Il sapere, diritto e risorsa della città.
Il sapere, un diritto delle persone, una risorsa indispensabile per la comunità bolognese.
PD. Le politiche locali per la scuola
A cura di Davide Ferrari. Hanno contribuito, tra altri, alla stesura: Giovanni Sedioli, Rosanna Facchini, Gabriele Ventura, Luciano Russo.
Nonostante si accrescano, anche qui, la lontananza dalla politica e dalle istituzioni, dal senso del bene comune e dalla funzione dell’intervento pubblico, i cittadini di Bologna e dell’Emilia-Romagna, ben comprendono il valore della scuola e della formazione, in un periodo storico nel quale l’orizzonte di riferimento deve, sempre più, essere il mondo intero. Sono cadute le barriere tra le nazioni e i mercati e la possibilità di uscita dalla crisi è migliore per quei paesi che strategicamente puntano sull’educazione e la formazione dei cittadini, investendo su scuola, università e ricerca, investendo sui talenti e sulle competenze dei giovani per prepararli a operare validamente nella società e nel lavoro. E’ presente una diffusa consapevolezza del fatto che l’investimento sulla qualità dell’istruzione e sulla formazione è una leva per contrastare il rischio di esclusione sociale anche per i tanti lavoratori colpiti dalla crisi, e, sul piano strategico, per interrompere il declino del nostro Paese, ritrovare una collocazione mondiale con prodotti industriali e servizi (compresi quelli culturali, turistici, sanitari) capaci di cogliere la domanda vecchia e nuova di una economia internazionale sempre più integrata.
A questa visione di ampio respiro si ispira l’azione di governo regionale e locale, e medesima ispirazione mostra, nella sua prevalenza, il mondo della scuola. Ma portare avanti queste scelte è oggi più difficile, mentre la scuola italiana subisce il più grave attacco da quando vive la Repubblica democratica.
Oggi, in un momento in cui, mentre in tutti i paesi avanzati la crescita è affidata all’istruzione, alla formazione superiore, alla ricerca di base, al trasferimento tecnologico, all’innovazione, la scelta del Governo Berlusconi è stata netta e univoca. La scelta di disinvestire sui sistemi dell’istruzione, della formazione e della ricerca, con massicci tagli alle risorse e con una trasformazione degli
ordinamenti che comprometteranno la crescita e il futuro del Paese. La politica governativa si muove in controtendenza con quanto avviene, sia pure in forme molto differenziate, negli altri Paesi avanzati dove l’investimento è accresciuto e mirato non solo in funzione anticiclica ma per far avanzare l’istruzione nei campi più promettenti dello sviluppo economico, in particolare in quello della cosiddetta “green economy”.
Con la manovra finanziaria 2011-2012 il Governo ha prodotto un taglio dei trasferimenti a Regioni ed Enti Locali che si risolveranno nel mancato ritorno di 200 euro pro-capite di tasse tolti a tutti i cittadini emiliano-romagnoli. In sintesi 1 miliardo di euro di trasferimenti dallo Stato non sarà, nei prossimi due anni, riassegnato a Regione (750 milioni) ed Enti Locali (250 milioni).
Tutto ciò comporterà tagli e rincari tariffari su tutti i servizi pubblici, perché è impensabile recuperare un simile taglio senza leve fiscali e con la sola riduzione di costi delle spese generali o “superflue”.
La scuola già nella bufera, rischia di essere travolta anche sul piano degli interventi educativi degli EE.LL.
L’attacco portato avanti dal Governo, con i gravissimi tagli ed i provvedimenti del tutto conseguenti del Ministro Gelmini delineano un vero e proprio piano antiscolastico. Il risultato è quello di avere una scuola impoverita e riportata a saperi invecchiati, lontana dalla ricerca e dall’attualità.
Il disegno Tremonti-Gelmini, se è strumentale ai tagli è però ampio e tende, in ogni settore, dalla scuola di base all’Università a ridurre tempi ed opportunità, spazi di dialogo e democrazia.
Ecco il punto: oggi non si tratta solo di tagli, ma anche di una sfida sui valori. Per questo ci siamo impegnati e siamo chiamati ad insistere in una battaglia culturale sulle finalità di fondo della scuola.
C’è il bisogno di riaffermare la centralità della scuola, in coerenza con l’Art. 3 della Costituzione, di concepire la funzione educativa come la più importante per la qualità della crescita sociale, certamente, e prima ancora, per assicurare ad ogni individuo, ad ogni persona, maggiore consapevolezza, dignità, libertà.
Le scuole, la professionalità dei docenti sono sottoposte ad attacchi indistinti, di pura connotazione politica. Si vuole diffondere non la critica ma il discredito, allontanare l’opinione pubblica dal vero nodo reale del problema: la scuola è di tutti e toglierle risorse significa sottrarle ad una istituzione che ha compiti di promozione umana e di realizzazione di uguaglianza di opportunità fondamentali.
L’avversione di questo governo alla scuola è indice di una inimicizia verso la democrazia.
E’ una prospettiva inquietante.
I valori che ci vengono proposti sono, nell’ordine: autorità, gerarchia, e disciplina.
Fa riflettere che questo elenco di “valori” che il governo e le sue televisioni ci propongono con insistenza, nello stesso tempo mediatico appaltato, con malcelata ipocrisia, ai mille e mille nani e ballerine che occupano gli schermi e mentre scandali sempre più gravi disegnano una immoralità privata perseguita fino a diventare di pubblica e istituzionale rilevanza.
Certo, consideriamo importanti noi per primi il rispetto reciproco all’interno della vita scolastica, l’autorevolezza dei docenti., come strumenti utili a perseguire più vasti e veri i fini dell’educazione, primo fra tutti quello di favorire una crescita individuale libera e piena, differenziata e ricca.
“L’apertura di porte e finestre nella vita dei bambini”, liberarne l’intelligenza, formarne la capacità di discernere, operare già oggi per garantire uno sviluppo più armonico della personalità dei ragazzi e delle ragazze, non arrendendosi alla deriva dell’aumento del disagio e del cosiddetto “bullismo”. Questi dovrebbero essere i risultati della scuola. E questa la base di quella “naturale devozione della scuola alla democrazia”, di cui scriveva John Dewey.
Ricordare il rapporto fra la scuola e la democrazia mette in rilievo la necessità di un’etica della libertà e responsabilità, di diritti e doveri precisi.
Sono concetti importanti quando, invece di costruire una forte autonomia delle scuole, che sia segnata dalla capacità di fare condurre processi educativi leggibili e verificabili, nella certezza delle risorse e nella continua cura per la qualificazione professionale, esattamente come quei principi generali della democrazia richiedono, si governa senza alcuna responsabilizzazione sugli effetti che si producono, chiedendo rigore e fornendo annunci continui e menzogneri, sottraendosi ad ogni dialettica.
La battaglia contro Gelmini e per difendere e cambiare la scuola è dura e non si può portare avanti solo con la determinazione politica, ci vogliono qualità di proposte ed un ampio coinvolgimento di tutti i soggetti della vita delle scuole.
Per unire e salvaguardare le scuole proprio quando promuoviamo e sosteniamo l’opposizione ed il conflitto contro le scelte gravissime del Governo.
Altrimenti i dirigenti si divideranno dagli insegnanti e viceversa e tutte le componenti interne dai genitori e dagli studenti e tutto il mondo della scuola dalla società.
E’ richiesta la massima attenzione alle forme di lotta e l’attivazione di vasti momenti di confronto culturale, professionale e gestionale.
Pensiamo a momenti politici ma anche soprattutto, senza confonderli, a momenti istituzionali.
Qui la Regione e gli Enti Locali già hanno un grande ruolo e possono fare molto.
Per giungere a piattaforme di territorio, rivolte al Governo, per la difesa del nostro sistema scolastico e per arrivare a sperimentare nel contempo, già ora, forme di un governare-insieme Regione-Enti Locali-Scuole, qui in Emilia-Romagna,del tutto differente.
La controriforma in atto interviene anche sul versante del rapporto fra la Scuola della Repubblica, le Regioni e gli Enti Locali.
La sostanza sembra quella di essere una sorta di decentramento proprietario.
Leggiamo che gli enti locali, con le imprese, entrerebbero nei consigli di amministrazione di scuole diventate fondazioni. Ma si tratta di integrare o di imporre magari scelte didattiche, magari scelte culturali e perfino ideologiche quali quelle che la Lega e gran parte di Forza Italia rivendicano apertamente?
Le esperienze emiliane propongono qualcosa di molto diverso e che ha funzionato.
Anni di pratiche di integrazione tra la libertà delle scuole e la forte presenza di sostegno, anche di indirizzo dell’ente locale, che hanno prodotto risultati: dalla scuola dell’infanzia alla scuola di base, fino alla secondaria superiore.
Mentre la scuola, le sue componenti più consapevoli sono impegnate in una battaglia di difesa così difficile ed importante, sarebbe il tempo invece di nuova visione per l’educazione del XXI secolo, in cui sarebbe necessario non solo sostenere la scuola che c’è, ma introdurre una forte innovazione sollecitata dalle trasformazioni culturali,sociali ed economiche in essere.
L’Emilia-Romagna.
Un buon sistema formativo deve essere inclusivo e per questo riconoscere e valorizzare talento e motivazioni dei singoli al di là delle condizioni socioeconomiche e culturali della famiglia di provenienza.
Anche nella nostra Regione abbiamo bisogno di un sistema formativo che sempre di più garantisca al meglio ad ogni ragazzo e ad ogni ragazza, le medesime e grandi opportunità di successo, attraverso il conseguimento di competenze che li rendano consapevoli della propria personalità, responsabili delle proprie scelte, capaci di relazionarsi, di comprendere e selezionare i messaggi di un mondo complesso, di essere protagonisti nel mondo del lavoro e nella dinamica sociale.
Il successo individuale è patrimonio di tutti perché su esso si basano le possibilità di sviluppo. Così si interpreta il mandato del Trattato di Lisbona: quello di fare diventare l’Europa un’area politica e culturale caratterizzata da “capitale umano” in grado di generare sviluppo e innovazione.
L’ Emilia-Romagna è al lavoro per qualificare il sistema,individuando obiettivi e forme organizzative che servano a qualificare ed estendere il sistema di istruzione, ampliando la consapevolezza sociale del valore della scuola e della formazione.
I)
Il Piano delle politiche attive per attraversare la crisi”, in attuazione del Patto sottoscritto tra la Regione e le Parti sociali ha messo in campo una pluralità di opportunità formative diversificate e capaci di rispondere alle differenti condizioni, esigenze, aspettative dei lavoratori. Percorsi di aggiornamento, specializzazione, qualificazione e riqualificazione personalizzati, sono rivolti ai lavoratori interessati da provvedimenti di cassa integrazione o in mobilità per rafforzare le competenze delle persone e del sistema produttivo nel suo complesso quale strategia per salvaguardare l’occupazione.
II)
La Regione ha stanziato risorse per la valorizzazione dell’autonomia scolastica
-la gestione delle differenze
-la diffusione della cultura tecnico scientifica
-l’accesso alle risorse culturali e didattiche del territorio
e più recentemente le ha orientate verso la scuola dell’Infanzia.
Consapevole della criticità della situazione, la Regione sta intervenendo per il consolidamento di un sistema di relazioni che aiuti la scuola a mantenere una buona qualità. Si tratta di creare condizioni organizzative e di servizio che servano a sostenere e promuovere l’autonomia delle scuole nel compiere le scelte per la qualificazione del servizio.
Il problema di aiutare lo sviluppo dell’autonomia è anche di chi sta “fuori” dalla scuola: delle istituzioni in primo luogo, ma anche di tanti altri soggetti del territorio che condividono la consapevolezza del suo ruolo fondamentale.
Le caratteristiche della politica regionale sono:
coinvolgere le scuole, gli enti territoriali, le imprese, le organizzazioni sociali, le fondazioni, le associazioni culturali, il volontariato ed il privato sociale in un progetto di collaborazione che metta a disposizione del sistema scolastico le risorse presenti nel territorio sia per assicurare la fornitura dei servizi, sia per qualificare la didattica. Si rafforza in tal modo la possibilità delle Istituzioni Scolastiche di comunicare e rendere trasparenti i propri modi di funzionare, dando una sponda concreta alla partecipazione di famiglie e studenti alle scelte.
Noi condividiamo queste scelte e, a partire dalle esperienze in corso, indichiamo alcune linee di azione prioritarie.
*Lo sviluppo dell’autonomia delle scuole. Si tratta di creare le condizioni per cui la collaborazione con i territori per la definizione, qualificazione, realizzazione dei POF (Piani dell’Offerta Formativa) sia un punto qualificante delle politiche degli Enti territoriali. Per rendere efficaci le politiche di autonomia servono un chiaro mandato istituzionale definito a livello nazionale, un affidabile sistema di valutazione, certezza di risorse professionali e finanziarie.
*Una risposta la più ampia, articolata e qualificata possibile alle aspettative delle famiglie di estensione del servizio scolastico e dei servizi educativi per l’infanzia.
*L’integrazione delle risorse formative, al fine di rendere flessibili i percorsi, per trovare risposte adeguate alla complessità delle situazioni culturali cui gli studenti appartengono e alle diverse aspettative delle famiglie. Entra in questa logica il riconoscimento del valore della cultura del lavoro.
*La valorizzazione e il potenziamento della funzione docente, attraverso sia la formazione iniziale sia quella in servizio. Fa parte di questa linea la costruzione di forme di riconoscimento di competenze e di ruoli. Condizione per investire sulla qualità professionale dei docenti è il superamento del precariato.
* La costruzione di una concreta politica di formazione per tutto l’arco della vita, in difesa e promozione della qualità professionale e culturale del cittadino ad ogni livello di età, consapevoli che questo significa creare le condizioni per la crescita delle professionalità dei lavoratori e per contrastare l’espulsione dal mercato del lavoro e per favorire il mantenimento di rapporto fra le generazioni, a fronte di rapidi cambiamenti culturali.
Garanzia per tutti i cittadini, a prescindere dalla loro età ad avere a disposizione servizi formativi che potenzino le loro capacità professionali ed il loro aggiornamento culturale. Soggetti le scuole, la Formazione professionale, l’associazionismo culturale.
* Occorre richiamare l’importanza dei poli tecnologici in fase di realizzazione, che hanno un ruolo primario per la ricerca e l’esigenza correlata di scuole superiori qualificate e di poli di formazione superiore.
La situazione di Bologna.
Nel territorio bolognese, proprio mentre il Governo taglia, si registra una crescita costante della popolazione scolastica, pari a 25.251 alunni/studenti negli ultimi dieci anni:
Alunni totali iscritti nella scuola pubblica statale
Provincia di Bologna, confronto fra l'a.s.1999/2000 e l'a.s.2009/2010.
Infanzia 8.174(99-00), 12.411(09-10)
Primaria 30.030(99-00), 38.876(09-10)
Secondaria
di I grado 17.197(99-00), 22.326(09-10)
Secondaria
di II grado 23.988(99-00), 31.027(09-10)
Totale 79.389(99-00),104.640(09-10)
Nello stesso periodo, mentre cresceva l'indice demografico, si è fatta sempre più forte la richiesta di una scuola a tempo lungo e validamente presidiata, una scuola all’altezza del livello sociale e culturale della nostra realtà
La Provincia ed i Comuni hanno dato vita a manifestazioni ed a proposte per aprire una vera e propria “vertenza scuola” in rappresentanza delle famiglie e dei loro bisogni.
Si sono poi avviate, in questo anno scolastico, numerose e diffuse forme diverse di intervento, a seconda delle possibilità e delle dimensioni degli Enti Locali.
Il Comune di Bologna aveva dato vita ad un Piano di azioni per sostenere l’accesso e la qualificazione dell’offerta formativa nelle scuole del primo ciclo di istruzione orientate a
con la collaborazione delle Istituzioni scolastiche e nell'ambito di quelle che sono le competenze dell 'Ente locale
A. Flessibilizzare le modalità e le fasce orarie di attivazione dei servizi integrativi già esistenti –pre e post orario- allo scopo di determinarne una maggiore adeguatezza di funzionamento rispetto ai bisogni emergenti espressi dalle famiglie
B. Avviare azioni finalizzate alla qualificazione dell’offerta formativa che si sviluppino
sulle seguenti linee:
1.Valorizzazione delle risorse formativo/educative provenienti dal patrimonio storico,
scientifico, culturale, ambientale e sportivo del territorio
2. Prevenzione del disagio relazionale e dei disturbi del linguaggio dell’
apprendimento
3. Integrazione degli alunni figli di migranti di nazionalità diversa da quella italiana
4.Sostegno alle attività di innovazione e di sperimentazione didattica .
L’impegno consolidato dei Comuni emiliano-romagnoli per la Scuola e la formazione è , d’altra parte, da decenni e decenni, rilevantissimo.
Così a Bologna, dove la promozione del sistema formativo territoriale vede l’Ente Locale impegnato
-sia nel sostegno alla qualità dell’Offerta Formativa delle realtà educative per l’infanzia, e delle scuole di base e secondarie, con numerose iniziative che intervengono sulle condizioni di accesso soggetti diversamente abili, sulla didattica, sui saperi, sull’integrazione multietnica e insistono nel favorire il rapporto fra le scuole e le realtà territoriali economiche sociali e culturali,
-sia, in misura ancora rilevante, in una diretta gestione di scuole ed interventi educativi, con i Nidi, le Scuole dell’Infanzia, le attività scuola-cultura-territorio, come le aule didattiche decentrate nei Musei e nelle Istituzioni culturali, e quelle scuola-mondo del lavoro originate dagli Istituti Aldini-Sirani.
Le basi di una politica scolastica dell’Ente Locale sono la libertà di insegnamento e la libertà di fare scuola garantita da una buona pratica dell’ autonomia, quindi il punto di partenza deve essere : riconoscere nelle scuole i primi interlocutori, avere sempre, in ogni progetto, la loro corresponsabili , dall’idea, alle risorse umane e logistiche.
Proponiamo quindi un grande accordo strategico Enti Locali-Scuole, con la partecipazione di tutti gli altri soggetti di un Sistema formativo allargato ed integrato, quasi un piano “regolatore”, o per essere più attuali nella metafora urbanistica, ad un piano “strategico” dell’offerta formativa ed educativa, dagli edifici ai contenuti, pensato e realizzato insieme, a partire dalla proposta culturale, dove grande peso deve avere la voce della didattica in capo alla ricerca autonoma delle scuole.
Occorre studiare e realizzare il percorso istituzionale ed amministrativo capace di unire la realizzazione di Bologna città metropolitana alla valorizzazione nuova e significativa dell’ autonomia delle scuola. L’idea da realizzare secondo criteri di pari valenza istituzionale, Scuole-Ente locale, è proprio quella di una CITTA’ METROPOLITANA della SCUOLA
Siamo convinti che una pubblica amministrazione funzionante è una precondizione per fare politiche pubbliche efficaci. È proprio sulla capacità di innovazione della pubblica amministrazione che Bologna deve essere in grado di rimettere in discussione l’esistente, di superare le duplicazioni, di promuovere semplificazioni e aggregazioni. Il riassetto dell’intera provincia nella logica della Città Metropolitana de essere accompagnato con una riforma dal basso degli uffici per far funzionare meglio la pubblica amministrazione, ridurne i tempi e contenerne i costi.
Pensiamo ad un Piano dell’Offerta formativa impegnato sui contenuti ma anche sulle strutture.
Da troppo tempo non si parla in termini di priorità culturale e politica di edilizia scolastica, anche se soprattutto nel mandato 2004-09 l’impegno del Comune di Bologna sull’edilizia scolastica è stato significativo.
Bisogna ridare centralità oltre ad un monitoraggio di tutte le strutture edilizie delle scuole, anche a progettazioni di alta qualità, non solo per la necessaria verifica degli standard di sicurezza, ma anche e soprattutto per aggiornare/implementare la qualità degli ambienti di vita e di apprendimento dei nostri figli ,almeno secondo tre criteri:
tecnologico: accesso a internet e disponibilità concreta delle ITC, come ad esempio le Lavagne Interattive Multimediali (L.I.M.)
ecologico:attivazione di tutte le soluzioni di risparmio energetico di acqua,riscaldamento, elettricità che potrebbero anche costituire un “volano” per dare ossigeno al settore edilizio,in alternativa ai “condoni anticipati” che costituiscono ormai l’unico percorso governativo
relazionale : salvo le scuole superiori, che hanno la “sala insegnanti”, spesso arredata solo da un tavolo e da armadi metallici anonimi e obsoleti, in nessuna scuola sono previsti spazi di lavoro e di relazione per gli adulti che nella scuola lavorano e alla scuola mandano i loro figli: l’idea invece dovrebbe/potrebbe essere quella di avere stanze di incontro tra insegnanti, tra genitori,tra genitori e insegnanti,”copiando” le soluzioni che pure sono state realizzate per le scuole dei più piccoli e nei Centri per le famiglie e per una scuola di comunità professionale e relazionale come presidio culturale di territorio,in centro e nelle tante periferie.
Le esperienze bolognesi, con l’impegno diretto degli Enti Locali, gestionale e di personale impiegato, non sono considerabili-neanche in anni di crescenti e drammatiche difficoltà di bilancio, una zavorra.
Sono state il banco di prova soprattutto a Bologna, di tutte le principali innovazioni.
Da tempo, d’altra parte è emerso il problema: come ripensare, riqualificare, non solo ridurre le gestioni dirette in epoca di scarsità crescente di risorse.
Una possibile ipotesi è quella di dare vita, a Bologna come già è in molte altre realtà della Regione, ad una Istituzione che sia una articolazione dell’Ente Locale .
Stante il patto di stabilità che colpisce anche i territori virtuosi, impedendo perfino di utilizzare risorse finanziarie disponibili,si può percorrere la strada della forma giuridica dell’Istituzione, cui affidare l’insieme degli storici e gloriosi interventi educativi e pedagogico - culturali del Comune di Bologna – nidi e scuole dell’infanzia , Servizi Integrativi,Centri Famiglie, Aule Didattiche Decentrate ,CD/LEI e contemporaneamente pensare ad istituire la Direzione Pedagogica di tale Istituzione ,magari con uno staff capace di conferire unitarietà agli interventi e di irrobustirne la prioritaria valenza educativa,anche per rilanciare una Bologna capace di futuro,che promuove i diritti di cittadinanza e non “ripara solo i danni”.
I Nidi.
I bambini non sono “scomparsi” ed i nidi non sono costose obsolescenze.
Consideriamo evidenti questi affermazioni.
Basta guardare ai dati.
All'evoluzione della popolazione in età 0-2 anni e alla corrispondente evoluzione dell'utenza nidi
I dati riportati nelle tabelle predisposte dal Comune di Bologna, mostrano i problemi attuali e futuri nell’evoluzione dei servizi rivolti alla prima infanzia. La popolazione da 0 a 2 anni è prevista in leggera crescita nell’arco del prossimo mandato amministrativo (+1,4%).
Nel 2011 (anno scolastico 2010/2011) le domande presentate rappresentano il 47% dell’utenza potenziale ed è un indicatore stabile nel tempo; la copertura della domanda (rapporto tra posti nido e domande presentate) si attesta al 76%, in riduzione rispetto agli anni precedenti.
Nell’ipotesi di mantenimento dell’attuale copertura della domanda e dell’incidenza di domande presentate sul totale della popolazione, a fine periodo sarebbero necessari 44 nuovi posti, pari ad un incremento del 1,4% dei posti rispetto al 2011.
Ipotizzando invece una copertura della domanda che torni ai livelli del 2009 (80%) i posti in più dovrebbero essere 226, con un incremento del 7% rispetto ai posti del 2011.
Bologna ha raggiunto nei servizi rivolti alla prima infanzia risultati eccellenti nella qualità, nella quantità e nella varietà dell’offerta. La percentuale di copertura della regione Emilia-Romagna è la più alta d’Italia con una media del 29%, Bologna raggiunge il 42%.
La lista d’attesa di oltre 850 bambini e il trend demografico impongono come prima esigenza l’allargamento dell’offerta, ma anche la necessità di esaminare i fattori che richiedono di progettare una riorganizzazione del sistema dell’offerta.
I genitori sono preoccupati che le scelte finanziarie che stanno seguendo i tagli del Governo attacchino i Nidi e la loro qualità.
Noi siamo per ogni positiva e partecipata razionalizzazione, siamo contrari a ridurre orari e qualità.
Questo sul piano immediato, di oggi, del bilancio che l’Amministrazione commissariale sta predisponendo.
Sul piano della prospettiva riteniamo che un confronto tecnico e politico sia necessario per arrivare ad un piano di sviluppo dell’offerta,
I capitoli di questo piano di sviluppo sono molti.
Ne citiamo alcuni:
-più nidi pubblici realizzati con il concorso delle grandi amministrazioni pubbliche, per i loro dipendenti ma anche per il territorio, più nidi pubblici realizzati con il concorso di aziende, con lo stesso criterio di apertura territoriale, il project-financing, la verifica delle sperimentazioni di altri servizi educativi fin qui realizzate, per esaminare quanto le forme di auto-organizzazione delle famiglie possono essere sostenute all’interno della rete, per verificare quanto il sistema pubblico e privato siano adeguati alla flessibilità richiesta oggi dal lavoro femminile e dalla debolezza delle reti familiari con nuclei formati spesso da un solo genitore.
Per realizzare una risposta alla domanda di offerta educativa 0-6 anni e a fronte di ulteriori gravissime riduzioni di risorse disponibili a seguito delle politiche del Governo nazionale è necessario per la Scuola dell’Infanzia nella città di Bologna il riconoscimento degli oneri che il Comune di Bologna, in primo luogo, sostiene per la gestione delle scuole dell’Infanzia e gli oneri (oltre 10 milioni di euro) che il Comune ancora sostiene nel non completato processo di statalizzazione dell’Istituto Aldini-Valeriani.
Considerando il differenziale fra percentuale nazionale di copertura del servizio a gestione statale = 61% e quella locale = 18%, occorre che lo Stato si impegni maggiormente e intanto concretamente riconosca a Bologna le risorse che oggi il Comune spende.
La proposta potrebbe essere rappresentata secondo un criterio di validità generale in due modi distinti:
1) richiesta di un intervento finanziario aggiuntivo rispetto ai contributi ordinari previsti dal Miur per le scuole d’infanzia paritarie a norma della legge 62/2000 (a compensazione del maggiore onere sostenuto dai comuni capoluogo di provincia dove la quota di servizio di scuola d'infanzia paritaria - comunale e privata - risulti superiore al 50% dell'offerta complessiva di servizio (in concreto richiesta di raddoppio dei contributi ministeriali alle scuole di infanzia paritarie della città di Bologna (a gestione comunale e a gestione privata);
2) richiesta di valutazione di un analogo intervento finanziario nell'ambito del calcolo dei Lep territoriali relativi agli standard di servizio di scuola d’infanzia correlati alla definizione dei trasferimenti statali per l'attuazione del federalismo.
Contestualmente, anche per dare forza e consenso ancora maggiori a questa richiesta, nei confronti delle famiglie, degli insegnanti e più in generale dei cittadini, è fondamentale attuare una programmazione che determini, da parte del Comune di Bologna, un obiettivo sostenibile, realistico, ma di alta qualità per il proprio impegno gestionale diretto.
Quante scuole dell’infanzia comunale “tenere”, quanti interventi diretti per l’handicap e l’offerta di percorsi culturali-educativi mantenere non può essere deciso dal trascinamento di impegni passati e/o dalla disponibilità di altri.
Deve essere una decisione a monte del Comune, parte integrante di un progetto di riqualificazione. Una decisione che valga per un intero ciclo di programmazione, per almeno un decennio, e sappia assicurare risorse, personale e direzione pedagogica adeguati, per ciò che si mantiene, per farne un laboratorio di qualità.
Nello stesso tempo le competenze acquisite in decenni di intervento diretto vanno utilizzate, senza dissipazioni e trascuratezze, in strumenti di documentazione, ricerca, supporto alla vita di tutte le scuole.
Bisogna dunque mettere in luce dove ha un senso storico gestire ancora direttamente, dichiarare che cosa mantenere; creare strumenti di governo più forti per la gestione e costruire un progetto utile alla qualificazione di tutto il sistema integrato cui da tempo, nella pratica, si è dato vita.
Questo discorso è valido soprattutto per le scuole dell’infanzia. Ma in altro modo anche per i poli polifunzionali tecnici e professionali.
Ad esempio, a Bologna, le Aldini-Valeriani-Sirani, dove, con l’assunzione da parte dello Stato degli Istituti scolastici, ed il mantenimento di una serie di servizi formativi e di orientamento in capo all’Ente Locale, si era fatta fatta la scelta, noi così la intendiamo, di mantenere una poliedricità di interventi intorno ad un polo scolastico che veniva riassunto dalla rete delle scuole pubbliche.
Per questo non abbiamo condiviso la derubricazione delle attività dello sportello lavoro.
Adesso si tratta di sviluppare la progettualità dei servizi formativi Aldini, farne veramente un polo di rinnovata qualità ed utilità, con la piena collaborazione con la Scuola vera e propria, statale ma dotata di autonomia e quindi pienamente interlocutrice dell’Ente Locale e del territorio.
Gli interventi scuola-cultura-territorio
Le Aule Didattiche Decentrate sono una specificità ed una peculiarità del territorio bolognese. Nate da un evento di difficile governo, la riconversione dell’impiego professionale dei maestri comunali già nel Tempo pieno, si sono trasformate in un’opportunità di sviluppo e crescita didattica che nel corso del tempo è divenuta fondamentale ed indispensabile ai percorsi formativi degli studenti del territorio bolognese e non solo, in particolare nella fascia d’età compresa tra gli 8 ed i 15 anni. Sono passati molti anni dal loro impianto e non è facile mantenerne la rete, un impegno diretto su tante realtà, e, nello stesso tempo, sono cresciute altre esperienze, di altra provenienza.
E’ un punto di eccellenza quello che è stato raggiunto, non va dimenticato. In quale altra realtà si è fatta crescere e si è mantenuta una rete così fitta di istituzioni culturali aperte alla fruizione didattica e alle scuole?
Oggi la riduzione degli insegnati e degli stessi quadri orari nella scuola pubblica, unita alla progressiva chiusura dell’esperienza lavorativa degli insegnanti comunali e alle difficoltà di bilancio dell’Ente Locale può determinare una situazione di grave arretramento.
Anche qui bisogna programmare e razionalizzare, Fare un programma condiviso da Scuole, Comune, Università e soggetti investitori pubblico-privati per garantire il mantenimento della rete educativa delle aule decentrate.
Questo è ancora un punto centrale attorno al quale fare ancora più emergere, qualificare, quel ruolo autonomo e rispettoso della autonomia delle scuole che, appunto, vede l’ Ente Locale contribuire a fornire un servizio e investire per la qualità di tutta l’attività didattica, di tutte le scuole.
Sintetizzando la nostra volontà di fare, di governare meglio, non solo bene, vogliamo dire che:
-promuovere la scuola pubblica chiamando a raccolta anche altri, tutti i soggetti sociali, anche chi vuole fare impresa, mantenendo un profilo alto anche quando le risorse sono poche, e quindi
- tornare a programmare e scegliere
è difficile ma necessario.
Così come essere per la scuola, come vogliamo essere, per la scuola sempre.
Documento di proposta del Forum Pubblico "Le scuole e la città"Bologna 10 Novembre 2010
mercoledì 10 novembre 2010
domenica 7 novembre 2010
Bella ciao? Non amano il genere.
Forse è finita così. Il CDA della Rai ha detto: niente “Giovinezza” e niente “Bella ciao” a Sanremo. In conclusione: il canto della libertà vale l’arrogante marcetta degli oppressori. Fin dall’ inizio non era stata un'idea buona quella di metterle insieme, soprattutto in un'Italia così sporca, e che sporca ogni cosa. Certo -come si dice- diversamente dalle intenzioni. Ammiro molto Gianni Morandi. Le donne della mia famiglia sono pronte quasi a tutto nel suo nome. E’ anche in lui che la nostra generazione che trova uno specchio dei suoi giorni. Anche Mazzi non mi dispiace. Per questo la storia del Festival mi ha strappato qualcosa, dentro. Se proprio al nulla questa generazione vuole arrivare meglio che nulla sia, meglio il riserbo amaro dell'ultimo Gaber. Meglio. Non è nell’impastare allegramente giustizia e torto che troveremo una ragione nuova di convivenza nella nostra Nazione incrinata. E poi, mi chiedo, è questa attualità confusa il “mestiere” del Festival? Finirà con una censura? “Bella ciao” è abituata. I partigiani saranno stati “i vincitori”, come li chiama l’affluente Pansa, ma le loro canzoni il potere ha sempre evitato di farle sentire. Si vede che non amava il genere.
“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, 7 Novembre 2010
“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, 7 Novembre 2010
lunedì 1 novembre 2010
Pasolini

Pasolini. Noi sapevamo da che parte stava. Solo ci stava a suo modo, vedendo che anche il nostro progresso era un baco nella mela. Sviluppava, cresceva ma sottraeva, invece, avvelenava. Non volevano gli altri, il male che esiste, che lui fosse così. Allora. E oggi, giocando i mostri con il passato, vogliono che anche oggi non sia.
sabato 30 ottobre 2010
Pausa di riflessione.
Tristezza e amicizia per Cev. E preoccupazione. Passata quella per lui, resta quella per noi.
E' il tempo di una pausa di riflessione, Lo dico con aria grave e meditativa, per saggezza, per ovvietà, perché non si sa che cosa dire.
Certo, è meglio riflettere. Meglio "la" pausa. Quella di queste ore, densa di significato e di attesa, dalla quale deve scaturire la soluzione.
Resta un problema: cosa si fa durante?. Ti interrogano i giornali? Dichiara solo che stai riflettendo. Già qui i crampi dell'astinenza si fanno sentire. Anche “la vita”, fuori dalla politica, diventa problematica. Niente feste, sconvenienti, meglio mostrarsi soli nei propri pensieri. Un' abbigliamento sobrio, tinte un po' grigie, adatte al momento ascetico. Si potrebbe riscoprire la famiglia, dopo tanto tempo in riunioni, ma senza esagerare. Se no si preoccupa. Esserci, ma non esserci, Sorridere molto, ma più sospirare. Ammiccare, ma senza volgarità. Insomma è il tempo di essere autorevoli e precari assieme, come i giovani scienziati italiani. Che fatica essere in pausa. Ha ragione Marchionne: meglio lavurà che lavarsi le mani. Forse, si potrebbe ascoltare? No, no, per carità, dicevo così per dire.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L' Unità Emilia-Romagna
E' il tempo di una pausa di riflessione, Lo dico con aria grave e meditativa, per saggezza, per ovvietà, perché non si sa che cosa dire.
Certo, è meglio riflettere. Meglio "la" pausa. Quella di queste ore, densa di significato e di attesa, dalla quale deve scaturire la soluzione.
Resta un problema: cosa si fa durante?. Ti interrogano i giornali? Dichiara solo che stai riflettendo. Già qui i crampi dell'astinenza si fanno sentire. Anche “la vita”, fuori dalla politica, diventa problematica. Niente feste, sconvenienti, meglio mostrarsi soli nei propri pensieri. Un' abbigliamento sobrio, tinte un po' grigie, adatte al momento ascetico. Si potrebbe riscoprire la famiglia, dopo tanto tempo in riunioni, ma senza esagerare. Se no si preoccupa. Esserci, ma non esserci, Sorridere molto, ma più sospirare. Ammiccare, ma senza volgarità. Insomma è il tempo di essere autorevoli e precari assieme, come i giovani scienziati italiani. Che fatica essere in pausa. Ha ragione Marchionne: meglio lavurà che lavarsi le mani. Forse, si potrebbe ascoltare? No, no, per carità, dicevo così per dire.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L' Unità Emilia-Romagna
sabato 23 ottobre 2010
Cev: c'è bisogno.
Caro Maurizio,
in questi giorni stiamo raccogliendo i messaggi di buona salute e di resistenza augurata che arrivano dai cittadini: vecchi, giovani, bambini e ottuagenari, donne, uomini, transgender, di origine felsinea, bangladese, partenopea, di Mezzolara e di Bitritto, di Faenza e di Atlantide.
E' una umanità commossa che ti invoca. Invocare è poco. Si avviano teurgie, pratiche di salvezza, magie bianche e nere.
C'è chi intraprende la lettura dell'olio nel piatto, sana eredità del nostro contado, e c'è chi, siamo nella globalizzazione, punta sulla macumba. Una famiglia della Pescarola assicura preghiere per te e maledizioni ai maligni. Le signore della mostra dei pizzi, orgoglio del volontariato del mio Quartiere, assicurano che il candore delle trine si è oscurato dal dì del tuo ricovero. I “vu’cumprà” hanno già pronte mille felpe rossoblù. ”E’ quella del Cev. Cinquanta euro”. Non puoi che guarire, al più presto. Ci sono anch’io, a sperare. Imparo da tanto amore e ascolto, al bar, l’interrogarsi dei più amici. "E' la mancanza della figura paterna", assicura un PD della nuova generazione, studi in psicologia." E' che di lui c'è bisogno" chiude l'Attilio. L'assemblea è d'accordo.
in questi giorni stiamo raccogliendo i messaggi di buona salute e di resistenza augurata che arrivano dai cittadini: vecchi, giovani, bambini e ottuagenari, donne, uomini, transgender, di origine felsinea, bangladese, partenopea, di Mezzolara e di Bitritto, di Faenza e di Atlantide.
E' una umanità commossa che ti invoca. Invocare è poco. Si avviano teurgie, pratiche di salvezza, magie bianche e nere.
C'è chi intraprende la lettura dell'olio nel piatto, sana eredità del nostro contado, e c'è chi, siamo nella globalizzazione, punta sulla macumba. Una famiglia della Pescarola assicura preghiere per te e maledizioni ai maligni. Le signore della mostra dei pizzi, orgoglio del volontariato del mio Quartiere, assicurano che il candore delle trine si è oscurato dal dì del tuo ricovero. I “vu’cumprà” hanno già pronte mille felpe rossoblù. ”E’ quella del Cev. Cinquanta euro”. Non puoi che guarire, al più presto. Ci sono anch’io, a sperare. Imparo da tanto amore e ascolto, al bar, l’interrogarsi dei più amici. "E' la mancanza della figura paterna", assicura un PD della nuova generazione, studi in psicologia." E' che di lui c'è bisogno" chiude l'Attilio. L'assemblea è d'accordo.
domenica 17 ottobre 2010
Scarpe comode e tute blu.
Sono a Roma, anch’io con la Fiom, nonostante il mio sindacato di categoria, la Feder-federe, (che tutela chi di Sabato dorme) fosse un po’ contrario.
D’altra parte se non esistono più le classi posso esserci anch’io, un ex-quadro diventato “lumpen”, e non solo le tute blu. E’ per la legalità, per un po’ di soldi, raso raso ciò che ci vuole per vivere, dati per contratto e non per elemosina, per la dignità e la sicurezza del lavoro. Dovrebbero esserci tutti. Invece no. I loro giornali hanno minimizzato, ed i loro ministri hanno attaccato. Per primi i leghisti che stanno sempre col popolo, basta che non si avvicini troppo, come Maroni. “Infiltrati, pericolo, terrorismo. Me lo dicono i servizi”. Ecco dove lo “servivano”, invece di "perdere tempo" a Genova con le teste rasate. Insomma, il conflitto sociale non esiste più, ma lor signori lo fanno lo stesso. Non si sa mai, e poi, è sempre uno sport. Anch’io l’ho presa sportiva, come insegnavano i manuali degli anni ’70. Scarpe comode e bene allacciate, per non inciampare, casomai…“ Dai corri che perdiamo gli emiliani -mi intima l’Attilio- c’ho ottan’tanni e vado più forte di te”. Non è colpa mia, ero nato per fare il signore. Mannaggia.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, 15 Ottobre 2010
D’altra parte se non esistono più le classi posso esserci anch’io, un ex-quadro diventato “lumpen”, e non solo le tute blu. E’ per la legalità, per un po’ di soldi, raso raso ciò che ci vuole per vivere, dati per contratto e non per elemosina, per la dignità e la sicurezza del lavoro. Dovrebbero esserci tutti. Invece no. I loro giornali hanno minimizzato, ed i loro ministri hanno attaccato. Per primi i leghisti che stanno sempre col popolo, basta che non si avvicini troppo, come Maroni. “Infiltrati, pericolo, terrorismo. Me lo dicono i servizi”. Ecco dove lo “servivano”, invece di "perdere tempo" a Genova con le teste rasate. Insomma, il conflitto sociale non esiste più, ma lor signori lo fanno lo stesso. Non si sa mai, e poi, è sempre uno sport. Anch’io l’ho presa sportiva, come insegnavano i manuali degli anni ’70. Scarpe comode e bene allacciate, per non inciampare, casomai…“ Dai corri che perdiamo gli emiliani -mi intima l’Attilio- c’ho ottan’tanni e vado più forte di te”. Non è colpa mia, ero nato per fare il signore. Mannaggia.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, 15 Ottobre 2010
sabato 9 ottobre 2010
Quattromila
Quattromila studenti nella Piazza delle Sette Chiese a Bologna. La bomboniera davanti Santo Stefano: gremita. Gente a posto. “Il primo dei nostri che mi ricorda che comunque la Gelmini va forte nei sondaggi, lo stronco”, mi lascio andare con un amico della CGIL. Sì non se ne può più: ogni volta che qualcuno non ci sta, spuntano, da ogni parte, cento sondaggi pret a porter, figli dell’incertezza e di una furbizia che diventa paura. Non bastano le lotte, ma è un bel guaio se non si fanno, quando la causa è giusta. La scuola è sempre la causa più giusta. Se tiri il filo, da lì si disbroglia tutta la matassa. Cerco un po’ di dialogo. “ Come va?”-azzardo timido ad un manifestante. “Scusi ma con la stampa abbiamo già parlato”. “Ah, ecco!” - rispondo. Mi allontano. Mi guardano un po’ stupiti. “Ma chi è questo qui? Troppo vecchio per essere un cronista”. Eppure avrei tante cose da dire, da “insegnare”. A non dividersi, per esempio. Ma forse lo sanno già. Restano in Piazza, nonostante qualche aletta estrema, senza errori e dispersioni. Comunque sono contento di esserci anch’io. Come sempre. “Ciao”-dico al sindacalista-“Vado a comprare l’Unità!”. Cos’altro posso fare.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
9 Ottobre 2010
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
9 Ottobre 2010
mercoledì 6 ottobre 2010
Malazeni: lettura di poesie.
Mercoledì 6 Ottobre, ore 21.
Al "Malazeni" di via Mascarella 84/d, a Bologna.
Grande festa di chiusura della Rassegna:
DA BOLOGNA AL SUD DEL MONDO
parlando, recitando e suonando il SUD DEL MONDO.
Con una lettura di poesie di Davide Ferrari, Michela Turra, Gregorio Scalise, Andrea Villa.
Al "Malazeni" di via Mascarella 84/d, a Bologna.
Grande festa di chiusura della Rassegna:
DA BOLOGNA AL SUD DEL MONDO
parlando, recitando e suonando il SUD DEL MONDO.
Con una lettura di poesie di Davide Ferrari, Michela Turra, Gregorio Scalise, Andrea Villa.
sabato 2 ottobre 2010
Sindaci e cognati.
I Sindaci si ribellano. Garantire i servizi senza soldi è impossibile, anche con la migliore volontà. A Cavriago si vuole dare indietro la fascia tricolore, altrove ci si sta pensando. Se le indossi Brunetta. Tutte. Una sull’altra. Magari accorciate da Caraceni. Altrimenti sembrerà Re Vittorio
con lo sciabolone a strascico. Se le metta la Gelmini, dopo aver ritagliato le strisce bianche e rosse. Se resta solo il verde farà contento anche il Trota. E’ una santa protesta. Si stava già parlando troppo delle soluzioni alternative al welfare pubblico. Non che sia sbagliato attrezzarsi, ma sostituire tutti con i seguaci del Rondoni, il lirico di Comunione e Liberazione, pare difficile. Senza un euro, anche le armate della Santa Fede potrebbero fare poco. Il Sindaco senza fascia avrà più udienza dai media di quello con tracolla? Si sa, le notizie sono altre. Ci raccontano della casa di Boulevard Princesse Charlotte, a pranzo e a cena. Fosse vivo Mike avrebbero inserito la cucina di Elisabetto anche nelle televendite della grappa. D’altra parte, è verissimo, i cognati fanno più danni di Tremonti.
Al mio, uno ne ho, imprestai nel ’78 una penna Carioca. Ci credereste? Non l’ho più vista.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
2 Ottobre 2010
con lo sciabolone a strascico. Se le metta la Gelmini, dopo aver ritagliato le strisce bianche e rosse. Se resta solo il verde farà contento anche il Trota. E’ una santa protesta. Si stava già parlando troppo delle soluzioni alternative al welfare pubblico. Non che sia sbagliato attrezzarsi, ma sostituire tutti con i seguaci del Rondoni, il lirico di Comunione e Liberazione, pare difficile. Senza un euro, anche le armate della Santa Fede potrebbero fare poco. Il Sindaco senza fascia avrà più udienza dai media di quello con tracolla? Si sa, le notizie sono altre. Ci raccontano della casa di Boulevard Princesse Charlotte, a pranzo e a cena. Fosse vivo Mike avrebbero inserito la cucina di Elisabetto anche nelle televendite della grappa. D’altra parte, è verissimo, i cognati fanno più danni di Tremonti.
Al mio, uno ne ho, imprestai nel ’78 una penna Carioca. Ci credereste? Non l’ho più vista.
Il contrario
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
2 Ottobre 2010
sabato 25 settembre 2010
A cosa serve l'Unità
Se si guarda alle stelle, se si pensa all’infinito, come insegnava l’altissima mente di Leopardi, anche questo giornale a cosa serve? Tutto passa, tutto è vanità. Ma Leopardi stesso non si fermava qui. Ha insegnato l’intrinseca bellezza e necessità, per noi uomini, delle relazioni con gli altri uomini.
Abbiamo qualche valore solo se ci diamo reciproca dignità: con il parlare, l’ascoltare, con il pensare e il raccontare. Essere dei cittadini, questo è. L’Unità è sempre servita a formare dei cittadini, a non accontentarsi della "gente".
Scrivere dei lavoratori a partire dalla realtà e dalle idee del lavoro, oggi, quando gli altri ne ridono.
Scrivere di città, come quelle dell’Emilia Romagna, che possono ripartire solo se non smarriscono l’orgoglio di voler essere qualche cosa di più, quando quasi tutti scommettono sulla furbizia cieca e rabbiosa. L’Unità è solo questo, niente di più.
Mi basta, in questo Settembre, ancora caldo, mentre rilancio un pallone a dei ragazzi che giocano.
E’ per loro che vorrei una volontà così forte da scommettere ancora. Il nostro giornale, qui, oggi e domani.
IL CONTRARIO
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, Sabato 25 settembre
Abbiamo qualche valore solo se ci diamo reciproca dignità: con il parlare, l’ascoltare, con il pensare e il raccontare. Essere dei cittadini, questo è. L’Unità è sempre servita a formare dei cittadini, a non accontentarsi della "gente".
Scrivere dei lavoratori a partire dalla realtà e dalle idee del lavoro, oggi, quando gli altri ne ridono.
Scrivere di città, come quelle dell’Emilia Romagna, che possono ripartire solo se non smarriscono l’orgoglio di voler essere qualche cosa di più, quando quasi tutti scommettono sulla furbizia cieca e rabbiosa. L’Unità è solo questo, niente di più.
Mi basta, in questo Settembre, ancora caldo, mentre rilancio un pallone a dei ragazzi che giocano.
E’ per loro che vorrei una volontà così forte da scommettere ancora. Il nostro giornale, qui, oggi e domani.
IL CONTRARIO
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna, Sabato 25 settembre
domenica 5 settembre 2010
Casadeipensieri. La ventesima edizione
Vent’anni fa nasceva alla Festa dell'Unità la prima grande rassegna internazionale promossa dall’Associazione “La casa dei pensieri”, che già dal 1987 promuoveva eventi e presentazioni di libri.
Le edizioni si sono susseguite per due decenni, fino a quella che è in questi giorni in pieno svolgimento.
La formula si è via via aggiornata, ma il “cuore” della proposta resta il medesimo: l’intuizione che attorno alle novità editoriali possano essere promossi eventi che vedano insieme la parola, l’immagine, la musica. Il contenuto ha seguito diversi filoni di ricerca, non rinunciando ad un tratto peculiare di continuità e di approfondimento: il rapporto fra letteratura e vita sociale e civile, il rifiuto della chiusura provincialistica e l’apertura alle letterature d’Europa e del mondo. Quest’anno il programma, che contiene anche un contributo, una nota originale, di Roberto Roversi, si intitola: “Cultura, L’eredità del presente”. Eredità culturale del presente vuol dire volontà di analizzare, con gli strumenti della memoria e con gli occhi aperti le contraddizioni nelle quali viviamo.
Una novità importante: il programma si svolgerà, in parallelo al ricco cartellone del Parco Nord, in alcune fra le principali librerie del centro storico il segno di un legame indissolubile fra la Festa e la città.
Gli eventi dei prossimi giorni sono numerosi ed importanti, grazie alla partecipazione, fra altre, di personalità quali Rolando Dondarini (Melbookstore via rizzoli 18, 8 Sett.Ore 18,30),Giulio Giorello (alla Feltrinelli delle Due Torri il 9 Sett. Ore 18,30), Loriano Machiavelli (Parco Nord, 9 Sett.Ore 20,30), il grande filosofo spagnolo Eugenio Trias (Libreria Feltrinelli piazza Galvani 1h,10 Sett. Ore 18,30), Lorenzo Pavolini e Matteo Nucci (Parco Nord 11 Sett.Ore 20,30), lo scrittore irlandese Hugo Hamilton(Parco Nord, 12 Sett. Ore 18), il poeta americano Paul Vangelisti con Nanni Balestrini (Parco Nord 12 Sett.Ore 20,30), la filosofa ungherese Agnes Heller (Feltrinelli di Piazza Galvani 1h, 13 Sett. Ore 18,30), la grande scrittrice Edith Bruck (Parco Nord, 13 Sett.Ore 20,30),Grazia Verasani (Melbookstore via Rizoli 18,14 Sett. ore 18,30), Gregorio Scalise (Libreria delle Moline 16 Sett.h 18,30), Gian Enrico Rusconi (Libreria Coop Ambasciatori 20 Sett. Ore 18,30), e infine lo storico dell'arte Daniele Benati su Caravaggio (20 Sett.).
Casadeipensieri partecipa alla Festa Nazionale della scuola con più occasioni di riflessione ed incontro, con Franco Cambi, Luigi Guerra, Enzo Morgagni, Franco Frabboni (tutti insieme l'8 Sett.alle ore 20,30 al Parco Nord), Dario Missaglia (Libreria delle Moline, 12 Sett.Ore 18,30). E, il 10 Settembre, al Parco Nord, alle ore 20,30, il confronto fra molte, straordinarie riviste e portali web sull’educazione e la scuola (fra le quali www.riformadellascuola.it), nell’anno, fra tanti altri anniversari, dedicato al ricordo di Gianni Rodari.
www.casadeipensieri.eu
La Bologna che vogliamo
rubrica di Davide Ferrari
su 2La Tribuna2 e "Free Press"
Le edizioni si sono susseguite per due decenni, fino a quella che è in questi giorni in pieno svolgimento.
La formula si è via via aggiornata, ma il “cuore” della proposta resta il medesimo: l’intuizione che attorno alle novità editoriali possano essere promossi eventi che vedano insieme la parola, l’immagine, la musica. Il contenuto ha seguito diversi filoni di ricerca, non rinunciando ad un tratto peculiare di continuità e di approfondimento: il rapporto fra letteratura e vita sociale e civile, il rifiuto della chiusura provincialistica e l’apertura alle letterature d’Europa e del mondo. Quest’anno il programma, che contiene anche un contributo, una nota originale, di Roberto Roversi, si intitola: “Cultura, L’eredità del presente”. Eredità culturale del presente vuol dire volontà di analizzare, con gli strumenti della memoria e con gli occhi aperti le contraddizioni nelle quali viviamo.
Una novità importante: il programma si svolgerà, in parallelo al ricco cartellone del Parco Nord, in alcune fra le principali librerie del centro storico il segno di un legame indissolubile fra la Festa e la città.
Gli eventi dei prossimi giorni sono numerosi ed importanti, grazie alla partecipazione, fra altre, di personalità quali Rolando Dondarini (Melbookstore via rizzoli 18, 8 Sett.Ore 18,30),Giulio Giorello (alla Feltrinelli delle Due Torri il 9 Sett. Ore 18,30), Loriano Machiavelli (Parco Nord, 9 Sett.Ore 20,30), il grande filosofo spagnolo Eugenio Trias (Libreria Feltrinelli piazza Galvani 1h,10 Sett. Ore 18,30), Lorenzo Pavolini e Matteo Nucci (Parco Nord 11 Sett.Ore 20,30), lo scrittore irlandese Hugo Hamilton(Parco Nord, 12 Sett. Ore 18), il poeta americano Paul Vangelisti con Nanni Balestrini (Parco Nord 12 Sett.Ore 20,30), la filosofa ungherese Agnes Heller (Feltrinelli di Piazza Galvani 1h, 13 Sett. Ore 18,30), la grande scrittrice Edith Bruck (Parco Nord, 13 Sett.Ore 20,30),Grazia Verasani (Melbookstore via Rizoli 18,14 Sett. ore 18,30), Gregorio Scalise (Libreria delle Moline 16 Sett.h 18,30), Gian Enrico Rusconi (Libreria Coop Ambasciatori 20 Sett. Ore 18,30), e infine lo storico dell'arte Daniele Benati su Caravaggio (20 Sett.).
Casadeipensieri partecipa alla Festa Nazionale della scuola con più occasioni di riflessione ed incontro, con Franco Cambi, Luigi Guerra, Enzo Morgagni, Franco Frabboni (tutti insieme l'8 Sett.alle ore 20,30 al Parco Nord), Dario Missaglia (Libreria delle Moline, 12 Sett.Ore 18,30). E, il 10 Settembre, al Parco Nord, alle ore 20,30, il confronto fra molte, straordinarie riviste e portali web sull’educazione e la scuola (fra le quali www.riformadellascuola.it), nell’anno, fra tanti altri anniversari, dedicato al ricordo di Gianni Rodari.
www.casadeipensieri.eu
La Bologna che vogliamo
rubrica di Davide Ferrari
su 2La Tribuna2 e "Free Press"
sabato 4 settembre 2010
Il carciofo ed i ricci
Poco sole questi pomeriggi, ma alla granita, alla Festa, non rinunciamo, io e l’Attilio. ”La gente viene, dicevano che era tutto un fuggi”ci dico. “Noi siamo simpatici-mi dice-non diamo fastidio a nessuno”. E’ vero, grandi litigi niente, al massimo il Guazzaloca che continua a chiedere un “governo dei migliori” senza curarsi del fatto che difficilmente potrebbe farne parte.”Ed oggi la CGIL parla di programmi, e che programmmi, dalla scienza ai servizi, dall’industria ai trasporti”. Sette punti precisi mirati, non tutto nuovo, ma tutto urgente e messo in fila.”Hai visto? Il Sindacato le dice tutte insieme”. E’ per non fare la politica del carciofo, che lo sfogliano pian piano e alla fine non resta niente.”Il candidato è proprio come il carciofo, se lo tieni troppo in mano diventa amaro”. “Sì ma riusciranno i candidati-che devono piacere un po’ a tutti- a parlare di cose così concrete?”. “Come no? Anselmi ha tanti occhiali che legge anche le cose scritte più in piccolo, nei programmi. Campagnoli è bello rotondo, che si vede che è un tipo a posto, ma gli occhi svelti, che capisce al volo”. “E Cevenini?” ”Quello lì, c’ha tanti ricci in testa che è come il velcro. Acchiappa le buone idee e non le fa più scappare”.
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
l'Unità Emilia-Romagna
4 Settembre 2010
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
l'Unità Emilia-Romagna
4 Settembre 2010
sabato 28 agosto 2010
Scuole povere e maoisti di regime.
Hanno ragione loro. Quegli ex del ‘68 che sono passati dall’altra parte. Tanti anni fa volevano chiudere le scuole ed oggi la Gelmini li accontenta. Credevamo noi, maligni, che dietro tante capriole, dai picchetti rivoluzionari alle TV di Mediaset vi fossero cedimenti etici. Nossignore! Vi è invece una coerenza profonda. E’ tutta una strategia. Chi meglio di Tremonti rimanda “in campagna” bidelli e precari? Altro che Pol Pot. Chi obbliga più del Ministero dell’era Brunetta gli studenti a consegnare i fogli in bianco, così si risparmia sulla carta? Le Guardie Rosse hanno vinto, finalmente. Questo ci viene in mente quando, sul finir dell’estate, mentre dai “territori” giungono notizie drammatiche sulle condizioni di miseria cui sono costrette le scuole, in dubbio di riapertura, nei talk show campeggiano quei mezzi busti di ogni regime: gli ex sinistri, oggi pretoriani culturali di Berlusconi, appassionati laudatores di Gelmini e delle sue forbici. Aveva proprio ragione Pasolini quando lodava i loro persecutori, gli ignari proletari in divisa da carabiniere. Addavenì …! E quando verrà, anche se avessero settanta anni, a scuola li rimanderemo. Tanto, abbronzati e ben pasciuti, striduli e giocondi, sono per sempre, degli eterni bambini.
sabato 14 agosto 2010
Colpa loro
Smantellano il servizio telefonico anti-tratta, la rete di aiuto alle donne che vogliono uscire dalla schiavitù violenta del meretricio. Immaginiamo di raccontarlo ad un amico lontano, ad un foresto. "What? Governo di Mr. Berlusconi closes rete contro prostituzione?-ci risponderebbe- It's obvious, è naturale, my friend!" E' vero i telefoni oggi, in certe stanze, non solo della Destra, aimè, si usano per fare l'agenda delle alcove, non per mettere in salvo le ragazze. Gli uomini perbene non le vogliono in strada, un minuto dopo essersene serviti, ma non sono contro "il mestiere più antico del mondo", come lo chiamano con compiacimento. Le donne sono sole. Aggredite se decidono di provare a uscire dal giro, sempre più vittime. "E' colpa loro. Troppa carne scoperta" e poi le "negre" danno fastidio. Quando parlano al telefonino fanno baccano. "Troppo”. Meglio che sulle donne in vendita si risparmino quattrini pubblici."Basta con queste spese inutili della Sinistra chic! Mentre i nostri pensionati muoiono di fame" . Dirà il polista di turno, filando via in Jaguar. Sgommando.
“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
14 Agosto 2010
“Il contrario”
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
14 Agosto 2010
venerdì 13 agosto 2010
Il Sindaco di color che sanno
2 Agosto a Bologna, Bersani e Donini al corso. Microfoni aperti. Pochi sanno che trenta metri al massimo, dietro, spalla a spalla ci parlavamo anche io e l’Attilio. Nessuno ci ha registrato. Le solite ingiustizie. Cosa ci siamo detti? Che il Sindaco dovrebbe essere giovane, buono, piacere alle donne, rassicurare gli uomini. Aperto al centro, anche un po’ di sinistra, amico di tutti. Dev’essere nuovo nuovo, ma anche avere esperienza da vendere. Poi siamo arrivati al cuore del problema. “Piacerà ai poteri forti?”” Ed alla pancia della città’? Non ti scordare la pancia!”mi ha corretto Attilio. “Come potrei?” Gli ho risposto guardando in basso”. E ancora: “Che sia del Pd”.”Ma non del tutto. Un po’ si’ e un po’ no”. “Dev’essere dei migliori. Mica dei peggiori”. Abbiamo detto persino: ”Ci vuole uno che prenda molti voti”. Insomma tutto in linea con i severi commentatori mediatici di questi giorni. Color che sanno. Quelli che vogliono azzerare tutti i candidati. “Ma ci vorrebbe uno che conosce Bologna, con qualche buona idea della città!Perbacco!” E’ sbottato l’Attilio. “Bologna? Idee? Lo vedi come sei? Per una volta che la pensavamo come tutti, ste’ cose vai a tirar fuori”.
"Il contrario"
rubrica di Davde Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
"Il contrario"
rubrica di Davde Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
sabato 7 agosto 2010
Stalin: un ragazzo in gamba.
Stalin era un ragazzo in gamba, in fondo. Reduce da una avventurosa e sanguinosa rapina ad un treno , riparato con il malloppo in Italia, si sottrasse alle polizie di tutta Europa distribuendo con onestà, senza trattenere un copeco, i soldi dell’”esproprio proletario” ai vari gruppi rivoluzionari allora dispersi.
Sbarco’ nell’inverno del 1907 ad Ancona, riparò a Venezia a S.Lazzaro, nel convento dei frati armeni. Ne fu poi allontanato perché, nottetempo, con una barchetta scappava in città in cerca di legittimi svaghi.
E’ leggenda? Non sappiamo. Certo è che la vicenda incuriosisce. Hugo Pratt la inserì, nelle sue narrazioni, sceneggiando una telefonata, con il ricordo dei vecchi tempi veneziani, fra Corto Maltese e Bepi, così lo chiamavano i compagni della laguna.
E , incuriosito, Raffaele K. Salinari ha scritto un piccolo libretto che non si riesce a non leggere: “Stalin in Italia ovvero “Bepi del giasso”, per le edizioni “Ogni uomo è tutti gli uomini”.
Una piccola storia appena probabile, mentre quasi certi furono i rapporti fra Stalin e i rivoluzionari russi in Italia, in cerca di fondi, per sopravvivere e reggere le loro “scuole”.
Le scuole quadri: un modo per serrare le correnti, e prepararsi ad eventi più favorevoli, esattamente come oggi.
I bolscevichi andarono a studiare a Capri, poi a Bologna, in via Marsala, nel Novembre del 1910.
Bologna era certo adatta, centro ferroviario e vicina un po’ a tutto. Non sappiamo molto di quegli anni e in particolare dell’episodio italiano e bolognese.
Storie ne furono scritte, ma ispirate o addirittura redatte personalmente da Stalin dittatore. Gli avvenimenti riscritti o cancellati.
Oggi i rivoluzionari appaiono tutti sconfitti, demoni alla ricerca dell’inafferrabile, ed un nuovo conformismo opera una nuova cancellazione della storia.
Ma non è così, nel bolscevismo, la “più antipatica” delle infinite correnti dei socialdemocratici russi-come la definì Anna Kuliscioff, si ritrovarono alcuni fra i cervelli migliori dell’epoca.
Così sappiamo che a Bologna passò Maksim Gorkij e insegnò Trotskji.
E ricordiamo che il promotore della scuola bolognese fu Aleksandr Bogdanov, medico, filosofo, futurologo, geniale fino alla bizzarria.
Quel Bogdanov che, pare, proprio un rarissimo impeto di generosità di Stalin salvò da una delle prime purghe, aveva il torto di essere, già allora, nell’esilio italiano, fra gli oppositori alla linea di Lenin.
Lenin lo considerava, non senza motivo, minoritario e aprì un suo centro studi a Parigi, nella Ville lumiere, non più dalle nostre parti così periferiche. Ancora con l’aiuto dei fondi di Koba. Potenza dei tesorieri! Sempre come oggidì.
L'Unità Emilia-Romagna
Sbarco’ nell’inverno del 1907 ad Ancona, riparò a Venezia a S.Lazzaro, nel convento dei frati armeni. Ne fu poi allontanato perché, nottetempo, con una barchetta scappava in città in cerca di legittimi svaghi.
E’ leggenda? Non sappiamo. Certo è che la vicenda incuriosisce. Hugo Pratt la inserì, nelle sue narrazioni, sceneggiando una telefonata, con il ricordo dei vecchi tempi veneziani, fra Corto Maltese e Bepi, così lo chiamavano i compagni della laguna.
E , incuriosito, Raffaele K. Salinari ha scritto un piccolo libretto che non si riesce a non leggere: “Stalin in Italia ovvero “Bepi del giasso”, per le edizioni “Ogni uomo è tutti gli uomini”.
Una piccola storia appena probabile, mentre quasi certi furono i rapporti fra Stalin e i rivoluzionari russi in Italia, in cerca di fondi, per sopravvivere e reggere le loro “scuole”.
Le scuole quadri: un modo per serrare le correnti, e prepararsi ad eventi più favorevoli, esattamente come oggi.
I bolscevichi andarono a studiare a Capri, poi a Bologna, in via Marsala, nel Novembre del 1910.
Bologna era certo adatta, centro ferroviario e vicina un po’ a tutto. Non sappiamo molto di quegli anni e in particolare dell’episodio italiano e bolognese.
Storie ne furono scritte, ma ispirate o addirittura redatte personalmente da Stalin dittatore. Gli avvenimenti riscritti o cancellati.
Oggi i rivoluzionari appaiono tutti sconfitti, demoni alla ricerca dell’inafferrabile, ed un nuovo conformismo opera una nuova cancellazione della storia.
Ma non è così, nel bolscevismo, la “più antipatica” delle infinite correnti dei socialdemocratici russi-come la definì Anna Kuliscioff, si ritrovarono alcuni fra i cervelli migliori dell’epoca.
Così sappiamo che a Bologna passò Maksim Gorkij e insegnò Trotskji.
E ricordiamo che il promotore della scuola bolognese fu Aleksandr Bogdanov, medico, filosofo, futurologo, geniale fino alla bizzarria.
Quel Bogdanov che, pare, proprio un rarissimo impeto di generosità di Stalin salvò da una delle prime purghe, aveva il torto di essere, già allora, nell’esilio italiano, fra gli oppositori alla linea di Lenin.
Lenin lo considerava, non senza motivo, minoritario e aprì un suo centro studi a Parigi, nella Ville lumiere, non più dalle nostre parti così periferiche. Ancora con l’aiuto dei fondi di Koba. Potenza dei tesorieri! Sempre come oggidì.
L'Unità Emilia-Romagna
martedì 3 agosto 2010
"2 Agosto, voci dalla stazione"
"2 Agosto, voci dalla stazione"
Una iniziativa riuscita un piccolo segno che molti vogliono dire la propria, ricordare, testimoniare.
Una iniziativa riuscita un piccolo segno che molti vogliono dire la propria, ricordare, testimoniare.
sabato 31 luglio 2010
Il Civis, le torri ed Ugo.
Ugo Tognazzi ci torna sempre in mente. Non mi esce dalla testa una sua straordinaria battuta, nel second’atto di "Amici miei".
Siamo al famoso scherzo della Torre di Pisa. Una vittima della zingarata, chiamata alle funi, osa chiedere: "Ma che è successo? Ma che pericolo c'è?" gli Amici rispondono:" Ma come? Non lo vede come pende!?" e Ugo: "Adesso tutti a Bologna, alla Torre degli Asinelli, anche lì..."
E proprio a Bologna deve averlo incontrato il Boschi, sotto la Garisenda. O forse uno scherzo simile, al vulcanologo, gliel'hanno fatto dei goliardi in libera uscita. Li vediamo: circondatolo come i vili cortigiani con Rigoletto, lo confondono con urla e strepiti, e, fattogli scambiare il dorso della dritta Asinelli per la schiena dolente dell’altra, "Professore,-gli gridano- guardi il chinato, quasi quasi viene giù! E pensi che ci passerà il Civis, peggio del terremoto!". L'illustre Boschi è rimasto impressionato e con rapidissime dichiarazioni sul prossimo crollo delle due torri ha innescato, in questi giorni, una delle più incredibili tempeste mediatiche nel piccolo bicchier d'acqua delle notizie d'Estate.
Intendiamoci: chi può dire se, domani, (corna e bicorna!) o fra mill’anni l’Asinelli e la Garisenda stramazzeranno? E’ successo a Pavia, sempre in Padania siamo. La subsidenza cresce, l’edilizia storica è tormentata da cento degradi, in questi ultimi decenni più che in tutti i secoli che hanno preceduto noi bolognesi di oggi inquinatori, sporcaccioni e sempre in movimento.
Chi sa parli. Se i controlli sono stati insufficienti, vengano fatti, subito. Ma, appunto, parli chi sa e agisca chi deve. Gli altri, digiuni, facciano il piacere di stare zitti.
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
31 Luglio 2010
Siamo al famoso scherzo della Torre di Pisa. Una vittima della zingarata, chiamata alle funi, osa chiedere: "Ma che è successo? Ma che pericolo c'è?" gli Amici rispondono:" Ma come? Non lo vede come pende!?" e Ugo: "Adesso tutti a Bologna, alla Torre degli Asinelli, anche lì..."
E proprio a Bologna deve averlo incontrato il Boschi, sotto la Garisenda. O forse uno scherzo simile, al vulcanologo, gliel'hanno fatto dei goliardi in libera uscita. Li vediamo: circondatolo come i vili cortigiani con Rigoletto, lo confondono con urla e strepiti, e, fattogli scambiare il dorso della dritta Asinelli per la schiena dolente dell’altra, "Professore,-gli gridano- guardi il chinato, quasi quasi viene giù! E pensi che ci passerà il Civis, peggio del terremoto!". L'illustre Boschi è rimasto impressionato e con rapidissime dichiarazioni sul prossimo crollo delle due torri ha innescato, in questi giorni, una delle più incredibili tempeste mediatiche nel piccolo bicchier d'acqua delle notizie d'Estate.
Intendiamoci: chi può dire se, domani, (corna e bicorna!) o fra mill’anni l’Asinelli e la Garisenda stramazzeranno? E’ successo a Pavia, sempre in Padania siamo. La subsidenza cresce, l’edilizia storica è tormentata da cento degradi, in questi ultimi decenni più che in tutti i secoli che hanno preceduto noi bolognesi di oggi inquinatori, sporcaccioni e sempre in movimento.
Chi sa parli. Se i controlli sono stati insufficienti, vengano fatti, subito. Ma, appunto, parli chi sa e agisca chi deve. Gli altri, digiuni, facciano il piacere di stare zitti.
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
31 Luglio 2010
martedì 27 luglio 2010
Un poeta al governo
In provincia, tempo d’Estate, i giovani delle famiglie bene scivolano alle marine, in club tinteggiati di bianco, “proprio come in California”. Si fa palestra, un tuffo, si chiacchiera della bellezze al bagno, si ironizza sulle corna altrui, liberi liberi, grazie ai bigliettoni di papà.
Dev’essere questo l’ambiente nel quale è cresciuto l’On. Gianfranco Miccichè. Sottosegretario della Presidenza del Consiglio, ma con il cuore sempre da “caruso”, da ragazzino. Già di Lotta Continua, poi di Berlusconi, oggi vorrebbe fondare un partito del Sud, e intanto crea, compone.
Sì, il Miccchè si sente poeta, almeno paroliere, ed ha pubblicato sul suo Blog un rap sul PDL, i “finiani”, i “berluscones” ecc ecc.
Ritmo e doppi sensi. Non c’è il braccio destro di Fini? Si chiama come un’ atto impuro, una famosa grappa del Mike, e il Miccichè, quell’originale, non se lo lascia scappare.
Le famiglie comprano meno latte, senza lavoro qualcuno insiste a suicidarsi, ma Lui segue l’ispirazione. Come gli scorre fluida la vena, cita la Bongiorno, e saluta, cita Lupi, e dice che nel PDL ci si azzanna.
Insomma è un talento. Il Premier deve perdonarlo e promuoverlo a poeta di corte, come Metastasio. Corona di lauro in testa, su è giù per i transatlantici di Montecitorio. E se la vena cala? Niente di grave. “Hai uno zippo?”. A Roma con questo caldo basta una fiammella e si imita Nerone.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
Quotidiani Epolis
Dev’essere questo l’ambiente nel quale è cresciuto l’On. Gianfranco Miccichè. Sottosegretario della Presidenza del Consiglio, ma con il cuore sempre da “caruso”, da ragazzino. Già di Lotta Continua, poi di Berlusconi, oggi vorrebbe fondare un partito del Sud, e intanto crea, compone.
Sì, il Miccchè si sente poeta, almeno paroliere, ed ha pubblicato sul suo Blog un rap sul PDL, i “finiani”, i “berluscones” ecc ecc.
Ritmo e doppi sensi. Non c’è il braccio destro di Fini? Si chiama come un’ atto impuro, una famosa grappa del Mike, e il Miccichè, quell’originale, non se lo lascia scappare.
Le famiglie comprano meno latte, senza lavoro qualcuno insiste a suicidarsi, ma Lui segue l’ispirazione. Come gli scorre fluida la vena, cita la Bongiorno, e saluta, cita Lupi, e dice che nel PDL ci si azzanna.
Insomma è un talento. Il Premier deve perdonarlo e promuoverlo a poeta di corte, come Metastasio. Corona di lauro in testa, su è giù per i transatlantici di Montecitorio. E se la vena cala? Niente di grave. “Hai uno zippo?”. A Roma con questo caldo basta una fiammella e si imita Nerone.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
Quotidiani Epolis
lunedì 26 luglio 2010
La scomparsa di Raoul Grassilli.

Davide Ferrari, direttore artistico di Casadeipensieri, ha espresso oggi il cordoglio dell'Associazione per la scomparsa di Raoul Grassilli.
"E' stato un grande attore. Forse in TV il migliore. La sua lunga ed articolata carriera aveva trovato, infatti, non solo la massima popolarità, ma anche un altissimo livello qualitativo in alcune produzioni televisive. Era la TV pedagogica degli anni sessanta e settanta, dove il volto pensoso di Grassilli impersonava caratteri difficili, con una particolarissima capacità di interpretare con il silenzio ed una parola misuratissima il tormento interiore, una modernità intrisa di psicanalisi.
Bisogna ricordarlo in primo luogo per queste altissime qualità professionali, davvero uniche, anche se a Bologna è rimasto sempre conosciutissimo per la sua ricca attività sociale, che lo ha fatto amare sempre da tutta la città.
Lo ricordiamo anche come nostro ospite, più volte, ed amico, in particolare per la sue splendide letture da Edgar Morin, nel 2007, e poi da Cesare Pavese, nel 2008, che ci aveva regalato".
domenica 25 luglio 2010
Almirante.
Per i semplici meccanismi di Facebook, molto pettegola e priva di privacy per natura, ho visto iscritte ad un gruppo nato per esprimere simpatia alla figura di Giorgio Almirante alcune persone che conosco, più o meno, ma che stimo, e che sono fra i miei amici su FB.
Non riesco a stare zitto. In gioventù responsabile di un bando per la fucilazione di partigiani ed attivamente impegnato nelle campagne dell'antisemitismo fascista, uomo politico di lungo corso, dopo la guerra, sempre pronto a tutte le battaglie più reazionarie, come l'anti divorzismo e la lotta contro la 194, il sostegno al colpo di stato dei colonnelli greci ed alle sanguinose dittature del Cile e dell'Argentina, presente in più occasioni nei torbidi e nelle violenze che vedevano protagonisti, non certo solo vittime come oggi ci viene raccontato, i suoi giovani violenti militanti. Una loquela efficace ma sempre retorica, populista, un uomo per una vita intera contro la democrazia e la giustizia sociale. Si dice che lui ed il suo partito restarono indenni dalla corruzione messa in luce da tangentopoli. Non ho motivo per credere il contrario ma non deve essere dimenticato che, se certo il MSI era fuori da molte stanze del potere ma non tutte, per esempio al Sud, fu sempre pronto ad appoggiare le destre della DC, ed i gruppi di affari più negativi, ogni qualvolta servisse un voto utile. Certo fece un gesto positivo il giorno dei funerali di Berlinguer, certo oggi molti fra gli uomini che lui lanciò in politica non credono più a quanto affermavano, ma chiudere gli occhi di fronte alla storia, non sentire più le urla della storia più nera del '900 sicuramente ci porterà ad un declino grave, ad una rovina nel profondo dei sentimenti e della cultura della nostra nazione.
Nota scritta su Facebook
Domenica 25 Luglio
Non riesco a stare zitto. In gioventù responsabile di un bando per la fucilazione di partigiani ed attivamente impegnato nelle campagne dell'antisemitismo fascista, uomo politico di lungo corso, dopo la guerra, sempre pronto a tutte le battaglie più reazionarie, come l'anti divorzismo e la lotta contro la 194, il sostegno al colpo di stato dei colonnelli greci ed alle sanguinose dittature del Cile e dell'Argentina, presente in più occasioni nei torbidi e nelle violenze che vedevano protagonisti, non certo solo vittime come oggi ci viene raccontato, i suoi giovani violenti militanti. Una loquela efficace ma sempre retorica, populista, un uomo per una vita intera contro la democrazia e la giustizia sociale. Si dice che lui ed il suo partito restarono indenni dalla corruzione messa in luce da tangentopoli. Non ho motivo per credere il contrario ma non deve essere dimenticato che, se certo il MSI era fuori da molte stanze del potere ma non tutte, per esempio al Sud, fu sempre pronto ad appoggiare le destre della DC, ed i gruppi di affari più negativi, ogni qualvolta servisse un voto utile. Certo fece un gesto positivo il giorno dei funerali di Berlinguer, certo oggi molti fra gli uomini che lui lanciò in politica non credono più a quanto affermavano, ma chiudere gli occhi di fronte alla storia, non sentire più le urla della storia più nera del '900 sicuramente ci porterà ad un declino grave, ad una rovina nel profondo dei sentimenti e della cultura della nostra nazione.
Nota scritta su Facebook
Domenica 25 Luglio
sabato 24 luglio 2010
2 agosto 1980. Dove eravamo.
Dove eravamo il 2 Agosto, trent’anni fa? Ci sono giorni che spartiscono le acque della vita di una città, che formano il cuore delle persone. Ero segretario di un partito minuscolo, di quelli così innocenti da farsi guidare da un poeta ragazzino. Giravo in bicicletta, vestito proprio da ciclista. Suppergiù.Un mix fra la divisa da fante-tennista di Fantozzi e la livrea da Girardengo. A un semaforo seppi. Assassini. Mi precipitai, pedalando a schiena curva come Anquetil. La stazione era una foto di guerra. Polvere, caldo, sangue. Uomini e donne si muovevano, ad aiutare, commossi, composti, cittadini.La bomba, la più grande, la più schifosa, contro la città della democrazia. Vogliono che tutto torni nella naturalezza del tempo, le vittime, ancora oggi abbandonate, pari ai collezionisti di ergastoli Mambro e Fioravanti. Todos caballeros. L’Unesco nomina il muro squarciato messaggero di pace, noi lo teniamo dentro, ogni giorno, quando la ragione ed il dubbio combattono disperati. Ogni giorno, fino al domani. Perché i nostri figli abbiano il diritto di essere qualcosa, come i cittadini di ieri, non numeri, non carne da sbranare, non lavoratori da sfruttare, non relitti da dimenticare.
"Il contrario"
Davide Ferrari
24 Luglio 2010
L'Unità Emilia-Romagna
"Il contrario"
Davide Ferrari
24 Luglio 2010
L'Unità Emilia-Romagna
venerdì 23 luglio 2010
Strategie argentine.
Due rapinatori sono evasi da un carcere dell'Argentina. Come? Avendo dovuto ridurre il personale, le sentinelle erano sostituite da pupazzi rudimentali. Nelle torrette di guardia, a sorvegliare, non più uomini con stipendio e contributi ma spaventapasseri.
I pupazzi hanno i riflessi lenti e i ladri, più furbi dei passeri, sono scappati.
Sono giorni feriali, deserti di novità, e sui giornali si legge anche una cosa così, figlia della micragna cui sono ridotti gli apparati pubblici.
C’è la crisi e comunque i ricchi non hanno nessuna voglia di essere tassati per pagare carceri o scuole o ospedali.
Gli ingenui, più che ingegnosi, argentini hanno dichiarato di aver copiato l’idea da un personaggio di Tom Hanks.
Ma Gepppetto non fece lo stesso? E nacque Pinocchio. Un ricordo: anni 80, Festa dell’Unità in Piazza Maggiore a Bologna, io volontario ai libri. Nessuno a darmi una mano. Ladruncoli in agguato, o almeno così sembrava ai miei diciottanni. Che fare? Avvicinavo i clienti e parlavo loro con sfrontata famigliarità, come fossero dei miei compagni intenti a sorvegliare. “Così non capiscono che ci sono solo io ”. Una fatica: sempre in piedi, fra i banchi, a reggere conversazioni sorprendenti per i miei interlocutori, sul Partito e gli incassi..Un pomeriggio - chissà se lo ricorda ? - passò Paolo Conte. Inquietato dalla mia stranezza si allontanò con una certa rapidità. Solo in Argentina mi avrebbero capito.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
23 Luglio 2010
Quotidiani Epolis
I pupazzi hanno i riflessi lenti e i ladri, più furbi dei passeri, sono scappati.
Sono giorni feriali, deserti di novità, e sui giornali si legge anche una cosa così, figlia della micragna cui sono ridotti gli apparati pubblici.
C’è la crisi e comunque i ricchi non hanno nessuna voglia di essere tassati per pagare carceri o scuole o ospedali.
Gli ingenui, più che ingegnosi, argentini hanno dichiarato di aver copiato l’idea da un personaggio di Tom Hanks.
Ma Gepppetto non fece lo stesso? E nacque Pinocchio. Un ricordo: anni 80, Festa dell’Unità in Piazza Maggiore a Bologna, io volontario ai libri. Nessuno a darmi una mano. Ladruncoli in agguato, o almeno così sembrava ai miei diciottanni. Che fare? Avvicinavo i clienti e parlavo loro con sfrontata famigliarità, come fossero dei miei compagni intenti a sorvegliare. “Così non capiscono che ci sono solo io ”. Una fatica: sempre in piedi, fra i banchi, a reggere conversazioni sorprendenti per i miei interlocutori, sul Partito e gli incassi..Un pomeriggio - chissà se lo ricorda ? - passò Paolo Conte. Inquietato dalla mia stranezza si allontanò con una certa rapidità. Solo in Argentina mi avrebbero capito.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
23 Luglio 2010
Quotidiani Epolis
martedì 20 luglio 2010
"Ho da fare"
Il Presidente dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, che ci è ancora più simpatico da quando un giornalista beninformato ci ha rivelato che non ama lo si chiami con il bronzeo titolo di “governatore”, ha fatto una proposta di buon senso, civile ed educata a Silvio Berlusconi.
Gli ha chiesto di fare una conferenza stampa insieme, Governo e Regioni, per spiegare con sincerità le conseguenze degli enormi tagli di “mano di forbice” Tremonti .
Non so se Berlusconi raccoglierà la sfida. Non per cattiveria, s’intende. E’ che il Premier queste gravità proprio non le riscontra. Le scuole chiudono? Chi se frega, la “Trota” è già diplomata. Gli ospedali metteranno i malati in terrazza? L’operazione ai capelli è riuscita bene, e altre urgenze (“Grazie a Dio” gli ha assicurato Don Verzè) non se ne vedono.
E la polizia, le carceri, la sicurezza? Basta affidare la lotta alla mafia al Sen. Dell’Utri e certo si avranno
risparmi consistenti. “E poi ho da fare”- ha sbottato con il Fede-“Emilio, hai ancora uno di quei colliers?”
"Il contrario"
L'Unità Emilia-Romagna
17 07 10
Gli ha chiesto di fare una conferenza stampa insieme, Governo e Regioni, per spiegare con sincerità le conseguenze degli enormi tagli di “mano di forbice” Tremonti .
Non so se Berlusconi raccoglierà la sfida. Non per cattiveria, s’intende. E’ che il Premier queste gravità proprio non le riscontra. Le scuole chiudono? Chi se frega, la “Trota” è già diplomata. Gli ospedali metteranno i malati in terrazza? L’operazione ai capelli è riuscita bene, e altre urgenze (“Grazie a Dio” gli ha assicurato Don Verzè) non se ne vedono.
E la polizia, le carceri, la sicurezza? Basta affidare la lotta alla mafia al Sen. Dell’Utri e certo si avranno
risparmi consistenti. “E poi ho da fare”- ha sbottato con il Fede-“Emilio, hai ancora uno di quei colliers?”
"Il contrario"
L'Unità Emilia-Romagna
17 07 10
lunedì 12 luglio 2010
Nerone.
Sciopero. Tutti zitti, la penna sul tavolo. I giornalisti ed i giornali veri. Contro la “legge bavaglio”, quella che per impedire la pubblicazione delle intercettazioni del telefono di Berlusconi vuole bloccare “tutto il cucuzzaro”, tutta la libertà di stampa. I giornali di Silvio, Pier Silvio e Paolo, invece, pronti alle edicole a cercare qualche cliente. Dover tacere un giorno perché non si sia costretti a farlo per sempre è stata, immagino, una scelta difficile. I giornalisti, però, hanno fatto la propria parte. “Attilio, ora tocca a noi” ci dico. “Dobbiamo parlare e riparlare, con tutti. Scrivere e postare. Subito, adesso”. Ci guardiamo intorno. A Bologna si andava con la “caparela” a discutere in Piazza, ma, prima sono sparite le capparelle poi anche la voglia di parlare di politica. Oggi i capannelli li fanno quasi solo le donne, le badanti coraggiose in orario di pausa. Si stringono e parlano. Potrebbero raccontarci molto di paesi dove, prima e dopo il Muro, se un giornalista fa il suo mestiere gli sparano. Attilio ci prova. “E’ moldava, capisce l’Italiano. Gli parlo del Duce e di Lui. Lassù hanno combattuto i tedeschi!”. “Conosce Nerone?” attacca, dalla lontana. “Sa -lei sorride- è da poco che lavoro qui”.
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità, Emilia-Romagna
Sabato 10 Luglio 2010
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari
L'Unità, Emilia-Romagna
Sabato 10 Luglio 2010
Il ladro bambino, uno dei nostri tempi.
Segnali di fumo
di Davide Ferrari
Lo hanno preso. Colton Harris Moore, 19 anni, dello Stato di Washington. Faceva i suoi furti a piedi scalzi, come Bikila la maratona di Roma. Ha rubato di tutto, centinaia di volte, persino degli aerei. La cosa che fa capire la sua storia, però, è che a sette anni, per scappare, solo, nella foresta, da una famiglia con un sacco di problemi, prendeva nelle case dei vicini coperte e sacchi a pelo.
Solo. Lo è sempre stato. A volare ha imparato con i simulatori dei video-giochi. Non ha avuto ne’ maestri, buoni o cattivi, ne’ complici.
Le sue rocambolesche architetture criminali denunciano la volontà di avere a disposizione altri mondi, tutti suoi, e vendette su quello vero e su chi l’abita.
Ricorda il personaggio di Leonardo di Caprio in “Prova a prendermi”, di Spielberg , con Tom Hanks. Nel film il riscatto comincia dal rapporto con il poliziotto, il rivale. La sfida è un modo di vincere la parete nera dell’isolamento. Chissà se nell’FBI esistono agenti-madre e agenti-padre capaci di dare una vera giovinezza, oltre che la galera, a questi ladri-bambini? Colton è uno dei tempi nostri. Tempi dove il diritto ad essere bambini e ragazzi non c’è più, dove campare una vita degna, età dopo età, sembra un traguardo possibile solo trovando il “Gratta e vinci” giusto. Guardiamo le foto del fuggitivo, gli occhi un po’ bruciati, senza espressione, senza amore. L’unica cosa che qualcuno deve regalargli e che a nessuno può rubare.
Quotidiani Epolis
Lunedì 12 Luglio
di Davide Ferrari
Lo hanno preso. Colton Harris Moore, 19 anni, dello Stato di Washington. Faceva i suoi furti a piedi scalzi, come Bikila la maratona di Roma. Ha rubato di tutto, centinaia di volte, persino degli aerei. La cosa che fa capire la sua storia, però, è che a sette anni, per scappare, solo, nella foresta, da una famiglia con un sacco di problemi, prendeva nelle case dei vicini coperte e sacchi a pelo.
Solo. Lo è sempre stato. A volare ha imparato con i simulatori dei video-giochi. Non ha avuto ne’ maestri, buoni o cattivi, ne’ complici.
Le sue rocambolesche architetture criminali denunciano la volontà di avere a disposizione altri mondi, tutti suoi, e vendette su quello vero e su chi l’abita.
Ricorda il personaggio di Leonardo di Caprio in “Prova a prendermi”, di Spielberg , con Tom Hanks. Nel film il riscatto comincia dal rapporto con il poliziotto, il rivale. La sfida è un modo di vincere la parete nera dell’isolamento. Chissà se nell’FBI esistono agenti-madre e agenti-padre capaci di dare una vera giovinezza, oltre che la galera, a questi ladri-bambini? Colton è uno dei tempi nostri. Tempi dove il diritto ad essere bambini e ragazzi non c’è più, dove campare una vita degna, età dopo età, sembra un traguardo possibile solo trovando il “Gratta e vinci” giusto. Guardiamo le foto del fuggitivo, gli occhi un po’ bruciati, senza espressione, senza amore. L’unica cosa che qualcuno deve regalargli e che a nessuno può rubare.
Quotidiani Epolis
Lunedì 12 Luglio
giovedì 8 luglio 2010
Rovinarsi con il gioco? Meglio mangiare la Nutella con Vanna Marchi
Segnali di fumo
di Davide Ferrari
Stanno nascendo, qua e la', gruppi dedicati alla lotta contro il gioco d'azzardo. Mi sono infilato in quasi tutti. Come faceva la Bardot con le leghe pro-foca. Siamo circondati da pubblicità ingannevoli e rovinose. Milioni di povere persone come noi, insidiate dalla crisi e dal bisogno cercano la puntata, la giocata, la grattata che salvi la vita. E dopo averlo fatto una volta, subito lo rifanno, fino al circolo vizioso, alla coazione a ripetere, fino a perdere soldi e anima. Soldi che hanno e, evidentemente, anche soldi che non hanno, se è vero che sono sempre di più gli indebitati, i mutuizzati, persino gli incravattati per pagare i debiti di gioco o per continuare a tentare una fortuna impossibile.
Ognuno ha i suoi vizi. Il mio è stata la Nutella, fino a ieri, fino ai sintomi primi di un diabete. E' una forma di suicidio anche quella ma, almeno, costa poco.C'è chi va a donnine allegre e chi marrazza. Non bisognerebbe, però l'attimo forse lo si prova, il brivido. Ma chi struscia la cartina in cerca della combinazione giusta, chi ascolta il roteare ossessivo della pallina nelle mille roulette online cosa prova quando, sempre, perde? Credetemi è quasi peggio che star dietro alle divinazioni di Do Nascimiento. Anche ingozzare le Marchi a furia di vaglia era meglio. Essere prigionieri del gioco è terribile, brucia il tempo, gli affetti, come la coca, l'ero, la pasticca. Tornare indietro è difficile. Fermare lo Stato che è il primo committente della pubblicità dei giochi forse è possibile. Proviamoci.
Quotidiani Epolis
di Davide Ferrari
Stanno nascendo, qua e la', gruppi dedicati alla lotta contro il gioco d'azzardo. Mi sono infilato in quasi tutti. Come faceva la Bardot con le leghe pro-foca. Siamo circondati da pubblicità ingannevoli e rovinose. Milioni di povere persone come noi, insidiate dalla crisi e dal bisogno cercano la puntata, la giocata, la grattata che salvi la vita. E dopo averlo fatto una volta, subito lo rifanno, fino al circolo vizioso, alla coazione a ripetere, fino a perdere soldi e anima. Soldi che hanno e, evidentemente, anche soldi che non hanno, se è vero che sono sempre di più gli indebitati, i mutuizzati, persino gli incravattati per pagare i debiti di gioco o per continuare a tentare una fortuna impossibile.
Ognuno ha i suoi vizi. Il mio è stata la Nutella, fino a ieri, fino ai sintomi primi di un diabete. E' una forma di suicidio anche quella ma, almeno, costa poco.C'è chi va a donnine allegre e chi marrazza. Non bisognerebbe, però l'attimo forse lo si prova, il brivido. Ma chi struscia la cartina in cerca della combinazione giusta, chi ascolta il roteare ossessivo della pallina nelle mille roulette online cosa prova quando, sempre, perde? Credetemi è quasi peggio che star dietro alle divinazioni di Do Nascimiento. Anche ingozzare le Marchi a furia di vaglia era meglio. Essere prigionieri del gioco è terribile, brucia il tempo, gli affetti, come la coca, l'ero, la pasticca. Tornare indietro è difficile. Fermare lo Stato che è il primo committente della pubblicità dei giochi forse è possibile. Proviamoci.
Quotidiani Epolis
sabato 3 luglio 2010
Bologna. Sindaco Serve calma
Il contrario
Di Davide Ferrari
A Bologna siamo abituati, in politica, a qualche “doppio cognome” allegrotto, a nobiltà esibite senza ombra di cautela.
Come dimenticare la contesa fra Zechini D’Aulerio e Rocco di Torrepadula su chi di loro fosse il padre della proposta di reimpiantare sul crescentone l’equestre Vittorio Emanuele, in esilio ai Giardini Margherita?
Ma Lorenzo Sassoli de’ Bianchi non è un qualunque patrizio, è un protagonista della vita della città. Sarebbe stato un buon candidato a Sindaco. Si è ritirato, forse perché non convinto del percorso, del passaggio al vaglio delle primarie. Ancor più perché esposto, mi pare senza sua colpa, troppo presto.
E’ vero siamo già in Estate, ma qui sono scivolati sugli inchiostri giornalisti che credono di essere sempre in Agosto. Il mese nel quale -tanto vere notizie non ci sono- viene preso per oro colato anche l’orario della fine del mondo scolpito in caratteri maya su una piadina dissepolta a Faenza.
Tutto diventa vero e quasi tutto viene pubblicato. Con i danni che ne conseguono. Così una pseudonotizia di troppo, un fischio che sembrava una soffiata, un giro di walzer su un nome onorato come quello di Sassoli è costato un passo indietro. Non è un bene. Adesso bisogna andare avanti. Come si dice.
Programma, priorità, ascolto della città, primarie. Primarie, sì anche quelle. Non ci salveranno da sole, ma vanno fatte con serenità. Sempre. Non a singhiozzo, una volta sì ed una volta no. Se no è peggio.
Prima c’hanno detto che erano obbligatorie, anzi dovevano essere “ vere”, solo urne, schede e “vinca il migliore”. Adesso ci dicono che mettere queste stesse urne davanti ad un possibile candidato è stata una leggerezza imperdonabile. Insomma se la fanno e se la dicono, come capita al bar ai tifosi degli azzurri. Tanto nessuno paga dazio. Tanto nessuno fa gol.
Ma qui la partita è la città. Bisogna segnare. Meglio giocare con calma. Una calma operosa e vicina, avvertibile. Non conterà di più il dirigente di partito che si rivelasse più ciarliero. Ne il giornale che esca un’ora prima.
La politica deve convincere, altrimenti non interessa a nessuno, né all’elettore, né al lettore. E qualcuno -come si vede-si rifiuta persino di farla.
L'Unità Emilia-Romagna
3 Luglio 2010
Di Davide Ferrari
A Bologna siamo abituati, in politica, a qualche “doppio cognome” allegrotto, a nobiltà esibite senza ombra di cautela.
Come dimenticare la contesa fra Zechini D’Aulerio e Rocco di Torrepadula su chi di loro fosse il padre della proposta di reimpiantare sul crescentone l’equestre Vittorio Emanuele, in esilio ai Giardini Margherita?
Ma Lorenzo Sassoli de’ Bianchi non è un qualunque patrizio, è un protagonista della vita della città. Sarebbe stato un buon candidato a Sindaco. Si è ritirato, forse perché non convinto del percorso, del passaggio al vaglio delle primarie. Ancor più perché esposto, mi pare senza sua colpa, troppo presto.
E’ vero siamo già in Estate, ma qui sono scivolati sugli inchiostri giornalisti che credono di essere sempre in Agosto. Il mese nel quale -tanto vere notizie non ci sono- viene preso per oro colato anche l’orario della fine del mondo scolpito in caratteri maya su una piadina dissepolta a Faenza.
Tutto diventa vero e quasi tutto viene pubblicato. Con i danni che ne conseguono. Così una pseudonotizia di troppo, un fischio che sembrava una soffiata, un giro di walzer su un nome onorato come quello di Sassoli è costato un passo indietro. Non è un bene. Adesso bisogna andare avanti. Come si dice.
Programma, priorità, ascolto della città, primarie. Primarie, sì anche quelle. Non ci salveranno da sole, ma vanno fatte con serenità. Sempre. Non a singhiozzo, una volta sì ed una volta no. Se no è peggio.
Prima c’hanno detto che erano obbligatorie, anzi dovevano essere “ vere”, solo urne, schede e “vinca il migliore”. Adesso ci dicono che mettere queste stesse urne davanti ad un possibile candidato è stata una leggerezza imperdonabile. Insomma se la fanno e se la dicono, come capita al bar ai tifosi degli azzurri. Tanto nessuno paga dazio. Tanto nessuno fa gol.
Ma qui la partita è la città. Bisogna segnare. Meglio giocare con calma. Una calma operosa e vicina, avvertibile. Non conterà di più il dirigente di partito che si rivelasse più ciarliero. Ne il giornale che esca un’ora prima.
La politica deve convincere, altrimenti non interessa a nessuno, né all’elettore, né al lettore. E qualcuno -come si vede-si rifiuta persino di farla.
L'Unità Emilia-Romagna
3 Luglio 2010
giovedì 1 luglio 2010
sabato 26 giugno 2010
Dimenticare
Voglio dimenticare. Mondiali crudeli. Fuori, out. Adesso serve solo l'oblio. Vorrei trovarmi un'hobby (l'hokey su prato da tavolo? La pallavolo con le bocce?) e andare avanti. Forse con un nuovo look sarebbe più facile dimenticare Pepe e Iaquinta. Se mi vestissi alla moda Emo? Ho pensato, dopo la Slovacchia. Ma non ho abbastanza capelli per farmi il ciuffo liscio liscio sugli occhi e il naso.Potrei diventare un punk, mettendo tutti i radi rimasti al centro in una cresta. Ma Chiellini vale tanto?
Abbiamo dispensato gioie a chi non l'aveva mai avute. La Slovacchia! Ahi! Aveva ragione Francesco Giuseppe a volerla tenere dentro il suo Impero.Che li fanno a fare questi staterelli? Per eliminare noi? Un tempo era tutta scogli e alpi, remota perla adriatica, adesso ci gioca e ci vince. E la Nuova Zelanda? Fino a ieri solo pecore e Maori in canoa, oggi giocano meglio di Cannavaro e Camoranesi, i maledetti. E il Paraguay? Terra di "riduzioni" gesuitiche, di pianure infinite, di genti ignote. Fino a ieri cercavano di nascondersi nelle sue sconfinate oscurità i reduci nazisti, oggi i suoi Chicos ci fanno gol.
Ormai per vincere dovremmo incontrare l'Isola di Mann o le Tonga. Forse.
Dimenticare, dimenticare.Ma come si fa? Invidio i pakistani che non si sono accorti di nulla, sempre intenti a giocare a cricket. Solo per lavare i loro nivei vestiti all'Inglese passa una settimana e la Domenica appunto si gioca. Ecco fatto. Così Buffon non saprei più se è un grande portiere o un improperio di un veneto.
E senza il calcio mondiale di cosa parlare, dopo, con una donna sicuri che ci ascolti senza rispondere, senza contraddirci? Toccherà tormare al dialogo, ai regalucci, senza scuse, poveri noi.
E, senza le partitissime che giocheranno solo gli altri, chi staccherà la testa dal lavoro che non c'è e dalle cantilene di Bondi e dai monosillabi della Gelmini?
No non dimenticherò, è tutta colpa vostra, Gilardino e Gattuso, Marchetti e De Rossi. La prossima volta largo ai giovani e Lippi in tribuna, con la coppa del 2006 in braccio.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
Quotidiani Epolis
Abbiamo dispensato gioie a chi non l'aveva mai avute. La Slovacchia! Ahi! Aveva ragione Francesco Giuseppe a volerla tenere dentro il suo Impero.Che li fanno a fare questi staterelli? Per eliminare noi? Un tempo era tutta scogli e alpi, remota perla adriatica, adesso ci gioca e ci vince. E la Nuova Zelanda? Fino a ieri solo pecore e Maori in canoa, oggi giocano meglio di Cannavaro e Camoranesi, i maledetti. E il Paraguay? Terra di "riduzioni" gesuitiche, di pianure infinite, di genti ignote. Fino a ieri cercavano di nascondersi nelle sue sconfinate oscurità i reduci nazisti, oggi i suoi Chicos ci fanno gol.
Ormai per vincere dovremmo incontrare l'Isola di Mann o le Tonga. Forse.
Dimenticare, dimenticare.Ma come si fa? Invidio i pakistani che non si sono accorti di nulla, sempre intenti a giocare a cricket. Solo per lavare i loro nivei vestiti all'Inglese passa una settimana e la Domenica appunto si gioca. Ecco fatto. Così Buffon non saprei più se è un grande portiere o un improperio di un veneto.
E senza il calcio mondiale di cosa parlare, dopo, con una donna sicuri che ci ascolti senza rispondere, senza contraddirci? Toccherà tormare al dialogo, ai regalucci, senza scuse, poveri noi.
E, senza le partitissime che giocheranno solo gli altri, chi staccherà la testa dal lavoro che non c'è e dalle cantilene di Bondi e dai monosillabi della Gelmini?
No non dimenticherò, è tutta colpa vostra, Gilardino e Gattuso, Marchetti e De Rossi. La prossima volta largo ai giovani e Lippi in tribuna, con la coppa del 2006 in braccio.
Segnali di fumo
rubrica di Davide Ferrari
Quotidiani Epolis
Abituati
Il mondiale è finito. Non sento molte grida di dolore. A Bologna, a Ferrara, a Modena, dove giro io, dai bar ai taxi agli uffici, l'accaduto dispiace a tutti ma non più di tanto.
Forse perchè questi modesti azzurrotti in fondo si sono impegnati. Era la palla ch'era troppo rotonda. E' andata, più di così non si poteva. Non si cava sangue da una rapa. E poi la testa pensa altrove: alla crisi che morde, al lavoro che si è perduto, ai figli che, uno decente, non lo troveranno mai. Fatto sta, la gelata infinita, i silenzi boreali del dopo Corea non si sono avuti. Non si sente l'eco di un solo suicidio, per fortuna. L'angoscia del dopo partita si è stemperata in fretta in un clima di delusione soffice, uno strato di malinconia aggiunto a tanti altri.Non credo che i giovanissimi di questo presente ricorderanno il piccolo disastro come un attimo indelebile, rappreso nella memoria.
Da oggi, in questa estate povera che ci attende, le donne saranno meno sole, senza il calcio della TV a rapirgli i mariti. E i nostri ragazzi potranno fraternizzare ai giardinetti con i pakistani che, beati loro, pensano solo al cricket. Anch'io faccio così, dopo Caporetto mi sembra bello anche il badminton.
"Attilio: Siamo più maturi" dico all'ARCI Benassi di fronte a un'acqua e limone schivadiabete. "No. Siamo più abituati. A essere gli sconfitti".
"Il contrario"
rubrica settimanale di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Sabato 26 Giugno 2010
Forse perchè questi modesti azzurrotti in fondo si sono impegnati. Era la palla ch'era troppo rotonda. E' andata, più di così non si poteva. Non si cava sangue da una rapa. E poi la testa pensa altrove: alla crisi che morde, al lavoro che si è perduto, ai figli che, uno decente, non lo troveranno mai. Fatto sta, la gelata infinita, i silenzi boreali del dopo Corea non si sono avuti. Non si sente l'eco di un solo suicidio, per fortuna. L'angoscia del dopo partita si è stemperata in fretta in un clima di delusione soffice, uno strato di malinconia aggiunto a tanti altri.Non credo che i giovanissimi di questo presente ricorderanno il piccolo disastro come un attimo indelebile, rappreso nella memoria.
Da oggi, in questa estate povera che ci attende, le donne saranno meno sole, senza il calcio della TV a rapirgli i mariti. E i nostri ragazzi potranno fraternizzare ai giardinetti con i pakistani che, beati loro, pensano solo al cricket. Anch'io faccio così, dopo Caporetto mi sembra bello anche il badminton.
"Attilio: Siamo più maturi" dico all'ARCI Benassi di fronte a un'acqua e limone schivadiabete. "No. Siamo più abituati. A essere gli sconfitti".
"Il contrario"
rubrica settimanale di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Sabato 26 Giugno 2010
mercoledì 23 giugno 2010
Mondiali, trombette, formule.
Segnali di fumo
Di Davide Ferrari
Parliamo dei Mondiali di calcio. Non della squadra italiana, però. Non sfidiamo la scaramanzia. In fondo se non vanno in gol su azione non è colpa loro. E’ il frastuono delle trombette sudafricane, le “Venezuela” come le chiama mia zia, che sfuoca la mira. E poi siamo dall’altra parte del mondo. Credevamo, come gli antichi, che per tirare su bisognasse tirar giù. Permetterete che bisogna prendere un po’ di misure a questi Australi. No, parliamo d’altro, addirittura di tecnica. “Quattro-quattro-due”, cioè 10, “Quattro-tre-due-uno”, sempre 10, e “Quattro-quattro-tre”, e qui arriviamo a 11, (con quattro portieri?). Non ne capiamo un gran che. Ma, credeteci, questi schemi, formulati esattamente così, li abbiamo sentiti in bocca a fior di giornalisti sportivi e di telecronisti. Ho paura che non ne capissero molto nemmeno loro. Li snocciolavano prima dei Mondiali e continuano ora a sputacchiarceli, in ogni occasione. Li declamano come una giaculatoria, come sgranassero un rosario. Sembra che una formula , se è buona, sia più miracolosa di una crema sciogli-pancia di Wanna Marchi, di un “Win for life”, di un comizio di Borghezio.
Prevarrà il tattico, il Mister, che azzeccherà la formula, che la farà ingoiare meglio ai suoi ragazzi. Si sa, quasi tutti, di tutte le squadre e di tutti i continenti, sono lucidi e muscolosi ma un poco refrattari alle lavagne.
Se non bastano i giornalisti, gli eredi delle chiome ramate di Biscardi ecco pronto a ricordarcele l’esercito parlante degli ex calciatori. Ex-campioni ed ex-vicecampioni, ex-ali ed ex-mezzali. Un tempo stavano chiusi in un mutismo contadino, oggi, borghesi, parlano e parlano.
Ma, ecco il guaio, sentenziano imitando i giornalisti, il loro eloquio da bar, le loro iperboli sgangherate. E le loro formule. “Vedrete, Marcello (sarebbe Lippi) farà su il 4-4-1-1”. “Macchè, schiererà il 3-3-3-1”.
Per fortuna “Marcello” non li ascolta. E’ al telefono. Con l’Italia. “Che ci avete? Una punta? E segna anche! E’ della Comacchiese? E adesso me lo dite?”.
Quotidiani Epolis
Di Davide Ferrari
Parliamo dei Mondiali di calcio. Non della squadra italiana, però. Non sfidiamo la scaramanzia. In fondo se non vanno in gol su azione non è colpa loro. E’ il frastuono delle trombette sudafricane, le “Venezuela” come le chiama mia zia, che sfuoca la mira. E poi siamo dall’altra parte del mondo. Credevamo, come gli antichi, che per tirare su bisognasse tirar giù. Permetterete che bisogna prendere un po’ di misure a questi Australi. No, parliamo d’altro, addirittura di tecnica. “Quattro-quattro-due”, cioè 10, “Quattro-tre-due-uno”, sempre 10, e “Quattro-quattro-tre”, e qui arriviamo a 11, (con quattro portieri?). Non ne capiamo un gran che. Ma, credeteci, questi schemi, formulati esattamente così, li abbiamo sentiti in bocca a fior di giornalisti sportivi e di telecronisti. Ho paura che non ne capissero molto nemmeno loro. Li snocciolavano prima dei Mondiali e continuano ora a sputacchiarceli, in ogni occasione. Li declamano come una giaculatoria, come sgranassero un rosario. Sembra che una formula , se è buona, sia più miracolosa di una crema sciogli-pancia di Wanna Marchi, di un “Win for life”, di un comizio di Borghezio.
Prevarrà il tattico, il Mister, che azzeccherà la formula, che la farà ingoiare meglio ai suoi ragazzi. Si sa, quasi tutti, di tutte le squadre e di tutti i continenti, sono lucidi e muscolosi ma un poco refrattari alle lavagne.
Se non bastano i giornalisti, gli eredi delle chiome ramate di Biscardi ecco pronto a ricordarcele l’esercito parlante degli ex calciatori. Ex-campioni ed ex-vicecampioni, ex-ali ed ex-mezzali. Un tempo stavano chiusi in un mutismo contadino, oggi, borghesi, parlano e parlano.
Ma, ecco il guaio, sentenziano imitando i giornalisti, il loro eloquio da bar, le loro iperboli sgangherate. E le loro formule. “Vedrete, Marcello (sarebbe Lippi) farà su il 4-4-1-1”. “Macchè, schiererà il 3-3-3-1”.
Per fortuna “Marcello” non li ascolta. E’ al telefono. Con l’Italia. “Che ci avete? Una punta? E segna anche! E’ della Comacchiese? E adesso me lo dite?”.
Quotidiani Epolis
domenica 13 giugno 2010
Il Congresso del PD di Bologna.
L'audio del II Congresso del PD di Bologna
Sabato 12 Giugno 2010
http://www.radioradicale.it/scheda/305654/secondo-congresso-del-partito-democratico-di-bologna
Se il collegamento non è possibile dal link, potete copiare l'indirizzo qui sopra e incollarlo sul browser, quindi cliccare dal browser e collegarvi così alla pagina del sito di Radio Radicale contenente la registrazione del Congresso.
Sabato 12 Giugno 2010
http://www.radioradicale.it/scheda/305654/secondo-congresso-del-partito-democratico-di-bologna
Se il collegamento non è possibile dal link, potete copiare l'indirizzo qui sopra e incollarlo sul browser, quindi cliccare dal browser e collegarvi così alla pagina del sito di Radio Radicale contenente la registrazione del Congresso.
sabato 12 giugno 2010
Motivo in più.
"Il contrario"
di Davide Ferrari
Motivo in più
Oggi a Bologna, il PD è a Congresso. Già votato nei Circoli di base, con larghezza di esiti, il nuovo Segretario, tutto è tranquillo, normale, congressuale appunto. “Che ci avrete poi da fare lì, tutto un giorno?”sbotta l’Attilio del Benassi. “Ma il bello dei Congressi-gli dico- è proprio questo, ti ritrovi in una grande sala, fra gente che conosci, hai l’impressione che i problemi fuori, almeno per qualche ora siano tra parentesi”. In epoché, come dicevano gli antichi greci.
“Ecco -insiste - stavolta bisogna fare il contrario. I voti ve li abbiamo già dati, bisognerà che pensiate a come siamo messi”.
E’ vero, già Lunedì un’ orgia di problemi cadrà addosso a questo partito bolognese .
Se le cose andranno male sarà buio fitto , non solo per il PD ma per la città, anche se forse non lo sa. E c’è un motivo in più per evitarlo.
Di questi tempi, a Bologna, basta avere la febbre, stare un po’ male e subito “Bologna capitale” il partito a microonde di Corticelli, con l’amico industriale Giatti, ti si vuole subito comprare. Come per il Duse. Non vorrei toccasse anche a Via Rivani. Chissà, ne farebbero uno show room per condizionatori e pannelli voltaici. Quindi in campana, cervelli svegli, stare bene per forza, e, in ogni caso, sorrisi ed ottimismo.
"Il contrario"
ogni Sabato su l'Unità Emilia-Romagna
di Davide Ferrari
Motivo in più
Oggi a Bologna, il PD è a Congresso. Già votato nei Circoli di base, con larghezza di esiti, il nuovo Segretario, tutto è tranquillo, normale, congressuale appunto. “Che ci avrete poi da fare lì, tutto un giorno?”sbotta l’Attilio del Benassi. “Ma il bello dei Congressi-gli dico- è proprio questo, ti ritrovi in una grande sala, fra gente che conosci, hai l’impressione che i problemi fuori, almeno per qualche ora siano tra parentesi”. In epoché, come dicevano gli antichi greci.
“Ecco -insiste - stavolta bisogna fare il contrario. I voti ve li abbiamo già dati, bisognerà che pensiate a come siamo messi”.
E’ vero, già Lunedì un’ orgia di problemi cadrà addosso a questo partito bolognese .
Se le cose andranno male sarà buio fitto , non solo per il PD ma per la città, anche se forse non lo sa. E c’è un motivo in più per evitarlo.
Di questi tempi, a Bologna, basta avere la febbre, stare un po’ male e subito “Bologna capitale” il partito a microonde di Corticelli, con l’amico industriale Giatti, ti si vuole subito comprare. Come per il Duse. Non vorrei toccasse anche a Via Rivani. Chissà, ne farebbero uno show room per condizionatori e pannelli voltaici. Quindi in campana, cervelli svegli, stare bene per forza, e, in ogni caso, sorrisi ed ottimismo.
"Il contrario"
ogni Sabato su l'Unità Emilia-Romagna
venerdì 11 giugno 2010
Parlando, al bar, di marea nera.
Segnali di fumo
di Davide Ferrari
Parlando, al bar, di marea nera
“La falla, anzi le falle, dal pozzo della BP nel Golfo del Messico continuano a vomitare petrolio nell'Oceano. Non se ne vede la fine. E' il disastro ambientale più grave della storia”. Lo dico, a voce alta, come se parlassi al mondo intero. Ma sto guardando questo mare immenso che diventa nero, ucciso dal denaro e dall’avidità, da un tavolino di un bar in Piazza Maggiore a Bologna. Non posso tacere. Siedo solo. Cerco di avvertire del pericolo i tavoli vicini, una Signora cecoslovacca, un cameriere del Pakistan e una gentile giovane moldava, Maria. Soprattutto quest'ultima. E’ caruccia e poi, mi pare, è anche di Sinistra. “Solo una cosa si è capito -insisto- che nessuno vigilava, nessuno preveniva, nessuno ora trova una soluzione.”
Maria è d’accordo, il cameriere scuote la testa, la cecoslovacca aggiunge zucchero nel The.
“La colpa è della British Petroleum, non c'è dubbio- aggiungo io che ormai so tutto- anche il nuovo governo di Destra inglese prova a spalleggiarla. Ma il problema è che l'economia e la sicurezza del mondo intero sono in mano a compagnie private e che nessuno Stato, nemmeno gli Usa, può e sa fare qualcosa”.
E concludo: “Quale democrazia può mai esistere se le cose vitali sono in mano a pochi e soli? “
Il discorso interessa. Mi aiuta con le traduzioni un vecchio habitué della piazza. Sembra il tizio col papillon del “Vecchio frac” di Modugno. Ha anche i gemelli ai polsini, gialli, un po’ kitsch, per la verità. Pian piano si allarga. Parla quasi più lui, e un po’ mi infastidisco. “Nessuno sa come finirà -sentenzia- e infatti cercano di parlarne il meno possibile. "Can non mangia can", così si dice, ragazza mia, ed i padroni della stampa stanno con la BP evidentemente”.
Maria lo ascolta, non mi guarda più, le fonde il cucchiaino di cioccolata nella tisana.
Poi l’amico stringe e chiude il discorso:"La Cancellieri devono mandare a prendere l'olio nero"- sorride. "Altro che Obama". E va via, finalmente. Ci resto male, diciamo la verità. Per fortuna che c'è la compagna moldava.
"Segnali di fumo"
Rubrica di Davide Ferrari
"Il Bologna" e Quotidiani Epolis
di Davide Ferrari
Parlando, al bar, di marea nera
“La falla, anzi le falle, dal pozzo della BP nel Golfo del Messico continuano a vomitare petrolio nell'Oceano. Non se ne vede la fine. E' il disastro ambientale più grave della storia”. Lo dico, a voce alta, come se parlassi al mondo intero. Ma sto guardando questo mare immenso che diventa nero, ucciso dal denaro e dall’avidità, da un tavolino di un bar in Piazza Maggiore a Bologna. Non posso tacere. Siedo solo. Cerco di avvertire del pericolo i tavoli vicini, una Signora cecoslovacca, un cameriere del Pakistan e una gentile giovane moldava, Maria. Soprattutto quest'ultima. E’ caruccia e poi, mi pare, è anche di Sinistra. “Solo una cosa si è capito -insisto- che nessuno vigilava, nessuno preveniva, nessuno ora trova una soluzione.”
Maria è d’accordo, il cameriere scuote la testa, la cecoslovacca aggiunge zucchero nel The.
“La colpa è della British Petroleum, non c'è dubbio- aggiungo io che ormai so tutto- anche il nuovo governo di Destra inglese prova a spalleggiarla. Ma il problema è che l'economia e la sicurezza del mondo intero sono in mano a compagnie private e che nessuno Stato, nemmeno gli Usa, può e sa fare qualcosa”.
E concludo: “Quale democrazia può mai esistere se le cose vitali sono in mano a pochi e soli? “
Il discorso interessa. Mi aiuta con le traduzioni un vecchio habitué della piazza. Sembra il tizio col papillon del “Vecchio frac” di Modugno. Ha anche i gemelli ai polsini, gialli, un po’ kitsch, per la verità. Pian piano si allarga. Parla quasi più lui, e un po’ mi infastidisco. “Nessuno sa come finirà -sentenzia- e infatti cercano di parlarne il meno possibile. "Can non mangia can", così si dice, ragazza mia, ed i padroni della stampa stanno con la BP evidentemente”.
Maria lo ascolta, non mi guarda più, le fonde il cucchiaino di cioccolata nella tisana.
Poi l’amico stringe e chiude il discorso:"La Cancellieri devono mandare a prendere l'olio nero"- sorride. "Altro che Obama". E va via, finalmente. Ci resto male, diciamo la verità. Per fortuna che c'è la compagna moldava.
"Segnali di fumo"
Rubrica di Davide Ferrari
"Il Bologna" e Quotidiani Epolis
giovedì 10 giugno 2010
PD: DIVENTA DAVVERO QUELLO CHE SEI
A fine Congresso del PD di Bologna, un contributo congressuale.
Sulla vita dei circoli.
Un'altra punto di vista per parlare di partecipazione e di vita democratica nel PD.
E' un tema da far vivere dopo il Congresso, con poche parole, una scelta, il fare.
PD: DIVENTA DAVVERO QUELLO CHE SEI
Il partito ed i Circoli.
Poche parole, una scelta, il fare
I Circoli, le unità di base del nostro partito sono la prima linea, dove si avvertono prima i segnali: la crisi di credibilità della politica, la disaffezione, la flessione del numero degli aderenti e dei più impegnati fra loro e la difficoltà nel miscelare le culture e le esperienze, molto diverse, che erano giunte e sono nel PD.
Occuparsi dei Circoli, definirne con precisione e realismo il ruolo, sostenerne l’azione ogni giorno non è un compito burocratico o dei soli uffici organizzativi, deve essere un impegno prioritario delle leadership, delle principali figure responsabili, nazionali e locali.
Perchè questo avvenga bisogna compiere una chiara scelta politica: volere un partito di uomini e di donne, diffuso e radicato, basato sul confronto e la discussione, sull’agire insieme e non un partito di pura opinione, elitario , che viva solo di momenti elettorali interni e troppo ripetuti.
Com’è assodato comunemente non c’è contrasto fra un partito popolare, con sedi stabili e vive e un partito capace di fare campagne, di uscire nelle strade con gazebo e banchetti.
C’è invece un profondo contrasto fra un partito basato sui Circoli, sui Forum, sulle reti territoriali, ed un partito che vive di staff personali e di decisioni sempre più demandate a pochi e soli, e semplicemente trasmesse ai circoli.
Intervenire con, su e per i Circoli non è dunque una ovvietà su cui facilmente si trova un vasto accordo, ma la coerente conseguenza di una decisione importante, ancora tutta da compiere,che chiarisca una parte rilevante dell’identità del PD: quella di costruire un moderno partito fatto da centinaia di migliaia di persone, un partito opera collettiva, “vissuto”, “abitato”, capace di innovazione politica ,di costruire un’opinione consapevole ed anche fare opinione proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari, proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari.
Un PD che abbia radici è una necessità anche per motivi che vanno oltre l’interesse
di partito, è una parte importante di una risposta ai fenomeni di depoliticizzazione e di “cittadinanza passiva”, ai quali occorre reagire assumendosi la responsabilità di promuovere capacità e responsabilità diffuse di ricerca intellettuale, di allargamento delle conoscenze civili, di un impegno che affronti la crisi della politica che è anche crisi della democrazia e dei suoi strumenti. In fondo il ruolo che ai partiti affida la Costituzione. Senza riaffermarlo in forme nuove, accanto a nuove soggettività, è imprescindibile per difendere lo spirito della Costituzioni ed i diritti che afferma.
Si stava meglio quando si stava peggio? Eravamo più forti prima della nostra esperienza in corso, almeno dal punto di vista organizzativo? La domanda circola, per le difficoltà presenti ed anche per la memoria di un patrimonio pluridecennale che non va smarrito, ma la risposta deve essere negativa. No, abbiamo oggi più forze e più qualificate di ieri. Il PD è costituito anche e rilevantemente da generazioni nuove, da membri di un ventaglio ampio di ceti sociali e professioni.
Si deve e si può invertire il processo in corso di allontanamento delle nuove presenze, i tanti che si erano registrati come fondatori che lasciano con o senza polemica, con o senza distacco elettorale. Si può, facendo leva sulle competenze potenziali di tanti iscritti e sulle iniziative positive che spontaneamente esistono. Sono loro i tramiti, il nuovo che può riconoscere e coinvolgere il nuovo, per recuperare ed estendere i contatti, riaprire la nostra attività alla società reale.
I compiti di direzione, e di rappresentanza, nei circoli, sono oggi, infatti, in molte realtà assicurati da persone di generazioni più recenti, ma non sempre a questo corrisponde un impegno preciso per la modifica profonda dell’iniziativa dei Circoli che resta legata, prevalentemente a modalità paraelettorali. Si evidenzia un restringimento dell’attività nella società che amplifica i fenomeni di distacco dal territorio già presenti nei gruppi dirigenti.
Le Feste sono, in questo contesto, ancora quasi ovunque l’unico momento dove si allargano le responsabilità condivise, si hanno impegni e mete da realizzare e si apre un dialogo con il territorio.
Tuttavia la grande ricchezza delle Feste segnala, nel rimanere quasi unica, tutt’intero il problema della mancanza di altre iniziative, nel corso dell’anno, di una mancata riforma capace di coinvolgere il partito nell’interezza delle forze e delle potenzialità che erano apparse al momento della sua costituzione.
Questo PD originario viene spesso evocato solo ideologicamente, mentre è mancata la costruzione di un partito organizzato capace di interpretarlo.
Non c’è uno spirito originario da riproporre a prescindere dall’evoluzione del quadro politico e sociale, c’è invece una vera e propria cultura moderna dell’organizzazione da incontrare e rendere cosa viva.
Cosa deve fare un Circolo oggi
Un Circolo è chiamato a svolgere tre funzioni fondamentali:
1)Essere Luogo politico, unità di base, elemento capace di promuovere discussione, formazione e decisione sulla situazione politica, sede di espressione di volontà su programmi, dirigenti e sede di votazione sulla candidature e sugli incarichi.
2)Essere comunità in azione, nel praticare una socializzazione effettiva e non ricreativa, nel diventare elemento importante nella vita di chi sceglie un impegno costante e rilevante e accogliente anche per chi sceglie un adesione più leggera, in termini di tempo, fino all’occasionalità. Lavorare insieme, dunque, imparando e trasmettendo ciò che si è appreso, unendo generazioni diverse, dai giovanissimi agli anziani e soprattutto , in una profonda osmosi con l’ambiente nel quale si opera raccogliendo stabilmente, oltre agli iscritti, i contributi di chi non vuole appartenere ma vuole associarsi a idee, a fatti da realizzare. Il circolo deve diventare un riferimento delle attività sociali e culturali presenti sul territorio,offrirsi anche come sede fisica per chi opera per il miglioramento della città e dei paesi.
3) Produrre una progettualità autonoma, non solo esecutiva e/o per campagne impostate centralmente.
Il Circolo deve essere in grado di produrre non solo pareri su fatti nazionali o comunque generali, ma di elaborare proposte riguardanti il proprio territorio, punti di progetto ampi e anche punti riguardanti singole urgenze, precisamente individuate e essere in grado di portare avanti le proprie proposte, fino a determinare cambiamenti concreti e riconoscibili nel territorio.
Ad ogni funzione devono corrispondere poteri decisionali, chiari e non velleitari, ma reali.
Per svolgere bene ognuna delle tre funzioni è necessario avere sedi adeguate, sufficientemente vaste, non solo uffici, e dotate di una serie di strumenti comunicativi moderni e fruibili.
Circoli telematici, sì, ma in tutti i circoli ci vuole una attività telematica
I circoli telematici, dove gli iscritti siano uniti via Web, su piattaforme autonome oppure mediante l’utilizzo di siti già esistenti, sono strumenti utili, anzi necessari, che devono però passare velocemente da prototipi a modalità effettive, con la capacità di promuovere forme di adesione parziale, o evento per evento, sul modello di Facebook ad esempio, di mettere in campo vere iniziative e di garantirsi un autofinanziamento.
Il primo passo da compiere è quello di verificare con attenzione ed ampliare le esperienze già in essere. Ma, se ci vogliono i Circoli esclusivamente presenti in web, tutti i circoli devono sempre più avere una propria vita in tete che si svolga su tutte e tre le funzioni che abbiamo sopra indicato.
Circoli tematici e “centri di iniziativa tematici” promossi dai Circoli territoriali
Il Pd di Bologna ha avviato e curato la nascita e l’attività di circoli nei luoghi di lavoro e di un circolo in un settore lavorativo importante come la scuola. Sono esperienze importanti che , insieme ai Forum già contribuiscono alla elaborazione programmatica ed anche alla ripresa del contatto e della capacità di rappresentanza del PD.
I circoli tematici vanno irrobustiti curando che la loro attività sia conosciuta in tutto il territorio dell’Unione e che la scelta di iscriversi e di dare attività al loro interno sia nota a tutti gli iscritti e a chi vuole iscriversi.
Nondimeno è opportuno che i Circoli territoriali si articolino in centri di iniziativa a tema e che anche al loro interno vivano esperienze aperte legate a problemi concreti della condizione lavorativa e della vita sociale.
I progetti pilota. Il contributo alla prossima campagna elettorale a Bologna
La qualificazione delle attività nuove ed anche di quelle tradizionali, o essenziali, dei Circoli non può essere promossa solo dall’alto ma può essere favorita da una pratica frequente di scambio di esperienze, a rete, fra diversi Circoli, anche con la promozione di proprie campagne di iniziativa e momenti di verifica e formazione.
Sarebbero particolarmente utili progetti pilota che, a partire da esperienze più forti possano trainare altre situazioni.
La vicinanza della Campagna elettorale per il Sindaco a Bologna deve suggerire l’attivazione rapida di progetti pilota su scuola, lavoro, sicurezza, viabilità, sanità, sicurezza sociale che potrebbero diventare una parte significativa di una campagna elettorale “dal basso”, meno propagandistica e quindi più convincente e coinvolgente.
Un circolo, la rete, la “leggerezza”
Il PD a Bologna è una vasta organizzazione, ha bisogno di istanze di coordinamento e di decisioni che intervengano sull’attualità e la linea.
Non servono quindi Circoli isolati, monadici e proprio per questo ancor più impoveriti, però ogni Circolo deve avere l’autonomia sufficiente per promuovere e garantire partecipazione politica diretta ed anche di eccellenza. La polemica contro l’accusa volgare di essere “una agenzia di mediocri” si può rovesciare con la realizzazione di un agire a rete e non a piramide, dove sia naturale incontrare elaborazioni e pratiche di punta anche, e forse di più, in un nodo della rete orizzontale, come il Circolo. Un partito strutturato, ma a rete risponde, con la pratica di innovazioni libere, suscitate in più luoghi alla necessità di “leggerezza”. Non ci convince un partito leggero, dove non si partecipa, ma è chiaro che bisogna ricercare modi e momenti per partecipare con leggerezza , superando la pesantezza e la direttività , altre facce di un partito elitario.
Organismi di Unione snelli e coinvolgimento vasto
Sono varie le proposte per ridurre il numero dei componenti della Direzione e dell’Esecutivo, presenti in quasi tutti i contributi congressuali, ed in particolare nelle mozioni congressuali presentate dai candidati a segretario.
Il tema è sentito.
Il nostro Congresso di Unione deciderà un significativo snellimento degli organismi di Direzione e di Esecutivo.
Bisogna tuttavia che la richiesta di semplicità ed efficacia degli organismi si unisca alla creazione di più momenti e sedi di informazione e discussione. Un partito vasto come il PD, qui a Bologna, potrebbe non avere automatico giovamento da una riduzione degli organismi ed anzi veder ridotta la loro funzione di collettore di più persone depositarie di esperienze e soprattutto di rapporti sociali, se questa funzione, che d’altra parte non è propria di per sè di un organismo dirigente, non sia svolta da altre sedi, in un raccordo molto più forte Unione-Circoli
Avanziamo tre proposte:
1)L’assemblea dei circoli di tutta l’Unione, di informazione, dibattito e lancio di iniziative esterne;
2)i focus permanenti per la qualità, luoghi, incontri dove sperimentare, confrontare e diffondere le buone pratiche;
3) la formazione permanente, nella consapevolezza della necessità di una formazione costante e mirata, fatta di brevi sessioni, pratica, specifica, almeno per alcune “funzioni obiettivo” fondamentali, come i segretari, i tesorieri , i responsabili Feste e dibattiti di Circolo, ma anche per i promotori di gruppi di giovani, e per le promotrici di gruppi di donne, e di Centri di iniziativa.
Quanti Circoli servono
Non crediamo che sia razionale adeguare via via al ribasso il numero dei Circoli, fotografando le difficoltà invece di lottare per superarle, non è positiva una rarefazione della presenza organizzata e democratica del partito.
Nondimeno lo stesso andamento dei congressi ha messo in evidenza difficoltà di partecipazione al dibattito ed anche alle votazioni e realtà talvolta ridotte quasi a puri titoli. Ed è vero che serve una massa critica sufficiente per far vivere politicamente ed organizzativamente un Circolo.
La vicenda di questi due anni ha dimostrato però che non consiste soltanto nel numero degli iscritti la forza di un Circolo.
E’ urgente una verifica circa la consistenza e la dislocazione attuale dei Circoli, oggi molto disomogenea.
Bisogna rileggere e talvolta ridisegnare la mappa territoriale del partito, con molta attenzione, senza peraltro impegnare il partito nel territorio a un nuovo round di discussione snervante,favorendo ciò che già è maturato dall'esperienza e dalla riglessione "in loco", intervenendo per rivivificare situazioni difficili ma che si ritengano strategiche, promuovere nuovi Circoli o sezioni di Circoli esistenti dove territori vasti siano privi di presenze, ed invece accorpare, in altre differenti occasioni,favorendo, tra l’altro, il principio dell’aderenza al territorio anche nelle scelte, comunque libere, del Circolo nel quale partecipare.
Un nuovo standard da raggiungere.
In sostanza tutte le nostre riflessioni e proposte indicano l’obiettivo di un nuovo standard, qualitativo e non solo quantitativo.
Fondamentale è praticare un rapporto sano e quotidiano fra Unione e Circoli, fatto di interscambio, cura, con meno circolari, meno trasmissioni dall’alto in basso, ed anche di un uso corretto e veramente moderno dei mezzi di comunicazione.
Un centralismo malinteso e burocratico, una vita da ufficio del partito contribuisce a produrre balcanizzazione e correntismo personalistico e non di ispirazione ideale e politica.
Una federalità bene intesa potrebbe invece dare nuova unione.
In sostanza volere un indirizzo rivolto alla crescita quantitativa e qualitativa dei Circoli vuol dire richiamare un principio generale, che riassumiamo in una frase,
PD: DIVENTA QUELLO CHE SEI.
Primi firmatari:
Anna Rosa Almiropulo
Antonio Accattato
Antonia Babini
Davide Barbieri
Susanna Bottazzi
Maria Busi
Nino Campisi
Rocco Cardamone
Otello Ciavatti
Giancarla Codrignani
Aniello D’Auria
Rosanna Facchini
Davide Ferrari
Giorgio Festi
Vittorio Franchi
Gianni Ghiselli
Luca Grasselli
Antonio Iannone
Massimo Meliconi
Giacomo Petralia
Gregorio Scalise
Paolo Staffiere
Laura Renzoni Governatori
Fabrizio Tosi
Micol Tuzi
Daniela Zoboli
Luigi O. Zurlo
Per adesioni e/o suggerimenti
si può scrivere a
Annarosa Almiropulo
aalmi@libero.it
Per chi è su Facebook:
http://www.facebook.com/note.php?saved&&suggest¬e_id=401579962679
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Sulla vita dei circoli.
Un'altra punto di vista per parlare di partecipazione e di vita democratica nel PD.
E' un tema da far vivere dopo il Congresso, con poche parole, una scelta, il fare.
PD: DIVENTA DAVVERO QUELLO CHE SEI
Il partito ed i Circoli.
Poche parole, una scelta, il fare
I Circoli, le unità di base del nostro partito sono la prima linea, dove si avvertono prima i segnali: la crisi di credibilità della politica, la disaffezione, la flessione del numero degli aderenti e dei più impegnati fra loro e la difficoltà nel miscelare le culture e le esperienze, molto diverse, che erano giunte e sono nel PD.
Occuparsi dei Circoli, definirne con precisione e realismo il ruolo, sostenerne l’azione ogni giorno non è un compito burocratico o dei soli uffici organizzativi, deve essere un impegno prioritario delle leadership, delle principali figure responsabili, nazionali e locali.
Perchè questo avvenga bisogna compiere una chiara scelta politica: volere un partito di uomini e di donne, diffuso e radicato, basato sul confronto e la discussione, sull’agire insieme e non un partito di pura opinione, elitario , che viva solo di momenti elettorali interni e troppo ripetuti.
Com’è assodato comunemente non c’è contrasto fra un partito popolare, con sedi stabili e vive e un partito capace di fare campagne, di uscire nelle strade con gazebo e banchetti.
C’è invece un profondo contrasto fra un partito basato sui Circoli, sui Forum, sulle reti territoriali, ed un partito che vive di staff personali e di decisioni sempre più demandate a pochi e soli, e semplicemente trasmesse ai circoli.
Intervenire con, su e per i Circoli non è dunque una ovvietà su cui facilmente si trova un vasto accordo, ma la coerente conseguenza di una decisione importante, ancora tutta da compiere,che chiarisca una parte rilevante dell’identità del PD: quella di costruire un moderno partito fatto da centinaia di migliaia di persone, un partito opera collettiva, “vissuto”, “abitato”, capace di innovazione politica ,di costruire un’opinione consapevole ed anche fare opinione proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari, proprio perché robusto e credibile per i suoi caratteri ampi e popolari.
Un PD che abbia radici è una necessità anche per motivi che vanno oltre l’interesse
di partito, è una parte importante di una risposta ai fenomeni di depoliticizzazione e di “cittadinanza passiva”, ai quali occorre reagire assumendosi la responsabilità di promuovere capacità e responsabilità diffuse di ricerca intellettuale, di allargamento delle conoscenze civili, di un impegno che affronti la crisi della politica che è anche crisi della democrazia e dei suoi strumenti. In fondo il ruolo che ai partiti affida la Costituzione. Senza riaffermarlo in forme nuove, accanto a nuove soggettività, è imprescindibile per difendere lo spirito della Costituzioni ed i diritti che afferma.
Si stava meglio quando si stava peggio? Eravamo più forti prima della nostra esperienza in corso, almeno dal punto di vista organizzativo? La domanda circola, per le difficoltà presenti ed anche per la memoria di un patrimonio pluridecennale che non va smarrito, ma la risposta deve essere negativa. No, abbiamo oggi più forze e più qualificate di ieri. Il PD è costituito anche e rilevantemente da generazioni nuove, da membri di un ventaglio ampio di ceti sociali e professioni.
Si deve e si può invertire il processo in corso di allontanamento delle nuove presenze, i tanti che si erano registrati come fondatori che lasciano con o senza polemica, con o senza distacco elettorale. Si può, facendo leva sulle competenze potenziali di tanti iscritti e sulle iniziative positive che spontaneamente esistono. Sono loro i tramiti, il nuovo che può riconoscere e coinvolgere il nuovo, per recuperare ed estendere i contatti, riaprire la nostra attività alla società reale.
I compiti di direzione, e di rappresentanza, nei circoli, sono oggi, infatti, in molte realtà assicurati da persone di generazioni più recenti, ma non sempre a questo corrisponde un impegno preciso per la modifica profonda dell’iniziativa dei Circoli che resta legata, prevalentemente a modalità paraelettorali. Si evidenzia un restringimento dell’attività nella società che amplifica i fenomeni di distacco dal territorio già presenti nei gruppi dirigenti.
Le Feste sono, in questo contesto, ancora quasi ovunque l’unico momento dove si allargano le responsabilità condivise, si hanno impegni e mete da realizzare e si apre un dialogo con il territorio.
Tuttavia la grande ricchezza delle Feste segnala, nel rimanere quasi unica, tutt’intero il problema della mancanza di altre iniziative, nel corso dell’anno, di una mancata riforma capace di coinvolgere il partito nell’interezza delle forze e delle potenzialità che erano apparse al momento della sua costituzione.
Questo PD originario viene spesso evocato solo ideologicamente, mentre è mancata la costruzione di un partito organizzato capace di interpretarlo.
Non c’è uno spirito originario da riproporre a prescindere dall’evoluzione del quadro politico e sociale, c’è invece una vera e propria cultura moderna dell’organizzazione da incontrare e rendere cosa viva.
Cosa deve fare un Circolo oggi
Un Circolo è chiamato a svolgere tre funzioni fondamentali:
1)Essere Luogo politico, unità di base, elemento capace di promuovere discussione, formazione e decisione sulla situazione politica, sede di espressione di volontà su programmi, dirigenti e sede di votazione sulla candidature e sugli incarichi.
2)Essere comunità in azione, nel praticare una socializzazione effettiva e non ricreativa, nel diventare elemento importante nella vita di chi sceglie un impegno costante e rilevante e accogliente anche per chi sceglie un adesione più leggera, in termini di tempo, fino all’occasionalità. Lavorare insieme, dunque, imparando e trasmettendo ciò che si è appreso, unendo generazioni diverse, dai giovanissimi agli anziani e soprattutto , in una profonda osmosi con l’ambiente nel quale si opera raccogliendo stabilmente, oltre agli iscritti, i contributi di chi non vuole appartenere ma vuole associarsi a idee, a fatti da realizzare. Il circolo deve diventare un riferimento delle attività sociali e culturali presenti sul territorio,offrirsi anche come sede fisica per chi opera per il miglioramento della città e dei paesi.
3) Produrre una progettualità autonoma, non solo esecutiva e/o per campagne impostate centralmente.
Il Circolo deve essere in grado di produrre non solo pareri su fatti nazionali o comunque generali, ma di elaborare proposte riguardanti il proprio territorio, punti di progetto ampi e anche punti riguardanti singole urgenze, precisamente individuate e essere in grado di portare avanti le proprie proposte, fino a determinare cambiamenti concreti e riconoscibili nel territorio.
Ad ogni funzione devono corrispondere poteri decisionali, chiari e non velleitari, ma reali.
Per svolgere bene ognuna delle tre funzioni è necessario avere sedi adeguate, sufficientemente vaste, non solo uffici, e dotate di una serie di strumenti comunicativi moderni e fruibili.
Circoli telematici, sì, ma in tutti i circoli ci vuole una attività telematica
I circoli telematici, dove gli iscritti siano uniti via Web, su piattaforme autonome oppure mediante l’utilizzo di siti già esistenti, sono strumenti utili, anzi necessari, che devono però passare velocemente da prototipi a modalità effettive, con la capacità di promuovere forme di adesione parziale, o evento per evento, sul modello di Facebook ad esempio, di mettere in campo vere iniziative e di garantirsi un autofinanziamento.
Il primo passo da compiere è quello di verificare con attenzione ed ampliare le esperienze già in essere. Ma, se ci vogliono i Circoli esclusivamente presenti in web, tutti i circoli devono sempre più avere una propria vita in tete che si svolga su tutte e tre le funzioni che abbiamo sopra indicato.
Circoli tematici e “centri di iniziativa tematici” promossi dai Circoli territoriali
Il Pd di Bologna ha avviato e curato la nascita e l’attività di circoli nei luoghi di lavoro e di un circolo in un settore lavorativo importante come la scuola. Sono esperienze importanti che , insieme ai Forum già contribuiscono alla elaborazione programmatica ed anche alla ripresa del contatto e della capacità di rappresentanza del PD.
I circoli tematici vanno irrobustiti curando che la loro attività sia conosciuta in tutto il territorio dell’Unione e che la scelta di iscriversi e di dare attività al loro interno sia nota a tutti gli iscritti e a chi vuole iscriversi.
Nondimeno è opportuno che i Circoli territoriali si articolino in centri di iniziativa a tema e che anche al loro interno vivano esperienze aperte legate a problemi concreti della condizione lavorativa e della vita sociale.
I progetti pilota. Il contributo alla prossima campagna elettorale a Bologna
La qualificazione delle attività nuove ed anche di quelle tradizionali, o essenziali, dei Circoli non può essere promossa solo dall’alto ma può essere favorita da una pratica frequente di scambio di esperienze, a rete, fra diversi Circoli, anche con la promozione di proprie campagne di iniziativa e momenti di verifica e formazione.
Sarebbero particolarmente utili progetti pilota che, a partire da esperienze più forti possano trainare altre situazioni.
La vicinanza della Campagna elettorale per il Sindaco a Bologna deve suggerire l’attivazione rapida di progetti pilota su scuola, lavoro, sicurezza, viabilità, sanità, sicurezza sociale che potrebbero diventare una parte significativa di una campagna elettorale “dal basso”, meno propagandistica e quindi più convincente e coinvolgente.
Un circolo, la rete, la “leggerezza”
Il PD a Bologna è una vasta organizzazione, ha bisogno di istanze di coordinamento e di decisioni che intervengano sull’attualità e la linea.
Non servono quindi Circoli isolati, monadici e proprio per questo ancor più impoveriti, però ogni Circolo deve avere l’autonomia sufficiente per promuovere e garantire partecipazione politica diretta ed anche di eccellenza. La polemica contro l’accusa volgare di essere “una agenzia di mediocri” si può rovesciare con la realizzazione di un agire a rete e non a piramide, dove sia naturale incontrare elaborazioni e pratiche di punta anche, e forse di più, in un nodo della rete orizzontale, come il Circolo. Un partito strutturato, ma a rete risponde, con la pratica di innovazioni libere, suscitate in più luoghi alla necessità di “leggerezza”. Non ci convince un partito leggero, dove non si partecipa, ma è chiaro che bisogna ricercare modi e momenti per partecipare con leggerezza , superando la pesantezza e la direttività , altre facce di un partito elitario.
Organismi di Unione snelli e coinvolgimento vasto
Sono varie le proposte per ridurre il numero dei componenti della Direzione e dell’Esecutivo, presenti in quasi tutti i contributi congressuali, ed in particolare nelle mozioni congressuali presentate dai candidati a segretario.
Il tema è sentito.
Il nostro Congresso di Unione deciderà un significativo snellimento degli organismi di Direzione e di Esecutivo.
Bisogna tuttavia che la richiesta di semplicità ed efficacia degli organismi si unisca alla creazione di più momenti e sedi di informazione e discussione. Un partito vasto come il PD, qui a Bologna, potrebbe non avere automatico giovamento da una riduzione degli organismi ed anzi veder ridotta la loro funzione di collettore di più persone depositarie di esperienze e soprattutto di rapporti sociali, se questa funzione, che d’altra parte non è propria di per sè di un organismo dirigente, non sia svolta da altre sedi, in un raccordo molto più forte Unione-Circoli
Avanziamo tre proposte:
1)L’assemblea dei circoli di tutta l’Unione, di informazione, dibattito e lancio di iniziative esterne;
2)i focus permanenti per la qualità, luoghi, incontri dove sperimentare, confrontare e diffondere le buone pratiche;
3) la formazione permanente, nella consapevolezza della necessità di una formazione costante e mirata, fatta di brevi sessioni, pratica, specifica, almeno per alcune “funzioni obiettivo” fondamentali, come i segretari, i tesorieri , i responsabili Feste e dibattiti di Circolo, ma anche per i promotori di gruppi di giovani, e per le promotrici di gruppi di donne, e di Centri di iniziativa.
Quanti Circoli servono
Non crediamo che sia razionale adeguare via via al ribasso il numero dei Circoli, fotografando le difficoltà invece di lottare per superarle, non è positiva una rarefazione della presenza organizzata e democratica del partito.
Nondimeno lo stesso andamento dei congressi ha messo in evidenza difficoltà di partecipazione al dibattito ed anche alle votazioni e realtà talvolta ridotte quasi a puri titoli. Ed è vero che serve una massa critica sufficiente per far vivere politicamente ed organizzativamente un Circolo.
La vicenda di questi due anni ha dimostrato però che non consiste soltanto nel numero degli iscritti la forza di un Circolo.
E’ urgente una verifica circa la consistenza e la dislocazione attuale dei Circoli, oggi molto disomogenea.
Bisogna rileggere e talvolta ridisegnare la mappa territoriale del partito, con molta attenzione, senza peraltro impegnare il partito nel territorio a un nuovo round di discussione snervante,favorendo ciò che già è maturato dall'esperienza e dalla riglessione "in loco", intervenendo per rivivificare situazioni difficili ma che si ritengano strategiche, promuovere nuovi Circoli o sezioni di Circoli esistenti dove territori vasti siano privi di presenze, ed invece accorpare, in altre differenti occasioni,favorendo, tra l’altro, il principio dell’aderenza al territorio anche nelle scelte, comunque libere, del Circolo nel quale partecipare.
Un nuovo standard da raggiungere.
In sostanza tutte le nostre riflessioni e proposte indicano l’obiettivo di un nuovo standard, qualitativo e non solo quantitativo.
Fondamentale è praticare un rapporto sano e quotidiano fra Unione e Circoli, fatto di interscambio, cura, con meno circolari, meno trasmissioni dall’alto in basso, ed anche di un uso corretto e veramente moderno dei mezzi di comunicazione.
Un centralismo malinteso e burocratico, una vita da ufficio del partito contribuisce a produrre balcanizzazione e correntismo personalistico e non di ispirazione ideale e politica.
Una federalità bene intesa potrebbe invece dare nuova unione.
In sostanza volere un indirizzo rivolto alla crescita quantitativa e qualitativa dei Circoli vuol dire richiamare un principio generale, che riassumiamo in una frase,
PD: DIVENTA QUELLO CHE SEI.
Primi firmatari:
Anna Rosa Almiropulo
Antonio Accattato
Antonia Babini
Davide Barbieri
Susanna Bottazzi
Maria Busi
Nino Campisi
Rocco Cardamone
Otello Ciavatti
Giancarla Codrignani
Aniello D’Auria
Rosanna Facchini
Davide Ferrari
Giorgio Festi
Vittorio Franchi
Gianni Ghiselli
Luca Grasselli
Antonio Iannone
Massimo Meliconi
Giacomo Petralia
Gregorio Scalise
Paolo Staffiere
Laura Renzoni Governatori
Fabrizio Tosi
Micol Tuzi
Daniela Zoboli
Luigi O. Zurlo
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domenica 6 giugno 2010
Bologna, le tre città, la cultura
Bologna è città di chiari e di scuri. E’ immagine dei suoi portici, vissuti insieme dalla socialità e dal degrado, non solo negli anni che ci troviamo a vivere, ma sempre. Bisogna riconoscere la natura della città e, senza negare limiti e lenti movimenti, mai arrendersi ad una visione pigra, avara, tutta in negativo.
La sua produzione culturale resta ampia e strettamente unita ad una frequenza degli eventi culturali, ancora senza eguali altrove. Qui l’eccellenza non si può astrarre dalla quantità. In ogni campo la forza di Bologna è nell’ordito, nella trama delle possibilità.
Una politica culturale fatta di grandi eventi isolati difficilmente potrebbe metterne in rilievo le realtà più affermate, e soprattutto non promuoverebbe le possibilità di nuovo, di ricambio. La prima scelta deve essere allora quella della cura, di una attenzione a tutti i talenti e insieme alla vastissima operosità diffusa.
Non c’è nulla di più provinciale che giocare tutte le carte su poche storie mediatiche scontate e costose, alzare la voce mentre le gambe affondano. Ci sono tre città a Bologna. C’è quella dei “cittadini”, invecchiata ma ancora permeata di una cultura della curiosità, che va ascoltata e non archiviata. Viene poi quella degli studenti, generazione culturale, madre delle idee potenziali, valore aggiunto di intelligenza. C’è, ancora negata, la terza città, quella degli stranieri. Inutile chiamarli, come pure si dovrebbe”nuovi cittadini”, se la loro produzione culturale viene in larghissima misura ignorata.
Quello che dovrà fare il Comune, quando tornerà, sarà coordinare, non sostituire. Basta con Assessori che si credono direttori artistici. Serve una progettualità di sistema, che lavori per sollecitare, coinvolgere, far interagire le tre città che sono Bologna.
E della progettualità dovrà far parte l’esattezza e la credibilità. Gli annunci sono stati tanti, troppi. E’ difficile non dire che le nuove idee più urgenti potrebbero essere innanzitutto il completamento, o l’avviamento, di quanto da tempo atteso. Pensiamo alla città metropolitana, essenziale per la precaria sostenibilità della politica culturale, al distretto multimediale, ai progetti per una urbanistica che punti sull’equilibrio e la bellezza di una città che ha perso abitanti come si perde sangue.
Se proprio dobbiamo lanciare altre parole, questa siano: musica, arte, poesia e giovanissimi. Portare la cultura viva dentro le scuole e l’Università, e trarne non solo formazione ma civiltà. Bisogna investire qui quel che ancora abbiamo. Dare vita e risorse a decine di ateliers dove lavorino assieme generazioni diverse, dove mettano il cuore le istituzioni culturali e i luoghi di eccellenza dell’arte e dello spettacolo, dove rinasca il rapporto maestro-allievo. Ricordo Leo De Berardinis. Non fa moda per un intellettuale parlare di scuola, ne rivela una dimensione minuta? Anche da simili pregiudizi è partita la vite della crisi. Da qui, rovesciando il movimento, si può ripartire.
Davide Ferrari
La Repubblica, Bologna
Domenica 6 Giugno 2010
La sua produzione culturale resta ampia e strettamente unita ad una frequenza degli eventi culturali, ancora senza eguali altrove. Qui l’eccellenza non si può astrarre dalla quantità. In ogni campo la forza di Bologna è nell’ordito, nella trama delle possibilità.
Una politica culturale fatta di grandi eventi isolati difficilmente potrebbe metterne in rilievo le realtà più affermate, e soprattutto non promuoverebbe le possibilità di nuovo, di ricambio. La prima scelta deve essere allora quella della cura, di una attenzione a tutti i talenti e insieme alla vastissima operosità diffusa.
Non c’è nulla di più provinciale che giocare tutte le carte su poche storie mediatiche scontate e costose, alzare la voce mentre le gambe affondano. Ci sono tre città a Bologna. C’è quella dei “cittadini”, invecchiata ma ancora permeata di una cultura della curiosità, che va ascoltata e non archiviata. Viene poi quella degli studenti, generazione culturale, madre delle idee potenziali, valore aggiunto di intelligenza. C’è, ancora negata, la terza città, quella degli stranieri. Inutile chiamarli, come pure si dovrebbe”nuovi cittadini”, se la loro produzione culturale viene in larghissima misura ignorata.
Quello che dovrà fare il Comune, quando tornerà, sarà coordinare, non sostituire. Basta con Assessori che si credono direttori artistici. Serve una progettualità di sistema, che lavori per sollecitare, coinvolgere, far interagire le tre città che sono Bologna.
E della progettualità dovrà far parte l’esattezza e la credibilità. Gli annunci sono stati tanti, troppi. E’ difficile non dire che le nuove idee più urgenti potrebbero essere innanzitutto il completamento, o l’avviamento, di quanto da tempo atteso. Pensiamo alla città metropolitana, essenziale per la precaria sostenibilità della politica culturale, al distretto multimediale, ai progetti per una urbanistica che punti sull’equilibrio e la bellezza di una città che ha perso abitanti come si perde sangue.
Se proprio dobbiamo lanciare altre parole, questa siano: musica, arte, poesia e giovanissimi. Portare la cultura viva dentro le scuole e l’Università, e trarne non solo formazione ma civiltà. Bisogna investire qui quel che ancora abbiamo. Dare vita e risorse a decine di ateliers dove lavorino assieme generazioni diverse, dove mettano il cuore le istituzioni culturali e i luoghi di eccellenza dell’arte e dello spettacolo, dove rinasca il rapporto maestro-allievo. Ricordo Leo De Berardinis. Non fa moda per un intellettuale parlare di scuola, ne rivela una dimensione minuta? Anche da simili pregiudizi è partita la vite della crisi. Da qui, rovesciando il movimento, si può ripartire.
Davide Ferrari
La Repubblica, Bologna
Domenica 6 Giugno 2010
Ai tempi del cancellierato.
Com’era Bologna nei giorni del cancellierato? Un dì la John Hopkins potrebbe chiedercelo. Era, è, come quando, in vacanza, si resta in città. Distratta, annoiata dal tempo variabile, senza voler pensare troppo. Sembra che non succeda nulla. Anche su Facebook si batte la fiacca. Solo inviti a “pizza e cocomero” e frasi celebri. Dev’essere difficile per i cronisti fare il loro mestiere. Ci sarebbero i congressi del PD, quello di Bologna, per esempio. "Ho letto sulla stampa l’ottavo annuncio dei buoni voti di Licciardello" mi dice zia, alla fermata del 27, davanti alla Nike. "La tranquilla marcia di Raffaele convince. Per questo se ne scrive poco" la rassicuro. Ma la “riscossa civica”, il “governo dei migliori”, ricordate? E i gruppi dei giovani emergenti? Tutto è un po’ nell’ovatta. Ci vorrebbe qualche colpo di scena. Qualche vera notizia. Che so? Cevenini tifa per la SPAL. La “Giovanile del PD” ha tesserato Guido Fanti. "Ma arrivano sulla città i morsi di Tremonti, dalla scuola ai teatri? Ci siamo un po' svegliati", provo a insistere. "Zia, siamo sui pedali, all'opposizione". "Sì ma.. scusa devo andare, mi parte l'autobus". Vuole fuggire? Anche lei? Ho deciso: salgo anch’io, così continuo il racconto. Città non ti mollo.
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari sull'Unità Emilia-Romagna
5 Giugno 2010
"Il contrario"
rubrica di Davide Ferrari sull'Unità Emilia-Romagna
5 Giugno 2010
sabato 29 maggio 2010
Qualcosa c’è
Oggi vado a votare. Non contenti di avere una campagna elettorale a semestre, i militanti del Pd vanno a votare una, due, tre volte l'anno in più. Primarie, primariette, congressi, è tutto un impacchettare di schede e di urne. Qui, a Bologna, a Reggio, a Rimini. La Lega è dentro porta, i Grilli cantano, i giornali scrivono che uno starnuto di un Commissario è meglio della Propoli, del “Balsamo di tigre”, fa fiorire i selciati, cancella le scritte sui muri, consola le vedove, fa dormire gli infanti. Altro che "i politici". Ci inseguono anche su Facebook. Appena ti colleghi , subito appare un menu di “state sbagliando tutto”. Per depistarli mimetizzo. Mi sono iscritto fra i Fans di Mengacci. Così mi scambiano per un omonimo e mi fanno respirare.
Pero’, nonostante tutto, c'è un certo orgoglio a trovarsi fra i “matti e disperati”, la Domenica, a telefonare agli amici e compagni perchè si ricordino di venire a votare.
Proviamoci ancora, come gli scapoli che aprono e riaprono il frigo desolato:"guardiamo ancora ,non si sa mai". La cioccolata nera Zaini, i wurstel, qualcosa c’è.
Tutto sommato, a casa nostra la maionese non è ancora impazzita. C’è aria di responsabilità e “quelli” non ne sono affatto contenti. Io faccio cosi, mi accendo la pipa, mi allaccio le scarpe e vado a votare.
"Il contrario" rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Pero’, nonostante tutto, c'è un certo orgoglio a trovarsi fra i “matti e disperati”, la Domenica, a telefonare agli amici e compagni perchè si ricordino di venire a votare.
Proviamoci ancora, come gli scapoli che aprono e riaprono il frigo desolato:"guardiamo ancora ,non si sa mai". La cioccolata nera Zaini, i wurstel, qualcosa c’è.
Tutto sommato, a casa nostra la maionese non è ancora impazzita. C’è aria di responsabilità e “quelli” non ne sono affatto contenti. Io faccio cosi, mi accendo la pipa, mi allaccio le scarpe e vado a votare.
"Il contrario" rubrica di Davide Ferrari
L'Unità Emilia-Romagna
Scuola: diciamola tutta. Un congresso aperto.
Sabato 29 Maggio 2010
17.30/19,30 - 21/23.00
Stand dibattiti della Festa Democratica-Unita’ del Quartiere Savena , in via Due Madonne. Bologna
Congresso aperto del Circolo della scuola PD
in collaborazione con il Forum delle scuole e della formazione
-per esprimere il proprio voto per l’elezione del nuovo Segretario del PD di Bologna.
-per discutere di scuola, per difenderla, salvarla, cambiarla.
INVITO a tutte le realtà sociali, sindacali, culturali e professionali, agli insegnanti, agli studenti, ai genitori.
Su Facebook, per chi è registrato:
http://www.facebook.com/event.php?eid=122359471122676
17.30/19,30 - 21/23.00
Stand dibattiti della Festa Democratica-Unita’ del Quartiere Savena , in via Due Madonne. Bologna
Congresso aperto del Circolo della scuola PD
in collaborazione con il Forum delle scuole e della formazione
-per esprimere il proprio voto per l’elezione del nuovo Segretario del PD di Bologna.
-per discutere di scuola, per difenderla, salvarla, cambiarla.
INVITO a tutte le realtà sociali, sindacali, culturali e professionali, agli insegnanti, agli studenti, ai genitori.
Su Facebook, per chi è registrato:
http://www.facebook.com/event.php?eid=122359471122676
lunedì 17 maggio 2010
TORNARE A SCRIVERE POESIA, A BOLOGNA.
Giovedì 20 Maggio, ore 17,30, Libreria Feltrinelli-Zanichelli, Bologna Piazza Galvani 1h.
Con Mino Petazzini
intervengono Salvatore Jemma, Gregorio Scalise, Alberto Bertoni, Bruno Brunini, Pier Damiano Ori.
Mino Petazzini torna a pubblicare le sue poesie dopo molti anni. Un'occasione per incontrare uno dei poeti più veri di questi nostri anni. Un'occasione per parlare di poesia a Bologna.
E' un incontro promosso da Casadeipensieri e La Feltrinelli Eventi.
Con Mino Petazzini
intervengono Salvatore Jemma, Gregorio Scalise, Alberto Bertoni, Bruno Brunini, Pier Damiano Ori.
Mino Petazzini torna a pubblicare le sue poesie dopo molti anni. Un'occasione per incontrare uno dei poeti più veri di questi nostri anni. Un'occasione per parlare di poesia a Bologna.
E' un incontro promosso da Casadeipensieri e La Feltrinelli Eventi.
domenica 16 maggio 2010
Bologna. PD. Elezioni Sindaco. troppi nomi e una musica lunga da suonare.
Siamo vivi. A Bologna, dopo la caduta rovinosa di Flavio Delbono, il Pd ha trovato la forza di avviare un congresso che, pare molto probabile, eviterà Babele e schizzi di maionese impazzita. E' addirittura sorprendente, visti tempi.
Pare che non siano tutti contenti. Infatti, in parallelo, vediamo protagonismi confusi sulla partita più importante, quella per il Sindaco della città.
Da un lato proliferano proposte “civiche”, che sprecano un tema molto interessante, sbrodolando qua e la’, con troppe velleità e leggerezze.
Dall’altro, dopo la vicenda gonfiata della "candidatura" Guazzaloca, si fanno vociferare altri nomi e cognomi. Il parco dei papabili si allarga ormai a tutti i presenti alle prime del Comunale, quando si svolgono.
Si stravolge, così, un problema verissimo.
Quello di non fare mai più da soli. Bisogna aprire, discutere, interessare la città. La città "bassa", che ha problemi gravissimi e crescenti, e anche, certamente, la città "alta", le classi dirigenti.
Ma, verso l’” alto”, bisogna guardare a chi davvero dirige qualcosa, a chi rappresenta interessi reali e produttivi, e , magari, anche a chi fa ricerca, a chi assicura la tenuta culturale, universitaria e formativa di Bologna. Senza dimenticare mai che Bologna è fatta di organizzazioni,sindacali, categoriali, professionali. Cè una scacchiera, non solo qualche torre, qualche briscolone.
Di una cosa sono sicuro, non basterà un nome, qualunque sia, a risolvere il problema. Meglio cominciare, allora, a verificare assieme, politica e società, se si può mettere "nero su bianco" una lista, breve ma sensata, di obiettivi, di cose da fare, le più urgenti per fronteggiare crisi e declino.
Un'agenda, ne ha parlato Raffaele Donini, di priorità condivise da consegnare al candidato o ai candidati che limpidamente chiederanno il mandato di correre.
Pochi punti, chiari, alcuni obiettivi che tutta la città senta propri.
Non una intera strategia, quella spetterà al confronto elettorale determinarla, e dovrà avere un colore, non essere bipartisan, e dovrà affrontare i problemi più vicini alla gente, quello che abbiamo “sotto casa” . Se i ruoli si confondono, se la politica non fa la sua parte, ho l’impressione che i cosiddetti “poteri forti” , o almeno i migliori fra loro, potrebbero voler rimanere poco appassionati al destino del Comune, molto più di quanto non si pensi.
Partiamo dalle priorità, “facciamo città”. C’è molto da fare, c’è una musica lunga da suonare.
Bologna, l'Unità 16 Maggio 2010
Pare che non siano tutti contenti. Infatti, in parallelo, vediamo protagonismi confusi sulla partita più importante, quella per il Sindaco della città.
Da un lato proliferano proposte “civiche”, che sprecano un tema molto interessante, sbrodolando qua e la’, con troppe velleità e leggerezze.
Dall’altro, dopo la vicenda gonfiata della "candidatura" Guazzaloca, si fanno vociferare altri nomi e cognomi. Il parco dei papabili si allarga ormai a tutti i presenti alle prime del Comunale, quando si svolgono.
Si stravolge, così, un problema verissimo.
Quello di non fare mai più da soli. Bisogna aprire, discutere, interessare la città. La città "bassa", che ha problemi gravissimi e crescenti, e anche, certamente, la città "alta", le classi dirigenti.
Ma, verso l’” alto”, bisogna guardare a chi davvero dirige qualcosa, a chi rappresenta interessi reali e produttivi, e , magari, anche a chi fa ricerca, a chi assicura la tenuta culturale, universitaria e formativa di Bologna. Senza dimenticare mai che Bologna è fatta di organizzazioni,sindacali, categoriali, professionali. Cè una scacchiera, non solo qualche torre, qualche briscolone.
Di una cosa sono sicuro, non basterà un nome, qualunque sia, a risolvere il problema. Meglio cominciare, allora, a verificare assieme, politica e società, se si può mettere "nero su bianco" una lista, breve ma sensata, di obiettivi, di cose da fare, le più urgenti per fronteggiare crisi e declino.
Un'agenda, ne ha parlato Raffaele Donini, di priorità condivise da consegnare al candidato o ai candidati che limpidamente chiederanno il mandato di correre.
Pochi punti, chiari, alcuni obiettivi che tutta la città senta propri.
Non una intera strategia, quella spetterà al confronto elettorale determinarla, e dovrà avere un colore, non essere bipartisan, e dovrà affrontare i problemi più vicini alla gente, quello che abbiamo “sotto casa” . Se i ruoli si confondono, se la politica non fa la sua parte, ho l’impressione che i cosiddetti “poteri forti” , o almeno i migliori fra loro, potrebbero voler rimanere poco appassionati al destino del Comune, molto più di quanto non si pensi.
Partiamo dalle priorità, “facciamo città”. C’è molto da fare, c’è una musica lunga da suonare.
Bologna, l'Unità 16 Maggio 2010
sabato 15 maggio 2010
Coppi, per sempre.
A 50 anni dalla morte di Fausto Coppi.
Coppi è stato molte cose e diverse.
E' stato l'eroe solitario, trionfatore su tutti i terreni e con tutti i climi. L' Indiana Jones degli anni 40 e 50.
Era il Coppi elegantissimo della pista, dei mondiali di Inseguimento, del record dell'ora, nobile e traslucido come le sue maglie Bianchi ed era il Coppi dello Stelvio, stravolto, proletario, vincitore.
Coppi: l'uomo riservato, ma laico, libero nelle sue scelte e nei suoi amori, negli anni delle Madonne piangenti e delle scomuniche elettorali.
Ha avuto mille avversari e un vero rivale, per il quale era imprendibile ma sempre sfidabile. La rivalità con Gino Bartali lo ha umanizzato, fatto bandiera di un partito sterminato di tifosi, soggetto di milioni di scommesse.
Ha vinto meno di Binda e meno, molto meno di Eddy Merckx, di Hinault, di Indurain.
Ma il campionissimo è solo Lui, non solo per i ricordi degli italiani.
Forse perché la perfezione dello stile e il fisico esile, solo polmoni e muscoli lunghi delle gambe, lo rendeva il perfetto uomo-bicicletta, l'irraggiungibile modello di un ciclismo che con lui è diventato moderno.
Quando ha iniziato i copertoni si portavano ancora incrociati a tracolla, quando ha terminato la carriera eravamo già alle soglie dello sport medicale e cibernetico.
E poi non ha conosciuto la vecchiaia, come Achille, dal piede veloce, come tutti gli eroi dell'epica.
Una malattia curabile e vigliacca, presa in uno sciocco safari, a quarant'anni, quando ancora, sia pure con fatica gareggiava, lo ha strappato alla vita e alla cronaca e lo ha fissato per sempre nella storia e nella leggenda.
Siamo un paese dove a volte anche i ricchi ed i campioni sono curati male. La malaria scompariva dalle nostre paludi prosciugate e tornava nel suo sangue e nel suo respiro, dall'Africa.
La mia generazione ha visto vivere solo Bartali, ma paradossalmente, in negativo, dalle stigmate di Gino, il naso, la rabbia, la voce alla Louis Amstrong, la cocciuta simpatica incompiutezza di uomo tutto di terra, ha ricavato il calco in gesso di Fausto, la sua leggerezza, la sua essenza di uomo volante, il suo segno impalpabile e celeste.
E lo abbiamo sognato ed amato.
Per questo, e dopo ce n'è dispiaciuto, non abbiamo potuto amare fino in fondo i grandi dell'epoca nostra, il fuggitivo mondiale Adorni, il capitano Gimondi, il cuore matto Bitossi e tanti altri.
Coppi era ancora per noi, vittorioso sui vivi, più grande dei vivi. Sulla spiaggia, da "cinni", abbruttiti dal sole, con il tallone disegnavamo una pista, ed ecco il nostro Giro d'Italia, fatto con le palline, metà colore e metà testa di un campione. La "palletta" con il suo viso sottile andava in premio al più bravo. Non quella di Ocana o di Anquetil. Prima Coppi, e nessun altro.
Davide Ferrari
Quotidiani Epolis.
Coppi è stato molte cose e diverse.
E' stato l'eroe solitario, trionfatore su tutti i terreni e con tutti i climi. L' Indiana Jones degli anni 40 e 50.
Era il Coppi elegantissimo della pista, dei mondiali di Inseguimento, del record dell'ora, nobile e traslucido come le sue maglie Bianchi ed era il Coppi dello Stelvio, stravolto, proletario, vincitore.
Coppi: l'uomo riservato, ma laico, libero nelle sue scelte e nei suoi amori, negli anni delle Madonne piangenti e delle scomuniche elettorali.
Ha avuto mille avversari e un vero rivale, per il quale era imprendibile ma sempre sfidabile. La rivalità con Gino Bartali lo ha umanizzato, fatto bandiera di un partito sterminato di tifosi, soggetto di milioni di scommesse.
Ha vinto meno di Binda e meno, molto meno di Eddy Merckx, di Hinault, di Indurain.
Ma il campionissimo è solo Lui, non solo per i ricordi degli italiani.
Forse perché la perfezione dello stile e il fisico esile, solo polmoni e muscoli lunghi delle gambe, lo rendeva il perfetto uomo-bicicletta, l'irraggiungibile modello di un ciclismo che con lui è diventato moderno.
Quando ha iniziato i copertoni si portavano ancora incrociati a tracolla, quando ha terminato la carriera eravamo già alle soglie dello sport medicale e cibernetico.
E poi non ha conosciuto la vecchiaia, come Achille, dal piede veloce, come tutti gli eroi dell'epica.
Una malattia curabile e vigliacca, presa in uno sciocco safari, a quarant'anni, quando ancora, sia pure con fatica gareggiava, lo ha strappato alla vita e alla cronaca e lo ha fissato per sempre nella storia e nella leggenda.
Siamo un paese dove a volte anche i ricchi ed i campioni sono curati male. La malaria scompariva dalle nostre paludi prosciugate e tornava nel suo sangue e nel suo respiro, dall'Africa.
La mia generazione ha visto vivere solo Bartali, ma paradossalmente, in negativo, dalle stigmate di Gino, il naso, la rabbia, la voce alla Louis Amstrong, la cocciuta simpatica incompiutezza di uomo tutto di terra, ha ricavato il calco in gesso di Fausto, la sua leggerezza, la sua essenza di uomo volante, il suo segno impalpabile e celeste.
E lo abbiamo sognato ed amato.
Per questo, e dopo ce n'è dispiaciuto, non abbiamo potuto amare fino in fondo i grandi dell'epoca nostra, il fuggitivo mondiale Adorni, il capitano Gimondi, il cuore matto Bitossi e tanti altri.
Coppi era ancora per noi, vittorioso sui vivi, più grande dei vivi. Sulla spiaggia, da "cinni", abbruttiti dal sole, con il tallone disegnavamo una pista, ed ecco il nostro Giro d'Italia, fatto con le palline, metà colore e metà testa di un campione. La "palletta" con il suo viso sottile andava in premio al più bravo. Non quella di Ocana o di Anquetil. Prima Coppi, e nessun altro.
Davide Ferrari
Quotidiani Epolis.
venerdì 14 maggio 2010
Ricordo di Gilberto Centi
Al VAG61, via Paolo Fabbri 110 a Bologna, Venerdì 14 Maggio alle ore 21
incontro in ricordo di GILBERTO CENTI
poeta, giornalista e progettista culturale
Intervengono:
Valerio Monteventi
Bruno Brunini e Carla Castelli
Davide Ferrari
A 10 anni dalla scomparsa di uno dei più originali ed amati protagonisti della vita culturale bolognese, una serata di poesia e musica per dare vita ad un progetto in memoria di Gilberto Centi, per rendere pubblica la stima e il rispetto che tante persone hanno provato per lui.
incontro in ricordo di GILBERTO CENTI
poeta, giornalista e progettista culturale
Intervengono:
Valerio Monteventi
Bruno Brunini e Carla Castelli
Davide Ferrari
A 10 anni dalla scomparsa di uno dei più originali ed amati protagonisti della vita culturale bolognese, una serata di poesia e musica per dare vita ad un progetto in memoria di Gilberto Centi, per rendere pubblica la stima e il rispetto che tante persone hanno provato per lui.
E’ la fine del mondo?
Il Vulcano, in Islanda, non smette di scagliare migliaia di tonnellate di polveri. Gli aerei lo sanno e non volano più.
Dallo Yucatan al Mississippi onde nere raggiungono le coste. E’ una catastrofe mai vista, lo dicono i colpevoli, i petrolieri.
C’è un’aria da fine del mondo. Non è bastato a rassicurarci lo smarrimento del virus suino. Nessuno sa più dov’è, eppure anche la H1N1 doveva annientare l’intera umanità. “Sì, ma se mutasse?” E l’ansia torna a riagguantarci.
La crisi mangia uno stato al giorno, ammesso che, nella globalizzazione, ancora esistano gli stati.
Se chiedete ad un giovane se ha fiducia nel futuro che lo attende, se è sobrio, reagirà male.
Insomma a forza di rinunciare a cambiarlo, il mondo, a forza di pensare che tutto va bene, siamo arrivati a temere di essere giunti all’ultima stazione.
Effettivamente è difficile essere ottimisti, non solo perché le cose vanno male ma perché ci sentiamo impotenti a raddrizzarne il corso. E’ notte, suona l’allarme e non sappiamo dov’è l’interruttore per accendere la luce e vedere cosa sta succedendo.
Ho l’impressione che nemmeno le Tv, e i media addormentati dal gossip di regime, con le loro mille piccole pornografie, riescano, più a distrarci. La gente non cambia canale, è vero, tanto sono tutti più o meno uguali. Spegne e va sul PC o ai Videogiochi.
Anche Dio non si sente tanto bene, per parafrasare una vecchia battuta di Woody Allen. I suoi ministri sono attanagliati dagli scandali e questo -naturalmente- non porta verso eresie piene di fede ma aumenta la generale sfiducia, il senso di incredulità.
Non so se mentre Roma cadeva nella barbarie, o nell’anno Mille, si sia vissuto un clima simile. Forse. Ma certo le generazioni presenti non sono sicure di non essere fra le ultime. Ne parliamo ancora poco. Sorridiamo a denti stretti. I più colti si rinfrancano ironizzando sulle infinite apocalissi di acqua calda di Voyager: “Se li si dice della profezia dei Maya vuol dire che stiamo al sicuro e non succederà nulla”.
Eppure è ragionevole pensare che i pericoli che ci sovrastano siano più o meno dello stesso ordine di quelli che abbiamo avuto in passato. Ragionevole? Ma chi ha più voglia di ragionare? A me pare resti un solo antidoto. Guardiamo i nostri figli, o i nipoti. Quelli più piccoli. Stringiamogli le manine e attraversiamo la strada. Non abbiamo il diritto di opprimerli con il nostro pessimismo pieno di viltà e rancore. No, non ne abbiamo il diritto.
Quotidiani E Polis, 13 Maggio 2010
Dallo Yucatan al Mississippi onde nere raggiungono le coste. E’ una catastrofe mai vista, lo dicono i colpevoli, i petrolieri.
C’è un’aria da fine del mondo. Non è bastato a rassicurarci lo smarrimento del virus suino. Nessuno sa più dov’è, eppure anche la H1N1 doveva annientare l’intera umanità. “Sì, ma se mutasse?” E l’ansia torna a riagguantarci.
La crisi mangia uno stato al giorno, ammesso che, nella globalizzazione, ancora esistano gli stati.
Se chiedete ad un giovane se ha fiducia nel futuro che lo attende, se è sobrio, reagirà male.
Insomma a forza di rinunciare a cambiarlo, il mondo, a forza di pensare che tutto va bene, siamo arrivati a temere di essere giunti all’ultima stazione.
Effettivamente è difficile essere ottimisti, non solo perché le cose vanno male ma perché ci sentiamo impotenti a raddrizzarne il corso. E’ notte, suona l’allarme e non sappiamo dov’è l’interruttore per accendere la luce e vedere cosa sta succedendo.
Ho l’impressione che nemmeno le Tv, e i media addormentati dal gossip di regime, con le loro mille piccole pornografie, riescano, più a distrarci. La gente non cambia canale, è vero, tanto sono tutti più o meno uguali. Spegne e va sul PC o ai Videogiochi.
Anche Dio non si sente tanto bene, per parafrasare una vecchia battuta di Woody Allen. I suoi ministri sono attanagliati dagli scandali e questo -naturalmente- non porta verso eresie piene di fede ma aumenta la generale sfiducia, il senso di incredulità.
Non so se mentre Roma cadeva nella barbarie, o nell’anno Mille, si sia vissuto un clima simile. Forse. Ma certo le generazioni presenti non sono sicure di non essere fra le ultime. Ne parliamo ancora poco. Sorridiamo a denti stretti. I più colti si rinfrancano ironizzando sulle infinite apocalissi di acqua calda di Voyager: “Se li si dice della profezia dei Maya vuol dire che stiamo al sicuro e non succederà nulla”.
Eppure è ragionevole pensare che i pericoli che ci sovrastano siano più o meno dello stesso ordine di quelli che abbiamo avuto in passato. Ragionevole? Ma chi ha più voglia di ragionare? A me pare resti un solo antidoto. Guardiamo i nostri figli, o i nipoti. Quelli più piccoli. Stringiamogli le manine e attraversiamo la strada. Non abbiamo il diritto di opprimerli con il nostro pessimismo pieno di viltà e rancore. No, non ne abbiamo il diritto.
Quotidiani E Polis, 13 Maggio 2010
UN GIOVANE POETA
Giovedì 13 Maggio 2010 - ore 20,30
presso Castello di Levizzano Rangone
Castelvetro di Modena
Presentazione e premiazioni poesie vincitrici
6° Concorso di Poesia
UN GIOVANE POETA A CASTELVETRO
Associazione Dama vivente
COMUNE DI CASTELVETRO (Mo)
Assessorato ai Servizi Culturali e Pedagogici
PROVINCIA DI MODENA
Interviene: Davide Ferrari
presso Castello di Levizzano Rangone
Castelvetro di Modena
Presentazione e premiazioni poesie vincitrici
6° Concorso di Poesia
UN GIOVANE POETA A CASTELVETRO
Associazione Dama vivente
COMUNE DI CASTELVETRO (Mo)
Assessorato ai Servizi Culturali e Pedagogici
PROVINCIA DI MODENA
Interviene: Davide Ferrari
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