi soggetti beneficiari della
sospensione.
La bocciatura del Senato mostra una destra scatenata che pur di braccare il
Governo ha dimostrato una ben scarsa sensibilità verso le persone in condizioni
di bisogno.
Insomma, quella cultura dell’ ”abbandono” di chi ha bisogno che alimenta
da tempo il grande “piano inclinato” di rinuncia al principio costituzionale
della solidarietà.
E’ stato stimato che il decreto riguardasse circa 200.000 famiglie.
fra queste centinaia sono a bologna, moltissimi gli anziani in età molto
avanzata.
La grande stampa ha sottolineato quasi escluisivamente la sconfitta del Governo
ma sconfitte, ancora una volta sono queste famiglie.
L'opposizione al Governo sempre di più si colora o come una offensiva tesa ad
intercettare categorie e corporazioni, contro l'interesse generale, oppure come
attacchi diretti alla solidarietà ed all'equità.
Quanto è avvenuto deve indurre ad una reazione. Non basta governare. L'Unione e
l'Ulivo devono sopstenere, nella società, le ragioni della giustizia sociale
che sono nei provvedimenti di questo Governo.

Davide Ferrari

www.davideferrari.org

giovedì 26 ottobre 2006

Davide in Comune: "Il Nobel a Yunus"

INTERVENTO IN CONSIGLIO COMUNALE SU:
IL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2006 A MUHAMMAD YUNUS
16/10/2006


Consigliere FERRARI (DEMOCRATICI DI SINISTRA)

Grazie Presidente,
io voglio ringraziare anche il nostro capogruppo Claudio Merighi per la sensibilità sul tema e per aver chiesto al nostro Gruppo di intervenire.
La notizia è notissima, è una notizia mondiale: è stato premiata, questa volta, certo col premio Nobel per la Pace e non quello di categoria, quello per l'economia, non una figura di economista accademico, tutto teso - come purtroppo spesso capita - a restringere le possibilità di inclusione di quelle grandi parti del mondo che dallo sviluppo risultano escluse, ma invece è stata premiata la figura di un grande economista, bangladese che ha dedicato tutta la vita ad utilizzare la propria intelligenza, la propria scienza non per escludere ma per includere allo sviluppo tante persone.
Racconta nei suoi libri, Yunus, come è giunto a questa sensibilità, che purtroppo non è di tutti.
Racconta quando, dopo la laurea e i primi insegnamenti negli Stati Uniti, tornando al suo Paese, verificava le condizioni di spaventosa povertà nei villaggi che egli stesso doveva attraversare per recarsi alla sua facoltà.
Decise di non fermarsi alla carità, pur necessaria, ma cominciò a riflettere su quali erano i meccanismi che perpetuavano la povertà.
Tra questi la presunta insolvenza delle famiglie povere, e quindi l'impossibilità di accedere a qualunque forma di sostegno economico tramite prestito, da parte del sistema produttivo ufficiale, il sistema bancario ufficiale, che pure in quel Paese, che è comunque un Paese di grandi attività commerciali, seppur poverissimo, esisteva ed esiste.
Ed ecco allora che iniziò ad approfondire, sia teoricamente, sia dando impulso pratico, addirittura iniziando in proprio, raccogliendo risorse sotto il suo nome, talvolta persino dalle proprie tasche, a costruire esperienze di micro-credito.
Le sue iniziative crebberò via via, mettendo in evidenza due cose: innanzitutto l'infondatezza del pregiudizio dell'insolvenza delle famiglie povere ed in secondo luogo l'emergere della capacità gestionale e manageriale delle donne, che chiunque di noi, se pone mente alla storia della propria famiglia può dire di conoscere, ma che molto spesso non è per nulla considerata come una risorsa economica.
Noi nel parlare di Yunus, consideriamo quanto ha fatto per i Paesi molto poveri, ma il suo pensiero ed il suo metodo insegna molto anche per quanto avviene anche nei nostri Paesi.
In fondo il paradigma di questo economista- rendere le donne e le famiglie protagoniste, favorire l'apertura di credito dall'economia ufficiale a chi ne ha più bisogno- vale anche per il nostro Paese, non è qualcosa di lontanissimo dal nostro mondo, da confinare in esperienze belle ma marginali.
Mentre venivo in Consiglio, cari colleghi e amici, sono passato in macchina lungo i viali e ho visto come anche in zone dove fino a poco tempo fa sarebbe stato ben bizzarro trovare sportelli bancari, vediamo fiorire una quantità incredibile di sportelli di banche, spesso anche provinciali, di città da Bologna molto lontane. Ecco, viene il dubbio, ci ho pensato dovendo fare questo intervento, se appunto anche da noi non sarebbe più necessario, invece di investire nella proliferazione degli sportelli e nella pubblicità, se il sistema bancario fosse assai maggiormente rivolto alla crescita, al finanziamento dello sviluppo a partire dalle fasce più deboli della nostra realtà sociale.
Anche da noi centinaia di migliaia di persone non ricevono fiducia dal sistema creditizio, o la perdono molto facilmente,.. Il capitale non si mette a rischio, non produce la diffusione del benessere sociale.
Yunus ha molto da dire anche a noi.
Salutiamo l'importante riconoscimento che gli è stato conferito, apprestiamnoci, ancor più, a leggerlo ed a verificare, anche alla luce della sua esperienza, quanto è possibile fare per ridare speranza di vita e di sviluppo a tante fra le nostre famniglie.